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Racconti di Dominazione

22- appuntamento al molo

By 20 Giugno 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono le circa 17 quando Il telefono trilla, “Laura, rispondi tu, sono al pc e non posso staccare”, Oliver grida dalla stanza,

“uff che palle, ha sempre da fare, mai che mi desse però una mano in casa”.

Prendi il cellulare e rispondi con tono di chi è stufo, “Pronto!”, dall’altro capo del telefono rumore di traffico e suono di una radio accesa in sottofondo,

per alcuni secondi nessuna voce, stai per aprire di nuovo bocca, quel silenzio ti stizzisce ancor di più quando senti la mia voce:

“Ciao piccola, sto venendo da te, preparati che usciamo”, rimani imbambolata, ti appoggi al mobile, pensieri sparsi iniziano a comporsi nella tua mente, Oliver al pc,
il caldo tepore di questa primavera, la biancheria intima, la gonna bianca.

Esclami “cosa?”, mentre pensi “cazzo, mi vuole e adesso?”. La mia risposta arriva immediata, “andiamo un po in giro, mi va di “? senti una sonora risata,

“allora, scendi, muoviti”, sussurri, con un filo di voce “non mi va” mentre nervosamente metti un dito in bocca per mangiarti un’unghia.

“Non ti chiamo per chiederti se vuoi, stronza, ti chiamo per dirti che DEVI uscire”, a voce bassa mi dici “dove andiamo?”

“Non so ancora, ci vediamo tra poco davanti casa, tanto so dove sei adesso”. La gente, il tuo solito incubo, qui c’è gente che ti conosce da anni,
non vuoi che ti vedano salire in macchina con uno sconosciuto, sconosciuto per loro ovviamente ma non per te.

Sottovoce mi dici, “no, ti prego, ci vediamo giù al porto”, la risposta del tuo padrone ti arriva “ok, giù al molo tra 20 minuti” e senti la chiamata che si interrompe.

Per fortuna hai qualche minuto per prepararti, “Oliver, scendo, vado a fare una commissione, me ne ero dimenticata” e ti infili in camera per vestirti.

Tuo marito nemmeno ti risponde e la cosa ti innervosisce, “l’hai voluto tu allora, manco a chiedermi dove vado a quest’ora”,

ti vesti, stivali, gonna lunga, maglia in filo di cotone, la primavera si fa sentire, il sole inizia ad essere caldo.

“prendo la macchina, così faccio prima”, afferri le chiavi dalla scrivania, Oliver non distoglie lo sguardo dal monitor e nemmeno questa volta ti risponde.

Non lo saluti come sei solita fare, con un bacio sulle labbra.

“Guardalo lì tutto preso dal computer, manco mi ha guardato, non ha guardato nemmeno cosa indosso. lui ed il pc mentre la moglie va ad un appuntamento col suo Padrone”.

Esci e ti avvii in macchina all’appuntamento. Non hai messo le calze, solo un paio di calze corte, per gli stivali bastano, sotto la maglia solo il reggiseno
.
La voglia di rivedere, quell’uomo che ti ha stregato, che ha saputo renderti la “sua puttanella”, prende il posto della rabbia per non essere stata considerata da Oliver,
il solo pensiero di rivedere il tuo signore ti fa rizzare i capezzoli, con l’auto cammini per le stradine strette con un sorriso stampato sul volto.

Eppure, di tanto in tanto il rimorso si ripresenta alla tua mente, ti senti in colpa, la tentazione di tornare indietro è fortissima.

Fermi l’auto in un parcheggio tranquillo e ti incammini verso il molo. Il venticello fresco scivola sotto la gonna lunga dandoti piacevoli sensazioni,
sembrano delle carezze che salgono lungo le tue cosce tornite. Una coppia che si bacia e tutti quei pensieri spariscono.

Adesso cammini veloce, pensi, mentre scendi per i vicoletti, “speriamo che non ricominci con le sue smancerie”, i suoni dei tacchi rimbombano lungo le stradine
che ti portano al porto, , “tutte le volte con la solita solfa, mettiamoci insieme, che palle…non vuole capire che con lui mi sento solo una puttana… una puttana e basta”.
“Oggi, la puttanella, dovrà dare del suo meglio” penso mentre l’auto percorre l’ultimo tratto di strada prima di arrivare in paese, “non vuole capire che è la MIA puttanella”.

Il paesino ha una serie di stradine che portano giù al porto, a quest’ora per fortuna queste stradine sono poco trafficate, “vediamo se ha capito, una volta per tutte che è la mia puttanella, questa volta non se lo dimenticherà più, me lo sento”.

Giro l’angolo del vialetto che porta giù al porto pochi istanti prima che lei giri lo stesso angolo di strada.

Raggiungo il molo, alcuni pescatori sono intenti a riparare delle reti mentre qualche turista è giù, intento a pescare.

il tempo di fermare l’auto e vedo dallo specchietto la mia puttanella che arriva.

“eccolo”, vedi da lontano la mia auto già ferma.

“magnifica con quella gonna lunga”, affretti il passo per raggiungermi.

Senti i miei occhi su di te, ti guardi intorno timorosa, senti che ti sto già spogliando, mi vedi scendere dall’auto, mi giro e sorridendo esclamo

“ciao puttanella”, “ciao” dici a bassa voce, un pescatore si gira verso di noi, ha sentito chiaramente quella frase.

Ti metto una mano sul culo e lo palpo mentre ti bacio, mentre ti stringo. Come tuo solito, eviti la mia bocca.

La mano tira su la gonna, mentre ti bacio sul collo. Il pescatore si gode lo spettacolo del tuo culo.

“dai! non qui ci vedono”, mi dici cercando di coprire le tue nudità, “sei la mia puttanella. Ci possono pure vedere, chi se ne frega!”

I tuoi capezzoli si rizzano immediatamente, ti vergogni, abbassi lo sguardo e ti infili di corsa in macchina.

Giro intorno all’auto ed entro pure io. Prima di partire carezzo il tuo seno infilando la mano sotto la felpa.

Reclini la testa all’indietro, le mie dita cercano i tuoi capezzoli e li trovano, non ho perso tempo a infilare la mano.

Ho scostato il reggiseno e carezzo i tuoi seni, il pescatore continua a godersi la scena.

Sorride, io dalla mia posizione lo vedo nettamente e gli faccio un regalo.

Tiro su la tua maglietta, “daiii!!! andiamo via da qui, ci stanno guardando tutti”, ora solo il reggiseno copre il tuo seno, mi abbasso su di esso, ne scopro il capezzolo e lo succhio.

Noti un mio gesto mentre succhio il tuo capezzolo, un gesto di ok fatto all’indirizzo di qualcuno che è fuori dall’auto.

Ti giri e vedi il volto abbronzato dal sole di quell’uomo che ricambia il mio gesto.

Ti fai rossa in viso, non sai cosa fare, “chi è questo?” mi urli di chiedendomi di andare via.

In fretta cerchi do tirare giù la maglietta, io con tranquillità mi stacco da te e calmo ti dico:

“uno che si è goduto la vista di una magnifica puttanella”, Mi guardi torva in viso, “Che stronzo che sei ! ora però, adiamo via da qui”.

La mia risposta è sarcastica, “mica devi godere solo tu?”, Stizzita rispondi in malo modo “lo spettacolo per lui è finito”.

Mi rimetto al posto di guida e riparto, “stronza”, riparto sgommando.

Ma la mia mano si infila tra le tue cosce e salendo si insinua nello slip.

“ti piace, essere una puttanella, guarda qua che lago che sei? Ora fai davvero la cagna in calore.” tolgo la mia mano dagli slip ed infilo le dita nella tua bocca.

“Succhia!”, docile come un agnellino obbedisci e sussurri, “si mi piace! Mi piace essere una cagna in calore. La tua cagna!”, allarghi le cosce e tiri su tutta la gonna, “ora non ti spiace vero che ti vedano, puttanella?”, “non mi vede nessuno così. E poi l’importate che tu non ti fermi”.

“Ah, non ti vede nessuno?, “allora facciamo prima un giro per il paese così possono vedere quanto sei puttana, quanto tu sei la mia puttanella”.
“No ti prego, portami in un luogo isolato, io non ho molto tempo a disposizione, ho detto a mio marito che dovevo fare una commissione” balbetti apprensiva.
“Apri il cassetto, ho un regalo per te, io ti voglio troppo bene per non farti dei regali”, mi guardi e sorridi, “cos’è?”, mentre tiri giù la gonna.

Ti arriva un ceffone, “chi ti ha detto di tirare già la gonna, cagna”, non te lo aspettavi, “hai!!! non mi va potrebbero riconoscermi” dici mentre ti rimetti a posto i capelli, “qui? chi vuoi che ti conosca!” dico mentre la mia mano si allunga a prendere l’orlo della tua gonna, “non so… qualcuno”, “embè? allora c’è più gusto a farlo” e ritiro su la tua gonna. “Forza. apri il vano porta oggetti, ho un regalino per te’.
Aperto lo sportellino, guardi quello strano oggetto, sembra un gioiello, ma quella strana forma cuneiforme dal lato opposto non capisci cosa sia, come possa essere indossato ne dove si indossi. “Però, bello, cos’è?”

“Un rosebud”, di dico, “rosebud?”, chiedi incredula mentre lo rigiri tra le dita.

“Ti ho promesso che te lo avrei regalato ed è giunto il momento”

“Cosè?”, continui a chiedere curiosa, “il momento che tu inizi a metterlo”, “ma non so cosa sia”, dici mentre guardi con attenzione quell’oggetto, “non capisco,
la sua forma a goccia con alla fine un gioiello, come si deve mettere, scusa!”. Mi giro verso di te e ti guardo, “non hai ancora capito? Devi indossarlo” ti dico scandendo le parole. “Eppure lo hai visto già”, per un attimo rimani a guardarlo e “forse… mie viene in mente qualche foto”, dici mentre continui a fissare con attenzione quell’oggetto.

“Ma devo indossarlo adesso?” aggiungi.

“No, dopo che avrò giocato col tuo culo te lo metterò io”. Per la prima volta distogli lo sguardo da quell’oggetto e mi guardi stupita, “in che senso?” mi chiedi interdetta.

“hai capito bene puttanella”, mentre, percorrendo le stradine usciamo dal paesino per raggiungere un posto isolato.

Continui a fissare, prima me e poi quello strano oggetto, “No, non ho capito” i dubbi su quell’oggetto ancora ti tormentano.

Arriviamo in uno spiazzo in terra battuta, un posto dove parcheggio la macchina, lontano da occhi indiscreti.

“all’aria fresca, così sarà per te più piacevole”, scendi dall’auto ed esclami “all’aperto?”, non mi hai fatto finire la frase, ti guardo, mentre scendo dall’auto con aria innervosita per le tue continue domande.

Ripeto la frase, “all’aria fresca, si, perché così sarà, per te, più piacevole sentirti piena”.

Ci siamo fermati proprio di fronte al mare, c’è un sentiero che ci porta verso il mare, il sole colora di rosso tutto ciò che ci circonda e poi alla fine del sentiero una terrazza, che cade a

a strapiombo sul mare, proprio li c’è una panchina. Il tuo corpo in controluce, mentre scendi lungo in sentiero ti fa ancor più lasciva,

ti muovi come una gatta in calore, il rumore delle onde che si infrangono, copre quasi tutti gli altri suoni.

Quando arriviamo tu ti fermi vicino al muretto che delimita la piazzetta e guardi l’orizzonte, io sono dietro di te, tiro su la tua gonna,
mi lasci fare, senza opporre resistenza. Un culo coperto dalla leggera stoffa dello slip, senza calze, il fresco della serata imminente si nota sulla tua pelle.

“Sciaff”, uno schiaffo ben assestato ti fa saltare, “ahi”, mi avvicino al tuo viso e sussurro nel tuo orecchio “CHE CULO DA PUTTANA CHE HAI”.

Giri leggermente il capo verso di me, quasi cercando una carezza, “ma dai!!!”

Tiro giù lo slip e mi poggio a te, senti il mio cazzo che si fa largo tra le tue chiappe, lo senti strusciare per alcuni istanti.

Non sei abbastanza lubrificata, tu ti sposti e ti avvii verso la panchina.

“dove vuoi andare puttanella? E principalmente cosa hai in testa?”
ti dico mentre ti incammini.
Vai dietro ala panchina, allarghi le gambe e ti chini in avanti, in modo da appoggiarti allo schienale con la mani.

Capisco tutto, vengo dietro di te, ritiro su la gonna e mi abbasso, ricomincio da dove avevo lasciato.

Le mani che allargano le tue chiappe, la lingua che si insinua tra di esse.

Profumi, profumo di femmina in calore, mi chiedi sottomessa, “mi fai provare il regalo?”

“dopo, puttanella”, ti giri e cerchi di guardarmi, staccandoti da me, “dopo?”

Alzo leggermente lo sguardo verso di te e, fissandoti negli occhi, “ora tocca a me provarti”, un sorriso malefico solca il mio viso.

“non hai mica in mente… non lì”, mi dici supplichevole, “certo che si”, il sorriso ancora stampato sulla mia faccia,
“sai che mi fa male, non sono abituata alle tue dimensioni”, il tuo culo oramai è insalivato per benino,
cerchi di supplicarmi con lo sguardo, “per favore, nooo”.

Sono già in piedi, ritto dietro di te e appoggio la cappella del mio cazzo al tuo culo stretto.

Cerchi di giocare l’ultima tua carta a disposizione, “te lo prendo in bocca”.

“sciafff”, un schiaffo di avvertimento ti fa capire che non voglio sentire altre scuse.

“Ahi, nooo lì”, gridi, “tu sei la mia puttanella e adesso fai quello che voglio”, “per favore tutto quello che vuoi” piagnucoli sottomessa.

Ti tengo ferma per i capelli mentre inizio a spingere, “per favore mi fai male lì, ahiiii, ahi”.

“Rilassati”, con le mani cerchi di fermarmi, cerchi di bloccarmi, “fermo mi fai male”, “rilassati”, continuo a dirti rassicurante,
“fa male, è grosso”, mi fermo per alcuni istanti, “non era questo che avevo in mente” aggiungi mentre stringi i denti per sopportare il dolore del momento.

Sento la cappella che lentamente scivola dentro di te, “haaaa”, lo senti entrare, mi fermo, aspetto che ti abitui, poi inizio di nuovo a spingere.

“Bruciaaa”, gridi irrigidendoti, “”brucia?” ti domando, “siii” piagnucoli, “vediamo se così brucia di più” e ti arriva un sonoro ceffone su una chiappa.

“Aahiiiii”, non fai in tempo a gridare che ti spingo tutto il cazzo nel culo, “uuhhhhuuuuu”, stringi i denti per non gridare.

Questa volta non mi fermo ma inizio subito a pompare, ti senti sfondare, il tuo culo ha ceduto di schianto ed io godo di questo tuo antro caldo e voglioso.

Ti inculo con veemenza, alternando colpi veloci e profondi a lente penetrazioni. il dolore inizia a passare ma non riesci ad abituarti mai al ritmo che porto.

Lo sento scivolare sempre più facilmente dentro di te, inizi ad ancheggiare col culo.

Le mie dita scivolano sotto il cazzo alla ricerca delle tua figa, sei un lago. A quel contatto, un lamento di piacere fuoriesce dalle tue labbra, “siiiiii”,

ti masturbo.

Lo slip appena abbassato si sta inumidendo a causa dei copiosi umori che colano, “che puttana che sei, sei la mia puttanella. vero?”

Questa volta gridi, sono grida di piacere, “siii, siiiii, siiiiiii, sento che sto per venire, non ti fermare, ti prego”.

Inizio a incularti con maggiore velocità, le dita che continuano a penetrarti la figa, sento il mio cazzo al di là della sottile parete di carne.

“mi sento sporca ma mi piace” nella tua mente queste parole, questo pensiero ricorrente, “si, mi sento sporca, mi sento sporca ma mi piace”.

Di tanto in tanto succhio le dita alternando la mano che ti riempie la figa, il sole è già nell’acqua, sta scomparendo colorando di rosso tutto il paesaggio.

Sento forti gli spasmi del mio cazzo, dall’interno del tuo culo senti il mio orgasmo che arriva, veniamo contemporaneamente.

Riempio tutto il tuo culo di caldo seme, sento lo schizzo che ti riempie.

“AAHHHHHHH, CHE PUTTANELLA CHE SEI”, ti senti riempire da quel caldo liquido, “mi faccio schifo”, ancora quei pensieri che riaffiorano nella tua testa, il mio cazzo è affondato dentro di te fino alle palle, lo senti dentro di te, “mi sento sporca”, ancora quel pensiero.

Nella mia mente invece un unico pensiero, “sei mia ed io ti voglio, ti voglio come mia puttanella”

Tiro fuori il cazzo ancora duro dal tuo culo, ormai la tua dignità è stata annullata, vedo colare succo dal tuo culo, succo che impregna i tuoi slip,

ti tengo col culo aperto per alcuni istanti, lo ammiro mentre lentamente si richiude, le mie dita che si insinuano ancora nelle pieghe della tua figa,

sei un incredibile fiume in piena, tiro fuori dalla tasca quel gioiello e lentamente lo posiziono nel tuo culo.

Lo senti appena, mi basta poggiarlo ed ecco che scivola subito dentro di te, quasi non te ne accorgi. Te ne rendi conto solo per il “non” calore, è freddo, e questo fresco è piacevole. Una fresca sensazione che ti da sollievo. Mi chiedi con voce tremante, “devo tenerlo?”

Rimango a guardare il tuo fiorellino che lentamente si stringe intorno a quel gioiello.

“Certo, e guai a toglierlo”, non rispondi, tiri solo su gli slip bagnati, in silenzio.

Ti riassetti la gonna e a fatica ti incammini verso la macchina.

“Toglilo solo quando devi stare con lui, lo devi tenere sempre, perché tu mi appartieni, tu sei mia”.

Senti le mie parole mentre mi dai le spalle, non posso vederti, hai gli occhi lucidi. Continuo a parlarti mentre ci incamminiamo.

“Perché tu sei….”, ti viene da piangere ma resisti, mi accorgo di questo tuo momento di crisi e ti raggiungo.

Recuperi la poca dignità che ti resta e vai avanti. Cerco di avvicinarmi a te ed abbracciarti ma mi permetti di avvicinarmi a te.

Con gli occhi gonfi di lacrime, “l’ho voluta io io questa situazione” il tuoi pensiero si riesce a leggere senza che tu profferisca alcunché.

Guardo la tua reazione un po interdetto, poi ti stringo a me e ti bacio.

Cerchi di sfuggirmi ma la mia presa è forte e non ti lascia nessuna possibilità.

Ti stringi nelle spalle e ti fai cullare dalla mia stretta. Ti stringo a me e non dico nulla, sussurro solo alcune parole, “sei mia, Laura, mia!”.Rimaniamo abbracciati per alcuni minuti. Lentamente ti tranquillizzi e ti rilassi.

“Andiamo via, ti prego, si sta facendo tardi. Ho persino rimasto il cellulare in borsa, se Oliver chiama si insospettirà”, dici mentre ti riprendi, quell’oggetto tra le cosce ti da una strana sensazione, nonostante tutto assai piacevole. Mentre cammini lo senti muoversi dentro di te, la lunga parte esterna massaggia le labbra ancora gonfie ed umide dandoti una piacevole sensazione, come dita che ti carezzano. Ti seguo senza dir nulla, ma, superandoti uno schiaffo forte e ben assestato centra il tuo morbido culo.

“Muoviti… puttanella”, dico ridendo, mi giro verso di te e allungo la mano per darti una mano e trascinarti con me.

“Ahiooo… stronzo”, mi guardi fermandoti per un istante e mettendoti le mani sul culo, al mio sorriso reagisci allo stesso modo, quei pensieri sembrano svanire nei meandri della tua mente. Le lacrime non riempiono più i tuoi magnifici occhi color nocciola.

Ridi adesso, ridi, e mi raggiungi correndo, mi superi e, come una ragazzina mi gridi, “a chi arriva primo alla macchina”. Nonostante la gonna ed i tacci dei tuoi stivali veloce scappi via ridendo.

Non mi faccio ripetere due volte la cosa e corro dietro di te “ora ti acchiappo puttanella!”.

Arriviamo alla macchina entrambi col fiatone, la salita sconnessa ci ha fatto faticare non poco. Entriamo in macchina e, sgommando sullo sterrato del piazzale, ripartiamo alzando un’incredibile nuvolone di polvere.

TI riporto in paese fermando la macchina nel piazzale dove hai parcheggiato la tua.

Traffichi nella tua borsa alla ricerca delle chiavi, “eccole, ciao mio Signore, sono stata ?”.

“Si, puttanella, come io ti voglio”, sei contenta della mia risposta e euforica mi dai un bacio.

“Ti aspetto, mio Signore” e scendi dall’auto. Ti guardo entrare in macchina ed andare via, non tolgo il tuo sguardo da te fin quando non scompari alla mia vista.

La sera è oramai calata e l’aria è frizzante, riparto pensando alla mia puttanella, “ciao Laura, corri, corri che a casa ti sta aspettando il tuo Oliver”.

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