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Racconti Erotici

Sensazioni post-oniriche

By 12 Settembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Le coulottes del pigiama sono troppo strette, avvolgono le natiche come una seconda pelle e non solo quelle. Il pavimento del terrazzino è freddo sotto i piedi nudi e la maglietta sottile inutile barriera contro la brezza mattutina che spira da nord. Brividi e fremiti, mi stiracchio come una gatta, quasi provo a miagolare. Pelle contro stoffa, stoffa contro pelle: è attrito, lo so, ma io lo chiamo e lo percepisco sensazione. Spingo in dentro la schiena e il bacino in fuori, i capezzoli si ergono contro il rosa del cotone, sensazione, eccitazione. L’aria è dappertutto.

 

In fondo le coulottes e la maglietta del pigiama, non sono male così strette.

Sono ancora i sogni della notte a tenermi compagnia, sogni che non mi lasciano mai subito. Sono seduta al tavolo nel sogno, senza poter vedere ciò che ho intorno. Percepisco una sorta di sibilo. Un attimo ed è paura, apro gli occhi, ma non vedo nulla oltre il buio totale, ma la sensazione è piena di quel qualcosa che si sta muovendo, avvicinandosi a me senza che io possa fuggire. Il tentacolo si avvolge alla mia vita, ancora più stretta di quanto lo è nella realtà. Pelle viscida coperta di salsedine e provvista di ventose che mi avvolgono con una spira, liquido denso che mi copre e poi l’intrusione. La punta del tentacolo che esplora, svela, si incuriosisce e s’infila tra la mia pelle e i miei shorts, sempre gli stessi, sempre quelli stretti. Esplora e quando lo sento tra le natiche, pronto a guardare dentro di me, mi sveglio e tutto svanisce, eccetto la sensazione di averlo ancora addosso.

La sveglia suona, ripetutamente, incessante, delirante. Sudata, scosto le lenzuola e mi alzo, la mente ancora intorpidita dal dio del sonno e dalle sensazioni che provo dopo i sogni che mi dona. Sento solo fremiti, non ricordo precisamente che cosa è accaduto nel sogno. Mi ritrovo in cucina a bere caffé senza sapere come ci sono arrivata, mi stiro, davanti alla cucina a gas e mi accorgo solo allora che le sensazioni che pervadono il mio corpo sono di sottile eccitazione, i capezzoli turgidi che spingono sulla stoffa della maglietta e gli shorts che si sono intrufolati tra le natiche, rimanendo più aderenti del solito. Sorseggio senza sedermi e comincio a ricordare il sogno.

La vecchia è seduta su una poltrona che assomiglia a un trono. Il suo viso è scarno e pieno di rughe che lo solcano, sembra una vechia strega, una megera centenaria, Vestita di bianco e oro, una veste preziosa ricamata le cui maniche ampie arrivano poco sotto i gomiti. Avrei pensato che il naso fosse adunco, ma no è dritto e nobile e gli occhi cerulei e fermi, senza esitazione. La pelle è tesa e sottile, si vedono le vene sottostanti. Le sue mani appaiono forti, anche se vecchie, le dita sono molto lunghe e sottili, ossute. Mi fa cenno di avvicinarmi e io mi muovo. Solo allora mi vedo, mentre abbasso lo sguardo su me stessa. Ho addosso solo un vestito color crema molto corto, aderente, ai miei piedi sandali di cuoio con i tacchi alti e legacci di cuoio che percorrono tutte le mie gambe, incrociandosi e andandosi ad allacciare sotto il ginocchio, sento i polpacci leggermente ostretti in essi, mentre mi avvicino. Sono davanti a lei, davanti alla poltrona. Una pedana a tre gradini mi separa dalla vechia, mi fa cenno di salire. Io sono eccitata, mi accorgo di non indossare altro se non il vestito e i sandali. Salgo i gradini e mi porto di fronte a lei. Ora vuole che avanzi ancora, allargando le cosce ai lati della poltrona, ai lati dei larghi braccioli.

Le sue dita scarne e vecchie mi accarezzano le gambe, le unghie, lo noto solo ora, sono lunghe, lacate di bianco e oro, come il suo vestito e terminano con una stretta punta squadrata. Mi graffia, mentre io ho le cosce oscenamente aperte su quella poltrona, davanti a lei che guarda il mio sesso, sorridendo famelica. Mi tocca, sfiora il clitoride e ho un sobbalzo. Lei mi prende le cosce tra le mani e mi ferma, vuole che io non mi muova. Continua a stuzzicarmi con un’unghia, due, tre. Sento che la consistenza dei miei capezzoli aumenta, si fanno più turgidi.

Il caffé è ancora caldo, lo sento scendere in gola e nel ricordare il sogno una sensazione di eccitazione e ribrezzo al tempo stesso si fa largo dentro di me. Provo ribrezzo per quella vecchia, ma non riesco a non eccitarmi, nel sogno ero molto eccitata, forse è per questo?

Le dita della vecchia si fanno largo tra le mie labbra ormai umide, mi penetrano e giocano. Mi ritrovo con la bocca spalancata, in estasi di piacere mentre le dita ossute si ostinano a continuare a volermi dare piacere. Piacere intenso. Vorrei appoggiarmi con le mani ai braccioli della poltrona. Lei me lo nega e continua a penetrarmi e agiocare dentro di me, mentre un sorriso sardonico e sdentato le si dipinge sul viso rugoso. Sento che mi sta portando all’orgasmo e io assecondo il movimento delle sue dita. Sto fremendo, le gambe tremano, sento i muscoli tesi e quasi in spasmo, mi inarco, pronta a godere di quelle dita licenziose. La vecchia si ferma, estrae le dita e le succhia. Mi da una sonora pacca sulla naitca sinistra. E mi dice che è ora di andare.

 

Il caffè è finito. I miei capezzoli sono duri, li sento sfiorare la stoffa e mentre mi muovo si strofinano contro di essa, gli shorts sono bagnati e il tempo stringe. Una doccia veloce e poi via, verso l’ufficio.

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