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Racconti Erotici

LE TRE DONNE DELLA LUCERNA

By 19 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

La lucerna ardeva vagamente sullo scrittoio di legno. Accanto ad essa, c’erano il calamaio ed un foglio smarrito, che pareva dimenticato per l’oblio.
Oltre la finestra si discernevano gli olmi tristi, ormai spogli, nonché la stazione degli addii e dei pianti, sperduta in mezzo alle nebbie.
Ricordo che l’ultima giovane aveva salutato il proprio amato con le lacrime agli occhi ed aveva rincorso il treno invano, non potendo seguire il proprio amato. Il suo patrigno gliel’aveva proibito, sì.
Il vecchio, del cui scrittoio or ora vi ho narrato, aveva ammonticchiato le sue memorie di fine Ottocento in un angolo, senza che nessuno sapesse alcunché del suo capolavoro di malinconia.
Egli aveva rivisto tutta la sua vita, in un istante’ L’infanzia piena di lacrime e di schiaffi, tra le braccia di una matrigna e di una sorella che non lo amavano, gli anni del collegio, vissuti nella disciplina, dietro a sbarre grigie e sotto gli sguardi di maestrine antipatiche, la giovinezza breve, nella quale non era stato neppure possibile provare la felicità di amare. Le belle gli avevano fatto a girotondo intorno, i lunghi capelli al vento, vestite con le loro gonne lunghe color crema e i loro bustini, i graziosi cappellini sul capo, gli ombrellini in mano, ma egli nemmeno era riuscito a toccarle, ad accarezzarle. Poi, un cattivo l’aveva costretto a sposarsi con una donna più vecchia di lui, che non lo amava e lo usava come un servo’ S’erano trasferiti lontano, lontano, rivedeva il treno a vapore, poi la carrozza, il sentiero di montagna, la neve e il gelo, il brivido dei torrenti, la solitudine del villaggio in mezzo alle rocce’ Arrivava la morte, nera e crudele, come un boia che portasse un cappuccio nero sul capo, sorprendeva i pochi che aveva amato, all’improvviso, senza senso, né giustizia. La matrigna moriva, la sorella cattiva moriva, le maestrine morivano, moriva persino la sua unica figlia, tra le sue braccia, in una notte di tuoni e di lampi, di grida, di pianti!
Nessuno sapeva dove conduceva il carro della vita, nessuno; tra le poche certezze v’erano le sofferenze e la fine. Tutti l’avevano abbandonato; persino la virilità e la salute, a poco a poco, se ne andavano, i capelli suoi divenivano canuti, la pelle, rugosa e la vista, a poco a poco, lo abbandonava.
Non gli restava che dondolarsi invano sulla sedia a dondolo, mentre tre vecchie sdentate e cattive, vestite di cenci neri e calatesi dalla cappa del camino gli danzavano intorno, bestemmiando, imprecando e dicendogli:
– Eccoci, siamo la Malattia, la Miseria e la Morte! Siamo noi le tue nuove padrone, che ti comandano! Dicci, che ne facciamo di te? Che ne facciamo?
Le fiamme delle candele gli mostravano i loro volti deturpati e orrendi, che sarebbe stato meglio non vedere! Cielo!
– Via di qui, maledette! ‘ strillò il grigio vegliardo. ‘ Lasciatemi! Andatevene da questa casa!
Ma egli non avrebbe avuto più pace.
Ed appallottolava dei fogli di carta, per poi scagliarli addosso a quelle tre figure maledette, che danzavano sempre, saltellavano, gli fischiavano nelle orecchie, si facevano beffe di lui e ripetevano:
– Siamo venute a prenderti! Ih!
Egli tentò altresì di dare loro fuoco, di incendiarle’ Avvicinò un foglio alla fiamma di una delle sue candele e, mentre bruciava, lo scagliò contro uno di quegli spettri orrendi.
Ma egli non riuscì nei suoi intenti.
Le nere perfide presero a fargli le boccacce, alcune di esse gli diedero degli schiaffi, lo presero per il naso, per il collo, gli fecero mille dispetti ed innumerevoli scherzi fastidiosi.
– Sei tutto nostro! ‘ ripetevano in coro. ‘ Senti la campana vecchia, come suona! Oggi &egrave l’anniversario della morte di tua figlia, l’abbiamo uccisa noi, insieme al destino! Adesso abbiamo deciso di prenderci anche te! Uh, bel vecchietto, ti ricordi? Come urlava la tua figlioletta quella notte, nella sua ultima agonia! Eravamo noi a farla soffrire così, a tirarle le trecce, a soffocarla! Perché non ti vendichi? Che cosa vorresti farci? Su, vendicati, avanti, siamo davanti a te! Prova a prenderci!
E le tre maledette, sempre danzandogli intorno, presero dei ceppi di legno, dei quali si servirono poi per bastonarlo, picchiarlo, tormentarlo, senza che egli riuscisse a fare alcunché.
– Su, leghiamolo! ‘ le sentì dire il vegliardo, poco dopo.
Ed esse s’appressarono a lui con una grossa corda, con la quale lo volevano legare alla sedia di legno. Tutto questo accadeva alla luce delle fiamme, in una notte di plenilunio, in cui s’udivano ululare i lupi e il vento muggiva come nella tormenta.
– Che siate maledette, per l’eternità delle eternità! ‘ strillò il vecchio, con tutta la forza della sua voce. ‘ Io vi maledico, più di quanto vi possano maledire i mortali! Che tutti i diavoli e gli assassini della terra vi inseguano e vi tormentino! Che i cani vi sbranino e vi facciano a brandelli! Che la terra si rifiuti di ricevere le vostre ceneri! Che la lingua biforcuta del popolo infanghi i vostri nomi e la vostra memoria! Che le fauci del rimorso vengano a divorarvi negli inferi!
Ma l’ira del vegliardo nulla poteva contro la ferocia delle perfide.
– Ma guardati intorno, vecchio! ‘ gli dissero. ‘ Nostro fratello, il Tempo, ci ha precedute e giorno dopo giorno ha cominciato a mangiarti, a divorarti! Egli ha bruciato la tua giovinezza e quanto ne restava, fino a ridurti in cenere! Guardati, sei decrepito!
E gli parve di discernere davvero quel mostro, il Tempo, che aveva assunto le sembianze di un orco, tutto nero, dalle fauci enormi’ Assomigliava ad un maiale selvatico e divorava a poco a poco le figure di quanti gli avevano voluto bene, in quella breve vita terrena. Era un mostro e non lasciava scampo a nessuno, nemmeno ai faggi tristi, ai tigli che sembravano piangere di malinconia, alle magnolie verdi, ai ligustri, agli uccelli silvestri, che se ne andavano dopo pochi lustri.
Ancora non vi ho narrato che il povero vecchio aveva svolto con diligenza la professione di medico, durante gran parte della sua esistenza. Egli aveva aiutato molti malati a ridurre le loro sofferenze, altri erano guariti per merito suo’ La sua borsa nera giaceva vicino al camino e ancora conteneva i suoi vecchi ferri del mestiere.
– Ascoltaci, vecchio! ‘ dissero le tre megere che gli giravano intorno. ‘ Ti ricordi di quell’avventura amorosa? La vorresti rivedere ancora?
E gliela mostrarono, attraverso una nube di vapori grigi, densi, immensi.
Lei era nuda tra le braccia del vecchio, avevano ballato insieme un valzer maledetto, consumavano un amplesso sulle scale di legno, fuori passava una processione triste, si celebrava un funerale. La bella portava lo stesso nome di sua figlia, poco dopo quell’avventura amorosa, era impazzita, per poi morire folle. L’avevano seppellita con un giglio.
Il ricordo dei dolci baci dei due innamorati faceva impazzire.
Le tre maledette avvolsero l’anziano in una nuvola nera come la pece, per poi dirgli:
– Adesso verrai con noi, vecchio!
E se lo portarono via, strillando, dopo avere a lungo giocherellato con la berretta da notte che portava sul capo.

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