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Racconti Erotici

L’educazione di mia cugina.

By 22 Novembre 2012Settembre 10th, 2021No Comments

Bigotta, capricciosa e volubile, così giudicavo mia cugina Martina, figlia unica di una mia zia, rigida e religiosa, e di mio zio, distratto e un poco svampito: una professoressa ritenuta acida e scostante per i suoi allievi e molto riservata e alquanto antipatica per i colleghi.

La si poteva definire una classica stronza, che seppur bella figa – con un gran bel paio di tette tanto rotonde e sode che i reggiseni trattenevano a stento – per il suo carattere acido e perbenista, sin da giovane aveva avuto poche storie, fino a sposare un marito remissivo e servizievole, ma ricco abbastanza, che subiva in silenzio ogni suo capriccio. Dal canto suo Martina, non potendo avere figli e con pochi amici, in genere coppie anziane della parrocchia o altre maestrine dalla penna rossa e blu…recriminava il suo essere sposa delusa ed incompresa, trascinando quel matrimonio a strattoni con alterne sequenze di separazioni e ritorni in famiglia, apparendo tanto chiusa e scontrosa verso agli estranei, quanto capricciosa e volubile verso i familiari.

Eppure malgrado i suoi quaranta e passa anni, Martina era una bella signora, giovanile ed in gran forma grazie ad un uso regolare di creme e di palestra… peccato sembrasse di pietra. Scherzando con amici definivamo la strada per la sua figa, paragonabile ad un percorso di guerra per conquista di un barattolo ancora sigillato di yogurt magro. Del resto si era fatta una fama terribile e anche i volenterosi che ci avevano provato, avevano subito battuto ritirata… Martina infatti, non perdeva occasione per manifestare una sua naturale scontrosità al sesso con piccate espressioni di disapprovazione per i sempre troppo facili costumi altrui… mentre i suoi discorsi o giudizi avevano sempre un taglio puritano, disarmante per chiunque ci volesse anche solo pensarci, provarci, illudersi. Il suo motto era “gli uomini sono tutti dei porci e non pensano ad altro.”

Certo non poteva essere stato facile avere una propria sessualità con una madre tanto invadente e diffidente, sempre pronta a giudicare e censurare duramente; certo doveva essere stata grande la frustrazione recondita e infantile di mia cugina di non essere mai abbastanza “adatta” a quel perbenismo materno, ma alla fine Martina , in quei “non si fa”, “non si dice”, “non è giusto”… ci si era imprigionata e nel giardino delle sue emozioni era cresciuta solo l’erba amara del “non debbo” e dei “non voglio”con cui Martina aveva chiuso a chiave sesso e piacere, avvolgendoli in una pellicola di doviziosa abitudine, sigillandoli sotto vuoto al richiamo delle occasioni.

Certo forse talvolta la follia di un nonnulla, avrà scatenato i fantasmi della lussuria, ma è certo che la immediata, successiva vergogna, avrebbe presto raccolto tutto e cancellato ogni gesto e pensiero sconveniente, come se questo non fosse mai esistito, ripristinando quella sicura e grigia frigidità, apparente e sostanziale.

Date le premesse non fu il caso ad avere effetti dirompenti, quanto una causale concomitanza di fattori: sono più piccolo di mia cugina di pochi anni e proprio per questa piccola differenza d’età, le grandi tette di mia cugina Martina le ricordo, da sempre, ballare di fronte ai miei occhi, tanto che ho sempre ritenuto che siano state loro ad avermi insegnato a masturbarmi. Infatti in passato non mi erano mancate le occasioni per farlo: avevo condiviso lo stesso letto, l’avevo vista in intimo, l’avevo sbirciata dal buco della serratura mentre si cambiava… Osservata al mare o con magliettine leggere… ricordo ancora l’odore dell’intimo rubato e la tensione notturna di lunghissimi centimetri percorsi verso di lei, le volte che abbiamo dormito nello stesso letto fino a posarle la mano sul culo ma ricordo soprattutto un viaggio in nave a Lampedusa dove per la paura della bufera, mi si incollò tanto stretta, da portarmi spesso al bagno a masturbarmi, anziché a vomitare.

Ma erano soprattutto le fantasie su di lei che avevano affollato la mia mente per anni: immergere il cazzo tra quei seni, versarle gocce di sborra calda nella bocca spesso stizzita, infilare dita profonde in quel culetto piccolo, sodo di palestra e certamente vergine erano solo alcune scene di un desiderio proibito. Penetrarla con sguardi, parole, suoni, odori e sapori lascivi, educandola ad una religione malata, trasformarla in una porca assoluta, era più che una voglia, un pensiero, certo, costante, continuo, ma al tempo stesso il desiderio più violento che mi aveva accompagnato crescendo.

Così, un giorno successe che i desideri si avverarono, e l’occasione fu, ovviamente improvvisa ed apparentemente inattesa, in un notturno viaggio di ritorno da una normale festa di famiglia, tra strette stradine di campagna.

Fu la cresima di un nipotino a portarci insieme fuori città e farmela ritrovare mezza brilla sul mio fuoristrada in una fresca notte d’estate in mezzo alle campagne siciliane.

Martina quella sera aveva bevuto molto: non lo faceva quasi mai, quella ordinaria festa di famiglia infatti, a confronto con il vuoto della sua vita, a lei era parsa “bellissima” e nella sicurezza della situazione, nell’affettuosità della parentela, nell’allegria del ballo, nella naturalezza dei miei inviti a bere, non si rese conto di quanti fossero stati i bicchieri di troppo.

Il bianco siciliano così fresco e beverino nelle notti d’estate, ora, sulla strada del ritorno, tra le campagne siciliane presentava il conto, obbligando ad tragitto cauto, fu ben più lungo e divertente dell’andata, condito da continui inviti ad andare piano, da risate fin troppo allegre e sonore, continue fermate a far pipì… battute, doppisensi ed inusuali confidenze.

“No, no…non sono gli uomini stronzi! …la colpa è Tua che sei una stronza puritana!!!”

“Vaffanculo… siete voi che siete stronzi…tutti stronzi Ahahahha….!!!”

“Nooo… sei tu che sei bigotta…!! Bigotta e frigida Ahahahha….”

“Ahahahha….Nooooo… non è così…. siete voi che non sapete coinvolgerci…”

“Ma finiscila, frana!!…”

“Incapaci… ahahahahha… siete tutti finocchi… ahahahahha… ”

“Si certo…Come i tuoi ex a quel marito impotente che ti sei preso…”

“Ahahah… Il primo degli stronzi! Ho fatto bene a lasciarlo! …Pantofole e partita!”

“Poverino, sei stata Tu che lo hai avvilito… ci scommetto che non gliela davi mai!!! Ahahahaha”

“Finiscila! …Non siete uomini!!”

“Il problema sei TU… sei TU.. lo capisci… IO alle mie… il cazzo non gliel’ho fatto mancare mai!”

“Ahahahah… Vastaso, sei un porco… ahahaha!!”

“E Tu una SS.. una Santa…Stronza! Ahahaah”

“Aahhaahh…Che stronzo…”

“Del resto… rifletti… se ti sono capitati tutti stronzi… un motivo ci sarà…!!”

“Ahahahah… e qual’è? Così, almeno…. non faccio più errori??? ahahaha!!”

“La verità è che a te il cazzo piace così tanto…. che ti fa paura!!”

“Che schifo!! Fai schifo … ihihhihhi”

“Se avessi coraggio… quest’estate ti prenderesti una bella vacanza in un club vacanza in Giamaica… così il personale ti farebbe ritornare bambina a giocare con i loro pennelloni a colori… ti faresti un bel ripasso di lingue straniere, tornando bella preparata per l’esame di settembre!!”

“Ahahahahah, bella idea… ma quanto sei stronzo…. Ahahahaah!!!… ”

“Ancora!!!???… finiscila di dirmi stronzo, prima che ti faccio fare l’esame di ammissione al club!! ”

Rideva, sempre più forte, sganasciandosi dalle risate, strusciando le coscie, per il piacere che la situazione le provocava, poi cominciò a sfottere, dondolandosi, a farsi vicina facendo la civetta e mostrandomi tutta la sua lingua.

“Stronzi, stronzi, stronzi… e anche Tu sei stronzo…Ahahahah … gli uomini sono tutti stronzi!… e pure tu sei stronzo…Ahahahah… Anzi sei il più stronzo di tutti!! Ahahahah…“

“smettila, non scherzare col fuoco”

“Ahahha ah si? E che faresti? Ahahhah”

“Ora Ti faccio vedere io…” e con un gesto rapido infilai la mano sotto la sua maglietta, palpandole un seno.

“Ma che fai… stronzo… ahahaha.. smettila…aahahahha…”

Tentava di tirare via la mano e intanto rideva: obiettivamente avevo conosciuto ragazze con le idee più chiare e intenzioni più ferme. Ero già felice perchè finalmente avevo avuto almeno l’occasione di toccarle quel seno che negli anni tanto avevo desiderato. Lo trovai grande, sodo, burroso e caldo. Eravano posteggiati per l’ennesima sosta, in una stradina di campagna deserta ed ora ero io provocarla:

“Dai dimmelo ora che gli uomini sono tutti degli stronzi…”

“Nooo, dai, finiscila…. Ahahahahah…si, siete tutti stronzi… fiscila… basta …ahahah..”

Continuavo a palpeggiarla, mentre il cazzo mi diventava di ferro:

“Non me lo dici più stronzo, cuginetta?…. Ahahahaha??”

“Togli questa mano, stronzo…. ahi…Finiscila… siamo cugini… stronzo…”

Il suo tono cominciava a virare e all’allegria subentrava una certa ansia…ma nel frattempo i capezzoli le si erano induriti. Rilanciai,mettendo all’opera anche la seconda mano, mentre mi avvicinavo al suo viso: “… sei tu che sei bigotta, stronza …. che spreco queste tette meravigliose… mmm… e che bei capezzoli… già duri…mmm..”

“Finiscila….. finiiiiscilaaaa… ora basta…siamo cugini…basta, basta…”.

Mi ero avvicinato a lei e cominciato a leccarle il collo, scendendo verso il seno: “Che tette!!!… Ti stanno scoppiando per come sono dure…”

“Basta… Basta… dai… siamo cugini…basta”

Il tono cresceva, come pure l’inquietudine, l’imbarazzo e l’eccitazione: “dure e morbide insieme… le farei leccare a chiunque…”

“Smettila …mi fai schifo…”

“Non si direbbe, cuginetta incapace… qui si capisce solo che hai una gran voglia…”

“Finiscila… ti prego… smettila… non si può… non si può…”

“Ho appena cominciato… e anche Tu….visto che ti piace…“

“No..no… non voglio… finiscila non voglio… “

“si, che vuoi… vuoi il cazzo, non è vero? … Le presi con forza il polso e lo portai sulla mia patta dei pantaloni. Il suo pugno era chiuso, e lo tirava a sè, ma non appena ebbe modo di sentire la durezza del mio cazzo, cominciò a dimenarsi come un’anguilla, combattuta ma anche eccitata.

“Nooooo… noooooooo”

“siii… lo senti comè duro… anche lui ha tanta voglia…”

“.. finiscila… togli questa mano… nooo no non puoi…non devi…non possiamo… non voglio… no…siamo cugini…”

Era davvero eccitante sentirla imbarazzata mentre la sua mano si apriva e chiudeva di scatto, mentre il suo corpo diventava sempre più caldo e reattivo. Ora strusciava forte tra loro le coscie, mentre la mia mano scendeva a raggiungerle la figa…

“Io voglio… voglio e basta…”

“No… no… no… sei un pazzo”

“Che porca che sei…cuginetta, ci scommetto che se già bagnata… che lago devi avere tra le coscie… sento un profumo di figa in fiamme… ti deve bruciare a quant’è calda… che porca che sei….”

“mi vergogno… mi vergogno!!!”

“spogliati piuttosto… che mi fa impazzire questo profumo, cuginetta…”

“nooooo nooo, smettila… no…”

E mentre una mia mano, centimetro dopo centimetro, si faceva spazio tra le sue cosce, l’altra continuava a far strusciare la sua su un cazzo a cui sembrava volersi aggrapparsi da sopra i pantaloni estivi. E mentre la mia bocca e la mia lingua si muovevano tra il viso, la bocca, il collo e i seni, Martina ad un certo punto sembrò arrestarsi, come senza vita, scivolando giù per i sedili, forse per sfuggire o forse per arrendersi. Nella penombra, la gonna e la camicia già scostate, erano ormai quasi scomparse, mentre un seno sudato rifletteva i raggi di una luna piena e luminosa: premetti la mia mano lentamente ma con forza e riuscii ad immergerle le dita in una figa ormai fradicia. Presi ad impastarle e penetrale la figa, scostandomi da lei e rimanendo seduto, mentre portavo l’altra mano sulla sua bocca, muovendo le mani all’unisono: le impastavo la figa, e le entravo ed uscivo oscenamente le dita dalla bocca, insalivandole il collo e i seni: “Che figa meravigliosa… Martina… che spreco… sei nata per fottere…cuginetta bagnata…. hai una figa…. stretta e bagnata… una figa da troia vergine…”

Ormai lasciava fare, quasi non reagiva, ma teneva gli occhi chiusi, mordendosi le labbra ed un pugno chiuso, mentre non staccava l’altra dal mio cazzo ormai scolpito sulla patta. Le tirai su le cosce e scesi con la bocca per bere il brodo caldo della sua figa, continuando a parlarle: ”è buona la tua figa, Martina, è calda e bagnata…e vuole essere scopata… Vero? Ci vuole da un cazzo vero… non è vero?… cuginetta Porca!”

“porco… porco… porco…” ripeteva piano, muovendosi a bassa voce, ebbra.”

Ebbe un sussulto solo quando mossi le dita verso il buco del suo culo…

“no dietro no… no…ti prego no…………..no…”

“E’ solo un dito, cuginetta, ma se non la finisci di fare la stronza ci entro subito con tutto il cazzo”.

Tornò giù arresa al suo corpo, ripetendo come a se stessa:

“Togli queste dita… to..gli.. le… to gli le…”

Ma il tono era ormai affannato e il suo corpo annegato nel suo piacere…mentre le mie dita adesso andavano e venivano in quel corpo ormai fuso e ben presto violarono anche il suo culo. Aveva i suoi buchi ormai pieni e con essi giocava pure la mia lingua. Da lì a poco i suoi primi gemiti divennero ben più forti dei no… fino ad una vibrazione intensa e trattenuta, un orgasmo lungo, silenzioso e sconvolgente, che la svuotò e mi accese ancora di più.

La cuginetta era andata, partita… brilla ma cosciente, confusa e sconvolta. Non oppose più resistenza, burattino inanimato si fece spogliare totalmente e penetrare senza neanche una parola, senza un gesto: ma erano gli umori, il turgore della figa e dei capezzoli, l’ano mordido sotto le mie dita che parlavano per lei, dichiarando le emozioni della sua resa.

L’accompagnai a casa a notte fonda, dopo una ulteriore scopata fuori dall’auto, in cui pressocchè nuda sul ciglio di una strada di campagna in una notte estiva si fece sbattere a novanta gradi, gemendo malferma, ma senza spiccicareuna sola parola. Le tenni per tutto il viaggio la mano impegnata in una sega lenta, continua, senza interruzione, fermandola solo quando sentivo arrivare l’orgasmo e facendola poi ripartire. Giunto sotto casa sua, fermai la macchina, e passandole le dita tra i capelli, le spinsi la testa verso il mio cazzo, facendole aprire la bocca e venendole finalmente, in gola.

Quando scese per strada la luna piena illuminò il chiarore di un vestito ormai insufficente, madido e stropicciato e il volto insicuro e tremante, sporco e stravolto di un ex angelo: mi pensai un diavolo soddisfatto, sorrisi ed andai via.

Il cellulare squillò: era Lei. Non l’avevo chiamata né il giorno dopo né i giorni appresso. Avevo ancora negli occhi la sua immagine di quando l’avevo lasciata davanti al portone di casa: in quella strada vuota, di notte, dopo averla scopata, dopo una lunga sega lungo la strada del ritorno e dopo il brindisi finale al gusto di cazzo, aveva aperto la portiera, scendendo barcollando. Quasi tramortita, aveva cercato le chiavi, per fermarsi sull’uscio, voltandosi quasi senza espressione e cercandomi con gli occhi: una camicia sgualcita e sbottonata, umida a chiazze e un reggiseno fuori posto lasciavano intravvedere molto oltre la decenza, mentre lacrime sporche di sudore, sborra e trucco solcavano il suo volto. Andai via senza ripensamenti e senza interpretare quello sguardo, ma quella stessa notte non bastarono due seghe per calmare la tensione. Avevo tenuto per me le sue mutande ed ora, dopo giorni, Lei richiamava.

“Ciao cuginetta…!” la salutai con un tono cordiale ed allusivo…

“Non credi che dovremmo parlare?” mi disse ansiosa e nervosa.

“Si, certo. Quando… vuoi….!”

“Come, quando voglio?… Succedono cose così… così gravi… e tu… tu mi dici quando vuoi?”

“Affatto:…voglio… voglio solo dirti, che ne parliamo quando… ne hai voglia!… Quando ne hai voglia tu!… Per me…quando vuoi!… Anche subito, se vuoi…!”

“Mah, così… subito… non so…Mi metti in difficoltà…però…”

“Sei a casa?…Vengo ora stesso…Vengo ora … vengo da te…preparati, che sto venendo!”

Chiusi divertito. Avevo ripetuto la parola “voglia” e “vengo” tante di quelle volte che il turbamento che avvertivo ci stava tutto: i giorni trascorsi dovevano essere stati, per lei, un vero e proprio tormento: ragione, educazione, ritegno… reclamavano il conto per quanto era successo… ma l’emozione ed il turbamento… non doveva essere stata una cosa da nulla! Questa lotta reclamava un vincitore e la natura insicura, volitiva e repressa di mia cugina, mi rendeva relativamente sicuro dell’esito: sarei stato io a decidere. Questa situazione mi avrebbe potuto creare dei casini, ma se ci fossero state le condizioni, a mia cugina Martina il cazzo, non lo avrei fatto mancare. “Cazzu arrittato nun canusci parentato…” e pertanto partii subito, spavaldo ed ovviamente già eccitato.

Il residence di Martina era appena fuori dalla città, un solido, antico complesso rurale da poco ristrutturato sulle falde della collina che domina la città, in cui vivevano prevalentemente giovani coppie della città bene. Ci bazzicavo spesso per i tanti amici che vi ci abitavano: a qualunque orario a nessuno sarebbe sembrato strano vedermi lì, neanche alle tante e pettegole amiche di Giusy, la mia ragazza, che – provvidenzialmente – in quel periodo studiava fuori città.

Mi aprii in accappatoio, sublime manifesto della sua condizione, icona della sua indecisione: già mezza pronta, già mezza vestita…pensai, mezza nuda e mezza no, mezza santa e mezza troia… La cosa mi fece sorridere.

“Scusami, dovevo uscire e non ce l’ho fatta a finire di prepararmi…”

Già, la brava vestale si stava preparando al suo sacrificio… – pensai ancora, sorridendo.

“Entra…vieni dentro… scusa, dove ci mettiamo? Ci mettiamo in salotto? Vuoi qualcosa?…”

Era imbarazzatissima ed io sardonico. Si sedette su una poltrona a gambe strette, con i gomiti posati sulle ginocchia e le mani intrecciate e nervose. Così rigida era pronta al suo sermone. Che ascoltai sedendole di fronte, comodo sul divano, rilassato ed assertivo.

“Ti ho chiamato perché cose come quelle dell’altra sera sono gravissime… in questi giorni sto impazzendo nel pensare come mai sia potuto accadere… mai e poi mai io avrei pensato che io… che tu… etc, etc….. insomma io ho sempre avuto il massimo rispetto, per te… la mia educazione… i miei principi…non… sicuramente abbiamo bevuto troppo…si! È stato sicuramente l’alcool, perchè non è da te…ed io non ho mai…lo capisci?… ci conosciamo da anni… ed io mi sono sentita… se lo sapessero i nostri genitori…Tu sei un pazzo!! …bere e guidare… abbiamo anche rischiato qualche incidente… una follia… una pazzia… pensi che qualcuno possa averci dato qualcosa di strano?… forse.. forse…ma no…però tu…”

Parlava quasi sola, inseguendo i pensieri, ripetendo a se stessa, le sue ragioni e amplificando le argomentazioni addotte a sua discolpa nei giorni precedenti, alla ricerca di una prova che potesse scagionarla e ripristinare l’illibatezza e la decorsa virtù in cui si sarebbe tornata a sentire sicura.

Dal canto mio la ascoltavo serenamente, ma mi divertivo a immaginarla, sconvolta dal rimorso eppure impegnata in furiosi ditalini per l’eccitazione del ricordo…(cosa effettivamente successa e che mi avrebbe presto confessato).

La lasciai parlare, limitandomi talvolta a brevi cenni di assenso per rassicurarla della mia attenzione, ma continuando a osservare o segni della sua inquietudine. Un lungo silenzio, nervoso, pose fine al discorso… Non dissi nulla. Aspettai, guardandola negli occhi che sfuggiva. Con un un filo di voce, quasi come in attesa di una sentenza, se non di una condanna, mi chiese infine:

“E tu che ne pensi?”

Sorrisi, e risposi con calma: “Penso che sia stata una tra le più belle scopate della mia vita. E penso che anche Tu ne avevi veramente bisogno”.

Fulminata, rimase basita.

“Fin da bambino, avrei voluto succhiarti quelle tette straordinarie che ti ritrovi e scoparti ovunque e comunque per darti quel cazzo di cui hai avuto sempre bisogno. Tu avevi bisogno di scopare, di fare sesso ed io mi facevo le seghe pensandoTi! Mentre tenevi congelato tutto questo ben di Dio, io mi segavo furiosamente…. Meno male che abbiamo bevuto così tanto, altrimenti non avresti mai avuto questa occasione meravigliosa per conoscere il piacere: ora… se vuoi… puoi imparare, puoi finalmente fare sesso in sicurezza… fare tanto, tanto sesso e godere… godere ancora, e molto di più… perché voglio continuare a scoparti, leccarti, darti quel cazzo e quel piacere che ti sono mancati per anni. Siamo grandi, cuginetta e furbi abbastanza per tenere tutto per noi e non farci scoprire…hai un’occasione più unica che rara, per soddisfare le tue voglie, per provare sesso e piacere in condizione di totale sicurezza, grande affetto e totale discrezione. E ora, visto che fa caldo, se permetti, vado a farmi una doccia anch’io.”

Le parlai tutto d’un fiato, dritto negli occhi, penetrandola con le parole e gli sguardi: quasi uno stupro in quel corpo inesperto e in quell’animo turbato. La lascia ai suoi tormenti: lei sapeva che amavo parlare chiaro, ma certo non si aspettava che le parlassi così semplicemente e schiettamente.

Fu una doccia breve, a cazzo duro. Sobbalzò vedendomi tornare verso di lei in accappatoio. Mi muovevo con scioltezza noncurante della evidenza della mia erezione. Non si era spostata dalla poltrona: il rossore del viso, le mani nervose e il turgore del labbro tra i denti tradivano la tensione. Giunsi lentamente vicino a lei, quasi sfiorandola. Aveva abbassato gli occhi… era ansiosa, affannata, attratta e confusa. Con perfida lentezza sciolsi il nodo dell’accappatoio, lasciando scoperto un sesso pulsante e di marmo. Non che io sia un adone o abbia un corpo da culturista, ma quel corpo nudo scolpito da qualche mese di sacrosanta palestra per il vuoto che la circondava, dovette sembrarle sconvolgente. Se pochi giorni prima c’era la scusa dell’alcool, io che agivo e lei che subiva… ora era sola davanti ad un cazzo duro e ad una scelta… da cui Lei stessa, sapeva non sarebbe più potuta tornare indietro.

Nervosa, si morse il labbro, chiuse gli occhi abbassandoli.. inghiottì. Solo un bisbigliò: “ho paura…” una lacrima nervosa fece capolino nei suoi occhi. Con una mano le feci una carezza, con l’altra impugnai il cazzo, lo puntai sul suo viso e menandolo piano lo puntai su quella lacrima, seguendo la sua scia per indirizzarlo poi alla sua bocca. Ebbe un brivido, ma non si scostò: il fremito delle sue labbra, segnò il primo bacio, osceno, di quel rapporto maturo ed incestuoso.

Il cazzo entrò per pochi centimetri, un nulla rispetto ai profondi ingoi a cui l’avrei presto educata. Le feci appoggiare il viso alla vita, bloccandole la testa con una mano mentre con l’altra continuavo a segarmi piano facendole scivolare il cazzo dentro la bocca, muovendomi lentamente dentro di lei, fino a farla sentire riempita e avvolta. Prossimo all’orgasmo mi segai più forte per venire sulla soglia di una bocca semiaperta, di una testa bloccata, versandole tutta la sborra incandescente di vent’anni di seghe.

Sentivo la sua tensione, ma accettò in silenzio quello che fu per lei non un atto d’amore, nè di sesso, né un gioco, né un sentimento: quanto il sigillo di un patto, l’ufficio di un rito di iniziazione. Le spinsi su, piano, il mento e ad occhi chiusi, paonazza in viso, le chiusi la bocca, intimandole di inghiottire.

Lo fece assorta e consapevole, come la ricordavo nel filmino della prima comunione, nel momento dell’eucarestia.

Ricordo il silenzio irreale e la calma rovente che seguì. La spinsi indietro facendola poggiare comodamente sul divano e mi abbassai verso la sua figa. Scostai i lembi del suo accappatoio e separai lentamente le sue gambe senza incontrare resistenza. Mi immersi tra le sue cosce, per riemergere solo minuti dopo, una volta fatta partire, per poter ammirare, finalmente e comodamente, quei seni troppo grandi per la decenza e una figa perfetta, stranamente curata, quasi illibata, infantile, all’incrocio di due cosce tornite in un corpo tonico di cure, creme e palestra.

La feci godere a lungo solo con dita e lingua e non so quante volte venne; ma era bello osservare gli effetti del sesso sul corpo della mia cuginetta: gonfi e larghi capezzoli dalla punta grande e dura, ondeggiavano al ritmo di un sorriso affannato e di spasimi frequenti provocati da un solo polpastrello incollato sul clitoride o da un solo dito lento e inesorabile dentro di lei o dalla punta di una lingua inchiodata sul clitoride: le guance rosse in un viso stordito, gli occhi chiusi e le smorfie contratte, mi raccontavano come si era ormai persa verso una strada senza ritorno.

E fui duro nel negarle a lungo il cazzo, che pure reclamava cercandolo con le mani e spingendolo verso la sua figa: le consentivo appena di segarmi, la sditalinavo, leccandola e penetrandola intimamente e lentamente, imparando a conoscere, scoprire, violare ed assaggiare ogni centimetro raggiungibile delle sue intimità, rese sempre più calde, gonfie e morbide da umori troppo a lungo conservati e ora finalmente liberi di scorrere…

Solo dopo decine di minuti…quando l’eccitazione fu tale da non riuscire più a trattenermi, mi spostai verso di Lei e segandomi anche con le sue mani, come mille volte avrei voluto fare da ragazzo, venni sul suo enorme seno. La mia sborra sui sui seni era uno spettacolo che aspettavo di vedere da anni e che offrii, vincendo la sua ritrosia, alla sua lingua e ai suoi baci… tanti che, forzandola un poco, inesorabilmente, spinsi la sua testa verso il suo seno, intimandole di… amarsi:

“Bacia con tutta la tua passione quel capezzolo, come se lo amassi…”

Superando una iniziale ritrosia, costretta tra le mie mani e da loro guidata, finì per pomiciarsi con calore il suo stesso seno… succhiando il capezzolo, leccando avida quelle tette imbrattate di sborra…così, turbata, mentre mie ficcanti e calibrate parole esaltavano la bellezza della sua indecenza, minuto dopo minuto, superando se stessa, imparò a spalmarsi la sborra e a leccarsela dalle dita con lascive e golose lappate.

Quella notte rimasi da lei. Non sarebbe successo spesso in futuro, in quanto non intendevo che quel rapporto divenisse “scontato” e “normale”: avevo giù la mia storia con Giusy e qualche amicizia senza complicazioni, e dovevo soprattutto capire se quanto mi accadeva poteva essere una intensissima storia di sesso, capace di far recuperare a Martina le esperienze perdute e di offrirmi emozioni sconvolgenti o se fosse un clamoroso errore, a cui dover porre al più presto rimedio.

Mi ero alzato per prendere qualcosa da bere, tutto era calmo, Martina sembrava disfatta e ancora stordita da lungo lavoro di dita e lingua. Mentre mi alzavo, seguendomi con lo sguardo mi prese per il braccio:

“Io non ho mai provato niente come adesso…” a questa ovvietà, espressa con un misto di stupore e gratitudine, sopresa, imbarazzo, risposi con un largo sorriso, rilanciando:

“Cara cuginetta vedrai quando ti farò leccare da una donna… loro sì che sono brave…”.

Rimase contrita da questo mia frase ma ero certo che a poco a poco come un piccolo tarlo – presto o tardi – avrebbe anch’essa lavorato nella mente di chi, come mia cugina Martina, sul sesso aveva così tante curiosità represse.

Sapevo bene già allora, che nel sesso non contano tanto le dimensioni o la lunghezza del cazzo, la bellezza o la forza del corpo, la durata o il ritmo della scopata, la potenza o la regolarità del rapporto quanto la capacità che si ha, di penetrare e sconvolgere il cervello altrui. Ciò che va scopato non è la figa o il culo… è quel pacco gelatinoso che abbiamo fisicamente in testa e più spesso nel cazzo, nell’utero o nelle scarpe, chiamato cervello che occorre studiare, sedurre, penetrare, possedere, fottere, domare, amare… capendo come funziona, cosa manca e cosa serve. Nel cervello di Martina mancavano emozioni ed esperienze, ma mancava soprattutto il coraggio di viverle. Per la sua innata paura ed il continuo bisogno di sicurezze era scomparso da sempre il coraggio di provare emozioni forti ed intense, esperienze profonde e coinvolgenti.

“Te l’ho detto… non hai ancora visto niente, carissima cuginetta…” una strizzatina d’occhio e mi diressi in cucina.

Con sorpresa trovai in frigo una bottiglia di vino aperta: risaliva alla festa per la nuova casa di parecchi anni prima ed era certamente stata aperta da pochi giorni… Risi pensando a quanto fosse strana mia cugina: dopo una vita di purezza e castità, dopo l’unica sbronza della sua vita, viene scopata dal cugino, si apre bottiglie di vino e si mette a bere….Ridendo e cercando trovai pure una bottiglia di whisky, dimentica e patetica nel suo stato di abbandono e solitudine, che portai con me, insieme a bicchieri e del ghiaccio, per averla come compagna di viaggio oltre il precipizio del delirio.

Tornando in salotto sentì i singhiozzi di Martina. Come Penelope cuciva e scuciva la sua tela, così le donne, ondeggiano spesso al vento del vizio e della virtù ed in attesa della sicurezza o del vortice della scelta che consenta loro salomoniche sentenze, vivono il dubbio, il tormento e l’estasi, immerse nelle mutevoli combinazione delle enne variabili del problema.

Si era tirata su ed era ormai seduta sul divano, con l’accappatoio che la ricopriva a malo modo, con le braccia chiuse sulle gambe strette sulle cui ginocchia poggiava il mento e un viso ripulito dalle lacrime, confuso tra capelli arruffati.. “Che c’è cuginetta…”

“Faccio schifo…”

“Tu???… non direi…hai quasi cinquanta anni, ma sei ancora una gran bella gnocca..anzi una vera figa…” le dissi ridendo e chinandomi di fronte a cavallo su di lei….

“Stronzo, prima di tutto sono quarantadue…” accennando un breve riso e tirando su col naso.

“Vieni qui, dimmi tutto…” Poggiai bottiglia e bicchieri per terra accanto al divano, mi sedetti accanto a lei e la tirai verso di me. Come in grembo… rannicchiata tra le mie braccia, la dondolavano, consolando il suo broncio e i suoi singhiozzi”.

“Faccio schifo, Gigi, sono una troia…”

“Ah ah ah … risi simpaticamente… una troia, tu? Ah ah ah… ma se non hai mai scopato in vita tua!!!” ero divertito, sicuro di me e assolutamente spavaldo…

“Ma che dici… e con mio marito allora?”

“Scopare, cuginetta, parlo di scopare!! mica di fare fik fik, o spingere dentro, o provarci e venire… Parlo di fottere, cuginetta, scopare, sbattere, trombare… fino a svenirne… parlo di fare sesso, sballare e godere… come una pazza e senza controllo… Tu sei vergine, cuginetta!”

“Finiscila, mi sembri un porco… ma che credi che con mio marito non abbia fatto niente in tutti questi anni???”

“Sai cosa penso?…lo vuoi sapere? Penso che Tu sia repressa!”

“Io, ma che dici?”

“Penso che di fare sesso, tu ne abbia davvero tanto, tanto bisogno…”

“Non lo so… forse come tutti… ma con te, no… no, sei mio cugino…”

“OK, io non sono più tuo cugino, ti ripudio, sono uno che ti tromba, perché gli fai diventare il cazzo di pietra… va bene così?”

Rise e si nascose il viso: “Stronzo, sei un porco e uno stronzo…”

“Si e ho un cazzo che ti piace da impazzire… vedi è già bello sveglio… “

“Piccolo…” spostando la mano per accarezzarlo e segarlo piano piano

“perchè piccolo? Pippo ce l’ha più grande??”

“Chi, Pippo?… Ahahah… pippo il suo lo usa per fare pipì… ahahah… Il tuo è enorme…

“E’ solo 17 cm… ci sono cazzi che il mio, manco lo vedono… enormi per davvero… dovrai provarli“

“Finiscila, a me piace lui e basta….” disse con una smorfia, girandosi verso di Lui, ma nascondendosi il volto…

Le cosce erano ora un poco aperte vi intrufolai la gamba, strusciandola sul monte di venere, mentre l’accappatoio scomposto lasciava scoperta la schiena che accarezzavo piano.

“Davvero pensi che io non sia una troia?”

“Davvero! Ma hai tempo per diventarlo! Ahahah… perchè penso che di cazzo, tu ne abbia davvero tanta voglia!”

“Uffa, ma perchè dici questo?”

“Perché si vede lontano un miglio che muori dalla voglia di scopare. Sei la pentola a pressione del sesso… un pallone troppo gonfio.. un dirigibile che rischia di esplodere in volo. Fai troppo poco sesso, cuginetta, forse tanti ditalini, ma sesso… certamente troppo poco… ti piace, come tutti, ma ne hai una paura fottuta… meno male che è successo con me… se fosse stato con un altro, ti immagini che casino, ti saresti sputtanata o rovinata in un attimo…?

“Finiscila, non ci voglio nemmeno pensare…”

“Siamo al sicuro entrambi, cuginetta. Abbiamo troppo da perdere se si venisse a sapere!! Nessuno di noi due ha interesse a fare pubblicità. E poi, va bene così… da un parte ti voglio bene, dall’altra mi fai impazzire e ti voglio torbida e totalmente disinibita…”

“E’ strano… è tutto così strano… irreale”

“E’ tutto vero. Tu sei vera e io sono vero. Quello che facciamo è vero, ed è anche bello, molto bello, eccitante… molto caldo… “

Aveva cominciato a muoversi, premendo e strusciando sulla mia coscia, le passavo la lingua sul collo e nell’orecchio, mentre le mani la percorrevano sulla nuca e sulla schiena. Premendo il mio ginocchio su di lei, risaliva la mia coscia con il suo sesso, per poterlo premere là dove provava piacere e mentre un dito vizioso ed una lingua impertinente fecevano ingresso nel suo culo e nella sua bocca, la facevo sentire prigioniera e sicura, penetrata e voluta. Cercando di imprigionarle il viso e scoparle la bocca con una lingua dura, biascicavo al suo orecchio frasi brevi, complimenti e lusinghe alternati a termini sordidi ed osceni a cui rispondeva con spasimi e accelerazioni del ritmo:

“ Brava… mi fai impazzire… Mi piaci così… che seni meravigliosi… spingi… non ti fermare… non ti fermare mai… sei bellissima quando sei così calda… così ti voglio indecente… bagnata…. e porca, sempre più porca… assolutamente porca…“

Premendo e strusciando con forza e con tutta se stessa, il suo sesso sul mio ginocchio, mi chiedeva di essere penetrata… decisi infine di accontentarla. Lo presi in mano e lo misi verticale, dritto, puntato, pronto. Scivolò giù con la sua figa già bagnata lungo la coscia che abbassavo piano. Mi fermai sulla porta di una figa morbidissima, girando a mulinello la punta del cazzo stretto nel pugno. Sgroppava furiosa e mentre le spingevo a me il viso, leccando e succhiando l’orecchio, le ripetevo: “Lo vuoi dentro? Lo vuoi sentire dentro? Si? Dimmelo! Dimmelo allora? …Ma promettimi che sarai sempre lasciva, sempre più sconcia! …Che sarai ancora più porca!… porca!…Dimmelo!” Venne così. Le sentì dire solo: “si… “, più volte, innumerevoli volte.

Tra pochi pianti, tante risa e altro sesso, ebbe la forza e l’incoscenza di continuare tutta la notte questo andirivieni del cazzo… permettendomi una esplorazione profonda di tutto il suo corpo ancora perfettamente tonico. Complice anche il whisky con il ghiaccio, mi raccontò ciò che a nessuno aveva mai raccontato: sogni, desideri, voglie, fatti, misfatti, ma anche stupide fobie e le paure più ovvie… sbagliare, perdere la reputazione, invecchiare, rimanere sola, morire…

Nei suoi racconti mi sorpresero soprattutto le voglie inespresse e quanto sesso nascondesse sotto il tappeto della sua mente. Era veramente repressa, una bomba inesplosa con una carica ad alto potenziale, un vulcano sul punto di collasso, compresso e dirompente quanto io stesso stentavo a credere. I suoi racconti erano pieni di particolari, dettagliati e sebbene semplici nell’articolazione, primitivi nelle intenzioni ed elementari nel linguaggio, pieni di rabbiosa tensione… rivelavano tanta, tanta voglia, troppo a lungo soffocata.

Andai via verso le 10 del mattino. Sulla porta, stordita e certamente stanca, mi chiese dopo un lungo silenzio: “ Davvero mi vuoi fare diventare una porca?”

“Chiudi gli occhi e immagina di chiederlo al mio cazzo…cuginetta..ma prima torna dentro, …lo dico per te!”.

Quando il mio telefono suonava l’Adagio di Albinoni era lei. A volte non le rispondevo neanche, perché c’era una regola che le avevo imposto: per ogni sua chiamata a cui non rispondevo, prima o poi lei dovrebbe dovuto masturbarsi fino all’orgasmo.

Lo so, sembra una cosa bizzarra, magari insensata…ma questa piccola e stupida regola si è rivelata una trovata geniale per limitare le decine di telefonate con cui aveva cominciato a tempestarmi dopo i nostri primi incontri: Martina, infatti, da persona capricciosa ed ostinata, dopo i nostri primi incontri aveva cominciato a reclamare ruolo ed attenzioni, chiamandomi per ogni stupidaggine, fossero i continui piagnistei sulla sua perduta purezza o le più assurde pretese di un amante insicura o le continue richieste di una mia maggiore presenza o il suo spasmodico bisogno di attenzioni e rassicurazioni…

Ogni stupidissimo motivo sembrava giusto per chiamarmi, esponendomi a rischi e pretendendo il mio tempo. Questa regola, fu la soluzione al problema:

“E’ un gioco, Martina, ma è anche una regola, una regola che – Ti assicuro – ti farò rispettare in modo ferreo, anche a costo di rinunciare a Te.”

“A me sembra una vera cazzata… ma scusa perchè dovrei farmi un ditalino…se non ne ho voglia?”

“ Non devi per forza farlo subito.. lo farai quando puoi.. quando ci vedremo… ma devi farlo. Punto e farlo tante volte, fino a venire, per ciascuna volta che mi hai chiamata ed io non ti ho risposto…Io terrò il conto, Martina… e non farò NIENTE con te… niente di niente… se prima, non saldi il debito. Lo so che ti sembra una cosa bizzarra, ma la tua è una persecuzione telefonica…e a me non va!”

Naturalmente non l’accettò di buon grado… ma ogni qual volta ritenevo che stesse esagerando – ed esagerava spesso – non rispondevo alle sue telefonate e tenendo il conto delle chiamate, la costringevo, una volta insieme, a masturbarsi davanti a me, senza mostrare interesse a Lei,anzi andandomene qualora non intendeva saldare prima il suo debito.

All’inizio la “regola” provocò ancora più liti e discussioni.. ma ben presto, con costanza ed impegno, portò non pochi benefici… Dopo i primi giorni infatti aveva cominciato a chiamarmi e richiamarmi, ostinatamente e la regola le impose un “conto” da pagare davvero esoso… che la costringeva, a continue masturbazioni, spossanti ed umilianti, tanto che durante i nostri incontri non poteva fare altro che masturbarsi in continuazione davanti a me… Appena reagiva, mi costringeva ad andarmene… e riprendendo a chiamarmi, tornava ad incrementare il debito…Capìi allora ben presto che non doveva assillami e cominciò a limitare le sue chiamate…e a pagare i suoi debiti con regolarità, tanto che fui io stesso a regalarle un primo piccolo “ripugnante” vibratore, che la aiutasse a recuperare… ed il cui uso, dopo il primo iniziale rifiuto, divenne ben presto abituale… tanto da stimolare i suoi pensieri più osceni e i suoi desideri più reconditi e scabrosi….

Ben presto la “regola” divenne una piacevole abitudine che trasformava in lei la delusione di non rintracciarmi in una occasione di piacere, aumentava la sua tensione e la carica per quando ci si ritrovava o risentiva, ma soprattutto scongiurava inutili le rotture di palle tanto che quando le pigliavano i cinque minuti le ripugnava pure l’inesorabile dazio che avrebbe dovuto pagare e preferiva lasciar perdere. Più tardi ancora avrebbe atteso con consapevolezza le mie chiamate, chiamandomi prevalentemente mentre si faceva…lasciandomi ascoltare i suoi desideri, le sue voglie, i racconti dei peccati commessi o immaginati, racconti che a poco a poco…divenivano veri e propri deliri sessuali descritti con una voglia sempre crescente, con termini sempre più duri, realistici ed osceni, biascicati da una voce rotta torbida, alla ricerca di un orgasmo che per tracimare aveva bisogno di sempre minori sollecitazioni.

“Buonasera cuginetta?”

“Vaffanculo…lo sai che sono arrabbiata con te …dov’eri ieri? Ti ho chiamato un sacco di volte…”

“Boh.. non me lo ricordo… cara cuginetta..sarà stato – come sempre – per i cazzi miei…”

“Stronzo… avevo bisogno di te!”

“Bisogno…bah…Io posso servirti a poche cose, cuginetta… non te lo dimenticare mai. Ti voglio bene, ma i nosti patti sono chiari. Se non rispondo vuol dire che non posso. Punto e basta. Siamo a 6 debiti…”

“Uffa… Gigi…e basta con questa storia… ma non te ne frega niente di me? Era importante…volevo uscire… volevo uscire con te…”

“Hai visto! Non potevo e quindi ho fatto bene a non rispondere…”

“Miiii….che sei cattivo…”

“Che ci vuoi fare… sarà per un’altra volta …ora sono qui e hai ben sei debiti da pagare.

“Uffa… che palle…comunque sono meno di sei..sai…hihihihi… sai…se non lo dici a nessuno…mi sono già accarezzata almeno quattro volte!.. Ma se tu mi avessi accompagnata e avremmo già saldato il conto e avremmo potuto fare altro…!”

“Brava… ora perciò racconta e recupera!…”

“No, non te lo meriti.. ieri mi hai lasciata sola e io avevo veramente tanta voglia… ero eccitata e volevo comprare un nuovo completino…intimo…”

“Mmmmm…eri molto eccitata? Dimmi…”

“Si, si…lo sai?…prima di uscire… mi sono fatta per ben due volte nella vasca da bagno….”

“Brava… e a che pensavi?”

“pensavo di comprare il mio intimo e di chidere di provarlo subito… così sarei rimasta nuda…tutta nuda… nei camerini del negozio…”

“Bene, brava.. davvero una ottima idea… e poi? Cosa ti ha eccitato?”

“ Ho pensato che essendo nuda…poteva succedere di tutto… ho immaginato di lasciare la tendina scostata…che qualcuno avrebbe sbriciato, mentre mi spogliavo… e questo mi eccitava.. tanto da accarezzarmi mezza nuda in quello sgabuzzino…Bellissimo… pensavo di accarezzami nello stanzino, mentre lo faceco in quell’acqua calda…”

“E poi… “

“Poi, prima di uscire ho immaginato che… avrei chiesto consiglio al commesso.. con la scusa che l’intimo….. non mi calzava bene… lui si sarebbe avvicinato… mi avrebbe sistemato… toccato… infilato le dita…sotto l’intimo… io mi bagnavo…e lui, porco…mi infilava le dita nella figa….ahhh..ahhhh….”

“Bello… e che faceva la commessa?”

“Che schifo… non mi piace..ma mi guardava…la troia… mi guardava…”

“Se fossi andata in quel negozio del corso di cui ti ho parlato, la commessa mora non ti avrebbe solo guardato…”

“Si… si… ci vado…poi… poi ci vado..ci vado….il commesso… mi ha fatto partire subito…e sono… venuta subito…come..ora…vengo… vengo… cazzo.. di nuovo vengo….ahhhhhhh

“Brava, sei a tre…continua… “

“Sono di più.. di più…mi sono accarezzata nella stanza da letto… sia prima di uscire… mentre provavo i miei completini intimo per vedere cosa mi mancava…mi sentivo porca… mi sentivo esposta… mi mettevo in posa…e mi accarezzavo…allo specchio…la figa… il culo…ahhhh… poi… quando sono tornata ho provato i completini…nuovi…e li ho bagnati tutti di figa…ahhh quando sono tornata.. ero eccitatissima…li ho bagnati tutti…come una porca….ahhhh…”

“Perchè.. cosa è successo, durante le compere..”

“Niente…ma ho preso dei perizoma… ho chiesto se avevano qualcosa di più… eccitante… la commessa era… divertita…ho pure accarezzato i manichini…mi sentivo eccitata….volevo farmi nel camerino… filmarmi come mi hai chiesto altre volte…ma avevo paura…mi sono pure accarezzata in auto… ero un lago…”

“Peccato tu non sia bisessuale… cuginetta… ho avuto una ragazza che si portava in camerino una amica con cui lesbicava lasciandomi fuori dal camerino…”

“E tu… tu non entravi…ahhhh…”

“Non potevo, l’amica era una lesbica furiosa… non voleva che guardassi… però una volta ha acceso il telefonino di nascosto e mi ha fatto vedere…”

“…com’èra… ??”

“Esplosivo… il cervello in pezzi… vedere la propria ragazza fatta da una lesbica è una cosa delirante…eccitante da impazzire…sesso all’ennesima potenza…”

Era sdraiata sul divano e via via era scivolata mettendo la sua testa sulla mia coscia. Di solito si accuccia tra le gambe e dopo un poco comincia a carezzarmi la patta, invece quando si sedeva accanto, aveva voglia di parlare o ascoltare storie impudiche, che gradiva alquanto … accarezzandosi e facendosi toccare… finiva comunque sempre per scivolare e per girarsi su se stessa, per cominciare a giocare con il mio cazzo…

“Li vuoi vedere i pezzi che ho comprato?..sono ancora fradici…ahahahh”

“Domani, ora ho poco tempo e tu devi ancora pagare i debiti…”

“Umm… e no… dai… dammelo…“

“Le regole sono regole… finisci di pagare il debito…ti guardo…sentiti troia ed accarezzati…”

Per lavoro sono spesso fuori dalla mia città e ciò mi consente di non poter assicurare relazioni continue e troppo prolungate. Quando tengo a qualche storia, mi faccio sentire specialmente la notte, quando nell’intimità del buio e del letto, il telefono diventa un potentissimo strumento di piacere e le parole assumono i toni caldi ed evocativi del sogno e del desiderio.

Da parte mia, con Martina mi impegnavo ad essere un torbido maestro, molto duro ed esigente nell’alimentare questo suo desiderio di sesso, facendo però di tutto per frenare il mio coinvolgimento affinchè il suo desiderio non divenisse sentimento verso di me, quanto ricerca di piacere fisico e voglia di sempre maggiori oscenità. Stavo inoltre attento che io e il mio cazzo non diventassimo un’abitudine, quanto premi sempre più ambiti: erano infatti banditi nei nostri incontri effusioni e carezze; rari i baci, elargiti solo al culmine di situazioni speciali, estremamente torride se non a volte intense e degradanti.

Tale condizione in fondo tornava utile anche a lei perchè avrebbe potuto capitalizzare tutta l’esperienza che nel frattempo acquisiva, libera di poter indirizzare i suoi sentimenti.

Così tutto tra di noi era focalizzato sul sesso, finalizzato ad uno stato di eccitazione, non euforico o passionale, quanto strutturale, una vibrazione di fondo permanente, che freddamente faceva guardare le cose da una prospettiva diversa, lussuriosa e impudica, in cui la ricerca del piacere diventava una costante della vita di tutti i giorni in cui gli oggetti divenivano strumenti di piacere, le persone incontrate venivano valutate anatomicamente e sessualmente, sbirciate nelle loro parti intime, immaginate in condizioni scabrose; i luoghi attraversati o vissuti valutati come scenari di sempre più scoinvolgenti amplessi.

Con il progresso della nostra relazione, per Martina, tutto ciò diveniva sempre più normale, lucido, consapevole… mentre i nostri incontri divenivano caratterizzati da orgasmi sempre più numerosi, veloci, intensi e frequenti, dove tutto ciò che provocava piacere era ricercato e accolto.

Martina di suo non era una innovatrice, non aveva molta fantasia, quanto semmai era volitiva e possessiva: quando andavo a trovarla, infatti, di solito veniva ad accucciarsi tra le mie gambe, per accarezzarsi il viso con il mio cazzo, per raccontarmi allegra e coinvolta le sue prodezze o i suoi tormenti, prima di cominciare pompini sempre più profondi in gola, cosa che amava fare, svuotandomi. Se ci vedevamo fuori, invece, tornava la stronza di sempre, salvo chiedermi di tornare a casa… Eppure anche a poco a poco, qualcosa cambiava anche nel suo rapporto con gli altri. Al di fuori del nostro rapporto e delle mura di casa sua, era comunque la Martina di sempre, pizzuta e capricciosa, timida e bacchettona e certo non aspettavo che fossero gli eventi a sbloccarla né le prediche o le parole; piuttosto ideavo, progettavo e preparavo la sua trasformazione, affidando a lei stessa ogni responsabilità sulle cautele e sulla prevenzione dei rischi sul decoro e sull’immagine delle nostre non certo ortodosse condotte, avendo tuttavia cura che non facesse passi falsi. C’erano poi i momenti no, che non mancano mai nelle storie ma erano che in questo rapporto furono frequentissimi all’inizio e via via sempre più rari.

“Ciao.. puoi parlare?” Una voce bassa e atona lasciava intuire un momento di depressione.

“Ciao cuginetta, non stai bene?” Risposi perfido.

“No, non è questo… è… che …non lo so… ma non mi sento bene…”

“Avrai mangiato troppo…”

“No, non ho mangiato niente…”

“Io… qualcosa ho visto che hai ingoiato…Ieri sera eri così in forma…”

“Finiscila…stronzo!”

!Si, si… ieri sera…mi sei piaciuta, sai…, hai superato te stessa!!!”

“No… dai… smettila…”

“Davvero…Non credevo che saresti riuscita a resistere…”

“Finiscila…Mi… hai fatto male…”

“Cazzate, cuginetta…di sesso non è morto mai nessuno…”

“Mi soffocavi…”

“Che palle…sei stata straordinaria….mi hai fatto impazzire!”

“Ero io che…stavo impazzendo…”

“Macchè…Stai diventando bravissima, cuginetta…”

“No..no… mi stai facendo diventare una troia!”

“Ieri mi hai prosciugato, un pompino incredibile… mai prima d’ora…

“Tu… tu….”

“mmmm.. sentivo i tuoi conati, vedevo le tue lacrime… ma te lo vedevo spingere sempre più dentro… un delirio… “

“Eri tu che me lo spingevi dentro.. io stavo impazzendo…”

“Non mi pare… come sempre: non ti basta mai… Martina… lo vuoi… sempre più… fino in fondo…

“Stronzo… stronzo… io soffocavo… stavo impazzendo.. stavo svenendo e tu mi dicevi di continuare…”

“… Ma ..sei tu che me lo ha tirato fuori, o sbaglio?”

“Si..ma…”

“…Sbaglio o hai cominciato a leccarlo, passartelo tra i seni … “

“Ma che c’entra…”

“…Sbaglio o mi hai detto che tu che volevi assaggiarlo…

“…Sbaglio o non ti sei mai mai fermata mentre mi spompinavi?”

“…Sbaglio o dopo sei rimasta accucciata a fargli le coccole?”

“…Sbaglio o prima di andare via… mi hai detto che ne volevi ancora…eh,Troia…”

“Basta….”

“Dimmelo… su…chi, ieri sera si è bevuto la mia sborra, sul portone di casa..?.. prima che andassi via?”

“Finiscila… finiscila… lo so, mi piace… ma ieri è stato veramente troppo… troppo… stavo morendo!”

“Sei una gran porca cugina… La verità è che sei sempre più porca, cara cuginetta… Davvero, non ti basta mai…e a me fa impazzire pensarti così porca e vogliosa… “

“Dobbiamo finirla…basta… basta….”

“Si, un giorno la finiremo… quando vuoi… ma fino a quando riuscirai a farmelo diventare duro in un attimo… o te lo infilerai in gola come una ossessa… fino ad allora capisco che di cazzo ne hai proprio bisogno… del resto, lo vedi dai filmati che ti ho fatto come ti trasformi quando hai un cazzo per le mani… quanto ti ecciti… quanto ti bagni… come ti diventano grosse le mammelle…. come ti diventa rossa la figa… non capisci più niente, conta solo il sesso…ci scommetto che ti stai già toccando…”

“fi..ni..sci…laa…. ah…”

“Vedi… fai delle porcate folli… e invece di vergognarti.. ti fai dire puttana al telefono…da me.. da tuo cugino…e pure, ti tocchi…che porca, che troia che stai diventando… cuginetta…

“basta… basta… non devo… nooooo….”

“Continua invece, contina così…. Martina…dai..accellera….fatti… fatti più forte…troia!”

“Si…. basta.. si….”

“Mi hai spompinato in gola per minuti.. cuginetta porca… stavi soffocando e continuavi…cuginetta troia… Ti ho riempito di sperma i polmoni… cuginetta puttana…. e neanche la sborra mi bevi più, direttamente in fondo alla gola…Martina… sei golosa di sborra, porca… pazza di cazzo… cuginetta… una meravigliosa porca vogliosa di cazzo e sborra… “

“Si.. si…..si…… sono una porca… si… si…vengo… vengo… vengo… pezzo… di merda…..”

“Vieni Martina, vieni… carezzati pure il culo che domani lo voglio ben aperto, cuginetta… quando torno, ti faccio il culo e te lo voglio trovare bello aperto e morbido, già pronto … Voglio che te lo allarghi…Tu stessa… non mi interessa come o con cosa, o con chi, basta che lo fai…. “

“Siamo… pazzi….”

“Lo voglio trovare più aperto che mai…. divaricato e sfondato… pronto per tutti i cazzi che vuoi….anche per i grossi…cazzi… neri… da cui…prima o poi… ti farò scopare….”

“Che schifo…che schifo…mi fai…schifo”

“Si lo so, Ti fa tutto schifo… prima di provare…Troia di una cugina. Ora chiudo, ma prima voglio sentirti ricominciare a fare i compiti…dai… fammi sentire come ti masturbi…cuginetta… “

“No… no….. ti prego… sono… stanca”

“Se non ricominci subito, domani vado da Mary… che in certe cose è più brava di te…”

“Bastardo! Non posso, ora no…domani devo alzarmi presto…”

“Ma non sei tu che mi chiedi sempre quando lo facciamo per tutta la notte??”

“Ti prego no.. domani ho un casino…ho pure il ragazzino per le lezioni private…”

“Voglio che ti fai il culo…sbrigati…”

“Non posso… dai…. non posso…”

“Se non ti fai adesso domani dovrai fare un bel pompino al ragazzino durante la lezione…”

“Noo…. finiscila… smettila..”

“Siii dai!! …mi piacebbe vederti, mentre glielo tiri fuori…”

“Ahhh…. finiscila non ci scherzare… è troppo… giovane…”

“Ma ha un cazzo… cuginetta… ha un cazzo… e a te i cazzi piacciono… non è vero?…è giovane e duro!”

“…. no… no…”

“è vero che gli guardi il cazzo? … è vero che ce l’ha spesso duro…?”

“Siii..sii…ma…”

“Lo so!.. me lo hai detto Tu, no?… è vero che ti guarda le tette e le cosce….è vero che ti sbircia…attraverso la vestaglia?”

“Sei tu.. tu…che me lo fai fare… mi fai impazzire…no… no…. “

“Sei tu che fai la porca con quella vestaglia!!”

“Colpa tua… tua….ahhhhh”

“A te piace, cuginetta…e tu lo fai apposta… “

“No..no….”

“Ti piace fare lezioni in vestaglia…per mostrargli le tette…troia…altro che ragazzino… Tu non vedi l’ora… di provare pure quel cazzo…”

“Ahhh…. No…no…sono… una troia… si..una troia… mi fa… ccio…schifo… “

“Prendi la spazzola….dai… “

“Si… si… mi faccio….ahhhh….l’ho presa….ahhhhhhh”

“Piantatela in culo…. ora!”

“È già… in cu…lo… tutta… in… culo….Ahhhhhhhhhh…..in culo….ahhhhhhhhh”

Facendo leva sulla sua natura capricciosa e volubile, attraverso un colto turpiloquio, la proposta e l’immaginazione di situazioni sempre più intriganti ed eccitanti, fin dai nostri primi incontri, mi detti da fare per smantellare quella ottusa mentalità puritana con cui era crescita per decenni, “rompendola”, seppur in sicurezza, a nuovi comportamenti sconvenienti e pratiche disdicevoli che certo non avrebbe mai adottato da sola.

Personalmente operavo con lucidità e metodo, se non vero e proprio freddo cinismo, un costante e pervasivo suggerimento di situazioni e pratiche eccitanti e perversi, volti a generare in mia cugina il desiderio di una condotta licenziosa, tanto segreta quanto intensa, volti ad indurre in lei uno stato di permanente eccitazione.

Alimentando voglie, pensieri peccaminosi e comportamenti lascivi, mi impegnai così giorno dopo giorno a far penetrare in ogni cellula della sua anima o cervello, un persistente e crescente desiderio di sesso, che rendeva sempre minori sia le sue iniziali incertezze che i successivi rimorsi, sempre più brevi i periodi di crisi ed i ripensamenti. La stessa astinenza, spesso indotta da parte mia come risposta alle sue stesse pretese – tra l’altro – finiva per rendere sempre più intensi i momenti di sesso, in cui pretendevo che osasse sempre di più, che sperimentasse e si lasciasse andare a sempre più licenziosi, peccaminosi ed osceni comportamenti, ben lieto di vederla spesso accelerare ben oltre il limite del pudore che, seppure con accortezza, le chiedevo comunque di superare.

Il mio immorale e sconvolgente impegno nel renderla sempre più disinibita e torbida, si concretizzava così, in un sapiente ed autorevole gioco di suggerimento, indirizzo e guida in cui mi limitavo a proporle, la ricerca di un godimento sempre più intenso ed eccessivo, di cui non ero né colpevole né strumento. Ben presto fu lei stessa a chiedermi di andare oltre, provare sempre nuove cose…tanto che la mia opera di suggerimento e proposta, solo raramente si trasformava in pretesa, limitandomi ad indirizzarla ed accompagnarla su per una strada tortuosa, diretta alla realizzazione di esperienze sempre più lascive e spinte; verso emozioni sempre più intense e sconvenienti.

Mi limitavo ad intervenire solo quando c’era da scongiurare che le situazioni sfuggissero di mano, ma facevo anche in modo che fosse lei stessa a controllare i suoi stessi capricci e che questi non la spingessero a divenire superficiale o distratta.

Da persona matura, Martina, viveva la scoperta del sesso con una forte passione, ma anche concentrando su di esso tutto il suo intelletto e cominciai così ad ammirare la curiosità crescente con cui ricercava il suo piacere e la misura che era costretta a porre nei crescenti rischi che correva per appagare i sempre più osceni desideri che facevo balenare nella sua mente.

Mia cugina Martina certamente stava imparando ad amare il sesso, più di quanto intendesse amare le persone ed io stesso osservavo, incredulo l’immutato rigore che manifestava nei comportamenti pubblici e sociali, con la sua ricerca privata e sfrenata di emozioni sempre più intense. Cambiava dentro, non fuori, ma cambiava a vista d’occhio…basti pensare ad esempio all’affollata festa di famiglia di pochi mesi dopo.

“Organizzati, ho voglia di scoparti.” Le bisbigliai in un orecchio

“Finiscila!!.. sei un cretino, ci possono sentire!” fu la prima risposta, mentre un rapido ed ostile sguardo la seconda replica alla mia rinnovata richiesta; uno sguardo perplesso la risposta alla terza… mentre alla quarta la risposta fu un ben diverso: “…ma come facciamo?”

“Vedi tu, Trova il modo…”

“…ma qui non si può…”

“Si, che si può.. guardati bene intorno…”

“Finiscila…non scherzare….”

“Dove e quando possibile… ti ho detto, ma fa che sia possibile…”

“Tu sei pazzo….”

“Quanto anche Tu ne avrai veramente voglia il posto lo troverai… ”

“Ma è impossibile… stronzo… c’è troppa gente in giro…non lo farei neanche se fossi ubriaca…”

“Non c’è bisogno…cuginetta… oggi niente alcool… Ti voglio vedere eccitata, ma perfettamente lucida….voglio vederti insieme troia e glaciale, concentrata e porca… Voglio che mi scopi per il piacere di fottere… trova il modo…cuginetta…”

Così durante la festa, proprio a causa dell’assoluto rischio, i nostri sguardi si incrociarono poco, ma via via sempre più spesso e seppur sfuggenti e sornioni furono… dapprima tesi, poi infastiditi, poi ironici, poi provocanti, poi complici, poi ammiccanti e via via sempre più lascivi, così pure le nostre brevissime conversazioni…

“Hai già tolto le mutande?”

“No…Ti ho detto che non lo faccio… mi sembra che mi stiano tutti a guardare… ho un paura matta…”

“Hai ancora un’ora per farlo, poi perdi la scommessa…e te le tolgo io…

“Tu sei pazzo…la cosa terribile è che so che lo faresti davvero…”

“Infatti… sbrigati…piuttosto, hai deciso chi ti piacerebbe farti?”

“Vedi, già questo gioco già mi piace di più….mmmm… Marco, il nuovo fidanzato di Lucia… ha lo sguardo furbo… poco fa abbiamo parlato e secondo me…lo stronzo ci ha provato…mi ha detto che è indietro e che avrebbe bisogno di lezioni private…mi ha pure chiesto se lo potevo aiutare…”

“Si è possibile… lo conosco bene…è carino, sportivo, un vero fighetto di vent’anni, già abbastanza figlio di puttana…secondo me è lui che potrebbe darti qualche lezione…magari potremmo dartela…insieme…Dai, digli che per te va bene…”

“Ma Tu sei pazzo… non lo farei mai… Lucia è mia figlioccia…”

Da lì a poco: “Avevi ragione cuginetta… Marco, ti farebbe ben volentieri il culo…

“…Ma che testa di cazzo sei… ci hai parlato?????”

“Tranquilla… sono discorsi tra uomini…gli ho detto che se non fossi così stronza e mia cugina, saresti da trombare senza ritegno… e lui ha convenuto!!!”

“Che bastardi siete…”

“Ma mica finisce qui… ha detto pure a me che gli piacerebbe… “venire”…a lezione da te!…ed io gli ho suggerito di proporti in cambio delle lezioni di cocktail… in modo da farti ubriacare e poi scoparti ben bene…così forse recuperi il tempo perduto! Ahahahaha..”

“Che stronzi che siete…bastardi….però, il corso di non è una cattiva idea… Ahahahah…”

“Dai divertiamoci… sentiti porca…vai a guardargli il pacco…immagina quante belle cose potresti imparare…”. Rise e si allontanò…

La osservavo a distanza: guardandosi intorno con apparente indifferenza, sorrideva in modo ipocrita… cercando le angolazioni migliori per non essere vista e gettare delle rapide occhiate verso il cazzo del nuovo cuginetto, mordicchiando ora il labbro ora l’unghia e tornardo spesso a guardarmi divertita… oppure si metteva seduta, apparentemente indifferente, ma erano i frequenti movimenti delle gambe a tradire la sua allegra inquietudine…

“si, si… deve avere proprio un bel pacco… lo sai…poco fa si è pure eccitato… Lucia gli era andato vicino come per prendere qualcosa al buffet e con discrezione… gli si è strusciata il culo…se non ci fossi stata attenta… non me ne sarei accorta…che porcellina la mia figlioccia… mi ha pure fatto bagnare…”

“Lo sai che la tua cara figlioccia si è depilata la figa?”

“No, davvero???…che troia!!… a me non me le dice queste cose, quella stronzetta…Te lo ha detto Marco?… che figli di puttana che siete voi uomini…”

“Si, è il regalo che lei gli fatto per il compleanno…deve stare proprio bene la tua figlioccia con la figa rasata…te la immagini?”

Andò avanti così per qualche ora.. Prima della fine della festa si era andata a masturbarsi in bagno per tre volte, fino a quando, a sera, prima di andare via, provocazione dopo provocazione…si sentì fradicia e pronta ad organizzare lucidamente in nostro incontro.

“Vai in giardino, lungo il viottolo di destra per il parcheggio, dietro la siepe. Da sotto l’albero possiamo vedere chi arriva e a quest’ora, non ci può vedere nessuno… facciamo in fretta perchè ho una tale voglia che non ce la faccio più…”

La precedetti. Coperto dalla siepe e dalle fronde del’albero controllavo il passaggio dei pochi rimasti: parenti, amici.. amici di amici… stavano andando tutti via.., fino a quando la vidi arrivare guardinga e pure incerta sui tacchi…Scartò rapida dal viottolo, girando intorno alla siepe. Mi venne incontro, tirandosi su la gonna e senza mutande…e appena mi fu accanto girò rapida su se stessa, incitandomi a far presto, mettendosi a guardare verso il viottolo…

Aprii la mia cerniera con calma, divertito dalla sua impazienza e dal suo culo oscenamente offerto, spinto e proteso verso di me. Tirai fuori un cazzo ormai di marmo e lo immersi con esasperante lentezza in una figa bagnata e bollente, già pronta. E mentre rabbiosa mi chiedeva sottovoce di fotterla e scoparla…e mentre nervosa inarcava il culo e mi tirava verso di sè con una mano, con l’altra cercava di raccogliere la gonna….

La scopai a colpi secchi, ritmati, lento nell’uscire, rapido e deciso nell’entrare, per pochi minuti… mentre mi pregava di far presto e sconvolta si chinava sempre di più… fu la comparsa di una coppia di vecchi zii nel fondo del viale ad eccitarmi sensibilmente tanto che esplosi rapidamente, indifferente al suo piacere, allorché, li vidi arrivare.

La tirai su, attirandola a me, come fosse un ostaggio: la sera era ormai avanzata, la vegetazione e l’albero ci coprivano e schermavano… ero sicuro che non potevano vederci ma semmai sentirci…così le cinsi la vita e il collo, intimandole il silenzio, per farle vedere ciò che io vedevo. Tentò di divincolarsi… impaurita:

“Non muoverti e stai zitta…”

“Finiamola…Ci possono vedere…”

“No e neppure ci sentiranno se stai zitta…”

Gli zii passarono sotto i nostri occhi a meno di tre metri da noi. E mentre le mie dita la arpionavano, facendo il bagno nel lago inquieto di un corpo che vibrava di paura e di stimolazione… e strizzavano sadiche un capezzolo duro e ormai esposto, la mia lingua giocava lenta con il suo orecchio, bisbigliando gli spigoli taglienti di parole scostumate che, tra i brividi, laceravano la sua mente trattenute nel pavido affanno di un silenzioso respiro.

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