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I RACCONTI DELL’AVVOCATO – UNA SEGRETARIA PER UNA PRATICANTE

By 7 Febbraio 2023No Comments

La segretaria R. entrò nell’appartamento con aria un po’ strana, ma non ci diedi troppo peso sul momento, anche perché dieci anni che la conoscevo, mai una volta puntuale, ‘sta stronza.
come al solito, ci eravamo dati appuntamento nel mio appartamentino che avevo comprato proprio per trasformarlo in un piede a terre (per dirla elegantemente), dove ci portavo tutte le donne che mi dovevo chiavare e che avevo più volte affittato o prestato a clienti o amici per i medesimi motivi.
L’appartamento era piccolo ma dotato di tutti i comfort necessari a godersi una bella scopata (frigo bar, letto, divano, sedie, specchi, luci diffuse) e ad andarsene con stile (doccia ed alcuni vestiti di ricambio), oltre ad una serie di scomparti dove erano nascosti tutti i vari oggetti erotici che potevano servire ed una serie di accorgimenti studiati apposta per permettere di sfogare alcune delle idee erotiche che potevano venire; il mio preferito era il gancio fissato nel soffitto del muro, sul quale si potevano far passare delle corde, anche collegate ad una carrucola: il gancio si poteva ruotare, in modo che si poteva spostare la donna secondo le condizioni più congeniali, la carrucola serviva sostanzialmente per alzare od abbassare la donna, di modo che si potesse scoparla dalla posizione eretta a quella a 90 gradi fino a farla arrivare a toccare le mani per terra.
Avevo passato il tempo in attesa di R. preparando un piccolo aperitivo, le avevo insegnato ad apprezzare i vini ed era quindi diventata una rompicoglioni di prima categoria in merito, quindi non si accontentava più di un vinello qualsiasi come all’inizio, ma aveva anche giuste pretese in merito a qualità e costo.
Il fatto che facesse dei pompini spettacolari ed avesse una decisa predilezione per l’anale mi faceva passare in secondo piano questo e tutti gli altri suoi difetti.
“questo mese è andata così così” dichiarò togliendosi il giubbotto ed accomodandosi sulla sedia.
“mmmmhhh, quanto?” chiesi
“ci mettiamo in tasca 1500 a testa” disse dopo aver guardato i conti.
Mi massaggiai il pisello.
“vuoi vedere?” mi chiese mostrandomi i foglietti dove aveva diligentemente riportato tutti i conti.
Poi prese il bicchiere di vino ed iniziò a bere.
Ripensai a come ero finito in questa situazione incredibile e sghignazzai fra me e me. La R. era la più giovane fra le segretarie del mio ufficio, assunta dal vecchio titolare dello studio per fare un piacere ad un cliente: quando entrai nello studio a lavorare, lei era già stata assunta da un paio di anni ed aveva un atteggiamento remissivo ed ossequioso con il capo (il vecchio, il figlio è un coglione che vorrebbe solo farsela senza averne mai le speranza), che però mal si conciliava con forme generose, un portamento spavaldo ed un modo di fare col sottoscritto e gli altri colleghi sprezzante.
Intuii che qualcosa non tornava, anche perché essendo un figlio di puttana e truffatore, so riconoscere ad istinto un altro della mia specie, ed ero abbastanza sicuro che anche la R. lo fosse. Ed il seguito provò che avevo ragione, perché dopo averla osservata per bene ed aver trafugato nei suoi documenti, avevo scoperto che faceva la cresta sulle fatture dello studio legale, ricavandosi un discreto secondo stipendio: ovviamente, invece di denunciare tutto al mio capo avevo pensato bene di ricattarla sessualmente e partecipare alla truffa, non vedendo all’epoca motivo per non approfittare della situazione, che mi consentiva di godere delle due cose che più mi piacciono nella vita, ovvero la figa ed i soldi.
Non per niente faccio l’avvocato, in effetti.
Avevamo anche affinato la truffa, per renderla sempre più perfetta e sempre meno scopribile, e se all’inizio i ruoli erano definiti (io ricattatore lei ricattata) man mano che ero coinvolto anche io nella ruberia i ruoli sfumavano, essendo entrambi allo stesso tempo ricattati e ricattatori: perché continuasse a farsi scopare in tutte le posizioni dal sottoscritto ed accettasse quasi tutte le richieste che le facevo, era un mistero che mi spiegavo solo con il fatto che, semplicemente, la R. era una gran troia a cui piaceva il mio cazzo.
“oh, li vuoi vedere?” mi richiese.
“naaaa” risposi, alzandomi in piedi e mettendomi di fronte a lei.
“dobbiamo parlare” cercò di stopparmi lei.
“dopo” risposi, essendo ormai eccitato e senza nessuna voglia di star a sentire le ennesime cazzate che mi avrebbe detto, che poi erano le stesse da un paio di mesi a questa parte: il marito che sta male, la figlia, i soldi, ecc…
“ora fai il tuo lavoro” le ordinai sbottonandomi i pantaloni e mettendogli sotto la bocca il mio cazzo ormai barzotto.
La R. sospirò, ma lo prese in bocca e iniziò a leccarlo tutto, per poi dedicarsi alle palle, tornare su fino alla cappella, mordicchiarla ed ingoiarlo per bene.
Gemetti, ma le presi la testa, gliela tenni ferma ed iniziai a scoparla in gola, prima piano, poi sempre più forte come piace a me ed anche a lei.
Ebbe un paio di conati, ma me ne fregai e continuai nel mio mestiere.
Si staccò e iniziò a tossire.
“stronzo” mi apostrofò sputando un po’ di saliva sul pavimento.
La presi per i capelli, la misi sul tavolo e le sollevai la gonna: aveva uno stupendo perizoma in pizzo, che mi attirò subito.
“ti sei messa in tiro, eh? Brava, lo sai che mi piace così” la presi in giro.
Lei mugugnò, poi si scostò il perizoma e mi fece vedere figa e culetto.
“stai zitto e lecca, avvocato” ordinò.
Non me lo feci ripetere due volte e eseguii quello che mi veniva richiesto, poi quando il mio cazzo era diventato bello duro, glielo infilai nella figa ed iniziai a scoparla come a lei piaceva: ovvero prima lo metto dentro tutto, poi lo tiro fuori lentamente lasciando solo dentro la cappella, poi glielo rimetto dentro tutto, poi lo tiro fuori ecc…
La fa impazzire, ed infatti R. iniziò a godere come una cagnetta in calore.
“mettimelo nel culo, porco!” mi ordinò.
Eseguendo gli ordini, lo tolsi dalla figa, lo appoggiai sul buchetto del culo già bello lubrificato e lo strofinai un po’.
“vuoi essere appesa?” le chiesi.
“no, scopami e basta” ordinò.
Guardai con rimpianto il gancio appeso al soffitto che tante soddisfazioni ci aveva dato, ma infilai tutto il cazzo in un unico colpo ben dentro il culo della R., che lo prese ansimando un po’ ma senza particolari problemi: erano anni che me la scopavo così, quindi il suo buco era perfettamente abituato ad essere infilato dal mio cazzo.
La scopai per un paio di minuti, nel mentre la schiaffeggiai sulle chiappe e le tirai i capelli, poi prima di venire glielo misi davanti alla bocca.
“bevi questo, non il vino!” la esortai.
La R. eseguì, pulendomi anche tutto il cazzo con la lingua.
Mi alzai per prendere un bicchiere di vino, bollicine fresche, stappai la bottiglie e me ne versai un bicchiere.
“vuoi?” chiesi a R.
“cazzo che male” disse massaggiandosi il culo ma prendendo il bicchiere “non devo farlo vedere a mio marito per un po’”
“e quando mai glielo hai fatto vedere?” la presi in giro
“stronzo” mi apostrofò.
Poi cercò di rivestirsi, ma la raggiunsi e tentai di sbaciucchiarla.
“questa è stata l’ultima volta” disse a bassa voce allontanandomi.
La guardai molto perplesso: non si era mai comportata così, quindi forse quando mi stava dicendo quelle cose avrei dovuto ascoltare meglio.
Probabilmente se ne accorse, perché sospirò e mi disse che, sostanzialmente, il marito era molto malato, che lei voleva e doveva stare con lui e che non se la sentiva più di continuare questo gioco con me.
“quale gioco?” chiesi “questo oppure quello con le fatture dello studio?”
“tutti e due” mi rispose guardandomi negli occhi.
“ma perché?” chiesi alla fine della sua tiritera, sinceramente perplesso “che ti cambia, scusa? Continuiamo come abbiamo sempre fatto, ogni tanto ci facciamo una bella scopata, che per inciso piace anche a te, ti metti in tasca i soldi dello studio, che l’abbiamo sempre considerata una sorta di giustizia sociale, come di redistribuzione della ricchezza, e finisce lì”
Allargai le braccia
“perché cambiare tutto?” chiesi del tutto perplesso
“giustizia sociale? Si chiama truffa o furto o come cazzo lo chiamate voi avvocati, ma sempre di furto si tratta!” esplose lei, mettendosi il reggiseno.
Ma tu guarda questa che dopo essersi fregata per dieci anni una significativa parte dei proventi dello studio, senza contare tutte le porcate che ha fatto nonostante il marito, mi viene a fare la morale….
“senti” mi disse dopo che avevamo battibeccato ancora un po’ “sono stanca, non reggo più, me ne devo andare da questa situazione: e se non mi aiuti ad andarmene, piuttosto ti denuncio allo studio, non me ne frega più un cazzo”
La guardai bene: non stava scherzando, quindi la situazione era grave.
Aveva superato quel limite invisibile che ogni donna ha e che sa solo lei, ma una volta superato non torna più indietro.
Riflettei attentamente: la situazione con R. reggeva perché eravamo entrambi reciprocamente ricattabili, io forse ero quello che rischiava di meno (se mi buttavano fuori dallo studio qualche cliente mio lo avevo e potevo sempre proseguire, mentre lei si sarebbe trovata in mezzo ad una strada) e ciò mi dava qualche margine di forza in più, però era chiaro che se R. avesse denunciato tutto sarebbe stato un bel guaio.
“va bene” dissi “ma a due condizioni”.
“quali?” chiese
“la prima è che ci va del tempo, per chiudere la….ehmmm. truffa? Abbiamo comunque bisogno di tempo”. Vidi che stava per ripartire così la anticipai “non dico che dobbiamo continuare, però prima di chiudere il tutto vediamo come fare ok? Ci sono conti separati, doppie fatture, pratiche che abbiamo ancora in piedi…non ti dico di continuare a rubare, ma smettiamo con un po’ di criterio e che cazzo!”
Lei annuì
“e la seconda?”
“te ne vai se mi dai la nuova praticante” le dissi.
“in che senso?”
“nel senso che la nuova praticante deve prendere il tuo posto, non nella truffa, non sarebbe in grado, ma qui” risposi indicando la stanza.
“che stronzo che sei” rispose dopo averci pensato un po’
Alzai le spalle “è il prezzo da pagare”
Lei annuì.
“ e praticante sia” decretò.

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