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Racconti di DominazioneRacconti sull'Autoerotismo

I Signori

By 18 Dicembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Li sentì. Strisciavano come serpenti dalle squame brillanti, facevano le fusa come gatti, accarezzandole le gambe, la pelle, la mente, l’anima, il profondo. Stavano all’erta ed attendevano al buio, pronti a spiccare il balzo quando fosse stato il momento più opportuno. Aspettavano con pazienza, pregustando un finale saporito. Nascosti nell’ombra, come tanti piccoli occhi gialli e sinistri, osservavano quelle dita lavorare sulla pelle, con passione e con fervore. Descrivevano piccoli cerchi in senso orario e carezzavano ogni cellula nervosa con delicatezza, con lentezza, con calma, quasi a voler donare una piacevole tortura. A mano a mano che il tocco diveniva più intenso e profondo la sua pelle si bagnava, iniziava a grondare, le sue labbra si gonfiavano, stracolme di piacere, il suo sesso si apriva pronto ad esplodere di piacere, pronto a donarsi a quella forza sconvolgente. E, proprio sul più bello, proprio quando sentiva il suo corpo perdere il controllo, quando i muscoli lì sotto iniziavano a contrarsi, quando i sospiri si trasformavano in gemiti ecco che loro, i Signori della perversione spuntavano dalle tenebre e ghermivano la mente e l’anima della ragazza, facendole proprie.
Mille pensieri le attraversavano la testa mentre veniva, mentre godeva, mentre perdeva, finalmente, il controllo. Immagini vivide, immagini intense, immagini di follia, immagini di’.. di.

Poi tutto finiva e lei ritornava alla normalità. I Signori si ritiravano nelle proprie abitazioni, aspettando con ansia il prossimo amplesso, il prossimo orgasmo per poter balzare nuovamente sulla vittima.

Mani. Vedeva mani. Vedeva due mani sul suo liscio e candido collo. Le mani iniziavano a stringere il suo collo e due occhi la fissavano. Lei ammirava quegli occhi e ci si perdeva. Non aveva paura, non sentiva terrore o ansia o angoscia. Non voleva fuggire. Voleva rimanere lì e sciogliersi in quello sguardo, donarsi a quelle dita. Si fidava di lui. Gli avrebbe affidato la vita.
Voleva per una volta affogare, voleva volare. Lo guardò e nel suo sguardo non c’era traccia di incertezza né di preoccupazione. Era determinata.
Parole silenziose uscirono dalla sua bocca, parole che soltanto lei sentì. ‘Sì”.
Le mani iniziarono a stringere sempre di più.
I suoi occhi color nocciola si abbracciavano con quelli di lui, mentre tutto la abbandonava. Le braccia ed il corpo diventarono sempre più leggeri, quasi fosse imbottita di piume. I suoni divennero via via più lontani, smorti, e le immagini iniziarono a perdere nitidezza, a diventare confuse. Sentiva che c’era quasi. Ed eccola quella magnifica sensazione, forte come un orgasmo’ in quel mentre sentì di essere uscita dal proprio corpo. Era come se la sua anima la stesse osservando dall’alto, come guardarsi da fuori.
E poi’. Lo sentì’ l’ultimo respiro. Poi il buio.

Si svegliò qualche secondo dopo. Sentiva le labbra di lui che le sfioravano la bocca, le gote, la fronte e quelle mani che fino a poco prima l’avevano stretta ora accarezzavano i suoi morbidi capelli. Sorrise. Era svenuta solo per pochi attimi, eppure, le sembrava di aver vissuto altre cento, meravigliose, vite.

Di nuovo. Le sue dita si muovevano con dolcezza, accarezzando il clitoride che diventava sempre più gonfio e rosso. E voglioso. Aveva fame. Aveva sete. Voleva nutrirsi di perversione e bere fantasie. Voleva ingozzarsi di esperienze, di novità. Voleva godere come non aveva mai goduto.
Ecco, ci siamo’.
I Signori spuntano e le saltano addosso, le mordono il collo.

Ha un coltello. Mi fissa in silenzio. Lei fissa lui, poi il coltello, poi di nuovo lui. E poi, come attratto, lo sguardo ritorna sul coltello. Lui lo muove, lo passa sulla propria pelle senza ferirsi e intanto osserva la ragazza. La studia. Lei è ipnotizzata. Incantata, rapita da quella lama. Immagini violente le riempiono la testa e si ritrova succube delle proprie fantasie, dei propri desideri. Lui le si avvicina, impugnando la lama, che brilla sotto il riflesso della luce.
La fa sdraiare.
Prende il coltello e inizia a passarlo sul suo corpo, sulla sua pelle di seta, sui suoi morbidi seni. La lama le bacia il viso, le sfiora le labbra. Le accarezza il collo. Un errore sarebbe fatale. Poi scende, fino a lambire i piccoli capezzoli e a burlarsi del suo ventre terrorizzato.
Più giù, più giù, fino ad arrivare a territori inesplorati, a confini inviolati .
Le coccola il sesso, percorre il clitoride.
Lei trattiene il respiro e sgrana gli occhi. Ha paura.
Il coltello risale e ora è duro sotto la sua gola. La lama preme. La bocca le si secca.
Cosa succederà? Cosa accadrà?
Lui la guarda e le prende una mano. Osserva le sue lunghe dita, le unghie curate. Sta sudando. E’ terrorizzata. Con la mano libera dalla lama infila un dito dentro di lei rivelando la sua eccitazione.
‘Lecca. Lecca i tuoi umori, troia’.
Lei obbedisce e succhia il proprio piacere dalle dita del suo uomo, in modo quasi osceno.
All’improvviso il suo scatto. Lui le blocca il polso e brandisce la lama. Le squarcia il palmo della mano.
Un urlo. Di dolore? O di sorpresa? O, ancor, di piacere?
Il sangue zampilla dalla sua mano e gocciola ovunque. Sporca le candide lenzuola, le cola in piccoli rivoli lungo il braccio.
‘Bevi. Bevi il tuo sangue.’
E lei lecca, con piacere, con passione. Beve tutto il sangue e sente l’eccitazione crescere. Ha la bocca rossa, tutta sporca.
‘Sei la mia troietta, ricordalo. Chi sei tu?’
‘Sono la sua troietta’.
‘Brava. Ma non mi basta. Voglio che ti ricordi bene quale sarà sempre il tuo ruolo. Tu sei la mia cagna, la mia schiava, la mia geisha e la mia troia. Sei qui per soddisfare me e ogni mio desiderio. Voglio che tu mi compiaccia. Devi meritarti la tua posizione’.
Lui si alza e fruga nella propria valigetta. Tira fuori un foglio e lo getta a terra.
‘Inginocchiati schiava, e scrivi con il tuo sangue chi sei e di chi sei.’
Le fa male la mano. La pelle pulsa, la ferita è gonfia ed il sangue gocciola elegantemente tutt’intorno.
Si inginocchia e china il capo. Osserva la carta, desiderosa di soddisfare il suo Uomo, di soddisfare sé stessa, la propria anima, mentre il suo dito si colora di rosso scrivendo su quel foglio bianco parole indelebili ‘Sono la Sua troia, Mio Signore’.
Gode.

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