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Racconti Erotici

Riso amaro

By 10 Novembre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

E’ arrivato il freddo.
Lo avevano preannunciato i metereologi ed era in fondo il tempo giusto. Siamo a novembre e fino ad oggi abbiamo goduto di un bel caldo quasi estivo.
Poi di colpo, in un normalissimo lunedì il freddo &egrave calato come un mantello di morte. Rabbrividisco.
Sono uscita di casa come sempre, poco vestita, senza guanti né sciarpa, senza nemmeno il giaccone invernale. Non pensavo fosse cambiato nulla.
Mi guardo intorno: devo essere l’unica a non essersi accorta che, invece, &egrave arrivato l’inverno. Deve essersi avvicinato silenzioso, come un viscido ladro, come un predatore affamato. Si &egrave sistemato con calma, avvolgendoci quando ormai non avremmo’anzi non avrei mai creduto arrivasse più. Il mio inverno &egrave più freddo del solito, più freddo che mai. E’ uno di quegli inverni gelidi dell’anima, che si cristallizzano e si spaccano come lame di vetro.
E’ lunedì ed &egrave inverno. Connubio assassino.
C’&egrave stato un meraviglioso sole che ha scaldato i miei sorrisi e sciolto le mie paure come neve di primavera. Le ho sentite dissolversi lentamente, sorridendo nel vederle tramutarsi in acqua, fresca, cristallina. Le osservavo dal bordo del mio giardino chiedendomi come mai fosse tanto semplice liberarsene. Ne seguivo il tragitto con lo sguardo, fino a quando il terreno le assorbiva facendole scomparire dalla vista. Ma soprattutto, le sentivo scivolare via dalle mie spalle. Come un pesante fardello sentivo di averle portate con me per troppo tempo. Era tempo di liberarsene, di abbandonare la coltre grigia che mi ricopriva il cuore. Era ora di ascoltare, fidarsi, credere.
Ho tentato. Giuro che ho provato a mettere in luce tutte le difficoltà, i rischi, i timori, le assurdità. Ho cercato di non credere ancora che per me l’inverno non sarebbe mai più tornato, ma le sue parole erano dolce musica. Sembrava che il male fosse tanto lontano, che per noi non ci sarebbe stato mai il tempo del dolore.
Ancora non riesco ad accettare che invece stia nevicando’.talmente forte da far male.
E’ arrivato come un fulmine.
Improvviso e maledetto.
Una lama che squarcia un cielo azzurro, che ti coglie impreparata, inerme, indifesa perché le difese le avevo riposte. Avevo pensato che non mi sarebbero mai più servite. Avevo sotterrato l’ascia di guerra. Inutile combattere una guerra che non esiste.
L’amore arriva e non una volta sola. Ci passa accanto ed &egrave nostra la colpa di non saperlo fermare, di non accorgerci che ci chiama.
Inutile vivere senza amore. Inutile vivere così.
Ho risposto al suo richiamo.
Forse ho creduto che sarei stata in grado di non farmi travolgere, ma non avevo considerato che i suoi occhi seguissero la mia via. Non ho creduto che la sua bocca diventasse la mia, che il mio corpo di fondesse nel suo. Non ho creduto ai sentimenti che crescevano tra noi, alimentati dalla nostra voglia di essere insieme. Ho dovuto lasciarmi andare. Vivere e sperare che avesse ragione lui, non io. Che avrebbe potuto non esserci una fine, che avremmo potuto vivere questa nuova vita insieme, nei modi e limiti che volevamo, che avremmo avuto solo il meglio, il bello, il sole, i sorrisi. Che ci saremmo sempre rispettati, che non avremmo mai sofferto, che non ci sarebbe stato un inverno.
Invece eccolo qui.
Sfreccio veloce con la mia moto.
Corro lungo questa strada dritta, mentre il freddo mi gela le mani. Corro sperando che i pensieri non mi raggiungano, corro scacciando le lacrime, il dolore dell’anima che mi schiaccia al suolo.
Volavo ed ora scappo.
Scappo dal silenzio che, hai deciso, ci farà bene. Scappo perché con te avevo trovato la mia dimensione, la mia musica dolce. Corro lontano da una vita che non voglio più. Nella quale non ci sei, non vuoi esserci’ed allora non voglio esserci neanch’io.
Avrei preferito sbagliarmi.
La vita ci prende in giro. Sembra concederti, sembra offrirti il meglio per togliertelo poi quando appena cominci ad assaporarne il profumo, il gusto, la dolcezza. Quando hai bisogno di qualcuno, di un camino caldo, di una coperta morbida nella quale avvolgerti, quando non hai più lacrime da versare succede che la porta che hai chiuso, o che qualcuno ha chiuso per te, diventi solo un episodio della vita. Succede che comprendi, come per incanto, che sei diversa, che c’&egrave qualcuno che ha in serbo per te la felicità. Qualcuno che conserva la semplice ricetta che sa farti stare bene.
Correvo, anche allora. Lanciata la moto a folle velocità, arrivai presto al bivio.
Viverla o rinunciare.
Lasciarsi andare tornando a sperare, a credere nelle parole, nei gesti, a leggere nei sorrisi. Tornare a chiudere gli occhi ricordando sapori, profumi, emozioni che pensavi non toccassero più un cuore indurito ed impaurito. Oppure rinunciare a tutto ciò che mai avresti immaginato potesse essere. E’ giusto non vivere per la paura? E’ saggio rinunciare all’amore? Ed il batticuore? Il respiro affannoso solo quando i suoi occhi penetrano nell’anima? I brividi lungo la schiena quando le mani scivolano sulla pelle nuda? Cosa rispondere ai sensi, al corpo, al desiderio che si risveglia ignaro ed incurante delle paure della mente? E come calmare la piccola parte razionale che teme di affondare di nuovo? Come sedare il timore che l’unica direzione della via sia un nuovo dolore?
Ho raggiunto un semaforo rosso.
Mi fermo, finalmente.
Gli occhi arrossati si abbassano appena, lasciando che lacrime calde dipingano le guance di una luce triste. Quasi come se non avvertissi la paura della velocità, il freddo pungente di questo maledetto novembre, la fame per giorni di digiuno, la testa che scoppia per troppi pensieri. Non ho più nulla.
Credevo che il dolore fosse sempre uguale. Che avesse lo stesso vestito, lo stesso odore, lo stesso gelido sguardo. Credevo che si scacciasse lontano con le lacrime, ma ho scoperto di non avere più nemmeno quelle.
Così rido.
Per l’assurdità della vita, per aver creduto di aver trovato la serenità. Per non aver temuto di esporre il fianco. Rido per aver creduto di poter tornare a vivere, senza la paura che fosse un sogno. Rido per essermi illusa di contare davvero qualcosa per qualcuno. Rido per aver amato, per amare, per desiderare di farlo, nonostante tutto. Rido perché lo voglio, ancora. Tanto. Rido perché pensavo alla fine, ma non così presto. Rido dei sogni sbriciolati dentro un’ingiustizia della quale non ha colpa nessuno. Rido perché nessuno ha colpa, ma soffriamo tutti.
Rido perché fisso il cellulare, perché cerco mail che non arrivano più. Rido amaramente rileggendo vecchie parole e scoprendo che di lacrime ne ho ancora e tante. Rido per caso, per dolore, per scacciare i fantasmi. Rido perché diventa verde e posso tornare a correre lontano. Rido del freddo che ora sento dentro, fuori, addosso.
Rido’perché era novembre anche un anno fa.

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