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Marta era andata a dormire presto. Senza pensare. Turbata e scossa dalle emozioni e da quanto successo in quel tardo pomeriggio con Marco. L’inquietudine per quanto le era piaciuto, la sensazione di colpa si mescolavano.

Ripensava ai momenti. All’emozione delle mani che la toccavano. Al momento in cui tutto era precipitato. Alla voglia che aveva sentito crescere, sentendosi così desiderata. E le capitava di soffermarsi a pensare anche ad altre cose, che scacciava lontano. Al sapore del sesso. Alla sensazione di calore che le aveva invaso il ventre, alla tensione che appena ripercorreva queste immagini sentiva prenderla, quasi un’eccitazione. A come Marco l’aveva scopata.

Non aveva richiamato Marco, nè gli aveva mandato foto, come le aveva chiesto. Il numero di telefono era rimasto sul tavolo della cucina. Aveva mangiato poco. Cosa sarebbe successo la mattina dopo?, si chiedeva. Sperava da un lato che quell’uomo, appena conosciuto, non sarebbe tornato. Non sapeva che fare. Non riuscì neppure a guardare la Tv. Quando Luca la chiamò fu a disagio e fredda, la telefonata fu breve. Era stanca disse.  
Si addormentò velocemente, svegliandosi qualche volta, dormendo sonni inquieti.

La sveglia la scosse prima delle 7. Aprendo gli occhi si sentì meglio e corse a farsi una doccia. Guardò il suo corpo nudo allo specchio, così sensuale, il suo seno così gonfio e teso, il suo pube rasato. La pelle liscia.

Si mise un paio di leggins grigi, un body stretto e sopra una felpa leggera e sistemò un po’ di cose nervosamente. Corse a fare colazione.

I pensieri turbinavano: non sapeva come vestirsi. Sarebbe venuto? E lei cosa avrebbe fatto? Gli avrebbe aperto? E poi? Scacciò dalla mente un’immagine che le era apparsa, una sensazione…. del pube di Marco che si avvicinava e allontanava, dal suo viso, in cantina. Lui gonfio e caldo che le riempiva e scorreva in bocca. Il suo senso di impotenza e di piacere. Raccolse le cose della colazione. Le mise via in lavastoviglie. Al lavoro cosa avrebbe detto? Doveva andare alle 10.30 oggi…

I pensieri furono interrotti dal campanello. In anticipo.

Guardò fuori e vide Marco. Una valigetta, lo zaino. Aprì il cancelletto e subito se ne pentì.

Resto sospesa qualche secondo osservando mentre richiudendo il cancelletto lo vedeva avvicinarsi alla porta.

Bussò. I colpi la destarono.

Corse ad aprire, confusa.

  • Buongiorno
Lei non rispose, muovendosi come indaffarata verso la cucina.
  • Senti… fai quello che devi fare e poi vai … – si trovò a dire
  • lo sai che non ti voglio così…

  • scusa?

  • Non ti volevo così… non mi hai mandato foto… non va bene

  • senti … ti ho già detto: è stato un momento, ieri, mi hai forzata…  lasciamo stare… è un gioco pericoloso… non mi va

  • Vieni qui

  • Cosa? – alzò la voce lei

  • Vieni… –

Non si avvicinò e lui fu costretto ad alzarsi. Lei restò immobile, sistemando piatti e posate. Sentiva solo le mani sui legging e la felpa che si sollevava. Le mani la stringevano.
Lasciami – disse, mentre le mani le esploravano le coscie, facendosi largo tra la stoffa e la pelle. Quell’uomo la stringeva troppo forte.
Sentiamo se hai voglia di cazzo – sussurrò.
Le sue dita avevano raggiunto le mutandine e premevano forte…. sentiva caldo… umido…
Il cazzo premeva, crescendo sul culo ormai nudo.
Eccitata. Così si sentiva.
Non disse nulla mentre le mani scoprirono i seni, palpandoli e strigendoli…
I leggins erano a terra. Si sentiva una puttana, perchè stava godendo…le piaceva…
Non servi dire nulla.
Lo senti entrare e si piegò. Quel cazzo le strappò colpi ed urla di piacere.
Ogni colpo. Ogni colpo sentiva inondarsi la figa.
Poi colare.
Era così. Lui la stringeva forte. Le faceva quasi male.
Ma lei godeva. Appoggiò i gomiti, mentre sentiva il cazzo sbatterla con forza. Le gambe cedevano. Tremavano.
Il suo corpo era seminudo. Sudato. Teso.
Senti il calore dello sperma inondarla. D’un tratto. 
Gemette.
– Stai ferma troia – le disse
E sfilandosi il cazzo lo senti schizzare l’ultima sborra sulla sua pelle. Ma fu la pausa di un istante: la spinse sul mobile e le infilò un piccolo mestolo di plastica tra le cosce. Entrò. 
Marta cadde in ginocchio. Cercava di restare in piedi. Ma scivolò. Lui continuò con forza ad usarlo velocemente. Lei godeva urlando a tratti ed aprendo sempre più le cosce. Poi chiudendole. Riaprendole. Come senza controllo. 
Lui la spogliava ancora. E le mise di nuovo il cazzo nella bocca. Non ebbe difficoltà ad entrare.
Marta continuava a venire. La bocca era aperta e si lasciava sbattere. Tremava il corpo. Caldo.
Solo quando un altro fiotto le investi la gola, la bocca e poi il viso, il gioco rallentò. Piano.
Lui si asciugo bene sulla sua pelle. La costrinse a pulirlo con le labbra.
Lei era esausta. Sfinita. Nuda sul pavimento. 

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