Lucius sedeva nel suo studio, il crepitio del fuoco nel camino unico suono a rompere il silenzio. La luce tremolante di un candelabro danzava sulle pareti, riflettendosi sulla copertina dell’antico tomo che reggeva tra le mani. Ma le parole gli scivolavano davanti agli occhi, incapaci di ancorare i suoi pensieri. La sua mente, irrequieta, vagava tra calcoli e preoccupazioni. Il ritorno del Signore Oscuro aveva portato con sé la promessa di gloria, ma anche un’inquietudine strisciante, intrecciando alleanze e tradimenti in un gioco tanto affascinante quanto pericoloso.
La tensione si era insinuata anche tra le mura di casa. Narcissa, consumata dall’ansia per Draco, sembrava distante, il suo cuore inaccessibile. I loro scambi erano ridotti a sguardi fugaci e tocchi inesistenti, un vuoto che Lucius avvertiva come una ferita sottile e costante. La distanza tra loro lo tormentava più di quanto volesse ammettere, lasciandolo intrappolato in un silenzio che il tempo sembrava amplificare.
Respirò a fondo, tentando di dominare quel caos interiore. La villa, quieta e avvolta da una calma irreale, contrastava con il tumulto che gli ardeva dentro. Un desiderio sottile e insinuante cresceva in lui, un calore che non riusciva a placare. Il libro gli scivolò dalle mani sul tavolo, abbandonato con un gesto deciso. Un brivido lo percorse, inesorabile, mentre la mente cedeva al pensiero che aveva cercato di reprimere.
Non era Narcissa il centro di quel desiderio. Era un richiamo più oscuro e personale, il ricordo di un abbandono che solo lui conosceva, un piacere segreto che lo consumava nelle notti più silenziose. Un sorriso appena accennato si disegnò sul suo viso mentre si lasciava andare contro lo schienale della poltrona. Ogni resistenza scivolava via, e il calore si faceva sempre più intenso, avvolgendo il suo corpo in una promessa che già iniziava a reclamare.
Lucius rimase seduto sulla poltrona, le dita che accarezzavano distrattamente il bordo del tomo abbandonato sul tavolo. La villa era immersa in un silenzio irreale, rotto solo dal crepitio del camino. Era solo. Narcissa e Draco erano usciti, lasciandogli un raro momento di tregua, privo di sguardi indagatori.
Si alzò con lentezza, lasciando che il mantello scivolasse dalla poltrona come un sussurro. Attraversò la stanza con passi sicuri, dirigendosi verso la libreria, dove un volume spiccava alla luce tremolante. Con un gesto deciso, lo estrasse.
Un profondo sussulto scosse le pietre, e la libreria si spostò, rivelando un passaggio nascosto. Davanti a lui, un corridoio stretto e ombroso, rischiarato solo da fiammelle azzurre sospese nell’aria.
Quando Lucius raggiunse l’ampia stanza, si fermò sulla soglia, lasciandosi avvolgere dall’atmosfera intensa del suo rifugio segreto. Le torce magiche, fissate ai muri, gettavano una luce calda e danzante sugli arredi raffinati, accarezzando le curve morbide e i dettagli ricercati che popolavano lo spazio. Al centro, il letto matrimoniale dominava la scena, rivestito di velluto nero e lenzuola di seta che riflettevano il bagliore delle candele. I ganci d’argento, fissati agli angoli e sospesi al soffitto, scintillavano come promesse proibite, evocando scenari audaci e inesplorati.
Alla sua destra, una poltrona di cuoio e una chaise longue attendevano languide, perfette per osservare o perdersi nel piacere. Su un lato, una grande libreria, vicina a un tavolo con una sedia, custodiva antichi segreti e volumi privati. Sulla parete opposta, un armadio in legno scuro celava strumenti personali, oggetti intimi che esistevano solo per essere toccati e usati in quel luogo isolato.
Ma fu il grande specchio antico a catturare la sua attenzione. La cornice dorata, intarsiata con serpenti che si attorcigliavano e volti femminili in estasi e dolore estremi, sembrava respirare, come viva. La superficie rifletteva il letto, amplificando ogni dettaglio, quasi a sussurrargli tentazioni impossibili da ignorare.
Sul tavolo accanto, una candela eterna ardeva, la sua fiamma languida e instancabile, gettando ombre che si muovevano come dita sulla pelle degli arredi. Il tappeto scuro assorbiva i passi, mentre Lucius si avvicinava al letto. Le sue dita sfiorarono il bordo del tavolo, poi si fermarono. Il suo sguardo rimase fisso sui ganci scintillanti, mentre un sorriso lento e sensuale gli curvava le labbra. Pensieri audaci, immagini proibite danzavano nella sua mente, promettendo un’estasi che solo tra quelle mura poteva essere vissuta.
Era lì, nel suo santuario di desideri inconfessabili, dove il piacere non conosceva barriere. Davanti allo specchio, Lucius osservava il proprio riflesso, ogni dettaglio di sé amplificato dalla luce calda delle candele. Gli occhi, carichi di peccato, tradivano un’anticipazione quasi febbrile. Con un tocco lento e deciso, sfiorò il primo bottone della camicia, mentre il desiderio gli bruciava sotto la pelle.
Le dita si mossero con precisione ipnotica, slacciando uno a uno i bottoni, come se ogni gesto fosse un’offerta al proprio piacere. Il tessuto scivolò lungo le spalle, rivelando la pelle liscia e tesa. Con una calma studiata, piegò la camicia, posandola sulla poltrona con una grazia che amplificava la tensione nell’aria.
Passò ai pantaloni, lasciando che le mani si muovessero lungo i fianchi, sfiorando appena la pelle sotto il tessuto. Con lentezza esasperante, li fece scivolare giù, seguendoli con le dita fino a quando non toccarono il pavimento. Rimase fermo un istante, il respiro appena più pesante, lasciando che il riflesso del suo corpo quasi nudo lo affascinasse.
Si chinò, sfilando lentamente le calze, ogni movimento un tocco leggero che sfiorava la pelle come una carezza segreta. Poi, le mani scesero a catturare il bordo delle mutande. Con una lentezza studiata, le abbassò, rivelando ogni centimetro del suo corpo, mentre il tessuto abbandonato scivolava a terra.
Ora completamente nudo, Lucius si alzò in tutta la sua altezza, dominando la stanza con la sua presenza. Davanti allo specchio, la sua figura sembrava un’opera d’arte: la pelle chiara, perfettamente curata, brillava sotto la luce soffusa delle candele, mentre i muscoli appena definiti suggerivano una virilità discreta e raffinata. Il suo corpo liscio, androgino e perfetto, sembrava sospeso tra etereo e carnale, il cazzo che pendeva molle tra le gambe spezzava con audacia quella perfezione quasi irreale. Si osservò attentamente, il suo sguardo percorreva ogni dettaglio con un’intensità che sfiorava l’estasi. Con un gesto lento e consapevole, si leccò le labbra, assaporando il piacere del proprio riflesso, un momento intimo e senza giudizi.
Si voltò con eleganza verso l’armadio. Il tappeto scuro attutiva i suoi passi, rendendo ogni movimento silenzioso e carico di intenzione. Aprì la prima anta, rivelando l’ordine impeccabile di oggetti celati e misteriosi. Con mani sicure, estrasse una scatola di velluto nero, posandola sul tavolo con una delicatezza quasi cerimoniale. Le dita sfiorarono il coperchio, indugiando per un istante, come a prolungare l’attesa.
Lucius sollevò il coperchio della scatola con un gesto lento, quasi rituale, come se stesse accedendo a un sancta sanctorum di desideri inconfessabili. All’interno, disposti con una precisione che sfiorava l’ossessione, giacevano strumenti di bellezza Babbani: ombretti dai colori profondi e misteriosi, rossetti di tonalità audaci, smalti scintillanti come gioielli e un piccolo specchio d’argento che rifletteva la luce delle candele con un bagliore gelido e seducente. Ogni oggetto sembrava pulsare di tentazione, sfidando i suoi ideali più inviolabili.
I suoi occhi, febbrili, percorrevano quegli artefatti con la brama di un alchimista davanti a ingredienti proibiti. Si chinò verso la scatola, lasciando che il profumo leggermente chimico dei cosmetici lo avvolgesse. Non era una semplice trasformazione fisica: era una metamorfosi dell’anima, un viaggio senza bacchette né incantesimi, guidato solo dal tocco sensuale di polveri e pigmenti.
L’eccitazione che lo attraversava non era solo carnale, ma intellettuale, un piacere perverso radicato nella consapevolezza di infrangere ogni valore su cui aveva costruito la sua esistenza. Lui, Lucius Malfoy, simbolo della purezza magica e avversario dei Babbani, si trovava lì, rapito da quegli oggetti che incarnavano tutto ciò che professava di disprezzare.
Lucius si concesse un sorriso sottile mentre i suoi occhi percorrevano la collezione di smalti. Ogni bottiglietta racchiudeva promesse di eleganza e provocazione, piccoli universi di colore pronti a trasformarlo. Oggi aveva tempo, un lusso raro. La certezza che Narcissa e Draco sarebbero tornati solo a tarda sera gli dava una libertà inebriante, la possibilità di immergersi completamente in quella metamorfosi che non si concedeva da troppo tempo.
La sua mano si fermò su uno smalto nero dai riflessi violacei, un colore carico di fascino oscuro, perfetto per ciò che aveva in mente. Sollevandolo, si spostò verso la chaise longue, la pelle morbida che accarezzava le sue gambe nude mentre si accomodava. Il respiro rallentò, il cuore invece accelerò, anticipando il piacere del gesto imminente. Svità con calma il tappo, osservando il pennellino tingersi di quel colore denso e brillante che rifletteva le fiamme delle candele.
Con gesti lenti e precisi, iniziò a stendere lo smalto, pennellata dopo pennellata. Il contrasto tra il nero violaceo e la pelle chiara era ipnotico, un richiamo sottile al femminile che lo affascinava. Ogni passata era un atto intimo e deliberato, come un artista che crea la propria opera. Completato il primo piede, passò al secondo con la stessa lentezza rituale, godendo di ogni istante.
Quando terminò, si appoggiò contro lo schienale, osservando il risultato. I suoi piedi, adornati da quel colore magnetico, sembravano appartenere a un altro sé, ad una donna stupenda e molto provocante avrebbe detto da quanto erano raffinati e incredibilmente seducenti. Un brivido gli percorse la schiena mentre li contemplava scintillare alla luce.
Lucius si alzò dalla chaise longue. Mentre attraversava la stanza, il suo modo di camminare iniziò a trasformarsi, come se fosse guidato da un istinto diverso, qualcosa di profondo e inconfessabile. Le spalle si rilassarono, i fianchi iniziarono a ondeggiare in modo appena accennato, un’andatura sempre più femminile che sembrava sgorgare naturalmente, come se un’altra presenza lo stesse reclamando.
Raggiunto il tavolo, si sedette con grazia, accavallando le gambe con un movimento sensuale che avrebbe potuto rivaleggiare con quello di una cortigiana. Il contrasto tra il suo corpo maschile e l’eleganza femminile che ora lo avvolgeva era ipnotico, persino per lui stesso. Con un sorriso malizioso, prese la bottiglietta di smalto nero violaceo, e iniziò a dipingere le unghie delle mani.
Ogni pennellata era un atto di trasformazione, di sottomissione a un piacere perverso che pulsava sotto la superficie. Il colore scivolava sulle unghie con perfezione, e Lucius si prese il suo tempo, soffermandosi su ogni dito con cura e senza preoccupazioni. Sapeva che quel dettaglio non avrebbe destato sospetti: tingersi le unghie era una pratica comune tra i maghi oscuri.
Quando finì entrambe le mani, si fermò per ammirare il risultato. Le unghie, ora scintillanti e perfette, sembravano appartenere a un’altra persona, un’immagine che contrastava meravigliosamente con la pelle chiara delle sue dita. Con un sorriso soddisfatto, aspettò che la mano destra fosse asciutta, accarezzandosi distrattamente il polso con un tocco languido, quasi a verificare la morbidezza della pelle.
Lucius prese lo specchio d’argento dalla scatola e lo posizionò con cura sul tavolo. Con movimenti precisi, iniziò a delineare le labbra, tracciandone il contorno con meticolosità prima di riempire il centro con tratti decisi. Lentamente, la sua bocca prese forma, trasformandosi in un arco morbido e seducente. Il rosso intenso del rossetto brillava come seta liquida sotto la luce, un colore che sembrava pulsare di sensualità. Disegnò un cuore perfetto, simbolo di femminilità, e un sottile sorriso gli curvò le labbra mentre le premeva leggermente l’una contro l’altra, assaporandone la texture liscia e seducente. La sensazione amplificava la trasgressione di quel momento, avvicinandolo sempre di più a quella figura nascosta dentro di sé, la donna immaginaria che ora lo possedeva.
Con calma, proseguì la trasformazione. Prese la matita per occhi e tracciò una linea precisa lungo il bordo delle palpebre, intensificando lo sguardo con una sensualità glaciale. Sfumò un ombretto scuro attorno agli occhi, avvolgendoli in un’aura fumosa e misteriosa, che accentuava la freddezza elegante del suo volto. Con un pennello passò un tocco rosato sulle guance, donando al viso un accenno di colore che contrastava con la sua pelle eterea. Infine, con una spazzola d’argento, pettinò i capelli biondo platino, lasciandoli ricadere in morbide onde sulle spalle.
Lucius si fermò a contemplarsi nello specchio, il respiro appena accelerato mentre i suoi occhi percorrevano ogni dettaglio. Il volto che lo guardava indietro non era più il suo. Era quello di una donna seducente, una creatura eterea e crudele, glaciale ed erotica come la regina dei ghiacci.
Lucius mise via con cura gli strumenti della sua trasformazione, riponendo ogni oggetto con la stessa precisione con cui li aveva usati. Tornò all’armadio, chiuse il vano e aprì un altro cassetto. Le dita affusolate scorsero tra gli indumenti perfettamente ordinati, fermandosi su ciò che cercava. Estrasse lentamente alcuni capi, trattandoli con la delicatezza di un oggetto sacro, e li posò con eleganza sulla chaise longue. Poi aprì un altro cassetto, tirando fuori un barattolo di cristallo finemente decorato.
Quando lo aprì, un profumo dolce e avvolgente si diffuse nella stanza. Immerse due dita nella crema, raccogliendone una quantità generosa, e iniziò a distribuirla sul corpo. Partì dalle braccia, risalendo verso le spalle e il torace, con movimenti circolari e meticolosi. La pelle, già liscia e impeccabile, divenne lucida e invitante. Massaggiò con cura il petto, sfiorando i capezzoli sensibili, poi passò al ventre, ai fianchi e lungo le gambe, evitando volutamente l’inguine.
Fece un respiro profondo, quasi per raccogliere il coraggio, e infine le sue mani si spinsero all’interno delle cosce, salendo lentamente verso il pene. Il gesto era misurato, quasi distaccato, come se quella parte del suo corpo gli appartenesse a metà. Poi portò le mani sulle natiche, massaggiandole con movimenti più lenti e profondi, lavorando con attenzione verso l’incavo tra di esse. Quando spinse un dito dentro di sé, il respiro si fermò per un istante e un gemito gli sfuggì dalle labbra.
Inizio a penetrarsi più volte rendendo l’ingresso lucido e scivoloso. Ogni movimento del dito gli accelerava il respiro, un piacere intimo e carico di elettricità che per poco non lo travolse. Quando con una certa disciplina riuscì a fermarsi, sentì la pelle pulsare sotto il tocco, morbida, lucida e irresistibilmente sensuale.
Dopo aver pulito con cura le mani con un fazzoletto ricamato, Lucius ripose il barattolo di crema al suo posto. Con una grazia naturale si mosse verso la chaise longue, evitando volontariamente di guardarsi nello specchio. Non era ancora il momento. Ad attenderlo, posate con precisione tra i vari capi, c’erano le calze a rete fine, autoreggenti, provocatorie nella loro delicatezza.
Si sedette, appoggiando i piedi nudi sul tappeto scuro, il corpo che si inclinava con eleganza sulla chaise longue. Prese la prima calza, sfiorando il tessuto morbido e sottile, e la fece scivolare lungo la gamba, un gesto lento e sensuale che sembrava allungare il tempo. La rete abbracciò la sua pelle, salendo fino alla coscia, dove il bordo in pizzo aderì perfettamente, un accento di femminilità che faceva spiccare la pelle liscia e le unghie dipinte. La seconda calza seguì con la stessa fluidità. Una volta completato, Lucius si prese un momento per accarezzare le proprie gambe, le mani che scorrevano lungo la trama sottile. Il contatto tra la sua pelle levigata e la ruvidità raffinata delle calze era così sensuale, un contrasto che gli accendeva ogni nervo.
Lucius si girò, osservando per un istante i capi scelti con cura. Prese il reggiseno di pizzo nero, sollevandolo con eleganza, lasciando che il tessuto morbido gli sfiorasse le mani. Con movimenti esperti lo fece scivolare sulle spalle, agganciandolo dietro la schiena con precisione, tirando le fasce per farlo aderire perfettamente. Il pizzo accarezzava la sua pelle, amplificando la sensibilità lasciata dal rituale della crema. Quando fu posizionato alla perfezione, il tessuto sembrava fondersi con il suo corpo, un altro tassello della metamorfosi.
Si chinò sulla chaise longue, afferrando il perizoma coordinato, soffermandosi per un istante sul tessuto provocante, un sussurro di pizzo e seta. Con grazia, lo infilò, facendolo scivolare lungo le gambe fasciate dalla rete fino a sistemarlo contro l’inguine. Il pene, rilassato, trovò facilmente spazio dietro il sottile strato di tessuto, mentre la parte dietro si infilò tra le natiche dandogli un brivido di eccitazione.
Si avvicinò all’armadio, chinandosi leggermente per estrarre dalla parte bassa un paio di scarpe di vernice nera dai tacchi vertiginosi, che brillavano come gioielli proibiti. Sedutosi con eleganza sulla chaise longue, le infilò con gesti lenti, poi si alzò con attenzione. Il peso dei tacchi allungava le sue gambe fasciate dalle calze, rendendole ancora più sinuose.
Muovendosi con disinvoltura, iniziò a camminare per la stanza. I tacchi ticchettavano sul pavimento, creando un ritmo ipnotico che riempiva il silenzio. I suoi fianchi ondeggiavano naturalmente, l’andatura sensuale e sicura, frutto di ore di pratica, lo rendeva una visione di seduzione perfettamente composta e straordinariamente femminile.
Infine, prese tra le mani il simbolo definitivo della propria sottomissione: un collare di pelle nera, lavorato finemente, ornato da un anello di metallo che brillava come una promessa proibita. Era un oggetto antico, carico di un’aura oscura, appartenuto a un sadico stregone i cui giochi perversi avevano lasciato un’eco di potere in quella pelle lucida. Lucius lo aveva acquistato con cura maniacale e vi aveva fatto aggiungere un tocco personale: il nome “Lucy”, inciso in lettere eleganti di filo d’oro. Quel nome, scelto con ironia per la sua assonanza con il proprio, rappresentava tutto ciò che desiderava in quei momenti: annullarsi, trasformarsi, diventare la troia perfetta.
Con un sorriso che tradiva un misto di eccitazione e vergogna, si mise il collare intorno al collo, sentendo la stretta della pelle come una morsa intima che sigillava la sua trasformazione. Il contatto lo fece rabbrividire, ogni fibra del suo corpo che sembrava vibrare di un piacere oscuro. Non conosceva il reale potere di quell’oggetto, ma in quel momento non gli importava. Era l’atto stesso di indossarlo che lo completava, lo rendeva ciò che desiderava essere: Lucy, la troia sottomessa.
Si fermò davanti allo specchio, il cuore che batteva come un tamburo. Sollevò lo sguardo lentamente, quasi con timore, e il riflesso che lo accolse lo fece tremare. Davanti a lui non c’era solo Lucius Malfoy: c’era qualcosa di altro, di più. Un’essenza enigmatica e seducente, un equilibrio perfetto tra maschile e femminile, glaciale e irresistibile. Il pizzo nero avvolgeva il suo corpo come una seconda pelle, le calze autoreggenti abbracciavano le gambe slanciate dai tacchi vertiginosi, e il collare al collo era il sigillo finale di una bellezza provocatoria e oscura.
Lucius sentì l’eccitazione crescere in lui come un’onda inarrestabile, un calore che si diffondeva sotto la pelle, accendendo ogni fibra del suo corpo. I capezzoli si irrigidirono sotto il pizzo del reggiseno, sensibili a ogni movimento, mentre un fremito intenso lo attraversò, raggiungendo il suo buchino del piacere che si contrasse, rispondendo a un richiamo invisibile. Il corpo, ormai completamente adornato, sembrava bruciare di desiderio, reclamando di spingersi oltre, verso il piacere più oscuro e inconfessabile.
Con un respiro profondo, prese la bacchetta. Il legno freddo e familiare vibrava tra le sue dita mentre sussurrava parole in una lingua antica e proibita. La sua voce era un sussurro sensuale, carico di tensione. Puntò la bacchetta verso il letto, e in un istante, dalle estremità degli angoli, si materializzarono quattro catene, ognuna terminante in manette metalliche. Le catene scintillavano alla luce delle candele, fredde e minacciose, ma per Lucius erano una promessa. Le mani tremarono leggermente mentre evocava altre catene dai ganci al soffitto. Ogni comparsa era accompagnata da un respiro più corto, una tensione crescente che riempiva la stanza di un’energia quasi tangibile.
I tacchi risuonavano sordi sul tappeto mentre si avvicinava alla libreria, scandendo il ritmo del suo desiderio. I suoi occhi percorsero i titoli polverosi fino a fermarsi su un volume in pelle nera. Lo prese con mani tremanti e lo posò sul tavolo, accarezzando la copertina ruvida. Iniziò a sfogliarlo, le dita che scivolavano sulle pagine ingiallite, cercando la formula che ricordava. Ogni parola incisa sembrava sussurrare segreti proibiti. Il suo respiro si fece più affannato, il corpo teso e ardente mentre continuava a cercare, sentendo la stanza pulsare intorno a lui, come in attesa del culmine di quel rito intimo e perverso.
Lucius sapeva che la formula era lì, nascosta tra quelle pagine, pronta a concedergli il potere di portare il piacere e la sofferenza a un livello tale da fargli perdere ogni controllo. L’idea di abbandonarsi completamente, di fondere dolore ed estasi in un’esperienza estrema, lo fece rabbrividire, un fremito che attraversò ogni fibra del suo corpo.
Quando finalmente trovò la pagina, un’ondata di gioia ed eccitazione lo travolse, un fulmine che incendiò i suoi sensi. Gli occhi scivolarono avidi sulle parole incise, antiche e magnetiche, mentre le mani tremanti posizionavano con cura un segnalibro tra le pagine, come a proteggere quel segreto prezioso.
Inspirò profondamente, il petto che si sollevava contro il pizzo del reggiseno, la pressione che amplificava ogni sensazione sulla pelle. Mise da parte la bacchetta e, con il libro tra le mani, si avvicinò allo specchio. Il suo riflesso lo osservava, un’immagine di desiderio e trasgressione che sembrava quasi animarsi sotto il tremolio della luce delle candele.
Con una mano che stringeva il volume, iniziò a recitare la formula. Le parole fluivano come un canto oscuro, un intreccio di suoni gutturali e sussurri che sembravano danzare nell’aria, vibrare intorno a lui come un’entità viva. Senza smettere di recitare, si avvicinò allo specchio, il respiro che si condensava sulla superficie fredda lasciando macchie di vapore tremolanti. Ogni sillaba pronunciata era un passo più vicino al culmine, un richiamo irresistibile verso il piacere proibito che lo attendeva.
Non era neanche a metà della formula quando un suono improvviso spezzò l’incanto: il campanello. Lucius si immobilizzò, gli occhi spalancati dallo shock mentre l’eco fastidiosa del suono riempiva la stanza. Qualcuno stava suonando alla porta. Il cuore accelerò, ma questa volta non per il piacere: era un miscuglio di rabbia e ansia. Chi osava interromperlo?
Per un istante rimase immobile, il libro ancora tra le mani, mentre il campanello suonava di nuovo, insistente. L’atmosfera si spezzò come vetro infranto, lasciando Lucius a fissare il proprio riflesso nello specchio, il viso una maschera di disappunto misto a eccitazione irrisolta. Respirò a fondo, il corpo che pulsava ancora di tensione, prima di girarsi lentamente verso la porta della stanza, chiedendosi chi potesse essere così incauto da disturbarlo in quel momento.
Lucius afferrò la bacchetta con un movimento secco, rabbioso. La punta tremò leggermente mentre pronunciava l’incantesimo, un sussurro affilato che creò davanti a lui una finestra magica. Attraverso quella cornice eterea, vide chi era la causa di tanta insistenza. Il suo disappunto fu immediato e travolgente: Bellatrix. Le sue labbra si piegarono in un’espressione di pura irritazione. Bellatrix non era certo il tipo che suonava il campanello una sola volta e attendeva pazientemente. No, lei avrebbe continuato, implacabile, e se non fosse stata soddisfatta, avrebbe trovato un modo per entrare con la forza. Magari solo per soddisfare un capriccio, come prendere dell’idromele o usare il bagno, e lasciando dietro di se caos e cose rotte.
Lucius distolse lo sguardo dalla finestra magica e si girò verso lo specchio, vedendo riflessa la sua immagine truccata. Per un attimo, un’ondata di panico gli serpeggiò nelle vene. Il volto seducente e perfettamente truccato che aveva costruito con tanta cura ora era un problema. Respirò a fondo, cercando di calmarsi, ma la consapevolezza che Bellatrix potesse fare irruzione da un momento all’altro lo costrinse ad agire in fretta.
Con un movimento rapido, si avvicinò al mobile e aprì un cassetto, tirando fuori una bottiglietta di unguento elfico che aveva nascosto lì per le emergenze. Lo versò generosamente su un panno pulito, l’odore pungente riempiendo l’aria, e iniziò a strofinarsi il viso con forza. Ogni passata era un colpo alla sua creazione, ogni movimento cancellava un pezzo di quella figura così attentamente costruita. Le mani si muovevano rapide, sfregando fino a quando non fu certo che ogni traccia di trucco fosse sparita. La pelle del viso, arrossata dalla frenesia del gesto, era tornata quella di Lucius Malfoy, austera e impeccabile.
Lucius si diede un’ultima occhiata distratta nello specchio, assicurandosi che non ci fosse nulla di compromettente a tradire il suo segreto. Non c’era più tempo per rimpianti: il campanello continuava a risuonare con l’insistenza di Bellatrix, e sapeva che presto avrebbe preso misure drastiche.
Con un gesto rapido tolse le scarpe dai tacchi vertiginosi, lasciandole cadere vicino alla chaise longue e quasi strappo via il collare gettandolo sul tavolo. Non avendo il tempo per cambiarsi completamente, afferrò una vestaglia nera lunga e fluida, che gli scivolò addosso come un’ombra, nascondendo ogni traccia della sua trasformazione. Ai piedi infilò rapidamente un paio di scarpe comode da casa.
Ora sembrava di nuovo Lucius Malfoy: composto, austero, padrone di sé. La vestaglia mascherava alla perfezione ciò che si celava sotto, ma lui sapeva che Lucy era ancora lì, vibrante, desiderosa di riprendere quel gioco proibito.
Prese un ultimo respiro profondo e si preparò ad affrontare Bellatrix con la glaciale compostezza che lo caratterizzava. Qualunque fosse il motivo della visita, l’avrebbe congedata in fretta. La sua mente era già proiettata al momento in cui, chiusa la porta dietro di lei, avrebbe potuto tornare a immergersi nel piacere che aveva appena iniziato a scoprire.
Il campanello risuonò ancora, strappando a Lucius un moto d’irritazione crescente mentre attraversava il corridoio segreto. L’insistenza lo infastidiva a tal punto che, in preda alla fretta, dimenticò persino di tirare il libro per chiudere la porta nascosta. Ogni suono del campanello sembrava martellargli i nervi, e scese le scale in fretta, la vestaglia che fluttuava dietro di lui. Aprì la porta con un gesto deciso, trovandosi davanti Bellatrix.
Lei era lì, avvolta in un abito nero che sembrava più una provocazione che un capo d’abbigliamento: scollato, corto, svolazzante, e intriso di volgarità studiata. Il tessuto aderiva ai suoi fianchi con una leggerezza sfacciata, rivelando ogni movimento. La sua espressione non era da meno: il solito ghigno perverso le deformava le labbra, un misto di malizia e sfida che Lucius trovava tanto irritante quanto prevedibile.
“Lucius, sempre così affascinante,” esordì con tono sornione, ignorando il suo malumore. Senza attendere inviti, Bellatrix entrò nella casa con un’andatura che oscillava tra l’arroganza e l’eccesso, i tacchi che ticchettavano sul pavimento con una cadenza quasi fastidiosa.
“Dov’è Narcissa?” chiese, il tono provocatorio e strafottente che era la sua firma. Il suo sguardo vagò per la sala come se cercasse qualcosa di più interessante della sorella. Lucius chiuse la porta con un gesto controllato, reprimendo un respiro irritato. “Non è in casa,” rispose freddamente, il suo tono glaciale come il suo sguardo, un chiaro avvertimento a non andare oltre. Ma Bellatrix, come sempre, ignorò l’avvertimento, affondando senza vergogna nel suo mondo fatto di provocazioni.
Bellatrix si gettò su una delle poltrone del salotto con la disinvoltura di una bambina maleducata, mezza sdraiata, le gambe leggermente divaricate. Non fece il minimo sforzo per nascondere le mutandine nere che si intravedevano sotto il suo abito svolazzante, un gesto tanto sfrontato quanto volgare. Lucius, che l’aveva seguita nel salotto, la scrutò con un misto di disprezzo e fastidio, cercando un modo per liberarsi della sua invadente cognata.
Con tono lamentoso, velato da una finta cortesia, Bellatrix chiese dell’idromele, alzando appena lo sguardo verso di lui. Lucius, ormai abituato alle sue maniere teatrali e irritanti, trattenne un sospiro e si diresse alla vetrinetta. Mentre prendeva una bottiglia di liquore e un calice, la voce di Bellatrix lo inseguiva, carica di lamentele.
“Quegli idioti dei miei sottoposti non riescono nemmeno a portare a termine un compito semplice,” sbottò, il tono intriso di disprezzo. “Rapire quella Granger non dovrebbe essere così complicato, eppure si dimostrano inutili, incapaci. Non puoi immaginare, Lucius, quanto sia frustrante doverli gestire.”
Il padrone di casa si girò lentamente, con l’espressione controllata che nascondeva a malapena la sua crescente irritazione. Riempì il calice e lo posò sul tavolino accanto alla donna, che continuava a lamentarsi senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Lucius si prese un momento per osservarla, il disgusto nascosto dietro il suo volto impassibile, cercando di calcolare il modo più rapido per congedarla senza creare un altro dramma.
Bellatrix guardò il calice con aria sprezzante e, senza esitare, iniziò a lamentarsi del fatto che fosse solo uno. Lucius, già provato dalla sua presenza, cercò di ribattere con calma, ma lei lo interruppe con una risata stridula, quasi teatrale.
“Non si può bere da soli, Lucius! Sei il padrone di casa, dovresti sapere che si beve in compagnia,” disse con tono accusatorio, concludendo con uno sguardo esageratamente severo che non lasciava spazio a obiezioni.
Stremato, Lucius cedette. Tornò alla vetrinetta, prese un secondo calice e lo riempì d’idromele. Bellatrix, visibilmente compiaciuta, batté le mani come una bambina eccitata, poi, con il suo solito entusiasmo esagitato, lo invitò a sedersi.
“Su, accomodati! Raccontami come va,” disse, spostando la posizione scomposta sulla poltrona ma continuando a occupare lo spazio con un’aria volutamente invadente.
Lucius si sedette, cercando di mettere fine alla conversazione ancor prima che iniziasse. “Tutto bene, grazie,” iniziò con un tono freddo, ma non riuscì nemmeno a finire la frase prima che lei lo interrompesse, trascinandolo nel suo consueto vortice di lamentele.
“Mi annoio da morire! Non c’è nulla di eccitante da fare, e ho bisogno di sfogare i miei istinti… malvagi,” disse enfatizzando l’ultima parola con un sorrisetto perverso.
Lucius, ormai allo stremo, prese il suo calice e bevve l’idromele tutto d’un sorso, come se quel gesto potesse renderlo sordo alla voce stridula e incessante della donna. Posò il bicchiere con un gesto deciso, cercando di nascondere l’irritazione che iniziava a farsi strada persino nella sua maschera glaciale.
Bellatrix afferrò il calice e lo vuotò in un unico sorso, con la stessa energia sfrontata che permeava ogni suo gesto. Poi, senza chiedere, riempì di nuovo sia il proprio bicchiere che quello di Lucius.
Poi si alzò dalla poltrona con un’energia esagitata, il pizzo dell’abito che si muoveva provocatoriamente ad ogni passo. Con il calice in mano, iniziò a girare per la sala, facendo cadere gocce di idromele sul tappeto senza curarsene, mentre tornava ossessivamente sul discorso della Granger.
“Immagina, Lucius,” sibilò con un sorriso perverso, “averla qui, sotto il nostro controllo. La sua paura, il suo dolore, sarebbero un piacere ineguagliabile.” La sua voce, un misto di veleno e malizia, risuonava nella stanza mentre il padrone di casa sorseggiava il proprio idromele, visibilmente irritato. Cercava un modo di gestire quella presenza ingombrante e volgare, ma si rese conto che assecondarla sarebbe stata la via più rapida per liberarsene.
“Interessante,” disse con un tono glaciale, il suo sguardo che seguiva i movimenti sgraziati ma intenzionalmente provocatori di Bellatrix. “E come pensi di farlo, cara cognata? Come la tormenteresti?”
Bellatrix si fermò, girandosi verso di lui con uno scintillio malizioso negli occhi. “Oh, Lucius, dove cominciare?” rispose, la voce che si abbassava in un sussurro carico di perversione. “Prima la spoglierei davanti a tutti i Mangiamorte. Le toglierei ogni difesa, ogni pezzo che le copre quella pelle giovane e perfetta… così da far venire l’acquolina ai miei uomini… lasciandola esposta, umiliata, mentre ognuno di loro la guarda eccitato”. Fece una pausa, bevve un sorso, poi proseguì. “Poi, una frusta. Oh, ma non una qualsiasi, una in cuoio sottile, per lasciare segni rossi lungo quella pelle immacolata. Sai, quelle strisciate brucianti che si trasformano in lividi… così poetico.” La sua voce si abbassò, diventando un sussurro morboso. “E dopo, pinze metalliche. Una su ogni capezzolo, strette abbastanza da farla piangere e gridare…” Fece una pausa teatrale, guardando l’uomo con occhi brillanti.
Lucius alzò un sopracciglio, fingendo un interesse distaccato. Bellatrix si avvicinò, un sorriso perverso che si allargava. “Ed infine… divaricatori spinati. Per la sua fica, certo. Ma anche per quel piccolo culetto vergine. Oh, sì… vorrei vederla aperta e sanguinante, spezzarsi, pezzo dopo pezzo, fino a che non implorerà che qualcuno la finisca. Ma no… non così in fretta. Il divertimento è tutto nella resistenza, Lucius, nel vedere come si spezza. Non trovi?”
Lucius sorseggiò un altro po’ di idromele, nascondendo dietro un’espressione impassibile il disgusto misto a fascinazione per quella mente così contorta. Senza pensarci inizio a muovere la scarpa da casa per il nervosismo facendola ballare lentamente. “Affascinante,” rispose piano, con il tono che sfiorava il sarcastico ma senza rivelare troppo.
Bellatrix, con il calice quasi vuoto in mano, tornò verso Lucius, riprendendo il suo monologo con un’energia quasi febbrile. “E poi,” disse, con un sorriso che si allargava perverso, “quando penserà che sia tutto finito, la prenderò e la getterò nuda in una stanza piena di Mangiamorte eccitati. Oh, Lucius, immagina le sue urla, la sua vergogna… dopo, la piccola e perfetta Miss Granger non sarà più così impeccabile.”
La sua risata esplose, rauca e disturbante, riempiendo la stanza come un suono fuori posto. Bellatrix sembrava quasi compiacersi del suo stesso sadismo, alzando il calice bevve l’ultimo sorso d’idromele. Poi, con un cambio improvviso di tono, divenne seria, lo sguardo intenso e tagliente. “E infine,” aggiunse con una calma inquietante, “le taglierò la lingua. Così nessun altro incantesimo per lei. Solo silenzio.”
Bellatrix fissò Lucius, aspettandosi forse un cenno di approvazione o di partecipazione al suo gioco perverso. Lui la guardò impassibile, il viso scolpito nella sua solita maschera glaciale, mentre dentro di sé sperava che quello fosse finalmente il gran finale del discorso. Sorseggiò l’idromele lentamente, come a prendere tempo, e si preparò mentalmente a concludere quella conversazione il più rapidamente possibile.
Lucius, notando che Bellatrix aveva svuotato il calice, decise di cogliere al volo l’occasione. Finì il residuo del proprio idromele, pronto a congedarla con la solita freddezza glaciale. Ma quando alzò lo sguardo, il piano gli sfuggì di mano. Gli occhi di Bellatrix erano fissi su di lui, ma non sul viso: erano rivolti verso il basso, con un’espressione che oscillava tra il divertito e l’inquietante.
Un silenzio surreale calò nella stanza, così improvviso e denso da soffocare l’eco del suo solito vociare caotico. Bellatrix non mosse un muscolo per qualche istante, lasciando che il silenzio si dilatasse come una corda pronta a spezzarsi. Poi alzò lentamente lo sguardo, i suoi occhi scintillanti di malizia e di una crudeltà lasciva che sembrava incisa nel suo essere. Le sue labbra si curvarono in un sorriso lento e pericoloso mentre posava il calice sul tavolino con un gesto studiato, le dita che indugiavano sul vetro in un modo deliberatamente sensuale.
Quando parlò, la sua voce era bassa e vellutata, il tono di una gatta che gioca con il suo topolino prima di sferrare il colpo. “Allora, caro cognato,” iniziò, il suo sguardo che si allungava su di lui come una carezza invasiva, “cosa stavi facendo di così… intrigante, prima che io arrivassi?”
Lucius sgranò gli occhi, il suo consueto autocontrollo infranto per un istante da quella domanda insinuante. Bellatrix lo scrutava con un divertimento perverso, come se avesse già intuito la risposta e volesse solo assaporare il suo imbarazzo. Il suo corpo, appoggiato con un’indolenza calcolata al bordo del tavolino, sembrava un’arma di seduzione e provocazione. Era evidente che non cercava una risposta innocente: il tono, il modo, tutto in lei gridava sfida, come se avesse percepito il profumo del suo segreto e stesse già assaporando il piacere di smascherarlo.
Lucius cercò di ricomporsi, ma il semplice trovarsi sotto lo sguardo tagliente di Bellatrix lo metteva a disagio. Non era solo la sua presenza invadente: quella donna aveva un sesto senso inquietante, quasi telepatico, forse alimentato dalla sua vicinanza con il Signore Oscuro. Era un’abilità che la rendeva pericolosa, capace di fiutare segreti come un predatore. Cercò disperatamente di non pensare alla preparazione meticolosa che aveva lasciato nella sua camera segreta, ma più tentava, più quel pensiero gli martellava nella mente.
Con un filo di voce, appena controllata, rispose: “Stavo… ehm… studiando.” Le parole uscirono esitanti, una debolezza che non poteva permettersi davanti a Bellatrix. Lei, con il suo ghigno storto e perverso, inclinò la testa come se stesse osservando una preda ferita.
“Va bene,” rispose con tono dolce e velenoso, prima di voltarsi e avviarsi verso la porta di casa. Lucius la seguì, il cuore che gli martellava nel petto. Stava per tirare un sospiro di sollievo, convinto che la sua visita fosse finalmente terminata. Ma proprio quando il sollievo cominciava a sciogliersi in lui, Bellatrix si fermò bruscamente.
Con un movimento rapido e fluido, come quello di un serpente, estrasse la bacchetta. Prima che Lucius potesse reagire, pronunciò uno Stupeficium mirato, non a lui, ma alla vestaglia nera che indossava. Il tessuto si aprì come per magia, scivolando ai suoi piedi in un istante, rivelando ciò che avrebbe dovuto rimanere nascosto.
Lucius rimase immobile, il sangue che si gelava e bruciava al tempo stesso, mentre il completo intimo in pizzo nero, le calze autoreggenti e i tacchi vertiginosi che aveva lasciato ai piedi venivano messi a nudo sotto gli occhi di Bellatrix. Lei si girò lentamente, il suo sguardo malizioso che lo percorreva come una carezza oscena, mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso che prometteva solo caos.
“Interessante scelta di… studio, caro cognato. E avrei anche potuto crederci… peccato ti abbia tradito la calza a rete che spuntava dalla veste. Si li, quando hai mosso la tua scarpetta da casa…,” sibilò, la voce carica di una lasciva crudeltà, mentre lo fissava come una gatta soddisfatta che aveva appena intrappolato il topolino nel suo gioco. Lucius, vulnerabile e nudo sotto il peso del suo sguardo, si sentì disarmato, la tensione nella stanza ora densa come il desiderio perverso che Bellatrix sembrava emanare con ogni gesto.
Bellatrix lo fissava con quel sorriso storto e perverso che sembrava scivolare direttamente sotto la pelle di Lucius. “Stavi forse studiando come diventare una troia?” chiese con un tono che mescolava malizia e crudeltà, la punta della sua bacchetta che danzava tra le dita come un’arma giocattolo. “O forse lo hai già studiato e ora ti serve solo un po’ di pratica,” aggiunse, avvicinandosi lentamente.
La punta della bacchetta sfiorò il suo petto, tracciando una linea lungo il pizzo del reggiseno, scendendo fino al bordo del perizoma che fasciava la sua pelle. Lucius rabbrividì, il corpo attraversato da un’ondata di imbarazzo che si mescolava con una strana eccitazione. Le parole di Bellatrix lo destabilizzavano, ma la promessa implicita nel suo tono e nei suoi movimenti lo inchiodava al momento. Lei non sembrava più una minaccia, ma una complice di un gioco perverso a cui non sapeva se resistere o cedere.
“Io… io…” balbettò Lucius, incapace di articolare una frase coerente.
“Andiamo,” lo incalzò Bellatrix, un lampo di impazienza nei suoi occhi. “Mostrami i tuoi strumenti per l’esercitazione pratica.” La sua voce era un comando, e prima che lui potesse reagire, sentì il colpo della bacchetta contro la coscia nuda, un gesto brusco che fece accendersi un brivido lungo il suo corpo.
“Avanti, troietta, non ho tutto il giorno,” aggiunse con un tono tagliente, gli occhi che lo perforavano. Ma subito dopo, la sua voce si addolcì, e il cambiamento repentino lo spiazzò ancora di più. Si avvicinò, così vicina che il suo respiro caldo gli sfiorò l’orecchio, e gli sussurrò: “Tranquillo, Lucius… sarà tutto perfetto. Avrai esattamente ciò che desideri.”
La promessa nella sua voce era un misto di veleno e miele, una carezza che gli insinuava un piacere perverso, irresistibile, mentre il suo corpo, tradendolo, reagiva a quella dinamica che lo attirava e lo terrorizzava al tempo stesso.
Lucius, senza dire una parola, si incamminò su per le scale, Bellatrix lo seguiva in silenzio, i suoi occhi che lo scrutavano con attenzione maliziosa. Guardandolo da dietro, con quel completino intimo nero, le calze autoreggenti e i movimenti quasi inconsciamente femminili, pensò che, a tutti gli effetti, sembrava una donna. Un pensiero che la fece sorridere tra sé e sé, divertita da quella scoperta.
Arrivati allo studio, Lucius si bloccò. Il cuore gli saltò un battito quando si accorse che aveva lasciato la porta della stanza segreta aperta. Bellatrix la notò immediatamente e, con la gioia maliziosa di una ragazzina che scopriva un segreto proibito, esclamò: “Oh, che bello… hai anche un passaggio segreto.” Poi scoppiò in una risata rauca che rimbombò nel corridoio.
Lucius entrò nella stanza, seguito da lei. Una volta dentro, si girò a guardarla, cercando di capire le sue intenzioni. Bellatrix, con il suo solito sorriso storto e pericoloso, osservò la stanza con occhi avidi, camminando lentamente. “Complimenti, cognato,” disse con un tono che oscillava tra il sincero e il sarcastico. “Un posto davvero… interessante.”
Si fermò vicino alle catene e alle manette che pendevano dal soffitto, sfiorandole con le dita come se valutasse la loro funzionalità. Il sorriso che le incurvava le labbra era un misto di malizia e approvazione, ma non disse nulla, lasciando che il silenzio amplificasse la tensione. Poi, i suoi occhi caddero sulle scarpe con i tacchi vertiginosi, abbandonate vicino alla chaise longue.
“Ecco,” disse con entusiasmo teatrale, chinandosi a raccoglierle, “queste sono le scarpe giuste per te. Oh, sono persino più belle delle mie.” Si girò verso Lucius, tenendo le scarpe come un trofeo. “Brava, hai buon gusto, troietta.” La sua voce era tagliente, un misto di scherno e seduzione.
Con un gesto deliberato, lasciò cadere le scarpe ai piedi di Lucius. I suoi occhi si posarono su di lui, fissi e implacabili. “Mettile,” ordinò, il tono che non ammetteva repliche. La stanza sembrava trattenere il respiro, carica di una tensione perversa che sembrava voler esplodere a ogni secondo.
Mentre Lucius si piegava per infilare le scarpe con i tacchi, Bellatrix continuava a girare per la stanza, il suo sguardo che scivolava su ogni dettaglio con curiosità maliziosa. I suoi occhi si illuminarono quando notò, sul tavolo, un collare di pelle lavorato con cura, il nome Lucy inciso sopra in lettere eleganti. Lo prese tra le dita, accarezzandolo come fosse un gioiello prezioso, un sorriso perverso che si allargava sulle sue labbra.
Lucius si alzò, le scarpe perfettamente infilate, i tacchi che slanciavano le sue gambe fasciate nelle calze. Bellatrix lo raggiunse senza dire una parola, il collare ancora tra le mani, e con un gesto deciso glielo chiuse intorno al collo. La pelle morbida e aderente sembrava quasi fondersi con lui, una morsa che non dava scampo. Lucius sentì il cuore accelerare, il respiro farsi più corto, mentre Bellatrix si allontanava per sedersi sulla chaise longue, languida come una regina che attende il suo tributo.
“Lucy,” disse con un tono lascivo e tagliente, giocando con il nome come fosse un’arma. “Un nome un po’ banale per te… Ma mi piace, perfetto per una troia.” Il suo sorriso era una lama, i suoi occhi che brillavano di eccitazione crudele. Poi, con un gesto imperioso, indicò il pavimento davanti a lei. “Ora vieni qui e mettiti in ginocchio.”
Lucius esitò per un istante, il conflitto evidente nei suoi occhi, ma Bellatrix lo fissò con uno sguardo infuocato, un comando silenzioso che sembrava penetrarlo. Lentamente, obbedì. Si avvicinò e si abbassò sulle ginocchia davanti a lei, le mani tremanti e il viso che arrossiva per la vergogna e l’eccitazione.
“Brava troietta,” mormorò Bellatrix, il tono intriso di scherno e piacere perverso. “Grazie,” balbettò Lucius, cercando di mantenere un minimo di compostezza.
Lei inclinò la testa, il sorriso che si spegneva per lasciare spazio a un’espressione di fredda irritazione. “Grazie padrona, volevi dire, giusto Lucy?” chiese con una calma che era più minacciosa di qualsiasi urlo.
Qualcosa scattò dentro di lui, una resa completa e inevitabile. Quel nome, quel ruolo, quel collare che ora stringeva il suo collo… non era più Lucius. Era Lucy, la troietta insaziabile, desiderosa di compiacere, di soffrire e di godere per la sua padrona. Abbassando lo sguardo, con una voce morbida e sottomessa, rispose: “Sì, padrona.”
Bellatrix sorrise con malizia, i suoi occhi che brillavano di una crudele soddisfazione. “Lucy,” disse con tono dolce, ma intriso di un’autorità indiscutibile, “sfilami le scarpe e le calze…”
Lucy, con mani tremanti di adorazione, obbedì. Le dita scivolarono lungo le caviglie di Bellatrix, tirando via le scarpe con delicatezza e poi srotolando le calze in un gesto lento e reverenziale. Quando finì, si trovò davanti i piedi piccoli e pallidi della sua padrona, perfetti eppure carichi di un’aura di potere che la faceva sentire minuscola.
“Adesso,” continuò Bellatrix, muovendo le dita dei piedi come se volesse sgranchirle, “inizieremo con qualcosa di semplice. Un compito che persino una stupida troietta come te può svolgere.” La sua voce, morbida e velenosa, si trasformò in un sussurro tagliente. “Bacia il mio piede, Lucy. È il simbolo della tua sottomissione alla tua unica regina e padrona.”
Lucy si abbassò lentamente, il cuore che le martellava nel petto. Con le labbra socchiuse, si avvicinò al dorso del piede di Bellatrix, stringendolo con le mani per sostenersi mentre le labbra sfioravano la pelle fredda e perfetta.
All’improvviso Bellatrix ritirò il piede con un movimento secco, poi lo usò per colpirla alla guancia con forza, lasciando una scia di umiliazione e desiderio. “Stupida troia!” urlò, la sua voce come una frusta. “Chi ti ha detto di toccarlo? Ti ho ordinato di baciarlo, non di metterci le mani sporche da troia, sopra!”
Il volto di Lucy si scaldò per la vergogna, ma anche per una strana eccitazione che cresceva con ogni insulto. Bellatrix, tornando a un tono dolce e velenoso, si chinò leggermente, il suo sorriso carico di falsa compassione. “Vieni qui… rifallo. Ma stavolta fallo bene. Tieni le braccia dietro la schiena. Mostrami che sei davvero degna di essere la mia troietta.”
“Sí, padrona,” sussurrò Lucy, la voce tremante e piena di desiderio. Portò lentamente le braccia dietro la schiena, inchinandosi ancora una volta davanti al piede di Bellatrix. Stavolta, le sue labbra sfiorarono il dorso senza mai osare toccarlo con le mani. Un brivido di piacere perverso attraversò Lucy mentre eseguiva l’ordine, la sua sottomissione completa ora sigillata da quel gesto umiliante e perverso.
“Brava troietta,” sussurrò Bellatrix con un sorriso crudele, il tono che trasudava compiacimento. “Vedi? Se ti impegni, anche una stupida troia come te può fare le cose per bene.” Poi inclinò la testa, i suoi occhi scintillanti di malvagità. “Ora, leccalo. Tira fuori quella lingua e puliscilo. Voglio vederlo lucido.”
Lucy sentì un’ondata improvvisa di eccitazione travolgerla, un calore bruciante che sembrava nascere dal centro del suo essere. Obbedì, inchinandosi ancora più in basso. La lingua uscì dalle sue labbra, protesa in avanti, e cominciò a passare lentamente sulle dita del piede della sua padrona. Ogni leccata era misurata, il sapore lievemente salato della pelle mescolato all’odore del cuoio degli stivali. La sua eccitazione crebbe con ogni movimento, il corpo che tremava leggermente per il piacere perverso che quel gesto umiliante gli regalava.
Bellatrix muoveva il piede con eleganza e precisione, come a indicarle il percorso da seguire. Lucy leccava con dedizione, passando dalla punta delle dita al dorso e poi spostandosi verso la pianta. Quando arrivò lì, Bellatrix la fece soffermare, i suoi occhi pieni di un’avidità lasciva mentre osservava la sua troia personale rendere la pianta lucida sotto ogni leccata lenta e meticolosa.
“Apri la bocca,” ordinò Bellatrix con tono basso ma imperioso. Lucy obbedì immediatamente, le labbra che si spalancarono senza esitazione. Bellatrix infilò il piede dentro, graffiando leggermente l’interno della bocca con le sue unghie affilate. “Succhialo,” sibilò, il suo sorriso storto che si allargava mentre guardava la lingua di Lucy avvolgersi attorno alle dita.
Lucy cominciò a succhiare, il suono umido e ossequioso che riempiva la stanza. Bellatrix gemette piano, un suono basso e sensuale che sembrava vibrarle nella gola. Lentamente, con una teatralità quasi sadica, iniziò a slacciare la parte superiore del suo abito, lasciando intravedere la pelle chiara e il pizzo nero del reggiseno.
“Sì, brava Lucy,” mormorò con voce morbida e velenosa, il suo sguardo fisso su di lei. “Continua… fammi vedere quanto sei brava a soddisfare la tua padrona.”
Lucy succhiava con dedizione, le labbra avvolte attorno alle dita del piede di Bellatrix, mentre la sua lingua si muoveva in un ritmo lento e sensuale. Con la coda dell’occhio cercava lo sguardo della padrona, desiderosa di una conferma, di un segnale che stesse soddisfacendo le sue aspettative. Bellatrix la guardava dall’alto con un sorriso lascivo, la testa leggermente inclinata, gli occhi brillanti di piacere perverso.
Con calma, Bellatrix finì di slacciare la sua giacchetta, lasciandola scivolare a terra in un ammasso di stoffa. Il reggiseno fu il passo successivo, le sue mani che si muovevano con una teatralità carica di erotismo mentre lo sganciava, liberando i seni sodi. I capezzoli, adornati da piercing scintillanti, si rivelarono alla luce tremolante della stanza. Con un gemito basso e voluttuoso, Bellatrix chiuse gli occhi, portando le mani al petto. Cominciò a stringerli e stuzzicarli con le dita, tirando leggermente i piercing, aumentando il proprio piacere.
“Continua, Lucy,” mormorò con voce roca, lasciandosi sfuggire un mezzo gemito di approvazione. “Devo dire… sei sorprendentemente brava… per una troia alle prime armi.” Il complimento, intriso di veleno e malizia, colpì Lucy come una frusta dolce, facendola tremare di eccitazione.
Con un movimento morbido, sfilò il piede dalla bocca della troia, lasciando un filo di saliva che luccicava nella penombra, e sollevò l’altro. “Ora, occupati di questo,” comandò, spingendo il piede verso le sue labbra.
Lucy, senza perdere un attimo, si abbassò sul nuovo piede, la lingua già pronta ad accarezzarlo. Ogni leccata era carica di una devozione sottomessa, le labbra che si aprivano per avvolgerlo e succhiarlo come un atto di pura adorazione. Bellatrix gemeva piano, le sue mani che non smettevano di giocare con i seni mentre guardava Lucy al lavoro, il suo ghigno malvagio che si allargava sempre di più, soddisfatta di avere la sua troietta esattamente dove voleva.
Bellatrix gemeva piano, il suo corpo che ondeggiava appena mentre le sue mani continuavano a tormentare i capezzoli. Ogni carezza, ogni piccolo strattone, le strappava un gemito basso, quasi gutturale, che si mescolava al suono umido della lingua di Lucy che lavorava sul suo piede. Il contrasto tra la sua crudeltà naturale e il piacere che emanava era ipnotico.
Il suo sorriso si allargò, perverso e trionfante, mentre premeva leggermente le dita del piede contro la lingua di Lucy. “Una piccola troia inginocchiata ai miei piedi, con la lingua fuori come una cagna in calore. Ti piace, vero? Lo so che ti piace.” Il suo tono era intriso di un’intimità crudele, le parole che si insinuavano nella mente di Lucy, scatenando un brivido lungo la sua schiena.
Bellatrix lasciò andare un gemito più forte, tirando con forza i piercing ai capezzoli, mentre il suo piede premeva contro la bocca aperta di Lucy. “Dimmi, Lucy,” continuò con un tono dolce e velenoso, “quanto ti piace servire la tua padrona? Quanto ti piace essere la mia troietta personale? Dillo, voglio sentirlo dalle tue labbra, sporche e inutili come il resto di te.”
Lucy, in preda a un’eccitazione incontrollabile, sentiva ogni parola come una frusta che accendeva un desiderio sempre più bruciante. Il suo corpo tremava, le labbra che continuavano a muoversi lungo il piede della padrona, mentre trovava la forza di rispondere, con voce bassa e sottomessa: “Mi piace, padrona… lo adoro. Non ho gioia più grande che essere la vostra troietta.”
Bellatrix gemette di nuovo, stavolta più forte, piegandosi leggermente in avanti mentre rideva piano. “Brava,” mormorò, il tono intriso di soddisfazione. “Sapevo che avresti imparato… le brave troiette imparano sempre.”
La donna cambiò improvvisamente atteggiamento. Il sorriso malvagio si spense, sostituito da un’espressione seria e autoritaria che gelò l’aria nella stanza. “Ora basta,” ordinò con tono deciso, e Lucy smise immediatamente, rimanendo in ginocchio, immobile. Il suo respiro era corto, il cuore martellava nel petto, mentre attendeva il prossimo comando.
Bellatrix si alzò con movimenti lenti, quasi teatrali. Con assoluta calma, sfilò la gonna e le mutandine, lasciandole cadere a terra con noncuranza poi tornò a sedersi sulla chaise longue, languida e sensuale, le gambe aperte in una posa che era un invito e una sfida. Una gamba era piegata, il ginocchio sollevato, mentre l’altra era distesa, rilassata e provocatoria.
L’atmosfera nella stanza si trasformò in un vortice di tensione e desiderio perverso, un’energia densa che sembrava quasi pulsare nell’aria. Lucy, ancora inginocchiata ai piedi della padrona, tremava, i suoi occhi fissi su di lei.
Ammirava quel corpo con un’intensità che la consumava, non perché lo desiderasse, ma perché bramava di essere così, di avere ciò che Bellatrix possedeva senza sforzo: il potere, la femminilità, la supremazia.
Bellatrix inclinò il capo, il sorriso maligno che tornava a curvarle le labbra mentre osservava Lucy tremare. Si piegò in avanti, i seni liberi che quasi sfioravano il viso della sua schiava, un gesto deliberatamente intimo e opprimente. “Guardati,” sibilò con voce tagliente. “Sei patetica. Tremi come una cagna… eppure lo vuoi, vero? Vuoi che ti usi. Vuoi essere ridotta a niente, un’inutile troia ai miei piedi.”
Lucy alzò lo sguardo, gli occhi lucidi di lacrime trattenute, il viso che arrossiva di umiliazione e desiderio. Le sue labbra tremavano mentre cercava le parole, e quando finalmente le trovò, la sua voce era un sussurro spezzato, intriso di resa. “Sì… padrona. Voglio che mi usi. Voglio che mi annulli completamente.”
Bellatrix fissava Lucy con occhi penetranti e altezzosi, il suo sguardo che sembrava scavare dentro di lei, facendola tremare di desiderio e timore. Poi, il sorriso tornò sulle sue labbra, ma era diverso: più oscuro, più perverso, un ghigno che prometteva qualcosa di inconfessabile.
“Voglio vedere,” iniziò con voce lenta e carica di sensualità, “se quella lingua da troia serve a qualcosa di più che leccare piedi.” Mentre parlava, le sue dita iniziarono a scendere lentamente lungo la sua fessura bagnata. Si fermò sul piercing che adornava il monte di Venere, che scintillava sotto la luce tremolante. Bellatrix lo sfiorò con un gesto provocante, lasciando che il metallo rispondesse al tocco delle sue dita.
Mentre Lucy si avvicinava, Bellatrix rise piano, un suono tagliente e divertito. ” Ma guarda quanto sono bagnata,” disse con un tono quasi stupito, il sarcasmo che traspariva in ogni parola. Con due dita, Bellatrix si divaricò leggermente, il suo corpo che si inclinava avanti in un gesto che era insieme autoritario e invitante. “Ora, inutile puttana,” sibilò, la sua voce un veleno dolce che si insinuava nelle orecchie della schiava, “Voglio sentire quella lingua dentro di me”.
Lucy, tremando visibilmente, si chinò ulteriormente, la lingua che si protendeva lentamente verso la padrona, mentre il suo respiro si faceva affannoso e irregolare. L’eccitazione e il timore si intrecciavano in un vortice che sembrava consumarla dall’interno. Quando la sua lingua sfiorò la pelle umida di Bellatrix, un brivido attraversò il suo corpo, e senza più esitazioni, iniziò a leccare con movimenti lenti e profondi.
Ogni passaggio della sua lingua copriva tutta la fessura di Bellatrix, raccogliendo i suoi umori caldi e intensi. Il sapore era un mix travolgente: un’acidità pungente con una punta di dolcezza che le faceva fremere ogni nervo. Lucy leccava con devozione, i suoi movimenti che si facevano sempre più fluidi e ossequiosi, mentre si lasciava guidare dai gemiti crescenti della sua padrona.
Bellatrix, con un sorriso perverso sulle labbra, abbassò una mano sulla testa bionda della sua schiava, afferrandola con forza. La pressione delle sue dita si fece più insistente, spingendola contro di sé, come a volerla inglobare completamente. “Più a fondo, troietta,” sibilò, il tono tagliente e intriso di lussuria.
Lucy, incitata da quella pressione, intensificò i suoi movimenti, la lingua che ora esplorava con più passione. Quando raggiunse il clitoride, lo lambì con delicatezza all’inizio, poi con più fervore, cercando di decifrare i ritmi che avrebbero fatto gemere di più la padrona. Bellatrix reagì immediatamente, il corpo che si inarcava leggermente mentre un gemito gutturale le sfuggiva dalle labbra. “Non fermarti,” ringhiò, il tono carico di minaccia e piacere. “Se ti fermi, ti uccido con le mie mani.”
Le parole, crudeli e taglienti, spinsero Lucy ancora di più a compiacere. La sua lingua si muoveva con una precisione quasi disperata, accarezzando il clitoride e alternando colpi rapidi e lenti, mentre il suo volto era ormai completamente sommerso dagli umori della padrona.
Bellatrix iniziò ad ansimare sempre più forte, il suo respiro spezzato che riempiva la stanza come un’eco di piacere selvaggio. Le gambe, tese dalla tensione crescente, iniziarono ad avere piccoli scatti incontrollati, segnali inequivocabili del culmine imminente. Lucy, percependo ogni sfumatura del corpo della sua padrona, intensificò il ritmo, la lingua che si muoveva con più forza e precisione, affondando senza esitazione.
Con un profondo respiro, Bellatrix si inarcò, il corpo che si sollevò leggermente dalla chaise longue in un’esplosione di energia. Le sue cosce si chiusero con una forza quasi brutale intorno alla testa di Lucy, intrappolandola. L’orgasmo la attraversò come una scossa elettrica, facendole lasciare un urlo strozzato, carico di piacere e potere.
Lucy sentiva la pressione delle cosce contro il suo viso, ogni muscolo che tremava attorno a lei, mentre la bocca veniva inondata dagli umori caldi della sua padrona. Il sapore intenso e dominante la travolse, facendola gemere contro la pelle di Bellatrix. La mancanza d’aria aggiungeva un perverso livello di piacere, il suo corpo che vibrava sotto l’effetto della completa sottomissione.
Quando Bellatrix iniziò a rilassarsi, le gambe si allentarono, lasciando andare la testa di Lucy. La schiava tirò un respiro profondo, il petto che si sollevava mentre si rimetteva in ginocchio davanti alla sua padrona. Il volto era arrossato e sporco di umori, le labbra umide, e negli occhi brillava una luce di estasi e adorazione.
Nel piccolo perizoma che indossava, il pene iniziò a muoversi, risvegliandosi lentamente, il tessuto che si tendeva appena, tradendo il desiderio incontrollabile che cresceva in lei. Bellatrix, ancora ansimante, la fissò con un sorriso maligno e soddisfatto.
Bellatrix sospirò profondamente, il suo petto che si sollevava con teatralità mentre si stiracchiava languida, come una predatrice soddisfatta dopo un banchetto. Con movimenti affettati e un tono volutamente carico di malizia, mormorò: “Brava.” La sua voce era un sussurro morbido e crudele, come un coltello che accarezza la pelle. “Non sei così inutile dopotutto… e forse, dato che sei stata brava, potrei persino concederti un premio.”
Si fermò per un momento, il dito che le scivolò pensieroso sulle labbra mentre inclinava la testa con un’espressione finta e affettata di riflessione. “Mmm… ma quale premio merita una troietta vogliosa come te? Un premio adatto a una creatura così perversa, così insaziabile…” La sua voce si abbassò, divenne più vellutata, un sussurro che sembrava vibrare nella stanza.
Si alzò dalla chaise longue con lentezza, e si mosse per la stanza, il suo sguardo che scorreva deliberatamente sugli oggetti circostanti, le dita che sfioravano i mobili con una grazia sadica. Continuava a parlare, più a sé stessa che a Lucy, come se stesse considerando il destino della sua schiava. “Vediamo… sei una troietta. Una piccola, vogliosa troietta che ama essere umiliata, vero? Sicuramente, una troia come te vorrebbe farsi aprire per bene… Mmm… Quindi deve avere qualche strumento di piacere nascosto. Qualcosa che aspetta solo di essere usato… ma dove potrebbe essere?”
Il suo sguardo si fermò sul grande mobile nell’angolo, e un ghigno perverso le piegò le labbra. Si avvicinò lentamente, le dita che si muovevano come artigli mentre accarezzava la superficie del legno lucido. “Forse qui…” sussurrò con un tono carico di aspettativa, le sue unghie che tamburellavano sulla superficie prima di afferrare con decisione il manico dell’anta.
Bellatrix spalancò l’armadio con un gesto deciso, il legno che cigolava come un’apertura verso il mondo segreto e perverso di Lucy. Con un sorriso malvagio, cominciò a passare in rassegna i cassetti uno per uno, aprendo lentamente ogni scomparto.
Ogni gesto era studiato per amplificare la tensione, per mantenere Lucy sospesa in un limbo di attesa e vergogna. Bellatrix non commentava, ma il sorriso sempre più ampio sul suo viso parlava chiaramente: stava gustando ogni attimo di quel gioco crudele. Quando finalmente aprì l’ultimo cassetto, il suo viso si illuminò come quello di una bambina davanti a una scatola di dolci proibiti.
“Sei davvero una troia,” esclamò, la voce un misto di scherno e lussuria. “Una gran troia perversa… ma dimmi, Lucy, riesci davvero a infilarli tutti questi? O ti piace solo guardarli, mentre sogni di essere riempita fino a strillare come la troietta che sei?” Scoppiò in una risata sguaiata, il suono crudo e invadente che sembrava riempire ogni angolo della stanza.
Le sue dita si mossero tra gli oggetti contenuti, sollevando dildo, fruste e plug con un’espressione compiaciuta. Poi si fermò su un oggetto in particolare, un’imbracatura di cuoio con un fallo lungo e imponente. Con un ghigno perverso, lo prese tra le mani, accarezzandolo come un trofeo. “Oh, questo,” mormorò, il tono basso e carico di promesse oscene, “questo è perfetto per la mia piccola troia insaziabile… o quasi. Ci vuole giusto un piccola modifica.”
Bellatrix, con l’oggetto in mano, si fermò un attimo a osservare Lucy, il suo sorriso che si allargava in un ghigno crudele e perverso. Poi, senza distogliere lo sguardo, prese la bacchetta e la puntò sull’imbracatura. Mormorò alcune parole, il tono basso e intriso di potere oscuro. L’oggetto rispose immediatamente, trasformandosi sotto i suoi occhi. Dall’interno della mutandina di cuoio cominciò a prendere forma un’altra protuberanza fallica, leggermente più piccola ma altrettanto minacciosa.
Bellatrix rise piano, un suono carico di soddisfazione sadica. “Ora sì,” disse con un tono morbido ma intriso di malizia, “ora è perfetto. Non sarà solo una lezione per te, ma anche un piacere per me…”
Con movimenti lenti, iniziò a infilarsi l’imbracatura, alzando prima un piede e poi l’altro, tirandola su con precisione. Ogni gesto era accompagnato dal fruscio del cuoio e dal tintinnio delle fibbie, suoni che riempivano la stanza e rendevano ogni istante ancora più teso. Quando l’imbracatura fu al suo posto, prese la protuberanza interna con le dita, guidandola verso la propria fessura già umida. Con un movimento deciso, la spinse dentro di sé, il suo corpo che si tese mentre un gemito basso e gutturale le sfuggiva dalle labbra.
Bellatrix tirò le cinghie laterali con forza, fissando saldamente l’imbracatura contro di sé. La sensazione di pienezza la attraversò come un’ondata di piacere intenso, facendole chiudere gli occhi per un momento mentre un brivido le correva lungo la schiena.
Lucy, ancora inginocchiata, poteva solo ascoltare. I rumori di fibbie che si stringevano, il cuoio che si tendeva contro la pelle della sua padrona, ogni suono sembrava amplificarsi nella sua mente. Non osava voltarsi, sapeva che non le era concesso, ma ogni istante di attesa accresceva il tormento perverso che la consumava. Immaginava cosa Bellatrix avesse trovato, e il solo pensiero la faceva tremare, il suo corpo che bruciava di vergogna e desiderio.
Poi, la voce di Bellatrix arrivò come una frusta, bassa e velenosa: “Spero tu sia pronta, Lucy. Questo non sarà solo un premio… sarà una lezione. La tua prima vera lezione per diventare una troia perfetta.” I suoi passi lenti e deliberati si avvicinarono, il suono del cuoio che si muoveva contro di lei come un preludio di ciò che stava per accadere.
Quando Bellatrix si mise di fronte a lei, Lucy alzò lo sguardo, e il suo respiro si bloccò. Era come se tutti i suoi sogni più perversi avessero preso vita in quel momento. Bellatrix era lì, una visione oscena e imponente. Quella donna era un sadica completamente pazza. E adesso con un cazzo enorme pronto a sfondarle il culo. Era perfetta. I suoi occhi, gelidi e crudeli, incontrarono quelli di Lucy, mentre l’imponente fallo magico si ergeva davanti al suo viso, teso e minaccioso.
Lucy sentì una fitta al cuore e un’ondata di eccitazione che la travolse. Il cazzo che Bellatrix indossava sembrava enorme, grottescamente perfetto, e la consapevolezza di cosa sarebbe accaduto la fece tremare. La saliva le riempì la bocca, e il buchino del suo culo si contrasse involontariamente, già desideroso, già pronto ad accogliere quello che la padrona le avrebbe inflitto. Voleva urlare, supplicare, dire a Bellatrix quanto la amasse, quanto bramasse essere presa in quel modo, ma le parole le morirono in gola, soffocate dall’intensità dell’eccitazione.
Bellatrix sorrise con un ghigno crudele, inclinando la testa mentre guardava Lucy con disprezzo compiaciuto. “Apri quella bocca, troietta,” ordinò, la sua voce come una lama affilata. “Voglio che le tue labbra e la tua lingua adorino ciò che hai nascosto qui per me… prima che ti mostri quanto può riempire la tua miserabile esistenza.”
Lucy si spostò senza esitare, mettendo le mani dietro la schiena in un gesto di sottomissione assoluta. La sua lingua uscì lentamente, tremante ma devota, mentre si avvicinava all’asta imponente. Con il primo tocco, sentì la superficie calda e dura contro la lingua, e un brivido le percorse la spina dorsale. Iniziò a leccare con lentezza, con devozione assoluta, tracciando la lunghezza del fallo con movimenti ampi, come se stesse venerando un oggetto sacro.
Bellatrix lasciò sfuggire un gemito basso, profondo e carico di soddisfazione, un suono che sembrava invadere ogni angolo della stanza. “Brava,” mormorò con un sorriso storto e perverso, i suoi occhi fissi su Lucy. “Leccalo bene… Voglio che questo cazzo brilli della tua saliva prima di farlo sparire dentro di te. Mostrami quanto desideri essere riempita.”
Lucy obbedì senza esitazione, il suo corpo tremante per la miscela di umiliazione e desiderio che la consumava. La lingua si muoveva lungo l’asta con devozione crescente, leccandola da un’estremità all’altra, mentre le sue labbra si chiudevano attorno alla punta con una delicatezza quasi religiosa. Prese a succhiare, i movimenti lenti che si trasformavano in un ritmo più intenso, come se stesse assaporando ogni dettaglio.
Il fallo magico aveva una consistenza incredibilmente realistica, duro, caldo e pulsante, e la sensazione non faceva che accrescere il desiderio di Lucy.
Lucy continuava, la sua lingua che avvolgeva il cazzo con fervore, ma Bellatrix non era ancora contenta. Con un movimento deciso, iniziò a spingere avanti e indietro, affondandolo sempre più nella bocca della sua schiava. Le spinte diventavano sempre più profonde, il fallo che scivolava nella gola di Lucy con forza crescente. Ogni affondo le toglieva il respiro, la saliva che colava dagli angoli delle sue labbra mentre gli occhi si riempivano di lacrime.
“Così… brava troia,” incitò Bellatrix con tono osceno, la sua voce che trasudava crudeltà. “Devi guadagnartelo il piacere. Voglio che lo senti in fondo alla gola, voglio che piangi mentre lo prendi tutto.” La mano della padrona si abbassò sulla testa di Lucy, afferrandola con forza, e con un gesto brutale la spinse ancora più in basso.
Lucy sentì il cazzo raggiungere il fondo della sua gola, il dolore che si mischiava al desiderio in un tormento che la fece tremare. Per un momento si sentì soffocare, il respiro che le mancava, mentre le lacrime ora scendevano copiose. Bellatrix rise forte, il suono malvagio e crudele, mentre le parole la colpivano come frustate: “Guarda quanto sei patetica,” disse con tono tagliente. “Una puttanella che non riesce nemmeno a gestire un cazzo… ma non ti preoccupare, Lucy. Imparerai ad essere all’altezza.”
Con un gesto improvviso, Bellatrix ritirò il cazzo dalla bocca della sua schiava, lasciandolo lucido di saliva. Un filo di bava si allungò dalla punta fino alle labbra di Lucy, che tossì violentemente, cercando di riprendere aria. Bellatrix osservò la scena con puro compiacimento, il ghigno malvagio che si allargava ancora di più.
Bellatrix fece un passo indietro, i suoi occhi che brillavano di un’intensa malizia. Poi, con un gesto intriso di perversa dolcezza, porse la mano a Lucy. Tremante, la schiava la prese, il contatto che le fece fremere ogni fibra del corpo. Bellatrix la tirò su con calma, le dita che stringevano la sua mano come un marchio, e camminando lentamente la condusse verso il letto.
Fermandosi davanti, Bellatrix inclinò leggermente la testa, un sorriso che era un misto di compiacimento e sadismo. Con una dolcezza ingannevole, passò un dito sulla guancia di Lucy, raccogliendo una lacrima che scendeva ancora calda. Portò il dito alle labbra e la assaporò lentamente, chiudendo gli occhi per un istante. “Dolce,” mormorò con tono velenoso, “come una troietta spezzata.”
Poi, prese delicatamente Lucy per le spalle, facendola voltare. Le sue mani iniziarono a scorrere lungo il corpo della schiava, accarezzandole le spalle, i fianchi, e risalendo con una lentezza esasperante fino al reggiseno di pizzo. Con un gesto improvviso, le dita si insinuarono sotto il tessuto e afferrarono il capezzolo duro e sensibile, pizzicandolo con una forza tale che Lucy lasciò sfuggire un gemito strozzato. Il piacere misto al dolore la fece tremare ancora di più, mentre Bellatrix si avvicinava al suo orecchio, sussurrandole oscenità che erano un veleno dolce che si insinuava nella sua mente.
Con un movimento fluido, prese le braccia di Lucy e le sollevò sopra la testa, le sue mani che sembravano quasi danzare attorno al corpo della schiava. Mormorò delle parole oscure, un incantesimo che fece vibrare l’aria nella stanza. In un istante, dalle pareti discesero catene pesanti che si mossero come serpenti vivi.
Le manette di ferro scattarono attorno ai polsi di Lucy con un suono netto, bloccandola in una posizione di totale vulnerabilità. Bellatrix, con un sorriso sempre più sadico, mormorò un’altra parola, e un secondo set di catene si attaccò alle sue caviglie, tirandola leggermente verso il basso. Lucy spalancò gli occhi, il suo corpo che si tendeva sotto la presa delle catene, mentre sentiva i movimenti limitati e l’eccitazione crescere.
Bellatrix si abbassò lentamente, il sorriso crudele che non lasciava le sue labbra mentre le dita iniziavano a scorrere lungo la schiena di Lucy. Le unghie graffiavano la pelle con forza crescente, lasciando segni sottili e rossi che facevano fremere la schiava incatenata. Il respiro di Lucy si spezzava a ogni tocco, il suo corpo che si tendeva sotto quella mistura di dolore e piacere perverso.
“Guarda questo culetto,” sibilò Bellatrix, fermandosi sulle natiche e stringendole con entrambe le mani, le sue dita che affondavano nella carne morbida. “Un culetto da troia… perfetto per essere usato, stretto e voglioso.” Poi, con un gesto brutale, afferrò il perizoma di Lucy e lo strappò via con una risata sadica. Il tessuto lacerato cadde a terra, lasciandola completamente esposta.
Le mani di Bellatrix tornarono subito sulle natiche, le unghie che graffiavano la pelle sensibile, facendola arrossare mentre Lucy tremava sotto di lei. Con lentezza esasperante, Bellatrix separò le natiche, esponendo il buchino che si contraeva involontariamente. “Oh, e guarda questo spettacolo,” mormorò con voce velenosa, il suo sguardo fisso su quella visione. “Si muove… come se stesse implorando di essere sfondato.”
Bellatrix si chinò ancora di più, il viso che si avvicinava alle natiche di Lucy. Le sue labbra sfiorarono la pelle, lasciando baci umidi che scivolavano verso il centro. Poi la sua lingua uscì, lenta e provocante, iniziando a leccare lungo la curva delle natiche, salendo e scendendo con movimenti lenti. “Senti come tremi tutta, troietta,” sussurrò tra un gemito e l’altro. “Adori essere trattata così, vero?” Lucy non ebbe il tempo di rispondere.
Senza preavviso, affondò i denti in una natica, un morso che fece scappare un urlo strozzato alla schiava, un suono che si mescolava tra dolore e desiderio. “Adoro sentirti gridare,” ghignò Bellatrix, il suo respiro caldo che si infrangeva contro la pelle segnata. “Come una vera puttana che implora attenzioni.”
La lingua tornò a lavorare, questa volta scendendo verso il buchino stretto mentre le mani tenevano il culo aperto. Bellatrix iniziò a leccarlo con movimenti umidi e circolari, esplorandolo senza fretta penetrandolo leggermente. Lucy gemette forte, il suo corpo che tremava e il respiro che diventava sempre più spezzato. “Oh, guarda come reagisci,” sussurrò Bellatrix, la sua voce carica di veleno e lussuria. “Ti piace, non è vero? Piccola troia insaziabile.”
Bellatrix osservò il buchino di Lucy contrarsi spasmodicamente, il sorriso sul suo volto che si fece ancora più crudele. Senza dire nulla, portò un dito alle labbra, succhiandolo lentamente, e senza preavviso lo infilò con forza nel culo di Lucy.
Lucy si irrigidì, il corpo che si tese sotto il nuovo invasivo piacere misto a dolore. Bellatrix ridacchiò piano, la sua voce intrisa di scherno. “Rilassati, troietta… o questo sarà ancora più doloroso.” Con movimenti lenti, iniziò a spingere il dito avanti e indietro, tirandolo fuori di tanto in tanto. Quando lo faceva, lo portava alla bocca, leccandolo con gesti languidi, raccogliendo i sapori della sua schiava e rivestendolo di saliva prima di spingerlo di nuovo dentro.
Ogni volta che rientrava, il buchino di Lucy si faceva più morbido, più elastico. Bellatrix lo sentiva cedere sotto la pressione, mentre i gemiti della schiava diventavano sempre più intensi. “Guarda come il tuo culetto si apre,” mormorò con un ghigno perverso. “sembra fatto apposta per questo, Lucy… per essere usato e scopato.”
Quando il dito si mosse senza più resistenza, Bellatrix aggiunse un secondo, spingendolo dentro con decisione. Lucy ansimò forte, il suo corpo che tremava mentre il piacere e il dolore si mescolavano in un’unica sensazione travolgente. Involontariamente, spinse indietro il sedere, cercando di prendere le dita ancora più a fondo, il respiro spezzato che riempiva la stanza.
Bellatrix rise, una risata gutturale e crudele, mentre muoveva le dita con più forza. Affondava e tirava, preparando il culetto di Lucy con movimenti decisi, allargando il buchino ad ogni spinta. “Stai godendo? Guarda come lo prendi… Ma vuoi di più, non è vero?” La sua voce era piena di lussuria e derisione, ogni parola una frusta sulla dignità di Lucy.
Quando ritenne che fosse abbastanza, Bellatrix ritirò le dita di colpo, lasciando Lucy gemere per la mancanza improvvisa. Si alzò in piedi, fissandola dall’alto con un sorriso sprezzante.
Bellatrix si alzò lentamente, il sorriso crudele che non lasciava il suo volto. Con un dito affilato iniziò a scorrere lungo la schiena di Lucy, graffiandola leggermente mentre la costringeva a piegarsi ancora di più in avanti. Lucy gemette piano, il suo corpo che si tendeva sotto il peso delle catene che le tiravano le braccia dolorosamente sopra la testa. Ogni muscolo tremava, non solo per la tensione, ma per il desiderio che la stava consumando.
Bellatrix afferrò con decisione il cazzo finto, il cuoio che scricchiolava sotto la sua presa. Lo puntò con precisione contro il buchino di Lucy, che si contraeva spasmodicamente. “Tremi puttanella?” sibilò con voce intrisa di veleno. “Come se non stessi aspettando questo da tutta la vita…” Senza preavviso, iniziò a spingere, la punta del cazzo che premeva contro l’apertura ancora stretta.
Lucy gemette forte, il suo respiro spezzato mentre il dolore le serpeggiava dal culo, rimbombandole nella mente come un’eco incessante. Tentò di parlare, la voce un filo tremante che cercava di fermare Bellatrix. “Pa… padrona, non… non posso… è troppo.. troppo grosso…” balbettò, le parole che suonavano vuote persino a lei stessa. Sapeva di non volerla fermare. Quel dolore era un piacere perverso, un sogno che si realizzava, e ogni secondo di quel tormento la faceva desiderare ancora di più.
Bellatrix rise forte, una risata crudele e tagliente che riempì la stanza. “Troppo, eh?” schernì, spingendo con più forza, il cazzo che affondava lentamente ma inesorabilmente. “Non fingere, troietta. So che lo vuoi e so che lo puoi prendere senza problemi… Il tuo culetto da troia non mente… Lo senti vero?”
Lucy gridava e gemeva, il suo corpo che si contorceva mentre il cazzo entrava sempre più a fondo. Ogni spinta era un misto di dolore e piacere, un tormento che la faceva sentire completamente spezzata e posseduta. Bellatrix non si fermò, continuando a muoversi con lentezza, godendosi ogni istante mentre derideva la schiava.
Con un ultimo colpo deciso, Bellatrix affondò completamente dentro di lei, il cazzo che scomparve nel buchino completamente aperto e pulsante. Lucy gridò forte, il suo corpo che si tese completamente mentre lacrime di piacere e dolore le scendevano sulle guance. Bellatrix si fermò, il sorriso trionfante che le illuminava il volto mentre osservava la schiava sotto di lei, spezzata e perfetta. “Ora,” mormorò con tono velenoso, “vediamo di darti quello che vuoi veramente”.
Bellatrix rimase ferma per un attimo, il cazzo finto affondato completamente dentro Lucy, mentre la schiava piangeva sommessamente, il suo corpo che tremava sotto il peso dell’umiliazione e del piacere perverso. Con un’espressione seria, la padrona si chinò leggermente, facendo scorrere le dita lungo la schiena della schiava incatenata. “Forse avrei dovuto lubrificarlo meglio,” mormorò con un tono quasi pensieroso”. “Naaa… una vera troia non ha bisogno di queste cose… e tu sei una vera troia, Lucy!” Il suo sorriso sadico si allargò mentre iniziava a muoversi, il cazzo che scivolava lentamente avanti e indietro dentro il culo.
Le mani della padrona scesero sui fianchi di Lucy, stringendoli con forza mentre guidava i movimenti. Ogni spinta era un mix di potere e piacere, il suo corpo che rispondeva al ritmo crescente. L’imbragatura di cuoio premeva contro il suo clitoride, la protuberanza interna che affondava dentro di lei con ogni colpo. Bellatrix iniziò a gemere piano, i suoi suoni di piacere che si mescolavano ai gemiti spezzati di Lucy.
Piano piano, Lucy smise di lamentarsi. Il dolore che prima le serpeggiava dentro si trasformò in un piacere crudo e travolgente. I suoi gemiti si fecero più forti, più disperati, mentre il cazzo dentro di lei la apriva in modi che non aveva mai immaginato. Il piccolo pene che prima pendeva moscio ora era duro come il ferro, mentre i suoi capezzoli sensibili sfregavano sotto il reggiseno di pizzo.
Bellatrix aumentò il ritmo, i movimenti che si fecero più decisi, il suono delle sue spinte che riempiva la stanza. Ogni colpo la faceva gemere più forte, il cazzo interno che le massaggiava la fessura ormai fradicia, grondante di umori caldi che colavano lungo le sue cosce.
“Guarda come godi, troia…,” sibilò Bellatrix con un tono velenoso, le mani che si stringevano ancora di più sui fianchi di Lucy, spingendola contro il cazzo con forza. “e quanto stai facendo godere anche me…”
Lucy gridò di piacere, il suo corpo che si muoveva in sincronia con le spinte della padrona, ogni colpo che la portava sempre più vicina al culmine. Bellatrix, avvolta dal suo stesso piacere, rideva e gemeva, il suo corpo che tremava mentre l’intensità della situazione le faceva perdere ogni controllo. “Sei mia puttanella,” gridò con voce gutturale, il cazzo che affondava sempre più a fondo. “Mia per sempre…”
Lucy, ormai completamente travolta dal piacere, cominciò a implorare la padrona, la voce spezzata dai gemiti. “Più forte, padrona… ti prego, aprimi di più… sfondami, ti supplico!” Le sue parole erano un misto di disperazione e lussuria, ogni frase che usciva dalle sue labbra amplificava l’intensità della scena.
Bellatrix, il volto segnato dal sudore e dal piacere crescente, rise tra un ansimo e l’altro. “Sei proprio una troia insaziabile,” sibilò, le sue parole cariche di scherno velenoso. “Non ti basta mai, vero? Vuoi essere aperta fino a sanguinare…” Nonostante il tono derisorio, le sue spinte divennero più forti, più brutali, mentre il cazzo affondava sempre più a fondo nel buchino di Lucy, ormai completamente schiavo del ritmo della padrona.
Ma a Lucy non bastava e quando travolta dal desiderio gridò con tutto il fiato in corpo, implorando ancora di più, Bellatrix spalancò gli occhi, il sorriso malvagio che si trasformò in un ghigno feroce. “Vuoi proprio essere sfondata, eh? Allora prenditi questo!” Le sue mani afferrarono i fianchi di Lucy con una presa feroce, le unghie che affondarono nella carne, lasciando segni rossi e profondi. Con un movimento deciso, uscì quasi completamente, il cazzo che scivolò fuori lasciandola vuota per un istante.
Poi, senza preavviso, Bellatrix affondò di nuovo con un colpo secco, il cazzo che scomparve dentro Lucy con una forza tale da farle lanciare un urlo strozzato. “Ecco, troietta,” gridò Bellatrix con voce gutturale, le mani che continuavano a stringere i fianchi mentre iniziava a muoversi con una brutalità crescente. “Prendilo tutto… Ora ti spaccherò quel culetto da troia e non ti siederai per settimane!”
Lucy urlava, il suo corpo che tremava sotto la pressione incessante delle spinte. Ogni colpo era una scossa di piacere e dolore che le attraversava il corpo, rendendola sempre più dipendente da quel dominio assoluto. “Sì, padrona! Sfondami… distrug… gimi” gridò Lucy, le sue parole che si intrecciavano ai gemiti disperati.
Bellatrix non si fermava, il cazzo che entrava e usciva con una velocità crescente, il suono della pelle che batteva contro la pelle riempiva la stanza. Ogni spinta portava Bellatrix più vicina al culmine, il cazzo interno che si muoveva nel suo corpo con lo stesso ritmo feroce.
Le urla e i gemiti riempivano la stanza, un’armonia oscena di piacere e dolore che sembrava crescere con ogni spinta. Lucy, con il respiro spezzato, sentì l’inevitabile avvicinarsi. Il suo corpo iniziò a tremare violentemente, un’onda che partiva dal suo culetto martoriato e si irradiava in ogni fibra. “P-padrona… io… io… s-sto per venire,” balbettò, la voce spezzata, incapace di finire la frase mentre il suo corpo si preparava a esplodere.
Bellatrix, completamente avvolta dal proprio piacere, non si fermò. Anzi, aumentò la brutalità dei movimenti, affondando con forza ancora maggiore. I suoi gemiti erano gutturali, il suo respiro affannoso, ma il sorriso sadico sul suo volto non svanì. Salì con le mani lungo il corpo di Lucy, le dita che scivolavano lungo i fianchi fino a raggiungere i capezzoli duri sotto il reggiseno di pizzo.
“Vuoi venire, troia?” sibilò con voce velenosa, i suoi occhi che bruciavano di una perversa eccitazione. “Allora fallo come una vera puttana.” Con un movimento improvviso, afferrò i capezzoli tra le unghie e li strinse con una violenza, quasi fino a tagliarli via. Lucy urlò forte, un grido di dolore estremo che si intrecciò al piacere e diventò l’innesco per il suo orgasmo.
Il corpo di Lucy si tese completamente, le catene che cigolavano mentre si arcuava, e poi esplose. Lanciò un urlo acuto, un suono che rimbalzò contro le pareti, mentre il cazzo iniziò a schizzare sborra in un fiotto inarrestabile. Il liquido caldo, denso e vischioso usciva a ondate, un fiume in piena che si riversava ovunque. Schizzò sul pavimento, sul letto, macchiando le lenzuola nere con gocce bianche e appiccicose.
Vedere Lucy esplodere in quell’orgasmo incontrollabile, i fiotti di sborra che imbrattavano tutto davanti a lei, accese Bellatrix ancora di più. Il suo respiro si fece più affannoso, il suo corpo tremava mentre il piacere cresceva dentro di lei, feroce e inarrestabile. Gli occhi fissi sul culetto ormai completamente aperto di Lucy, Bellatrix spinse ancora, due affondi profondi e brutali che la fecero gemere forte, un suono gutturale e animalesco che riempì la stanza.
Poi lo sentì arrivare. L’orgasmo le esplose in testa, una scossa che si propagò lungo tutto il corpo. Con un ultimo colpo secco, affondò il cazzo fino in fondo nel culo di Lucy, sentendo il proprio piacere travolgerla come un’ondata devastante. Gridò come una pazza, la sua voce piena di lussuria e follia, mentre il suo corpo si tese completamente. Il cazzo interno nell’imbragatura si premeva contro il suo punto più sensibile, scatenando un orgasmo a ondate così intenso da lasciarla senza fiato.
Ansimando pesantemente, Bellatrix si fermò per un istante, il corpo ancora scosso dai tremiti dell’orgasmo. Con un sorriso maligno, raccolse le ultime forze e, lentamente, sfilò il cazzo finto dal culetto ormai devastato di Lucy. Il buco rimase spalancato, pulsante, visibilmente segnato dalla brutalità con cui era stato preso. Bellatrix osservò quella vista con un compiacimento perverso, mordendosi leggermente il labbro mentre barcollava verso la chaise longue.
Appoggiandosi al bordo con un gemito soddisfatto, sganciò con mani tremanti l’imbragatura di cuoio. Con movimenti lenti, quasi cerimoniali, la sfilò completamente, tirando fuori il cazzo interno che uscì viscido e lucido dei suoi umori. Gocce dense e biancastre colavano lentamente dall’oggetto, creando piccoli fili appiccicosi che si spezzavano mentre lo lasciava cadere a terra con un suono umido e osceno.
Bellatrix si lasciò cadere sulla chaise longue, il corpo abbandonato e soddisfatto, mentre osservava Lucy ancora incatenata. Il suo sorriso si fece più largo, gli occhi che brillavano di una luce malvagia e compiaciuta. “Guarda il tuo culetto,” sibilò con voce roca, il tono un misto di scherno e adorazione. “Aperto, sfatto, martoriato proprio come volevi vero? Secondo me non si chiuderà mai più….”
Lucy tremava, il respiro ancora spezzato mentre il dolore e il piacere si mescolavano in un unico stato di abbandono totale. Il suo culo bruciava ancora aperto ed incapace di tornare alla sua forma normale, una testimonianza di ciò che aveva subito e amato.
“Rimani così,” mormorò con un tono velenoso, il suo sguardo fisso sul corpo sfinito e segnato di Lucy. “Voglio godermi ogni istante di questo spettacolo… così da sovrapporlo all’immagine perfetta del signor perfettino che mi aprirà la porta la prossima volta….” Guardandolo maligna portò una mano tra le cosce e raccolse parte degli umori e poi si leccò lentamente le dita sporche, in un gesto che trasudava sensualità perversa.
Lucy rimase in silenzio, il suo corpo ancora tremante e martoriato, le catene che la tenevano sospesa senza possibilità di movimento. Ora che l’eccitazione era svanita, sentiva ogni segno lasciato sulla sua pelle, ogni bruciore, ogni dolore dentro e fuori dal suo corpo. Gli occhi erano bassi, umili, mentre osservava la padrona, consapevole che la sua sofferenza e il suo stato degradato erano un piacere per Bellatrix.
Bellatrix rimase a contemplarla per un lungo momento, il sorriso malvagio che andava e veniva sul suo volto mentre il suo sguardo scrutava ogni centimetro del corpo di Lucy. Sembrava persa nei suoi pensieri, le espressioni che cambiavano rapidamente come se stesse dialogando con se stessa. Poi, con un sospiro teatrale, si alzò dalla chaise longue, raccogliendo i suoi vestiti sparsi sul pavimento.
Mentre si rivestiva, molto lentamente, lasciò che lo sguardo di Lucy seguisse ogni suo movimento, aumentando il tormento della schiava. Le stringhe della gonna e la chiusura del corpetto vennero sistemate con gesti attenti, quasi provocatori. Infine, con un sorriso compiaciuto davanti al grande specchio, sistemò i suoi capelli in disordine, prendensoi tutto il tempo necessario senza degnare Lucy neanche di uno sguardo, come se non esistesse o non avesse nessun valore.
Quando ebbe finito si voltò verso Lucy, il suo volto un misto di soddisfazione e crudeltà. “Sei stata brava,” disse con voce velenosa, il tono che mescolava lodi distorte e scherno. “Ma questo è solo l’inizio. In futuro, ti permetterò di soffrire ancora di più per me… per far godere la tua padrona. So che è l’unica cosa che desideri… vero?” Rise, il suono che riempì la stanza come una frusta.
Mentre si dirigeva verso la porta, il suo passo sicuro e dominante, si fermò un istante, lanciando uno sguardo sprezzante verso Lucy. “Sai,” aggiunse con un tono sprezzante, “mi chiedevo… preferisci essere trattata come il mio cognato miserabile o come la troia che sei diventata? Credo che la seconda opzione ti si addica di più… Ma penso che non faccia differenza, sei entrambi purtroppo… ma da oggi, sei mio.”
Con un colpo deciso, afferrò la bacchetta e lanciò un incantesimo verso le catene, prima di uscire dalla stanza, il suono dei suoi passi che si allontanavano giù per le scale.
Le catene iniziarono a scricchiolare, poi si sgretolarono all’improvviso. Lucy crollò sul tappeto con un tonfo sordo, il corpo esausto che si abbandonò completamente. Rimase lì, respirando a fatica, sentendo il dolore e l’umiliazione mescolarsi a una strana e perversa soddisfazione. La stanza era silenziosa, ma l’eco della voce di Bellatrix e delle sue risate malvagie sembrava ancora vibrare nell’aria.
Lucy rimase accasciata sul pavimento, il corpo ancora tremante mentre il dolore si mescolava all’umiliazione e a una perversa sensazione di soddisfazione. Ogni fibra di lei gridava per il tormento subito, ma lentamente iniziò a raccogliere le forze. Con mani deboli e tremanti, slacciò il reggiseno di pizzo, lasciandolo cadere accanto a sé, e poi sfilò le calze autoreggenti che scivolarono lungo le sue gambe segnate.
Barcollando, si alzò e si avviò verso il bagno. Ogni passo era una lotta, il suo corpo martoriato che pulsava a ogni movimento, ma non si fermò. Raggiunta la doccia, accese l’acqua e lasciò che il getto caldo scivolasse lungo la sua pelle, lavando via sudore, saliva e i segni più evidenti di ciò che era appena accaduto. Le mani si muovevano con lentezza, accarezzando il proprio corpo con una delicatezza inconsueta, muovendosi ancor più delicatamente sulle zone più doloranti: i fianchi, ancora segnati dalle unghie di Bellatrix, e il culo, lacerato e aperto.
Quando finì, uscì dalla doccia e si asciugò con calma, cercando di ignorare le fitte che le attraversavano il corpo a ogni movimento. Prese un vasetto di unguenti curativi e iniziò a spalmarseli sulle zone più martoriate. Le mani si muovevano lente, il fresco del balsamo che leniva il dolore mentre i suoi pensieri vagavano. Ogni tocco le ricordava ciò che era successo, e una parte tremava di vergogna… ma un’altra parte, quella più oscura, lo desiderava ancora.
Terminata la cura di sé, Lucy raccolse tutto ciò che Bellatrix aveva lasciato dietro di sé. Ogni oggetto, ogni traccia, venne sistemata con precisione maniacale. Infine, si rivestì nei suoi abiti tradizionali, il completo nero e impeccabile che gridava potere e controllo. La figura che emergeva era quella di Lucius Malfoy, il nobile, austero e impeccabile padrone di casa. La maschera era tornata al suo posto. Ma sotto la superficie, Lucy non era scomparsa; era semplicemente stata richiusa a chiave nella stanza segreta, in attesa, insieme a tutto ciò che Bellatrix aveva risvegliato in lui.
Mentre nello studio richiudeva dietro di sé la porta nascosta, un brivido gli attraversò la schiena. Non sapeva se fosse paura o eccitazione, ma sapeva una cosa: Bellatrix avrebbe reclamato di nuovo Lucy. E quando sarebbe successo, lui, o meglio lei, non avrebbe potuto opporsi. Quel pensiero lo fece rabbrividire, il cuore che gli batteva forte nel petto. Era solo l’inizio. E, in fondo, una parte di lui non avrebbe mai voluto che finisse.
—
Questa fanfiction di Harry Potter è un’opera di fantasia creata esclusivamente per scopi di intrattenimento. I personaggi, gli eventi e le situazioni descritti sono immaginari o ispirati a opere esistenti, e non sono intesi a rappresentare la realtà o persone reali. Tutti i diritti sui personaggi originali appartenenti a opere di terze parti restano di proprietà dei rispettivi creatori. L’autore non si assume responsabilità per eventuali fraintendimenti o interpretazioni del contenuto. Ogni elemento è stato scritto nel rispetto della creatività narrativa e senza intento offensivo o dannoso.
Scrivete nei commenti cosa ne pensate. Accetto consigli e suggerimenti, anche per eventuali racconti futuri.
Frequento le spiagge dei fiumi , ne vedo e ne combino di tutti i colori , mai successo nulla di…
Se i tuoi racconti sono fantasie , non far di ognio erba un fascio , c'è chi pubblica vicende reali…
Non preoccuparti: se saranno al livello di questo saranno perfette.
Ti ringrazio! A dire il vero stavo proprio pensando di scrivere altre storie. Spero di non deludere le tue aspettative.
Grazie Rebis!