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Racconti di Dominazione

Bambù

By 15 Marzo 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Rossana aveva messo da parte i soldi, per quel viaggio in Indocina, da molto tempo.
Era il sogno della sua vita, un viaggio avventuroso in posti lontani.
Il pomeriggio del giorno prima aveva lasciato le sue due amiche a riposare in albergo ed aveva deciso di concedersi una piccola avventura solitaria.
Così aveva preso a girellare per il grande mercato di quella cittadina disordinata ed affollata.
Imperava il bambù. Sembrava che con questo strano legno ci costruissero tutto, dalle case ai carrettini a mano per portare la merce.
Ad un certo punto era stata avvicinata da un tizio strano che, in un inglese stentato, le aveva proposto di acquistare della droga.
Lei, che non sapeva distinguere la cocaina dalla farina e che al massimo aveva fatto qualche tiro di canna alle scuole superiori, aveva prontamente accettato.
Chissà che gli era preso. Già pensava di rivenderla a caro prezzo (ma a chi?), una volta tornata in Italia e magari, con il ricavato, mettere su, in proprio, un’attività di parrucchiera.
Si era appartata con il tizio in una viuzza laterale e, proprio sul più bello, quando lui aveva tirato fuori una specie di mattoncino incartato e legato con lo spago e lei aveva i soldi in mano, appena presi dal portafogli, era arrivata la polizia.
Quando sentì scorrere il chiavistello della porta della cella, si alzò spaventata, temendo che fosse di nuovo il poliziotto.
Si trovò davanti un omino piccolo e calvo, con un completo beige e la camicia bianca, senza cravatta.
‘buongiorno signorina. Mi chiamo Callari e rappresento il consolato italiano.’
Avrebbe voluto abbracciarlo.
‘Grazie, grazie, per favore mi porti via da questa lurida prigione.’
‘mi spiace contraddirla ma lei non è in prigione …’
‘… e cosa sarebbe allora? Un albergo a cinque stelle.’
‘lei si trova in una cella del posto di polizia locale, ancora.
Evidentemente non ha idea di come siano le prigioni da queste parti, ma ora si sieda e mi lasci parlare.
Non è stato facile riuscire ad incontrarla, e se l’avessero già trasferita in carcere, sarebbe stato quasi impossibile.
Lei ‘ Rossana, se non sbaglio si chiama così?
Rossana, è in un gran brutto guaio.
Da queste parti trattano molto duramente chi traffica droga. Per una cosa del genere sono minimo venti anni di prigione, che, normalmente, vengono scontati per intero.
Proprio due mesi fa ho accompagnato all’aeroporto un nostro concittadino che si è fatto ventidue anni.
Era entrato che ne aveva ventitré soltanto e le posso assicurare che ora sembra un vecchio di settanta.
Sto cercando di trattare con la polizia locale per farla rilasciare, finché la tengono qui, lei è relativamente al sicuro, ma se dovessero formalizzare l’arresto, potrei fare ben poco per tirarla fuori dai guai.
In consolato abbiamo dei fondi non ufficiali che servono appunto per ungere le persone giuste, però lei, nel frattempo deve fare la sua parte.
Mi raccomando stia tranquilla, non faccia arrabbiare i poliziotti, anzi, cerchi di essere gentile, molto ma molto gentile. Credo di essermi spiegato.
Si ricordi che un rifiuto, un gesto di ribellione, oltre che inutile, potrebbe essere molto pericoloso.’
Rossana ripensò a quella prima notte in cella ed iniziò a raccontare.
La porta si era aperta improvvisamente ed era comparso un poliziotto che le aveva ordinato di spogliarsi, poi l’aveva spinta fuori della cella, completamente nuda.
L’aveva fatta entrare in uno stanzino senza finestre, totalmente vuoto.
L’unico arredo, se così si poteva chiamare, era una strana intelaiatura, fatta di pezzi di bambù incrociati e legati con lo spago, posta al centro della stanza.
L’aveva fatta salire su quello strano aggeggio e poi l’aveva legata, lasciandola con le braccia completamente aperte e le gambe piegate e divaricate.
Quando si era aperto i pantaloni ed aveva cominciato a strofinarle il pene davanti alla faccia, Rossana aveva iniziato a gridare.
Il poliziotto si era subito fermato e si era richiuso i pantaloni.
Per un attimo aveva pensato di averla scampata, poi aveva notato che aveva raccolto da terra un pezzo di bambù, lungo e flessibile, ed aveva iniziato ad agitarlo in aria, facendolo fischiare come una frusta.
L’aveva colpita duramente e con meticolosità sulle chiappe, poi era passato alla sua schiena magra.
Ma il peggio doveva ancora venire.
Si era messo di fronte a lei ed aveva iniziato a bastonarla sull’interno delle cosce, bloccate in posizione aperta, dall’intelaiatura di bambù fino a che non erano diventate una specie di carta geografica fatta di segni profondi e di lividi bluastri, aveva infine completato l’opera con le sue tette.
Quando aveva posato il bastone e si era di nuovo aperto i pantaloni, Rossana aveva aperto la bocca ed aveva eseguito senza fare storie.
Poi senza dire nulla, l’aveva slegata e l’aveva riaccompagnata nella cella.
‘senta Rossana. Visto che è già successo e, purtroppo per lei, temo che succederà ancora, almeno finché non riuscirò a tirarla fuori di qui, le parlerò in maniera esplicita.
Sono quasi sicuro che alla fine la libereranno e si spartiranno i soldi che gli offrirò, però questo non è l’unico motivo per cui non l’hanno ancora trasferita in carcere.
Loro trovano molto divertente scoparsi una turista occidentale, giovane e carina come lei.
è una sorta di rivalsa nei confronti di quella parte di umanità ricca e grassa, che consuma quasi tutte le risorse del pianeta.
Aggiunga che qui le donne hanno tutte i capelli neri, ed una ragazza bionda, come lei, è una bellezza esotica e ricercata, almeno da queste parti.’
‘insomma lei mi sta dicendo che io devo rimanere qui, non si sa per quanti giorni, per far divertire tutti gli agenti del commissariato locale? Ma non possiamo denunciare il fatto?’
‘oh, certo che si può. Intanto lei finisce in galera, la processano per direttissima, le danno venti anni, e durante quel periodo farà divertire, come dice lei, i secondini.
Beh, probabilmente dopo qualche anno la lasceranno in pace, perché sarà ridotta così male che preferiranno passare a qualche nuova arrivata.
C’è sempre qualche ragazza sciocca ed ingenua che pensa di fare l’affare della vita e si caccia nei guai.
Naturalmente, la sua denuncia contro la polizia locale, al 99% sarà archiviata.
Mi scusi, forse le ho parlato un po’ troppo duramente, ma volevo farle capire bene la situazione.
Ora io devo andare. Mi raccomando, non faccia fesserie, perché la prossima volta, potrebbe capitarle di molto peggio.
Un poliziotto solo ed un po’ di bastonate.
Le è andata veramente di lusso, mi creda.
Arrivederci signorina e ‘ mi raccomando, si mostri sempre sorridente.’
Dopo che l’uomo del consolato se ne fu andato le portarono da mangiare.
Una ciotola di riso malamente cotto, ed un po’ d’acqua giallastra, che un poliziotto lasciò, con mala grazia, per terra.
Aveva fame e mangiò il riso con le mani, visto che non sapeva usare i bastoncini. D’altra parte, quello non era certo il ristorante dell’albergo, dove poteva chiedere le posate.
Guardò con preoccupazione quell’acqua giallastra, sicuramente le sarebbe venuta qualche infezione intestinale, con febbre e diarrea, ma aveva troppa sete, e la mandò giù tutta di un fiato.
Nel pomeriggio la porta si aprì nuovamente, questa volta i poliziotti erano due, quello della notte precedente ed un altro più giovane.
La fecero spogliare di nuovo e la riportarono nella stanza con lo strano aggeggio in bambù.
Rossana si guardo i seni e le gambe: i lividi delle bastonate si erano estesi e la tonalità della sua pelle andava dal blu al marrone.
Doveva stare tranquilla, fare tutto quello che volevano e ‘ sorridere.
Beh, questo sarebbe stato difficile, ma ci avrebbe provato.
Questa volta toccò al poliziotto più giovane e Marianna si chinò prontamente iniziando a leccarglielo.
Intanto l’altro era passato dietro e la stava stuzzicando in mezzo alle gambe.
Quando la sentì bagnata a sufficienza la allargò a forza e e Rossana sentì qualcosa di duro che le entrava dentro.
Non era il suo pene, le aveva conficcato nella vagina il bastone di bambù che aveva usato la sera prima. Poteva vederlo benissimo piantato in mezzo alle gambe.
Poi le entrò di colpo di dietro, facendola gridare di dolore.
Cominciò ad andare avanti e indietro mentre con una mano muoveva il bastone, che le sfregava il clitoride ingrossato dalle precedenti manipolazioni.
Era veramente troppo e Marianna aprì la bocca e cominciò ad ansimare vistosamente.
L’altro poliziotto, ormai prossimo all’orgasmo, finì aiutandosi con le mani e le sparò tutto in faccia, proprio mentre quello dietro veniva prepotentemente nel suo culo.
Si scambiarono le posizioni.
Quello giovane le tolse il bastone dalla vagina e le ficcò nell’ano, ancora dilatato, un pezzo di bambù corto e largo, prima di iniziare a scoparla.
Marianna, già abbondantemente eccitata, come lo sentì dentro, raggiunse immediatamente l’orgasmo.
Intanto l’altro, piazzatosi di fronte a lei, cominciò a strofinargli la punta del pene sul viso, finché Marianna non l’afferrò delicatamente con le labbra.
Terminarono, dopo averle tolto dall’ano il pezzo di bambù corto e largo, uno dietro e l’altro davanti, contemporaneamente.
Dovettero riportarla in cella sostenendola sotto le ascelle, per quanto era stanca.
Era fradicia e sporca dappertutto ed aveva l’impressione che quel maledetto tronchetto di bambù, che le aveva sfondato l’ano, fosse rimasto al suo posto, anche se ricordava benissimo che glie lo avevano sfilato.
Dopo aver mangiato per cena un’altra scodella di riso accompagnata dalla solita acqua giallastra cominciarono i guai.
Come prevedeva, quell’acqua sporca e leggermente putrida ‘
Fece appena in tempo a sedersi su quella specie di vaso da notte di metallo smaltato, lurido e scorticato, che si trovava ai piedi del letto.
Le scariche di diarrea si susseguirono per un’ora buona, lasciandola completamente spossata.
Quando si aprì la porta della cella e comparve un nuovo poliziotto, questi fece subito una smorfia di disgusto.
Lei ormai si era abituata, ma nella cella doveva esserci un fetore terribile.
Si guardò le gambe, ora non erano imbrattate solo di sperma.
Il poliziotto la portò nel bagno e la fece mettere a gambe larghe contro il muro, poi le passò a lungo un getto d’acqua, freddo e violento, con un tubo di gomma.
Insistette parecchio in mezzo al sedere e sulle gambe, allargandole le chiappe per arrivare fino in fondo.
Sentiva, con fastidio, l’acqua gelata che le entrava nell’ano rimasto dilatato, ma tutto sommato, era una sorta di purificazione, anche se sapeva bene che poi l’avrebbe portata di nuovo nella stanza del bambù e sarebbe ricominciato tutto da capo.
Nella stanza, ad aspettarli, c’erano altri quattro poliziotti.
Rossana ricordò le parole di Callari, l’uomo del consolato, e si sforzò di sorridere.
Non era sicura che fosse venuto bene, ma aveva fatto del suo meglio.
Si accorse che ormai reagiva meccanicamente ai loro stimoli, così, quando qualcuno le avvicinava il cazzo alla bocca, lei immediatamente cominciava a leccarlo e a succhiarlo, per poi ficcarselo dentro, fino in gola, appena era sufficientemente cresciuto.
Allo stesso modo, come sentiva premere sulle labbra della vagina, schiudeva il suo sesso, sperando che il movimento andasse subito a toccare il clitoride, sempre più gonfio, per provare il massimo del piacere.
Dietro il dolore, a causa delle numerose penetrazioni, a cui si erano aggiunti l’inserimento forzato del tronchetto di bambù e le scariche di diarrea che avevano fortemente irritato il suo ano, era fortissimo, ma tutto sommato, sentirsi scopata all’unisono, da due uomini contemporaneamente, uno davanti e l’altro dietro, non le dispiaceva troppo.
Quando la riportarono in cella si addormentò di colpo.
Fu svegliata, verso l’alba, da dei dolori di pancia fortissimi e dovette di nuovo ricorrere al vaso da notte.
Quando sentì scorrere il chiavistello fu presa dalla sconforto, non avrebbe potuto resistere ad un’altra seduta in quella stanza maledetta.
‘oh! Mamma mia!’
Era Callari, che la guardava a bocca aperta, sorpreso e quasi sconvolto.
Marianna non aveva trovato la forza di rivestirsi e si era sdraiata sulla brandina completamente nuda.
Non era certo un bello spettacolo, vedere il suo corpo pieno di lividi enormi, con la vagina arrossata e dilatata, le gambe sporche delle sue feci e la faccia ed i capelli impiastrati di sperma.
‘Rossana, si metta qualcosa addosso. La porto via. Ci sono riuscito.’
La stazione di polizia era deserta, evidentemente, una volta avuto quello che volevano, soldi e tutto il resto, gli agenti potevano tranquillamente voltare la testa dall’altra parte.
‘andiamo subito all’aeroporto, perché tra due ore parte il volo che la riporterà a casa.’
‘ma mi devo cambiare, devo prendere le mie cose in albergo …’
‘i suoi bagagli sono già in macchina. Si cambierà in aeroporto, se ci sarà tempo. Lei è stata espulsa dal paese, non può rimanere un minuto di più.’
Seduta sulla poltrona dell’aereo, Marianna, frugando nella borsetta, pescò le chiavi di casa.
Appena arrivata, pochi giorni prima, ma ora le sembravano anni, aveva comprato un portachiavi nuovo.
Lì per lì lo aveva trovato carino ed originale, con quel piccolo ciondolo, ricavato da un pezzetto di bambù.
In questo paese ci fanno proprio tutto con il bambù.

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