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Racconti di Dominazione

Diari di una nuova vita

By 29 Gennaio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

25 febbraio

Da quanto tempo non scrivo su questo diario. E pensare che di cose ne sono successe parecchie. Il trasferimento a Parigi per cominciare. Sola contro tutti e un solo sogno in tasca. Che soddisfazione riuscire quando tutti ti davano della pazza.

Ovviamente non è stato facile ma la fortuna ha premiato la mia pazienza. Per ora non sono ancora una top-model e non mi devo montare la testa per un paio di set pubblicitari. Intanto mi godo il mio piccolo trionfo.

E poi c’è Antoine. è stato amore a prima vista, al primo appuntamento ero agitata come una scolaretta. Mi sento così buffa e stupida quando sono con lui’ ma lo amo lo amo! Lo voglio gridare al mondo. Non mi importa nemmeno delle malelingue. So che cosa dicono alle mie spalle, sono la sgualdrina che ha trovato l’uomo adatto per avere soldi e carriera facili. Che si fottano ho rinuncerei a ben più della passerella per lui.

28 febbraio

Sono così emozionata che le mani mi tremano e a fatica riesco a scrivere. Me lo ha chiesto! Ancora non riesco a crederci mi sembra tutto un meraviglioso sogno. Al più presto mi farà conoscere alla sua famiglia. A settembre sarò sua moglie.

7 marzo

Quando si dice partire con il piede sbagliato. Il padre di Antoine mi tratta con cordiale sufficienza come se non fosse il caso di abituarsi alla mia presenza. La madre invece mi odia ne ho avuto l’assoluta certezza dal primo momento che mi ha vista.
Non ero assolutamente preparata a una cosa del genere, mi sento così fuori posto. Tutto qui sembra fatto apposta per ricordarmi che sono una provinciale che non ha nulla a che vedere con quella vita.

9 marzo

Sono riuscita a convincere Antoine che non era il caso che rimanessi a casa dei suoi genitori. Ho trovato un grazioso appartamento non lontano dal centro di Cannes. Non è raffinato e lussuoso come quella villa ma almeno qui posso respirare senza sentirmi giudicata.

Purtroppo devo passare molto tempo con i suoi parenti. Sembra impossibile quanti zii e cugini abbia, spuntano come funghi. Se non altro non devo guidare io. L’autista è un’ottima persona, si chiama Massimo, il primo italiano che incontro da quando sono qui. Peccato che i coniugi Renaud gli richiedano il massimo riserbo e professionalità. Mi rivolge parola solo per quel che riguarda il suo lavoro e sempre in francese.

12 marzo

Antoine è partito per Londra lasciandomi in questo covo di vipere aristocratiche. Col passare dei giorni non ho fatto molti progressi per avere una migliore considerazione da parte dei suoi parenti. Se non altro non ci faccio più tanto caso.
Dopo il matrimonio dovremo assolutamente andarcene da qui. Dovrò assolutamente riprendere il mio lavoro, abbandonarlo per fare la mogliettina devota è stato un grosso errore.

15 marzo

Sembrava una giornata come le altre, niente appuntamenti né impegni previsti. Se soltanto avessi immaginato quanto mi sarebbe successo questo pomeriggio’
Mi trovavo in giardino sul retro a travasare le primule quando ho sentito la macchina fermarsi. Mi aspettavo che fosse Antoine, decisi di far finta di nulla, che mi cercasse per un po’ e mi abbracciasse da dietro come fa sempre, dicendomi che è stupido fare quello per cui il giardiniere è pagato.

Ma la voce che mi chiamò non era quella di Antoine. Massimo se ne stava elegante e professionale come sempre, attento a non calpestare l’erba. Con il suo solito tono cortese mi informò che doveva parlarmi in privato di una certa faccenda urgente.
Lo feci attendere in soggiorno appena il tempo di cambiarmi dagli abiti sporchi di terriccio chiedendomi che cosa volesse dire quella visita così inusuale.

‘Lei saprà che i signori per cui lavoro nonché suoi futuri suoceri hanno diversi interessi da curare. Tra questi una certa importanza ha il buon nome della famiglia’
lo interruppi per invitarlo a non menar il can per l’aia. Non mi sono mai illusa di piacere ai genitori di Antoine, la madre in particolare mi detestava in maniera non troppo velata.
‘Bene verrò al dunque’ riprese Massimo con la solita calma professionale. ‘Quella di autista non è l’unica mansione che svolgo. Quando è arrivata da Parigi mi è stato richiesto di fare delle ricerche sul suo conto.’

Quella strega aveva incaricato qualcuno di scoprire se avessi scheletri nell’armadio. Cosa poteva aver scoperto? L’idea di tutte le cose capitatami, anche le più intime e dolorose, venissero rivangate per compiacere quella donna mi fece venire le vertigini. Mi riscossi solo quando udii di nuovo Massimo che mi chiamava parlandomi come da un altro mondo.
Mi fece sedere e si decise a proseguire solo dopo che insistetti più volte che stavo più che bene.
Senza dire una parola estrasse una busta dalla tasca interna e la posò sul tavolo di fronte a me. Quando l’aprii mi si fermò il cuore per la sorpresa e lo sconcerto.

Diverse foto ritraevano una me stessa molto più giovane, insieme al ragazzo che all’epoca credevo fosse l’amore della mia vita e che mi aveva convinto a fare l’amore di fronte a una telecamera.
Mi aveva promesso che quelle immagini non le avrebbe viste nessun’altro e io stupidamente gli avevo creduto senza dare più peso alla cosa, arrivando a scordarmene completamente.

‘I signori ancora non sono al corrente.’ Fu il suo commento quasi apatico, per nulla impressionato dallo sguardo carico di odio e disprezzo che gli stavo rivolgendo.
Capii subito cosa intendeva e gli chiesi cosa voleva, riuscendo in qualche modo a trattenere le lacrime.
Lui non si scompose. Mi diede il suo biglietto da visita, dicendomi semplicemente di recarmi a casa sua domani per accomodare la faccenda. Mi disse anche di tenere le foto, erano solo alcune stampe del filmato originale.

Ora sono qui, a scrivere queste righe con la vista appannata dal pianto, mentre le ceneri di quelle orribili immagini fumano ancora, come spettri tornati dal passato.

Come vorrei che Antoine fosse qui. Proprio quando lo vorrei più vicino lui non c’è. Dannata Londra la odio e odio ancora di più me stessa.

16 marzo

Non ho dormito molto questa notte. Anzi posso dire di non aver dormito affatto. Avrei dovuto partecipare a una cena dai cugini di Antoine ma ho finto un malore. Povero Antoine, quanto dovrò ancora mentirgli?

Sono già le due e non posso più rimandare l’orribile appuntamento con Massimo, spero che almeno il mio conto in banca sia sufficiente. Guidare fino alla casa dell’autista quale ironia.

16 marzo notte

Se soltanto avessi immaginato! ma come ha potuto? E che ne sarà di me?

Non è stato difficile trovare la casa, non ci si poteva sbagliare essendo praticamente l’unica della zona. Un costruzione semplice e sobria alla periferia di Cannes che si affaccia sulla costa. Un posto indubbiamente scomodo ma decisamente incantevole.

Al citofono Massimo mi invita ad entrare aprendomi il cancello dall’interno.
La porta era aperta così decisi di entrare chiamandolo dall’ingresso.
‘Vieni pure sono in cucina’ era la prima volta che mi dava del tu. Non ne fui seccata, in fondo glielo avevo chiesto più volte invano quando era in servizio.
Seguendo la direzione della voce trovo la cucina e rimango sbalordita quando entro.
Lui mi dava le spalle mentre trafficava con qualcosa che non potevo vedere sul piano cucina. A sorprendermi e imbarazzarmi totalmente era il fatto che fosse completamente nudo.

Quando si gira mi porge un bicchiere invitandomi a sedere con un sorriso cordiale. Sorseggio il drink per annaffiare la gola secca. Sembravo l’unica nella stanza a rendermi conto della sua nudità, lui era completamente e assolutamente a suo agio.

Trovavo decisamente difficile guardarlo in faccia; il mio sguardo era come calamitato verso il basso verso i genitali. Decisi di non dargli la soddisfazione di fare commenti, venni subito al dunque nella speranza di riuscire ad andarmene il prima possibile.
‘Quanto vuoi?’ mi sentii dire da mille chilometri di distanza.
Con mio grande stupore scoppiò a ridere.
‘è triste vero? Addirittura volgare il modo in cui tutti pensano di risolvere i problemi con il denaro.’
Io non capivo. Cominciavo a sentirmi una perfetta idiota con il libretto degli assegni in mano, imbambolata a guardare quell’uomo nudo che rideva.
‘Perché non ti metti comoda?’
Non ci misi molto a capire cosa intendesse, a cosa mirava fin dal principio.
Tentai di protestare ma la sua risposta, cordiale e paziente come sempre, mi colpì come uno schiaffo rivelandomi la verità della situazione.
‘Non credo che tu sia in condizione di contrattare. Fai come vuoi ma tieni presente quali saranno le conseguenze’

Cominciai a ripetermi che tutto era un incubo, presto mi sarei svegliata e tutto sarebbe finito. Inghiottendo un po’ di saliva cominciai a sbottonare il tajer.
Mi spogliavo dandogli le spalle per appoggiare con cura i vestiti sul tavolo; in realtà non mi importava degli abiti; volevo solo evitare di guardare la sua erezione crescere mentre lui mi scrutava con quel sorriso imperturbabile.

Quando fui completamente nuda mi fece voltare. Movendomi come un automa obbedii.
‘Davvero una favola di donna. La fortuna di ogni uomo.’ Cominciò a dire avvicinandosi.
Le sue mani mi toccarono appena i seni e la schiena mentre io impietrita non riuscivo a fare niente per impedirglielo. Quando arrivò più in basso seppi che non si sarebbe accontentato di guardare e un vivido di terrore mi corse per tutta la schiena.

Si inumidì il glande con la saliva e, tenendo leggermente aperta la mia vulva fece entrare la cappella tra le piccole labbra. Si fermò così per un attimo costringendomi a guardarlo in faccia.
‘Avrai il tuo piacere ma prima devo punire la troia che sei.’ Poi in un attimo tutto precipitò.

Malgrado lo avessi implorato di essere almeno preparata cominciò una profonda e secca penetrazione. Con rapidi movimenti del bacino infieriva senza darmi un attimo di tregua, mentre con le mani strette sulle mie spalle spingeva verso il basso favorendo un profonda penetrazione.

Non so quanto tempo durò seppi solo che quando la mia cervice venne urtata per l’ennesima volta un improvviso pulsante calore mi invase. La sua espressione era di puro godimento mentre il suo seme si riversava inesorabilmente in me.
‘Di che ti lamenti? Ora sei lubrificata.’ Mi derise quando cominciai a insultarlo per quello che aveva fatto.

Senza togliermi il pene da dentro mi sollevò e cominciammo a muoverci. Per paura di cadere mi aggrappai a lui stringendolo con braccia e gambe.
Lasciammo la cucina mentre tutto quello che riuscivo a fare era fissare le macchie di sperma che lasciavamo dietro di noi.

‘Sei così eccitante che è già di nuovo duro’ mi disse mentre delicatamente mi appoggiava sul letto.

Cominciò ad accarezzarmi la schiena e i fianchi. Si discostò leggermente e cominciò a massaggiarmi delicatamente il petto mentre mi dava piccoli baci sul collo. Il suo tocco era deciso e delicato in maniera incredibile; con una mano mi palpava le tette trovando pazientemente ogni punto sensibile facendomi in breve fremere di piacere.
L’altra mano scendeva in basso sul sedere e sulle cosce attenta a ogni mia reazione. Quando arrivò al polpaccio si fermò trovando quello che cercava. Era incredibile come il così pochi istanti avesse imparato a conoscere il mio corpo e come pazientemente indugiava su quei punti che mi davano maggior piacere.

Ero sbalordita per come aveva repentinamente cambiato atteggiamento. Non potevo credere che la brutalità di poco fa fosse opera della stessa persona che ora era così delicato e premuroso. Mi morsi un labbro per il senso di colpa che mi invase a godere così con un uomo che non fosse il mio Antoine.

Quando ricominciò a muoversi dentro di me lo fece con lentezza. Potevo percepire chiaramente la sua virilità salire e scendere le mie pareti vaginali.
Prima che potessi rendermene conto lo stavo agevolando divaricando le gambe e movendo il bacino assecondando le sue spinte.
Mi prendeva e mi mollava come la risacca del mare che arrivava dalla finestra aperta.
Mentirei a me stessa se non ammettessi che è stato piacevole. No, è stato molto di più. Solo questo pomeriggio ho conosciuto il significato vero della parola orgasmo e mi sono sentita pienamente donna. Mi sento un mostro, se Antoine lo sapesse potrebbe morirne.

Mi sono appisolata su quel letto, quando mi svegliai era già quasi il tramonto. Lui mi guardava seduto sul letto accanto a me. Ho temuto che volesse prendermi di nuovo ma si è limitato ad aiutarmi ad alzarmi, poi non l’ho più visto.

Sono arrivata a casa poco prima dell’ora di cena. Avevo una fame terribile e cominciai subito a darmi da fare in cucina. Fu proprio dopo mangiato che il mio sguardo cadde sul calendario appeso vicino al frigorifero.

Un’idea mi attraversò la mente serrandomi lo stomaco. Con il cuore in gola mi avvicinai al calendario terrorizzata da quello che temevo di scoprire. Mi ci volle tutto il mio coraggio per decidermi a controllare. Cercai il giorno in cui era segnato il mio ultimo mestruo.
Ho controllato e ricontrollato ma non c’è possibilità di errore. Questo è il mio 14′ giorno.

17 marzo

Un’altra notte insonne. Con orrore continuo a pensare a cosa è successo ieri, a come mi sono lasciata manipolare e mi odio per come non riesca a fare a meno di ammettere che è stato bello.

Ho passeggiato a lungo sul lungomare prima di trovare il coraggio di entrare in farmacia. Ho preso un blando sonnifero e, con il cuore in gola, un test di gravidanza.

Positivo. L’ho ripetuto e per due volte il risultato è stato lo stesso. Nessuna speranza di un falso allarme. Che cosa devo fare?

20 marzo

Antoine è tornato anche se solo per il week-end. La sua presenza invece di aiutarmi non fa che accrescere la mia ansia e il mio senso di colpa. Continuo a mentirgli per rimanere sola il più possibile. Non riesco a fare l’amore con lui. Come potrei? Riesco appena a guardarlo in faccia.

Ho deciso che è inutile continuare a tormentarmi e ho deciso di chiamare Massimo, devo assolutamente parlargli. Ci incontreremo lunedì dopo aver accompagnato Antoine all’aeroporto.

23 marzo

Finalmente il giorno tanto atteso è arrivato. Mi chiedo ancora che cosa sperassi di ottenere.
Stupida! Stupida! Stupida! Ho gettato ogni mia speranza con le mie stesse mani!

Rimasti soli, siamo andati ad Antibes allo scopo di allontanarci dalle troppe orecchie indiscrete. Durante il viaggio non ci siamo rivolti il minimo sguardo, solo quando mi ha aperto la portiera mi ha detto che conosceva un posto adatto per offrirmi la colazione.

Non riuscivo a capire come facesse a rimanere così calmo, io avevo il cuore che pareva volesse schizzarmi fuori dal petto per come ero agitata. Alla fine ho rotto gli indugi e ho affrontato l’argomento.
‘Sono incinta’ è stato tutto quello che sono riuscita a dire.
La sua reazione mi sorprese. La sua espressione di cordiale passività fu perturbata, non da preoccupazione o stupore. Mi sorrise, semplicemente, come se avessi commentato la sua cravatta. La sua risposta fu ancora più inaspettata.
‘Bene. Credo che il signor Antoine sarà felice di avere un erede che metta a tacere le voci sulla sua impotenza. Tu invece non sembri entusiasta.’
Ero basita. Come poteva dire una cosa simile?
Spostando la sedia più vicina alla mia continuò con aria affabile.
‘Inoltre riguardo il nostro accordo, questo credo alzi un po’ il prezzo.’

Con quelle parole il suo piede incontrò la mia gamba. Io non riuscivo a muovermi realizzando con orrore quanto fossi stata stupida.

Dandomi qualche minuto per riprendermi finì il suo caffè senza interrompere il contatto tra di noi sotto il tavolino.
Poi sentii il mio polpaccio salire spinto dal suo piede e atterrare nelle sue mani. Un brivido mi scosse, mi sembrava che improvvisamente tutte le altre persone presenti mi guardassero. Continuavo a guardarmi attorno preoccupata ma lui mi invitò a calmarmi mentre mi sfilava la scarpa.

Cominciò a massaggiarmi il piede con mani sapienti mentre con assoluta naturalezza mi rivolgeva domande sul mio passato. Sulla mia vita prima di Parigi.
Cercavo di rispondere ma non riuscivo assolutamente e ostentare la sua calma. Oltre all’imbarazzo della situazione c’erano i continui stimoli che continuavano a tormentarmi piacevolmente dal piede e dal polpaccio.

Quando fu soddisfatto mi lasciò rimettere la scarpa e andò a pagare. Mi accorsi solo allora di avere il fiato corto e che stringevo la tovaglia con tutte le mie forze.

Con gentilezza mi fece alzare e a braccetto cominciammo a passeggiare, lui continuava a parlarmi con nonchalance interessato al mio passato. Ora riuscivo a rispondergli con maggiore lucidità compiaciuta per il suo interesse, ma preoccupata di essere vista dalle persone sbagliate.

Entrammo in un albergo sentendomi avvampare quando capii come sarebbe andata a finire. Lui mi lasciò il braccio recandosi e per un attimo pensai di approfittarne per scappare ma non mi mossi. Sul omento pensavo alla sua minaccia di rovinarmi la vita ma stavo solo procurando un alibi alla mia coscienza. Ripensandoci ora mi rendo conto che volevo rimanere, questa è la verità pura e semplice che mi tormenta ogni notte.

La camera era spaziosa e ben illuminata, raffinata e sfarzosa come ero ormai abituata da quando ho conosciuto Antoine. Senza perdere tempo mi condusse al letto cominciando a spogliarmi.
Opposi resistenza solo quando tentò di baciarmi. Non parve prenderla male, limitandosi a deviare le labbra dal volto al mio collo.

Mi ritrovo nuda sul letto senza alcun ricordo di come esserci finita e di quando lui si sia spogliato a sua volta. Allargo leggermente le gambe aspettandomi che lui mi venga sopra. Invece si mette seduto sulla sponda mettendosi i miei piedi in grembo.

Comincia ad accarezzarmi il polpaccio e la pianta del piede destro. Si ferma per guardarmi e io devo combattere per non implorarlo di non smettere. Lui capisce ugualmente e mi sorride maliziosamente ricominciando con l’altro piede.
Le carezze diventano massaggi e poi qualcosa che va oltre al massaggio. Non avrei mai creduto di poter provare sensazioni simili. Comincio a avvertire un tiepido formicolio tra le gambe e in brave sento che comincio a bagnarmi.

Mi trascina verso di lui e mi fa scendere dal letto. Mi ritrovo inginocchiata tra le sue gambe e indugio a guardare il suo pene mordendomi un labbro. Non ha bisogno di dirmi nulla so esattamente cosa fare, è passato tantissimo tempo dall’ultima volta che mi prende il timore di non essere più capace.

Appoggio le labbra sulla punta dischiudendole per accogliere il glande nella mia bocca. Comincio a succhiare piano dandogli piccoli colpetti con la lingua. Con cautela comincio lentamente a scendere fino a sentirlo in fondo alla gola. Continuo a succhiare avidamente muovendomi lungo l’asta. I suoi gemiti di piacere mi procurano un certo orgoglio. So che vorrebbe che accelerassi ma non voglio dargli quella soddisfazione, voglio che almeno in quel momento sia io a tormentarlo.
Non sono preparata al suo orgasmo e il primo schizzo mi colpisce il fondo del palato rischiando di soffocarmi. Tossisco ritraendomi e altro sperma mi colpisce il volto. Prontamente lui mi tira a sé prendendomi dietro la nuca costringendomi a bere e succhiare fino a quando le pulsazioni non cessano e il suo cazzo non ritrova la dura consistenza di prima.

Mi spinge facendomi stendere sulla moquette facendomi subito sentire il suo peso su di me.
Mentre mi bacia i seni sento la sua virilità sul pube e sulle cosce che cerca la mia fenditura. La trova riempiendomi lentamente fino in fondo e togliendomi il respiro.

Non voglio che sia dolce, non voglio che sia di nuovo bello ma sono condannata. Su quel pavimento mi faccio prendere. Quando entrambi viene inondandomi mi stringe leggermente per poi ritrarsi lasciandomi ansante sul pavimento.
Voglio anche io il mio piacere e gli mando uno sguardo implorante. In risposta mi prende e mi mette su di lui. Vuole che sia io a impalarmi, se lo voglio devo prendermelo. L’incertezza è breve e mi calo su di lui. Mentre lo cavalco non c’è spazio per i sensi di colpa, il piacere mi inebria per esplodere poi all’improvviso.

Mi ha svegliata quando la luce del tramonto filtrava dalla finestra, deve per forza avermi messa lui a letto ma non credo abbia dormito con me. Solo la mia parte dei lenzuola erano disfatte. Almeno di questo gli sono grata, non avrei sopportato che si fosse preso anche quello spazio così intimo.
Dopo esserci vestiti non mi ha più rivolto la parola, né in quella camera né durante il viaggio di ritorno.

Sono di nuovo al punto di partenza. Peggio, sono sempre più tormentata da emozioni contrastanti e sempre più prigioniera della situazione. So che mi attende un’altra notte insonne.

Hazel
attendo critiche e suggerimenti

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