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Andarsene alla chetichella

By 10 Gennaio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Aprii gli occhi lentamente per abituarmi alla luce che entrava copiosa nella stanza.
Pigramente mi misi seduta sopra al letto e mi stiracchiai svogliatamente. Le lenzuola mi scivolarono via di dosso come acqua corrente.

Un rumore attirò la mia attenzione, mi voltai a guardare l’uomo che sonnecchiava affianco a me. Era mezzo ricoperto dalle coperte. Teneva afferrato il cuscino con entrambe le braccia e gli penzolava un piede fuori dal letto.

Più lo guardavo più mi domandavo come avessi fatto a ridurmi ad andare a letto con lui. Ancora mezza addormentata realizzai che nemmeno conoscevo il suo nome; anzi, non ricordavo nemmeno dove fossi. Sapevo che eravamo in periferia più o meno vicino allo svincolo dell’autostrada ma nulla di più.

Il tipo mi aveva portato lì, a casa sua con la sua macchina, la sera prima complice una bottiglia di troppo di vino. Almeno si trattava di una bottiglia di quello buono; ancora ricordavo il suo sapore forte e dolce.
Mi ricordo dell’enorme e squallido caseggiato illuminato dalle luci pubbliche. C’è stata poi la ripida tromba di scale che portava di sopra e finalmente la porta del suo appartamento dove appena entrati mi ero subito avvinghiata a lui con la bottiglia in mano. Ci baciavamo e io cretina che continuavo a bere. Di quel passo la strada verso la sua camera da letto fu corta.
Mi venne in mente che non ci arrivai nemmeno vestita in camera da letto. Mentalmente sogghignai tra me e me delle mie peripezie, poi mi mandai a quel paese.
Mi ero liberata dell’abito appena finito d baciarci proprio nel mezzo del soggiorno. Appena il vestito toccò terra il tipo mi prese per mano e mi accompagno a letto. Di fronte al lettone a due piazze mi tuffai sul soffice materasso e subito dopo il tipo mi fu addosso con tutto il suo peso. Lottammo per qualche minuto nel tentativo di toglierci di dosso gli ultimi abiti che indossavamo e finalmente iniziammo a fare sesso.
Da quel momento in poi i ricordi si sono fatti più confusi e nebbiosi. C’erano solo attimi di bramosia e lussuria uniti ad un’intesa fatica ed appagamento.

Finito di ricordare la serata precedente riaprii gli occhi.
Mi avvicinai lentamente al tipo per osservarlo meglio. Certo, appena svegli non tutti sono al massimo della forma. Nemmeno io posso esimermi da questo stereotipo. Ma il tipo, invece, era tutto un dire. Quasi tutto pelato, pochi lunghi ciuffi gli spuntavano dietro la testa, in compenso i capelli che doveva aver perso gli si dovevano essere fermati tutti sulla schiena. Vista di profilo la sua testa faceva risaltare i suoi baffoni ed il pizzetto. Dal suo collo spuntava un bel doppio o triplo mento, ma non doveva essere una novità visto da come incurvava il materasso e dal profilo che scorgevo sotto le lenzuola. Chissà quanto sarà pesato? Ieri sera sembrava molto più in forma; sarà stato il potere dell’alcol che altera le cose.

Ora mi attendeva la parte più difficile. Dovevo sgattaiolare via di lì. Possibilmente senza svegliare nessuno. Mi sarei sentita terribilmente in imbarazzo se avessi solamente dovuto scambiare un occhiata con quel tipo da sveglia. Non so perché la cosa mi avrebbe dato veramente fastidio. Più lo guardavo più mi disgustavo di me stessa.

Per prima cosa mi alzai dal letto facendo attenzione a non far strusciare tra loro le lenzuola e il materasso. Il silenzio assoluto doveva essere il mio alleato. Feci qualche passo per abituarmi a stare in piedi e poi provai a cercare i miei capi intimi. Piano piano esplorai la stanza. Le mie mutandine dovevano essere per forza lì da una qualche parte. Mi chinai ed iniziai a cercare le mie cose, ma dopo qualche minuto non avevo ancora trovato nulla. Per terra o sui mobili vicino al letto c’erano solo i vestiti del tipo e qualche soprammobile.
Nemmeno sotto al letto trovai qualcosa. Alla fine realizzai che probabilmente i miei indumenti intimi fossero finiti sotto le lenzuola. Sbuffai un poco all’idea. Mai che una cosa fosse facile. Guardai il tipo addormentato sul letto. Sembrava che dormisse ancora profondamente. Mi arrischia a rivoltare le lenzuola ma non trovai nulla.

Osservai il tipo completamente nudo che stava sdraiato di fronte a me. Era veramente grosso, un paio di braccia e gambone enormi. Aveva la pancia talmente prominente che ricadeva come massa informe sul materasso. Provai a sbirciargli tra le gambe e gli vidi il suo pistolino spuntargli fuori da un grosso mazzetto di peli. Poteva essere quasi una scena comica se non fosse che poche ore prima mi ero fatta domare da quel tipo, e mi era anche piaciuto.

Un po’ demoralizzata riflettei che almeno il mio abito doveva per forza trovarsi ancora nel salotto. Almeno qualcosa avrei ritrovato. Uscii dalla camera da letto ed andai in salotto. Mi guardai attentamente attorno. Su di una poltrona trovai la mia borsetta, ma il vestito che ricordavo di aver fatto ricadere proprio del mezzo del soggiorno non c’era. Frugai velocemente dentro la borsetta per vedere se era tutto a posto e per fortuna non era sparito nulla.

L’unica cosa che mi frullava ancora per la testa era dove diavolo fossero finiti tutti i miei vestiti. L’abito doveva per forza essere sul pavimento nel mezzo del soggiorno ed il resto doveva trovarsi o sul letto o lì vicino, ma invece nisba.
Provai a frugare un po’ in giro, aprivo cassetti ed armadietti, ma non trovai nulla di mio. Ad un certo punto mi accorsi anche che mi scappava pure la pipi. Decisi di approfittare del bagno del tipo. Lo trovai dopo un poco vicino alla camera da letto e vi entrai.

In silenzio mi sedetti sul water e mi liberai. Almeno un problema si stava risolvendo e potevo pensare più lucidamente.
Guardandomi attorno notai su di una sedia i miei vestiti. Che colpo di fortuna. La pipi mi aveva dato una mano proprio nel momento del bisogno. Allungai una mano ed afferrai le mie mutandine.
Stavo proprio per infilarmele quando notai qualcosa di bagnato. Le guardai più da vicino e mi accorsi con disgusto alcune gocce biancastre all’interno della mutandina.
Quasi le gettai via per terra; che schifo il tipo doveva essersi tirato una sega durante la notte con le miei mutandine.
Lascia cadere le mutandine per terra e presi il reggiseno. Lo afferrai con due dita quasi nel terrore di trovare qualche sorpresina.
Dopo averlo esaminato potei constatare di non essere stata delusa. Anche la mio reggiseno era toccata la stessa sorte delle mutandine.
Dopo qualche istante il reggiseno andò a tenere compagnia alle mutandine per terra. Per quel che potevano valere il tipo se li poteva tenere. Io di certo a riaverli così sporchi non ci tenevo affatto.

Il vestito, invece, dopo un’attenta analisi si rivelò pulito anche se purtroppo non integro.
Una spallina si era rotta, sul lato destro alcune cuciture erano saltate e la fodera interna della gonna si era scucita e penzolava di fuori. Chissà a quale crudele e perverso trattamento era stato sottoposto.
Sospirai e ringraziai la mia buona stella di quella mezza vittoria. Almeno una cosa quella mattina mi era andata abbastanza bene. Mi infilai il vestito e mi misi le scarpette. Passando dal soggiorno presi la borsetta ed uscii dalla porta dell’appartamento facendo attenzione a non sbattere la porta con forza.

Ciao tipo del quale non mi importa più niente. Benvenuta nuova giornata; sarai senz’altro meglio della serata precedente. Scesi le scale ed uscii dal palazzo tentando di orientarmi per tornarmene a casa mia.

Al mattino presto le strade assumono un certo aspetto irreale. Percorrerle da sempre una certa impressione; specialmente se non le si conoscono bene. In giro sembra non esserci nessuno.
Procedo a passo svelto. Ho voglia di tornare a casa e di cancellare la nottataccia appena trascorsa.

Sono persa nei miei pensieri, quando appena svoltato l’angolo, mi imbatto in due tipi. Li vedo solo all’ultimo minuto. Anche loro camminano di fretta e lo scontro è inevitabile. L’impatto è talmente repentino che perdo il fiato.

Ora sono a terra con i due tipi sorpresi che mi fissano come dei baccalà.
Il colpo è stato improvviso, ma mi riprendo quasi istantaneamente. – Potreste almeno aiutarmi! –
Guardo piuttosto male i tipi che se ne stanno ancora lì a guardarmi con una strana espressione; non più stupita ma piuttosto sorpresa e divertita.

Mi ci vuole un attimo a capire cosa stavano fissando. D’improvviso faccio due più due. Lì per terra a gambe aperte me ne sto senza mutandine. Le avevo lasciate a casa del tipo della notte prima. Immediatamente chiudo le gambe ma è troppo tardi e quei due ragazzi se ne sono sicuramente accorti.

Uno di loro mi allunga una mano con uno strano sorriso. – Scusaci.- Io l’afferro e in un attimo mi ritrovo in mezzo a loro molto imbarazzata senza nulla da dire. Ho proprio collezionato due belle figure del piffero; una dietro l’altra.
– Tutto bene?- Accenno di sì con il capo e faccio per andarmene quando uno di loro due mi afferra per il braccio. -Dove credi di andare?- Mi volto verso di loro e li squadro per bene.

Sono entrambi molto alti e magri. Capelli in disordine ed una barba incolta. Uno è biondo e l’altro è moro. Due paia di occhi scuri che spuntano fuori da volti scavati. Indossano degli abiti lunghi e spiegazzati con dei jeans strappati e scarpe scolorite.

Sto ancora tentando di capire cosa volessero dire. La notte è stata uno schifo e la mattina non sta di certo iniziando bene. Il tipo che mi tiene il braccio mi scuote -E allora? Non hai nulla da dire? –

– Lasciami il braccio! Me ne voglio tornare a casa. –
L’altro ragazzo mi allunga una mano verso il seno. Immediatamente mi tiro indietro tentando di liberarmi dalla presa dell’altro ragazzo. In mezzo a tutto quello scompiglio mi accorgo del puzzo d’alcol e mi rendo conto che devono essere mezzi sbronzi.
Mi viene un attimo di panico. Nel tentativo di divincolarmi il tipo che mi tiene il braccio riesce ad afferrarmi entrambe le braccia dietro le schiena ed mi immobilizza.
L’altro tipo mi è subito di fronte che allunga le mani. Gli allungo un calcio ma lo prendo solo di striscio. Il tipo che mi tiene dietro mi fa lo sgambetto sull’altra gamba che tengo come appoggio e perdo l’equilibrio.

Sento una mano che si insinua tra le mie gambe e sale sempre più su.
I cuore prende a battermi all’impazzata, provo a guardarmi attorno nel tentativo di scoprire se ci c’è qualcuno che possa aiutarmi, ma la strada è deserta.
I tipi mi circondano con i loro corpi stringendomi forte nel mezzo. Quello che mi sta di fronte continua a strusciare con irruenza la sua mano tra le mie gambe arrivando a toccarmi la figa. Con l’altra mano sento che afferra il brandello di stoffa che mi pensola dalla gonna e la strappa via sbrancandomi tutta la gonna del mio abito arrivando sino alla vita.

Chiedo invano aiuto, ma tipi ridono di gusto nel vedermi così spaventata. Ad un certo punto in preda alla disperazione riesco a scrollarmeli di dosso e fuggo via. Il tipo che mi teneva da dietro riesce a strapparmi anche l’ultima spallina rimasta integra del mio abito.

Scappo per la strada deserta inseguita dai quei due ragazzi che mi urlano ed inveiscono. Ad un certo punto, ma non so il perché, mi infilo in una stradina privata; ma è un errore perché è una strada a vicolo cieco ed è ingombra di materiale vario.

Arrivo fino in fondo ed appoggio le spalle al muro. Sto ansimando e tento invano di riprendere fiato. Mi tengo il vestito lacero con entrambe le mani e guardo quei due predatori. Mi hanno seguita fin lì e ora mi ritrovo senza via di scampo. Una strana sensazione mi attanaglia allo stomaco, ma non la riesco a decifrare.

I due tipi mi si fanno sotto. Provo a respingerli via ma non ci riesco. Il vestito, non più tenuto fermo, mi ricade scoprendomi il seno. Questo sembra eccitare ancor di più i due tipi riempiendoli di energia. In un attimo uno di loro prende per la vita ciò che mi rimane addosso dell’abito e tira con forza. Io cado per terra mentre il tipo mi spoglia di quell’ultimo straccio.

Riesco appena a mettermi in ginocchio mentre il moro mi spintona, il tipo biondo mi afferra per i capelli. Mi costringe a voltarmi verso di lui e rimango pietrificata quando mi ritrovo il suo uccello in tiro di fronte la faccia.

Mi rendo conto della realtà della situazione. Per un attimo il tempo si ferma mentre guardo da vicino quell’uccello duro che punta su di me. Mi accorgo che improvvisamente non ho più paura. Sono decisamente affannata con il cuore che pompa a mille.

Accolgo tutto in bocca quel cazzo, mentre il biondo mi tiene ferma a sé tirando con forza i capelli.
Mi sembra quasi di soffocare, ma quella sensazione mi rinnova l’eccitazione che sto provando mentre ondate di calore mi percorrono tutta facendomi quasi tremare.

Poi, dopo un tempo che sembrava quasi infinito, il tipo mi ritrae indietro la testa sempre per i capelli e torno a respirare. Ne profitto per recuperare il mio debito d’ossigeno, ma è una pausa breve. Il tipo riprende la sua opera e mi afferra i capelli anche con l’altra mano e mi costringe a continuare a succhiargli il cazzo.

Continuo a prendermi il suo cazzo in bocca seguendo il suo ritmo frenetico che quasi mi impedisce di respirare fino a quando non lo sento venirmi dentro proprio mentre ce l’ho quasi tutto dentro.
Mi viene da tossire ma non ci riesco con quel cazzo in bocca e quasi soffoco. Il tipo non vuole sapere di liberarmi ed inizio a colpirlo con le mani fino a quando no mi lascia andare.

Riprendo fiato per un attimo, ma è solo un istante fino a quando quell’altro tipo non mi strappa dalla morsa dell’altro e mi fa prendere in bocca anche il suo cazzo.
Lui riesce ad essere ancora più irruente dell’altro. Mi sbatte il suo bacino con foga mentre accolgo in bocca il suo uccello più e più volte. E’ quasi tremendo ma sento che mi sto accendendo come non mai. Sarà stata la mancanza d’ossigeno, ma mi sento avvampare e godere come non mai.

Verso la fine di quel pompino selvaggio ero io che non volevo più lasciarlo. Quando mi viene in bocca ingoio tutto e continuo a succhiare e a leccargli tutta l’asta anche quando me lo toglie di bocca.

Sono come affamata, un buco nello stomaco, che solo una cosa avrebbe potuto saziare.
Guardo quei due tipi, gli occhi fissi sui loro membri che gli pendono tra le gambe così vicino alla mia faccia. Poi gli e li prendo in mano decisa a volerne di più.

Iniziai a cullarglieli e poi a leccarglieli tutti mentre aspettavo che si riprendessero. Quando sentii montare l’erezione al ragazzo biondo sorrisi.
Mi misi a pecorina per terra sul duro asfalto. Le ginocchia mi pulsano di dolore, ma la figa mi urla quasi di desiderio.

Sento l’uccello che mi sfiora le labbra esterne più volte come se me le stesse accarezzando. Ad ogni tocco sussulto, poi la sua cappella mi si insinua parzialmente tra le labbra andando lentamente su è giù. Sto quasi tremando per l’eccitazione, poi vengo penetrata quasi di colpo. Il tipo mi prende per i fianchi ed inizia a sbattermelo dentro con foga. Sento le sue dita artigliarmi i fianchi affondando nella carne.

Dopo un eternità di goduria lui viene, ma continua a fottermi sempre con foga e dopo qualche secondo vengo anche io. Quasi perdo i sensi dal piacere. Sto ancora ansimando come una puttana quando il tipo me lo toglie dalla figa e sento il suo amico che gli da il cambio.

E’ veloce, mi penetra in un attimo e si mette subito a fottermi. Appena lui inizia mi sento quasi venire anch’io, ed è una sensazione stupenda.

Alla fine anche lui finisce e veniamo quasi insieme. Sto ancora provando gli ultimi istanti di piacere quando mi prendono di peso e mi fanno stendere con la schiena per terra.
Mi si sdraiano accanto iniziandomi ad accarezzarmi e baciandomi il corpo. Ogni loro tocco mi elettrizza. Poi mi sento sollevare la gamba e uno di loro prova ad infilarmelo nel culo.

Emetto un grido di sorpresa e di dolore. L’altro suo amico capisce la situazione, mi si fa sotto e mi penetra dal davanti. Iniziarono a scoparmi insieme. Sento quelle loro aste di carne che mi inchiodano al terreno. Il loro calore mi fa godere come non mai. La sensazione di quasi dolore e piacere al culo mi rende ancora più sensibile alla penetrazione nella figa e ormai devo aver perso il contegno urlando di piacere a squarciagola.

Questi ragazzi mi scopano ancora per un tempo quasi eterno. Quando finiscono si rialzano. Io me ne sto lì per terra a crogiolarmi di piacere. Mi stavo letteralmente avvolgendo in una coperta di orgasmo.

Non mi resi nemmeno conto che quei tipi se ne erano andati lasciandomi lì sola nel vicolo.
Mi misi seduta guardandomi attorno, leggermente intontita.
Lì acconto c’era il mio vestito tutto ridotto a brandelli. Le spalline rotte, due vertiginosi spacchi, uno nella gonna ed uno sulla schiena ed altre scuciture varie.

Provai ad infilarmelo ma senza tenermelo stretto con le mani mi cadeva di dosso in continuazione.
Lentamente sono uscita dal vicolo affacciandomi per vedere se non c’era nessuno. La strada era sgombra e ne profittai.

Procedo a passo svelto per delle strade che conosco bene perché sono quelle del mio quartiere.
La mia avventura nel vicolo mi ha fatto perdere tempo ed adesso è tardi.
Ormai devono essere le otto di mattina e in giro per strada c’è parecchia gente.

Tutti sono presi dalle mille incombenze della giornata; nonostante ciò, mi osservano e mi lanciano occhiate ed occhiatacce di tutti i tipi. Le signore sono le più sdegnate. Le ragazze più giovani, invece, sembrano divertite dalla scena. Gli uomini in genere sembrano piuttosto sorpresi.
Strano, mi sarei aspettata una reazione più vivace da parte loro; però non mi volto certo a guardarli mentre li supero camminando. Non penso più alla vergogna ormai, tanto se c’e l’avevo l’ho persa nel vicolo.

Ovviamente io offro uno spettacolo che non può certo passare inosservato. Ho il vestito tutto strappato e lacero al punto che devo tenermelo su con una mano e con l’altra coprire lo spacco vertiginoso che mi sale dalla gonna. I miei capelli tutti arruffati secondo lo stile ‘Appena stata sbattuta più e più volte’ devono urlare di certo vendetta.

Finalmente quel supplizio termina quando giungo quasi di fronte a casa. A pochi metri di distanza dall’ingresso del mio condominio una mano che sporge dal finestrino di una macchina nera mi fa un cenno.

– Valeria vieni qui! –
Mi preoccupo immediatamente che qualcuno che mi conosca mi possa vedere conciata in quello stato, ma appena più vicina non riesco a riconoscere il volto del tipo che mi sta chiamando.
– Dai avvicinati che ho una cosa che ti serve –

Devo dire che sono piuttosto incuriosita; ma ho anche una certa fretta di rincasare e non farmi notare. I vicini incombono e non voglio che nascano chissà quali storie sul mio tanto bistrattato conto. – Chi sei? –

– Il mio nome non è importante al momento. – Mi dice il tipo continuando a gesticolare con il braccio fuori dal finestrino.
– Senti ho fretta , e non ho bisogno di nulla. – Taglio corto, gli volto le spalle e mi dirigo verso l’ingresso. Per una volta la mia curiosità può anche andare a farsi benedire. E’ stata una giornata piena di soddisfazioni che hanno, però, lasciato il segno.

– Non ti servono nemmeno le chiavi di casa tua e tutto il resto? – Mi fermo di scatto. Di che diavolo sta parlando quel tipo? Che sia uno che conosco che non ho riconosciuto? Mentalmente sbuffo di quel contrattempo. Chissà che vuole dire. Mi volto e gli vado incontro.

– Ma ci conosciamo? –
Lo guardo bene. Volto abbastanza abbronzato. Capelli Ricci neri corti. La fronte piena di rughe per via di quel sorrisetto che ha stampato in faccia. Naso grosso e barba incolta di qualche giorno almeno. Sui quaranta circa.
– No, ma ho qui la borsetta che ti sei persa poco fa nel vicolo con quei due ragazzi- Il volto dell’uomo sfodera uno di quei sorrisetti tipici di chi è un po’ troppo pieno di se.

Mi viene quasi un colpo. Non avevo assolutamente pensato alla borsetta. Come potevo essere stata così stupida da dimenticarmela. Dovevo proprio avere la testa persa tra le nuvole. O forse sarà stata l’eccessiva quantità di sperma che avevo ingoiato?

Mi porto le mani al volto per nascondere l’imbarazzo, ma ci ripenso subito quando mi accorgo che mi sarebbe di nuovo caduto il vestito. Mezza imbarazzata gli rispondo – Grazie – ed allungo la mano che tiene lo spacco della gonna per prendere la borsetta.

Passa qualche secondo; ma ancora non vedo la borsetta e il tipo continua a fissarmi divertito. Se fosse un film western ora passerebbe per strada un cespuglio di chapral sospinto dal vento.

– Senti Valeria, la borsa ce l’avrei a casa mia. Che ne dici se vieni a prendertela? –
Quel tipo poteva essere stato così cretino da dimenticarsela? Provai un’improvvisa rabbia. Stavo per dirgliene quattro quando realizzai meglio la situazione.

– Ma perché non me l’hai riportata e basta, mi sarebbe servita adesso. Come faccio a rientrare a casa? – Provo a buttargliela lì ma già so che avrei dovuto pagare un certo prezzo per rientrare in possesso delle mie cose.

– Ti ho visto in azione e devo dirtelo sei proprio fantastica. – Il tipo continua ad avere stampato in faccia quel dannato sorrisetto.
– Visto che ti piace così tanto scopare potresti venire a divertirti un po’ con me che ne dici? E poi ti offrirei anche la colazione. Tutto quel moto di primo mattino deve mettere molta fame. –

Che faccia di bronzo penso; e che stronzo! Lo vorrei picchiare quasi. – Quindi tu hai pensato che mi sarei fatta scopare e che mi sarei fatta pure pagare con le mie cose? Lo sai che sei uno stronzo?-

Il tipo fa cenno con la mano. – Immagino che tu non voglia startene qui; proprio davanti a casa tua mezza nuda? Dove pensi di poter andare? Dai che ci divertiamo. –

Non mi piacciono i ricatti. Inoltre quel suo sorrisetto mi da proprio ai nervi. In quell’istante, però, scorgo con la coda dell’occhio la porta del mio condominio che si apre e senza riflettere apro lo sportello della macchina e mi ci infilo. Nella mia testa penso solo a limitare i danni.

– Benvenuta – mi fa il tipo e riparte spedito inoltrandosi nel traffico della strada.
Mentre ritorniamo indietro penso a quanta fatica ho fatto per tornare a casa per poi finire al nuovamente punto di partenza. Nel frattempo il tipo non la smette di parlare. Io non lo ascolto nemmeno. Penso solo se avrei solo dovuto ingoiare o se avrei dovuto dargli pure il culo.

– Fammi vedere cosa c’è qui. ‘ Lui allunga la mano sulle mie gambe e mi scosta la gonna. Non riesco nemmeno a reagire. Lo guardo basita e con la passera al vento.
– Fantastico – e prova ad insinuare un paio di dita tra le mie labbra, ma riesce solo a farmi male.

– Guarda la strada – Sono stizzita ma anche rassegnata e gli metto via la mano troppo curiosa.
La notte è stata uno schifo. Il primo mattino tutto sommato è stato fantastico anche se un po’ brutale e violento. L’immediato futuro, però, non promette nulla di buono. Quell’uomo anche se ha stampata un gran sorriso sulla faccia sembra un viscido.

Arriviamo al vicolo del peccato. La casa del tipo; che tra l’altro si chiama Andrea, si affaccia proprio sul vicolo in questione. Entriamo a casa sua ed Andrea mi fa strada. – Avevi parlato di un caffè vero? – Se proprio devo farmi una nuova scopata tanto valeva avvantaggiarsi della situazione.

– Ma certo mettiti comoda. –
Il caffè è pronto dopo un’eternità che aspetto. Chissà cosa ha mai dovuto combinare in cucina. Me lo porta in salotto dove mi sono accomodata su di un divano in attesa che tutto cominciasse. Spero solo che la tazzina sia pulita.

Provo a fare un po’ di conversazione tanto per rompere il ghiaccio, ma tanto mi sento una di quelle condannate che vanno al patibolo.
Dopo qualche minuto però accuso un gran senso di sonnolenza. Mi sento veramente stanca. In fondo è naturale non ho certo dormito molto penso in primo momento.

Mentre mi si chiudono gli occhi dal sonno incomincio a sospettare che ci sia qualcosa che non va; ma è troppo tardi. Casco addormentata sul divano. L’ultima cosa che noto è il solito sorrisetto sulla faccia di Andrea. Tra me e me penso che se a fine giornata fossi rimasta solo inculata mi sarebbe andata grassa.
Apro gli occhi lentamente per abituarmi alla luce che entra copiosa nella stanza.
Tutto questo accade per ben la seconda volta nello stesso giorno aggiungo mentalmente. Mi guardo attorno per capire dove sono finita. Ho la testa un po’ pesante, come quando si dorme troppo. Mi stropiccio gli occhi per mettere bene a fuoco le cose.

La camera da letto sembra piuttosto normale. Grande armadio a parete di fronte al letto. Da una parte c’è un comodino con un’abatjour e dall’altra una sedia. Niente quadri, poster o soprammobili di troppo. C’è un vago odore di stantio, polvere e più in generale c’è quella sensazione di una stana cui non è stata data aria per diversi giorni. La stanza sembra così normale da essere quasi inquietante. Perché sono finita lì?

Non sono nuda posso notare. Mentalmente esulto. E’ quasi tranquillizzante avere degli abiti addosso; anche se non sono i miei. Il mio abito della sera prima purtroppo ne aveva viste oramai troppe. Si era ridotto letteralmente a brandelli durante gli eventi della giornata. Anche se indosso abiti nuovi la mia inquietudine non si placa. Di certo qualcuno mi deve avere vestito mentre dormivo.

Improvvisamente mi ricordo di come mi sono addormentata di botto, quasi in modo sospetto. L’idea che quel tipo; Andrea aveva detto di chiamarsi, mi avesse messo le mani addosso, mi disgusta. Quello che ricordo di lui è che non mi è piaciuto sin dall’inizio. Con quel suo fare ambiguo e quei continui ricatti. Se non fosse stato per i documenti e le altre cose nella borsetta gli e l’avrei lasciata e mandato a quel paese.

Mi alzo dal letto stiracchiandomi per cacciare via il senso di spossatezza che ancora mi avviluppa. Quasi casco accorgendomi che indosso pure un paio di tacchi piuttosto alti. Poi mi dirigo traballante verso lo specchio appeso a un’anta dell’armadio e mi guardo meglio.

Indosso degli abiti puliti. Camicetta bianca, minigonna nera con le balze, collant scuri e a quanto pare porto pure delle mutandine e un reggiseno sotto. Indago un po’ meglio sui miei capi intimi.
Sembrano un completivo piuttosto normale di colore bianco. Solo il reggiseno ha le coppe un po’ troppo piccole e mi stringe. Tutto il resto sembra della mia misura.
Attorno al collo ho un piccolo collarino di pelle scura tempestato di brillantini. Sembra una nota così di colore in quella situazione così strana che noto qualcosa quando lo tocco. Sul dietro c’è appeso un anello di un paio di centimetri di diametro. Che strano al massimo sarebbe dovuto stare di fronte.
I capelli sono tutti pettinati e puliti tirati all’indietro. Mi sento fresca come se mi fossi lavata la faccia. Il trucco è stato rimosso; chissà in che stato si era ridotto durante la giornata.

Che situazione curiosa penso. Mi guardo attorno per riuscire a trovare qualche indizio in più, ma non trovo nulla di utile nella stanza. Dentro all’armadio ci sono solo coperte e lenzuola in compagnia di un pacchetto di lavanda che da una nota di normalità decisamente fuori luogo in quella camera da letto. Nel comodino ci sono solo fazzoletti, spille e qualche altro oggettino del tutto inutile. Sicuramente non ci dorme nessuno in quel posto altrimenti avrei notato dei segni di vita vissuta in quella stanza.

Non mi rimane che la porta. La guardo sospettosa. So per certo che se la apro succederà qualcosa e non so se sarà un bene oppure no. Con quel tipo in giro mi devo aspettare qualsiasi cosa.

Alla fine mi faccio coraggio ed esco. Mi ritrovo nel corridoio e c’è Andrea seduto che evidentemente mi stà aspettando. – Vedo che ti sei svegliata; ti senti pronta?-

Lo guardo male. – Mi sento drogata invece. Cosa c’era nel caffè? –
-Lascia stare vedrai che adesso ti diverti. In fondo me lo avevi promesso no?-

Non so che dire, la situazione è imbarazzante come non mai ed anche potenzialmente pericolosa.
Prendo tempo e provo a parlare dei nuovi vestiti. Andrea mi risponde che sono di sua figlia; ma che adesso non c’è perché è in gita scolastica. Mentre mi parla, mi accompagna di sotto.

– E tua moglie? –
– Anche lei è andata in gita. Fa l’insegnante nella stessa scuola di mia figlia anche se in una classe diversa. La casa è tutta nostra.- Andrea sembra allegro.
– Evviva. – Aggiungo sotto voce mentre continua a farmi scendere probabilmente fino alla cantina.

Mi sta per aprire la porta che porta di sotto. – Vedrai che troverai tutto fantastico. Ci ho impiegato mezza giornata per preparare tutto. – Quelle parole riescono a elettrizzarmi. Il fatto che sia passata mezza giornata e che lui abbia preparato qualcosa di speciale mi accende un non so cosa nella testa. Anche se sono ancora preoccupata un briciolo di curiosità inizia ad assalirmi.

Attraverso la porta. C’è la cantina. Una ripida scala porta di sotto ma posso già vedere quello che mi aspetta. Mi aggrappo alla ringhiera della scala e strabuzzo gli occhi.

Sembra una festa. Ad lato della cantina c’è un lungo tavolo apparecchiato con tanto di stuzzichini e bibite. In fondo alla stanza c’è un vecchia credenza. Dalla parte opposta della tavola ci sono delle strane panche e delle specie di rastrelliere, sembrano attrezzi da palestra oppure sono per riporre il vino?

Quello che però mi sconvolge è che in mezzo alla cantina ci sono altre tre persone che mi guardano. A quella vista afferro la ringhiera con entrambe le mani fino a farle sbiancare.
– Che cazzo significa? – Mi si forma un nodo in fondo allo stomaco.

Andrea non mi risponde, mi afferra per le spalle e mi costringe a scendere. Arrivata di sotto mi fermo di fronte a quelle persone. E’ imbarazzante doverle guardare in faccia e avere già una mezza idea di quello che mi avrebbero combinato di lì a cinque minuti.

Avranno dai quaranta a cinquant’anni. Capelli più o meno brizzolati. Facce decisamente divertite e quasi rilassate. Uno è quasi calvo ma ha un’imponente barba nera lunga almeno dieci centimetri.
Uno è decisamente grasso ed ha il volto paonazzo come se avesse bevuto. Il barbuto è secco come un chiodo ed ha la pelle molto scura. L’ultimo ha un aspetto quasi normale anche se sembra quasi un armadio. Indossa un bel po’ d’oro sotto forma di collane, braccialetti e persino un orecchino.

Mentre sono persa ad osservare quelle persone sento una leggera spinta ed un click metallico. Mi volto verso Andrea che tiene in mano un laccio. Non capisco bene cosa serva fino a quando mi accorgo che il laccio mi risale addosso fino al cinturino che ho attorno al collo. Ecco a cosa serviva quell’anello appeso al cinturino. Si tratta di un collare che razza di situazione. Ed adesso sono pure circondata da quattro perfetti sconosciuti.

– Ma non dovevamo mangiare prima? – Fa il ciccione.
– Si ci dobbiamo rifocillare ci aspetta una fatica colossale.- gli risponde il barbuto.
Andrea mi tira il collare e mi conduce alla tavola e mi fa sedere. Gli altri si siedono tutt’attorno e di fronte a me.

Sembra quasi una normale festa. I tipi ridono e scherzano. Mi coinvolgono nella loro conversazione; ma mi lanciano certe occhiate cariche di desiderio. Provo ad assaggiare qualcosa tanto per fare qualcosa e non sembrare terrorizzata ma anche perché è quasi un giorno che non mangio. Tuttavia, in quell’atmosfera di assoluta normalità, continuo a sentire attorno al collo la presenza del collare e del cinturino che Andrea ha legato attorno alla sua sedia. Una specie di monito a quello che sarebbe successo di lì a poco.

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Lo sapevo: la tipa si è tracannata il caffè come se fosse il primo sorso d’acqua dopo aver attraversato il deserto, e il Roipnol ha fatto il suo dovere.

E’ stesa sul divano con quel vestito da sera che al mattino è quanto meno incongruo, ed è anche in condizioni pietose. Glielo sfilo e lo butto via. Sotto non indossa nulla, cominciamo bene, sono le nove del mattino, e sono solo in casa con sta bella gnocca che ha tutta l’aria di non essere precisamente una santa.
Dalla figa le esce un rivolo biancastro, idem dal buchino posteriore… prendo un catino d’acqua tiepida e una spugna col bagnoschiuma: la lavo per bene, con un altro catino di acqua le lavo anche i capelli e alla fine è bella profumata… molto invitante… durante tutta l’operazione non ha opposto resistenza, le ho anche infilato due dita dentro… trovandola molto bagnata e scivolosa…chissà chi gliel’ha messo dentro prima… meglio andare sul sicuro, prendo la douche di mia moglie e le faccio un bel po’ di lavaggi,.

Finita la pulizia generale me la piazzo bella comoda sul divano, con le gambe larghe, mi metto un preservativo e glielo ficco dentro. Certo, usata è usata, si capisce, ma è veramente una bella figa, e non me ne è mai capitata una così in tutta la mia vita.

Comincio a muovermi lentamente, è calda, abbastanza stretta e non liscia, ha ancora la rugosità tipica delle fighe che non hanno mai partorito…accelero e arrivo a toccarla sul fondo…la ragazza si muove appena, sento che si bagna e scivolo sempre meglio…non resisto oltre e vengo, sono durato pochissimo, ma con tutta la manfrina del lavaggio ce l’avevo duro almeno da mezz’ora, comunque adesso è nuovamente tranquilla, russa anche leggermente…mi viene un’idea.

Prendo il telefono e chiamo qualche amico, è mattina, sono già tutti al lavoro, meno Pietro, che è da poco in pensione e Sandro, che ha appena perso il lavoro e Mario, che fa il rappresentante e può sempre girare la macchina e cambiare destinazione: spiego a grandi linee l’idea e tutti accettano, nel frattempo scatto qualche foto alla gnocca, poi prendo qualche vestito dall’armadio di mia moglie e di mia figlia e la vesto, in modo da renderla presentabile…

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