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Racconti Erotici

La suonatrice d’ottavino

By 24 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

La suonatrice d’ottavino

Napoli, 13 dicembre 2009.
Domenica.
Mi trovo alla Stazione Centrale, sono appena salito sul treno Eurostar delle 12:54, che partirà tra pochi minuti e mi riporterà a Milano.
Il gruppo di 4 posti in cui sono seduto è vuoto, ed in generale in tutta la mia carrozza c’è pochissima gente.
Il treno fermerà a Roma, Firenze, Bologna e poi, finalmente, a Milano.
Sul sedile accanto a me, il sacchetto in cui ho riposto un paio di tramezzini ed una bottiglia d’acqua, il mio pranzo di oggi.
Il mio libro, sul tavolino, mi farà compagnia per tutto il viaggio.
E poi, tutto d’un tratto, si avvicina una ragazza.
E’ carina, a prima vista.
25 anni, a occhio e croce, altezza media, capelli castano chiaro tirati su, a lasciar scoperto il collo.
Jeans nero, stivali neri, un cappotto scuro spinato.
Una valigia ed una bustina di plastica.
“Buongiorno”.
“Buongiorno”, rispondo, favorevolmente colpito dal fatto che ci sia ancora qualcuno che saluta, quando si siede sul treno vicino a te. Ho 30 anni, ma ci tengo a certe cose!
E in effetti si siede in uno dei due posti di fronte a me… io sono accanto al finestrino, lei si accomoda nel posto corridoio, dopo essersi sfilata il cappotto.
Pochi attimi, e mi ritrovo a squadrarla.
Assomiglia tanto ad Elena, una ragazza che conosco (ma non ho mai incontrato) e che… ma questa è un’altra storia.
E’ davvero carina, ha due fantastici occhi e indossa un maglioncino nero di lana, a maglie grosse, tutto bucherellato, che lascia intravedere la magliettina aderente che porta sotto…
E’ scollata, la sua magliettina.
Attraverso i fori del maglione posso intravedere le linee morbide del suo seno, non particolarmente abbondante, ma sicuramente tonico, sodo, caldo.
Spesso, durante il viaggio, mi capiterà di sbirciare lì dentro.
E’ una sensazione strana… sarà la somiglianza con Elena, sarà il fatto che siamo quasi soli, sarà il fatto che è davvero carina, sarà il suo maglione bucherellato… non lo so. Sarà tutto questo, probabilmente, a farmi sentire un ragazzino colpito da un folle colpo di fulmine.
La desidero, la desidero con tutte le mie forze, con tutto il mio corpo, con tutta la mia mente.
Non è una questione di sesso… Tante volte, di fronte ad una donna, mi è capitato di avere dei pensieri sconci, ma ora con lei è diverso.
Mi sembra quasi di essermi innamorato di lei, eppure l’ho vista solo 5 minuti fa, e ci siamo solo detti “Buongiorno”.
Ho voglia di accarezzarla, di abbracciarla forte, di baciarla davanti a un fantastico tramonto, di ridere e scherzare insieme, di fare l’amore con lei con tutta la dolcezza possibile.
E invece me ne sto qui, seduto, muto, timido come sempre, un po’ guardo lei, un po’ guardo fuori dal finestrino, un po’ leggo il mio libro…
E intanto il treno va, dritto per la sua strada.
Dieci-quindici minuti dopo esser partiti, la mia compagna di viaggio apre la busta che ha con sé e tira fuori un trancio di pizza.
“Speriamo che me ne offra un pezzetto”, penso, “così almeno posso provare ad attaccar bottone e chiacchierare un po’, rompere il ghiaccio”.
E invece no, purtroppo, si dedica alla sua pizza senza degnarmi di uno sguardo. Chissà se per lei sono trasparente, oppure se è solo per l’imbarazzo. Del resto, anch’io non ho ancora preso i miei tramezzini, perché un po’ mi vergogno di mettermi a mangiare.
La vedo un po’ in difficoltà, la pizza è unta e lei ha solo un minuscolo tovagliolino. Potrei offrirle uno dei miei tovaglioli, ma alla fine lascio stare.
Mi chiedo di dove sia, e dove stia andando.
La mia prima conclusione è che sia una ragazza di Napoli (o dintorni) che, come tante altre, lavora fuori città e sia tornata in famiglia per il fine settimana… Sì, sicuramente starà tornando nella città in cui lavora, o magari studia.
Quando, poi, dopo la pizza, tira fuori un dolcino, allora mi convinco sempre più che la mia idea sia quella giusta: una napoletana come me, che non rinuncia al piacere della “bella cosa” alla fine del pur frugale pranzo.
Il suo dolcetto è una di quelle piccole crostatine appena fatte in pasticceria, piena di crema e ricoperta di fragoline.
Inizia a morderla, cercando di non pasticciarsi con la crema… per un po’ ci riesce, ma man mano che si avvicina l’ultimo boccone, la pasta frolla è sempre più poca, e la crema fa fatica a restare in equilibrio… ecco, infatti. Non può fare a meno di leccarsi l’indice, la cui punta è completamente ricoperta di crema.
:-)
Ancora una volta sono sul punto di offrirle un tovagliolo, per aiutarla a pulirsi, ma non c’è niente da fare, sono proprio inchiodato.
Sono incantato a guardarla, mi rendo conto che sono un caso patologico… non è possibile perdere così la testa in mezz’ora!!!
Dai, meglio che pranzi anch’io, nonostante tutto il mio stomaco brontola.
Faccio fuori rapidamente i miei tramezzini, cercando di non sporcarmi.
Nel frattempo lei fa una telefonata… la madre, credo.
La sento parlare, devo ricredermi. Non è di Napoli, ha una cadenza emiliana. Leggera, appena percettibile, ma inconfondibile.
Parla con la madre di ciò che ha fatto a Napoli… credo di aver capito che abbia fatto una specie di provino per orchestrali, forse al San Carlo.
Suona.
Suona l’ottavino.
Capisco che il provino non deve essere andato proprio benissimo, ma fa niente.
E’ determinata, ed ha intenzione di mettersi a studiare nelle prossime settimane, per migliorarsi.
E poi racconta della simpatica ospitalità che ha ricevuto in città, forse da parenti… l’ospitalità tipica delle famiglie partenopee, sempre aperte e disponibili, pronte ad accoglierti da subito come uno di casa.
E poi… beh, io ho finito il mio pranzo, lei ha terminato la conversazione… eccoci, di nuovo muti, entrambi, ognuno impegnato nelle proprie attività.
Ormai dovrebbe esservi chiaro, la mia attività principale è far finta di leggere, far finta di guardare fuori dal finestrino e, in realtà, osservarla, di continuo, direttamente o riflessa nel vetro.
Lei, invece… beh, è strano, ma non riesco a capire che cosa stia facendo!!!
Ha in mano un i-Phone, credo, o qualcosa di simile. Niente cuffiette, mi sembra, quindi niente musica. Eppure continua a cliccare sul quell’aggeggio, con la testa abbassata, senza mai distrarsi… a volte sorride. E’ possibile che stia chattando con qualcuno? Con un i-Phone a 300 all’ora? Si può?
Non lo so, ma intanto continuo a guardarla…
La bocca morbida, che è un po’ come la porta del paradiso… quanti baci, le darei, delicati e affamati al tempo stesso.
La scollatura, liscia ed invitante… quante carezze, le darei.
Il collo, sottile ed incredibilmente attraente… vorrei baciarle piano la nuca, potrei star lì per ore a farle sentire il mio respiro.
E si va avanti così, la mia fantasia galoppa e il tempo passa… vorrei, in qualche modo iniziare a parlarle, ma non riesco a fare il primo passo.
Prima fermata, Roma… per fortuna non sale nessuno che debba sedersi vicino a noi, e restiamo ancora soli.
Seconda fermata, Firenze… ancora soli.
Finché, ad un certo punto, lei mette via il suo i-Phone (o che cavolo è, non lo so), si accomoda un po’ più distesa sul sedile e socchiude gli occhi.
Chissà se dorme.
Forse non è proprio sonno pieno, magari è in uno stato di dormiveglia.
Cosa pagherei per sapere quel che sta pensando, o sognando…
Non potete capire quanto è bella, ai miei occhi, accidenti!
Così, un po’ rilassata, il suo collo è disteso, ed è per me uno sforzo immane trattenermi dall’accarezzarlo, sfiorarlo con le mie labbra, respirarlo, respirare il suo odore.
Credo che stia riposando, ormai, quando passa il controllore, nel suo ennesimo giro.
Spero che non la svegli, è troppo tenera e delicata, mentre dorme, ed il biglietto l’ha già controllato.
E invece si sveglia, il suo sonno non era poi così profondo.
Mostra il suo biglietto, io mostro il mio, e poi lei socchiude di nuovo gli occhi… basta! Ora o mai più.
“Vuoi che ti svegli quando arriviamo a Bologna, se ti appisoli di nuovo?”
“Grazie”, sorride, “ma sono solo un po’ in dormiveglia…”
“OK, figurati”, stavolta le sorrido io.
STOP!
Questo è quanto di meglio sono riuscito a fare.
Accidenti!
Ormai ne sono certo, scenderà a Bologna, chissà se dovrà prendere altri treni oppure no.
Ed io, invece, proseguirò fino a Milano.
Beh, non esiste, sono proprio un imbranato.
Almeno, mi dico, cerchiamo un modo per salutarla, per farle capire qualcosa…
Cosa posso dirle, quando tra un po’ scenderà?
Penso, penso… Ecco, sì.
Le dirò “Ciao. A rivederci”.
Spero che lo capisca, che il mio “A rivederci” vuol proprio dire che muoio dalla voglia di incontrarla di nuovo.
Chissà, devo essere proprio fuori di testa.
Sicuramente lei non mi ha considerato neanche di striscio… pensava alle sue cose, al suo provino, al suo flauto, magari pure al suo ragazzo, ed io come uno scemo ho perso la testa per lei ed ho sclerato durante tutto il viaggio insieme.
Vabbè, pazienza… in fondo sono state delle ore ricche di sensazioni fantastiche.
Il treno sta arrivando a Bologna.
Lei si alza, indossa la sciarpa, il cappotto, prende la sua valigia.
Ed inizia ad avviarsi verso la porta.
“Ciao. A rivederci”.
Resto di sasso.
Ero io che dovevo dire “Ciao. A rivederci”.
Ed invece è stata lei a salutarmi così.
Perché?
Non lo so, accidenti.
Ma mi piace illudermi.
“Ciao. A rivederci”, le rispondo io.
E se ne va.
La suonatrice d’ottavino scende, e va per la sua strada.
Ed io proseguo per la mia.
Non la incontrerò più, ne sono certo.
La suonatrice d’ottavino ha incrociato la mia strada una volta, sicuramente non ci sarà un’altra occasione.
Ma sperare e illudersi non costa nulla…
Penso a lei durante tutto il viaggio da Bologna a Milano.
Penso a lei mentre aspetto la metro.
Penso a lei mentre aspetto l’autobus.
Penso a lei mentre cucino.
Penso a lei per tutta la sera, fino al momento di addormentarmi.
Penso a lei ancora oggi, a distanza di mesi.
Ricordo tutti i dettagli di quel viaggio insieme, e non so per quanto li ricorderò ancora.
Forse questo racconto è anche un modo per fissarli, per rileggerli, per riprovare quelle incredibili sensazioni che ho provato quel giorno, cercare di riviverle.
Forse è un modo per darmi visibilità, forse domani lei potrebbe accedere a questo sito e leggere il mio racconto, e decidere di farsi viva.
Anche solo per dirmi “Sei un deficiente”.
O per dirmi “Sì, in effetti anche tu mi hai preso subito, ma poi non siamo riusciti a comunicare, e alla fine è andata così…”
O magari è qualcuno che la conosce, a leggere la mia storia, e la invita a leggerla…
Boh, non lo so.
Ma tant’è.

Tutto quel che ho scritto è assolutamente vero, mi auguro che si sia capito.
Forse è un po’ “fuori tema” sui Racconti di Milù, che dovrebbero essere racconti erotici.
Ma fa niente, ho scoperto da pochi giorni il sito, e mi è venuta voglia di raccontare questa storia e pubblicarla.
Per me che l’ho vissuta, ve l’assicuro, è stata una cosa molto emozionante, forse anche più di fare l’amore.
A dire il vero, avevo anche pensato di infarcire la storia con un intermezzo più piccante, magari inventando un sogno o qualcosa di simile, ma mi sembrava di sporcare, così, l’essenza di ciò che è stato davvero.

Ora basta… grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui, senza cambiare pagina.
Cerco di pubblicare tutto e poi vado a dormire…
Ciao a tutti.

semplicemente.io@myself.com … è la mia mail, per eventuali commenti, critiche, contatti.
Cercherò di scrivere ancora, magari potreste aver voglia di darmi qualche consiglio.
“Datti all’ippica” non è un consiglio!!! :-P

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