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Racconti Erotici

SOLEIL DE PARIS 29

By 5 Giugno 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Ricordo che nel villaggio giunse un giorno un famoso impresario.
Lo videro scendere dalla sua lussuosa carrozza nel bel mezzo della piazza principale. Si guardò intorno, come sbigottito; lo sorpresero i primi germogli di primavera che spuntavano sui rami. I passeri facevano festa tutt’intorno, alcuni di essi litigavano.
Passavano di lì alcune donne con l’ombrellino e dei signori con la paglietta sul capo. Alcuni leggevano il giornale, come si conveniva alla gente perbene e facoltosa.
L’impresario si tolse i guanti bianchi e si appoggiò al suo bastone col pomolo d’avorio. Portava un grazioso cappello a cilindro, bianco, che s’intonava alquanto con la sua lunga redingote lilla.
Aveva il pizzetto e i mustacchi, che non di rado si lisciava.
Trasse di tasca una scatoletta dorata, piena di sigari. Se ne mise uno in bocca e lo accese con il suo accendino d’oro, tempestato di pietre preziose. Dopo ogni tirata, dalla sua bocca semiaperta uscivano degli sbuffi di fumo, di forma circolare, che il vento di primavera provvedeva a spandere in ogni dove. Parevano bollicine di sapone.
Poco dopo, il ricco borghese trasse di tasca il suo orologio dorato e, dopo aver controllato che ora fosse, sussurrò negli orecchi del suo cocchiere delle parole che non voglio ricordare.
Poi ripartì, sulla sua lussuosa carrozza.
La gente del villaggio diceva che l’impresario fosse assai dovizioso. Passava da quelle parti soltanto due o tre volte all’anno, per conoscere gli artisti più celebri che si esibivano nell’Accademia degli Orfanelli, ed invitarli a Parigi.
Gli avevano parlato di una graziosa violinista, dai lunghi capelli rossi e dal volto meraviglioso. Egli desiderava incontrarla, parlarle e, forse, scritturarla.
Di lì a pochi giorni ci sarebbe stato un concertino. Sui muri del villaggio già avevano appeso i manifesti. Raffiguravano delle ballerine bionde, vestite con dei tutù verdi o vermigli e con delle scarpine da ballo celesti o rosa. Riportavano la data del concerto ed i nomi dei grandi artisti che si sarebbero esibiti. Tra essi, figurava anche il giocoliere.
Una sera, lungo uno dei viottoli del villaggio, vidi passare la Mercantessa. Si mordeva le unghie tra i denti, per la collera. Non faceva che desiderare ardentemente le carezze e i baci proibiti della sua cara amante. La sua passione, saffica e folle, le faceva perdere le staffe.
Passò davanti all’Accademia degli Orfanelli. Il suo cuore sperava di vedere la Rossa, oh, sì, voleva, doveva incontrarla!
Una caligine vaga avvolgeva tutte le cose’ Dalla scalinata, scendeva pian piano un uomo elegantemente vestito, venuto appositamente per parlare con il direttore, che gli aveva raccomandato accoratamente la bella violinista, elogiandone i numerosi talenti. I fanciulli avevano appena fatto festa. Il loro chiasso s’era spento nel verso vago delle tortore.
La bionda Mercantessa si avvicinò alla scalinata e prese a salire i gradini, uno ad uno. Fu così che, fingendosi distratta, urtò l’impresario, che la guardò fissa, da dietro i suoi occhialetti rotondi.
– Mi scusi’ – mormorò la maliarda, concedendogli uno dei suoi sguardi più appassionati. ‘ Lei viene da Parigi?
– Sì ‘ le rispose il facoltoso. ‘ Sono qui per scritturare degli artisti!
– E tra essi’ Ci sarà anche una ragazza sui vent’anni, dai capelli rossi, alta, ben fatta, che suona il violino?
– Forse sì’ Prima però desidero sentirla suonare.
La giovane, dopo aver scambiato con l’impresario quelle poche parole, si allontanò da lui a grandi passi.
Me la ricordo mentre stringeva forte i pugni’ Uno scoiattolo si era accoccolato sulla sua spalla e lei sembrava sussurrargli parole di mistero.
– Ah, Rossa! Non partirai stavolta! Io rovinerò il tuo numero e quello del tuo giocoliere!

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