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Racconti di Dominazione

IL FALLO GONFIABILE

By 24 Maggio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

L’avevo fatto incazzare e lo avevo fatto apposta. Le cose andavano bene fra noi, quell’uomo che nell’intimità chiamavo padrone era l’uomo della mia vita, con lui avevo scoperto gioie che non sapevo di poter provare, non era una mera questione di sesso, lui mi ascoltava, mi capiva, aveva mille attenzioni nei miei confronti e dedicava la vita a far si che la mia fosse stupenda, principesca. Lo avevo conosciuto in un periodo buoi, triste e in breve lui mi aveva presa per mano, aveva dato un senso a tutto quello che di brutto avevo nel mio passato, aveva trasformato ogni esperienza brutta in un tesoro prezioso da tenere stretto perché aveva fatto di me quella che ero, mi aveva fatto vedere come mi vedeva lui facendomi capire quanto speciale, unica e rara fossi. Mi aveva fatto riprendere fiducia nell’amore per poi spiegarmi cosa fosse l’amore vero e, infine, mi aveva sottomessa alla sua volontà trascinandomi la dove non sarei mai andata e facendomi scoprire cosa fosse il sesso per me.
Le cose andavano bene, no, andavano da impazzire e io risplendevo della gioia di vivere ma era uno in cui credere cecamente, ogni sua parola era una certezza su cui adagiare la propria vita e proprio per questo stava alle regole del padrone quanto io a quelle della schiava senza mai transigere per il solo piacere personale o per una voglia improvvisa. Non mi avrebbe mai punita per un motivo futile inventato li per li solo per approfittarne, non sarebbe stato giusto nei miei confronti e lui non lo avrebbe mai fatto quindi ci ho dovuto pensare io.
La sua camicia preferita, ce l’aveva da quando era adolescente e io la odiavo, volevo farla fuori da sempre e così, distrattamente, dimenticai il ferro da stiro ben appoggiato sopra tanto da bucarla da parte a parte.
Lui la guardò stupito, non era da me non fare attenzione a una cosa a cui teneva, mi guardò un istante e capì, capì che lo avevo fatto apposta, capì che volevo donarmi, capì che volevo farlo felice facendomi punire come gli piaceva tanto. Un accenno di sorriso, non riuscì a mascherarlo ma poi subito duro, mi girò le spalle e andò nel suo studio.
Pochi minuti e mi chiamò perentorio:
‘Giulia, vieni nello studio’
Mi presentai all’istante, un trucco leggero che metteva in risalto i miei lineamenti senza mascherarli, capelli neri, lucidi e lisci che arrivavano alle spalle, una sottoveste da camera che cadeva a cascata dal mio seno sodo e abbondante, i capezzoli turgidi che spuntavano prepotenti da sotto la stoffa, piedi nudi, ero esattamente come a lui piaceva, non vi era volta in cui, vedendomi così agghindata, non mancasse di farmi sentire il suo sesso virile in uno dei miei buchi. Ero eccitata dal pomeriggio, da quando avevo appoggiato il ferro da stiro per stare a guardare quell’orribile camicia ledersi irreparabilmente.
Lui era seduto sulla sua sedia, un modello tecnico, lo schienale alto, tutta nera con particolari in pelle, mi caddero gli occhi sull’oggetto che aveva in mano e mi venne un brivido, cazzo, me lo ero proprio dimenticato e pensare che ero con lui quando l’aveva ordinato, ero rimasta in silenzio mentre lo sceglieva, non era mio diritto aver voce in capitolo sui giocattoli che voleva usare sul mio corpo ma mi spaventava, era un dildo di lattice, tutto nero, le dimensioni erano abbastanza normali, forse venti centimetri ma il diametro era quello di un pene medio solo che dalla base partiva un lungo tubo che finiva in una pompetta, azionandola si spingeva aria nel fallo che cresceva in larghezza fino ad arrivare, per quello che diceva la scatola, ad un diametro di oltre dodici centimetri e dodici centimetri sono veramente tanti se intorno al fallo c’è la carne della tua fichetta o ancor peggio del tuo culo ma ormai era fatta.
Una goccia di sudore freddo mi scese fra le tette mentre iniziava a parlare.
I ruoli sono importanti quindi, per quanto sapesse che lo avevo fatto incazzare apposta, mi diede una bella strigliata, mi fece una ramanzina sul fatto che dovevo fare attenzione alle sue cose e concluse dicendomi che dovevo essere punita in modo che mi rimanesse bene in mente di non fare più un errore del genere. Durante tutto il discorso lui non fece altro che azionare la pompetta dell’aria, i miei occhi erano ipnotizzati nel guardare quel fallo che cresceva di dimensioni, alla fine il lattice era tesissimo e lo strumento aveva raggiunto il diametro pubblicizzato, era più grosso di una bottiglia d’acqua da 2 litri, mostruoso, le gambe mi tremavano dalla fifa ma poi mi costrinsi a distogliere lo sguardo per incontrare il suo, serio e mi ricordai che fra le sue mani ero al sicuro, che ogni volta che mi aveva costretta a fare qualcosa, alla fine, lo avevo ringraziato:
‘come punizione ora infilerai il mio pene tra le tue labbra, dovrai usare solo e soltanto la bocca e continuare fino a che non mi avrai fatto godere nella tua gola, mentre lo farai questo fallo sarà bene inserito, in tutta la sua profondità, nella tua vagina e io ci spingerò aria dentro per farlo gonfiare, come puoi vedere può raggiungere dimensioni che non sei in grado di ospitare e quindi può farti molto male, ti consiglio di impegnarti nell’affellatio molto più di quanto hai fatto nello stirare’
Detto questo azionò una valvolina che permise al fallo di sgonfiarsi fino alle dimensioni di riposo e si alzò in piedi, segno che dovevo iniziare.
Mi avvicinai e inizia a slacciargli la camicia, i suoi occhi, duri e seri, piantati nei miei, mi tremavano un po’ le mani per l’eccitazione ma alla fine liberai il suo petto godendo del suo buon profumo e gli sfila la camicia, chinandomi, il viso a sfiorare la pelle del suo corpo, attratta come una mosca dal miele, mi dedica ai pantaloni, scarpe, calzini e, finalmente, gli slip, svelando un sesso eretto, virile, sparato potente verso l’alto. Sentii il profumo del suo pene e la voglia di infilarlo nel mio sesso divenne enorme ma non mi era capitata questa fortuna. Mi allontanai quel tanto che serviva perché lui potesse vedermi completamente, feci scivolare le spalline della sottoveste che cadde subito a terra, inerme e inutile, il seno, una quarta abbondante, sfidava la forza di gravità con la tenacia della mia giovinezza, i capezzoli ritti a puntare verso di lui come a voler svelare la mia attrazione, un vitino stretto, ventre piatto, un culo appena abbondante, quel tanto che bastava a farlo sobbalzare quando mi sculacciava inculandomi robustamente, il pube ben rasato, non glabro ma con poco pelo, corto e curato, le grandi labbra appena visibili e già luccicanti degli umori che non riuscivano più a trattenere. Lo desideravo così tanto, desideravo talmente farlo godere del mio corpo, con il mio corpo che la paura di quell’oggetto divenne secondaria, mi sarei abbandonata al mio padrone priva di volontà certa che lui sapesse quello che era meglio per me.
Si accomodò sulla sedia, il sesso che svettava, mi avvicinai, inginocchia e lui si sporse verso di me, le labbra passarono a pochi millimetri senza incontrarsi lasciando un vuoto, un desidero, incolmabile, il suo viso al fianco del mio, sentivo il suo caldo, profumato respiro lambire il mio orecchio, vidi la mano che teneva il fallo passare davanti al mio viso, scendere passando, strusciando, fra le mie tette, la cappella di gomma che mi sfiorava l’ombelico mentre la sua, di calda e pulsante carne, mi sfiorava le labbra. Raggiunse la mia vulva e con gesto esperto, l’uomo che conosceva il mio sesso meglio di quanto lo conoscessi io, fece scivolare il cazzo nero nella mia intimità, copiosi umori resero facile l’invasione della mia fica, lui lo sapeva, sapeva che ero bagnata come una cagna in calore, non aveva bisogno di controllare, il mio corpo reagiva sempre ai suoi stimoli esattamente come voleva lui.
Mi sfuggi un gemito mentre inarcavo la schiena per quella massa che mi riempiva la fica, socchiusi gli occhi mentre lui la faceva entrare fino in fondo occupando tutto lo spazio in me, il respiro affannoso mentre si rimetteva comodo sulla poltrona, un piede in mezzo alle mie gambe accovacciate a tenere ben saldo l’oggetto in modo che non mi uscisse e poi attese.
Finalmente, la mia bocca si getto alla base del suo cazzo vogliosa, le mani appoggiate sulle sue cosce, morbidi baci su tutta l’asta a mascherare una voglia animale di morderlo, mangiarlo, risalii bacio dopo bacio tutto il cazzo fino alla cappella, la ricoprii di baci che mascherava sapienti colpi di lingua, cercava di restare impassibile, di fare il duro ma le contrazione del suo membro lo tradivano, il frenulo, ci appoggia le labbra furtiva e lo colpii con la punta della lingua, sussultò e allora mi ci appoggia, le labbra che succhiavano a ventosa per no farlo indietreggiare e la lingua che cominciava a torturarlo con un desiderio che difficilmente riuscivo a contenere ormai, il suo respiro si fece subito affannato, le sensazioni troppo forti che lo facevano agitare un po’ sulla sedia, le sue mani a prendere la mia testa, la pompetta nel suo palmo, vicino al mio orecchio, mi ricordai di cosa avevo nella fica e per la prima volta sentii l’aria che vi veniva sparata dentro, fino ad ora non avevo sentito nulla la sotto e mi tranquillizzai un po’, certo, avevo un bel cazzone nella fica e il suo piede che lo spingeva ritmicamente me ne faceva saggiare a pieno le dimensioni ma niente di fastidioso. Se avessi continuato così la mia punizione sarebbe durata ben poco e il suo caldo sperma mi sarebbe stato donato in fretta ma poi alzai lo sguardo, incontrai il suo viso contorto dal piacere e ricordai perché mi trovavo li, volevo donargli qualcosa in cambio di tutto quello che mi donava lui, staccai le labbra e ricomincia i miei baci a scendere verso il basso, arrivai alle sue palle e le accolsi, succhia, in bocca una ad una, leccando la pelle rugosa con delicatezza mentre il sesso mi sbatteva turgido sul naso. Con l’orecchio sentivo la pompetta che continuava ad essere azionata e iniziai a rendermi conto che il forellino della mia fica stava iniziando a protestare per la dilatazione. Non era nulla di che e non mi riguardava, lui sapeva cosa fare, il mio compito era prostrarmi al suo cazzo.
Liberai i testicoli dalle mie labbra e risalii la lunga, bollente, asta con la lingua per tutta la lunghezza e poi lo imboccai, la cappella trovò posto nella mia bocca e scesi, scesi con gesto esperto fino ad ingoiarlo tutto proprio come piaceva a lui, fino a che i peli pubici, profumati, non avvolsero il mio naso, le labbra che lambivano la base del suo cazzo, il suo gemito di piace mentre l’aria continuava ad essere sospinta dentro di me. Avevo impiegato tanto per riuscire ad imparare ad ospitare il suo membro nella mia gola totalmente, a lui piaceva da impazzire ma non mi aveva mai fatto fretta lasciando che trovassi il modo da sola, a volte sgraziatamente ma migliorando sempre, fu una soddisfazione immensa il giorno in cui riuscii nel mio intento, non scorderò mai i suoi occhi colmi di soddisfazione e orgoglio mentre nemmeno un centimetro del suo pene era rimasto libero dalle mie labbra.
Rimasi con l’asta ben conficcata in bocca per lunghi secondi per farlo godere della sensazione della mia gola sulla cappella ma quel cazzo di lattice che avevo dentro stava diventando veramente ingombrante, mi sentivo piena in modo imbarazzante, sentivo la carne del mio buchino tesa e rigida, sentivo lo stomaco gonfio e la fica slabbrata dentro mentre lui non accennava a smettere di far dilatare quell’oggetto e poi eccola li, la sua capacità più stupefacente, sembrava sapere sempre cosa ero in grado di accettare, le pompate d’aria cambiarono ritmo quasi lui sentisse quello che sentivo io, mi aveva di nuovo portato su quella sottile linea che divide il piacere dal dolore, era, di nuovo, riuscito a prendere pieno possesso del mio corpo al di sopra della mia stessa volontà, ero un giocattolo nelle sue mani incapace di opporre resistenza. Mi sentivo rigida come se dovessi fare attenzione ad ogni movimento, come se una mossa sbagliata potesse farmi esplodere, li, incastrata in quello strano gioco, con ogni muscolo teso e pronto a schivare un dolore che non volevo, non mi sentivo di provare, sentii il piacere percorrere la spina dorsale per raggiungere luoghi che normalmente erano preclusi. Il calore, nel basso ventre, si intensificò quasi si gonfiasse come l’arnese che avevo nella fica e iniziò ad invadere ogni fibra di me.
Feci uscire l’asta tenendo solo al cappella tra le labbra, morsi, succhia, leccai avidamente e poi giù tutto, quattro, cinque colpi in profondità, la punta del cazzo che sbatteva nel fondo della mia gola e poi fuori, ancora risucchi rumorosi, osceni, la lingua che saetta senza controllo, la voglia di morderlo, staccarlo mentre le labbra avvolgono scorrendo, strusciando e dando piacere. L’orecchio che sente l’aria, lentamente, spinta in me a farmi raggiungere nuovi limiti, nuovi orizzonti, è come se sapesse esattamente quanto sono dilatata e quanto posso dilatarmi ancora, è come se sapesse come far gonfiare quel coso, come e quanto la mia intimità può cedere senza cedere, senza ledersi. La sensazione che provo è così terribilmente vicina la dolore senza arrivare ad esserlo che il piacere per la penetrazione, per il piede che spinge quel gioco su e giù, per il suo grosso, amato e desiderato cazzo che gioisce fra le mie labbra che perdo totalmente il controllo, ondate di calore invadono il mio cervello per poi irradiarsi in ogni piaga del mio corpo quasi volessero raggiungere la mi anima. Come impazzita continuo il mio pompino can rapidi, continui e ripetuti affondi ad ingoiare il suo cazzo, mi fermo ogni tanto per leccarlo, assaporarlo e succhiarlo e poi violente discese, pause brevi in profondità e risalite. Il suo gemiti si fanno sempre più intensi, la voce roca, il respiro pesante mentre sento il battito impazzito del suo cuore attraverso la calda carne nella mia bocca, un’ultima, lenta, pompata d’aria in me, questa volta impazzisco tesa oltre ogni limite, godendo di una sottomissione assoluta e poi sento il pene tendersi, vibrare e, finalmente, lo sperma invadere la mia gola, liquido, caldo e salato. Lo accolgo trascendendo per la gioia mente il suo piede spinge l’enorme cazzo in me al ritmo del suo orgasmo, guardo di sfuggita quel coso che ho infilato dentro, non è neanche a metà della sua larghezza massima. Il suo sperma nella bocca a fiotti, il fallo che non riesce a scorrere tanto e stretto nella mia fica, è il mio sesso intero che si muove su e giù e il calore in me esplode come a squarciarmi la pelle per liberarsi, urlo per il piacere con un urlo soffocato sulla sua asta, sta ancora scaricandosi nella mia bocca mentre l’orgasmo mi attraversa la schiena per raggiungere il cervello e proprio in quell’istante, proprio al mio culmine, lui apre tutta la valvola del fallo che si sgonfia rapido sospinto dalla pressione della mia fica che torna alla normalità. L’intensa sensazione di sollievo dovuta all’improvviso essere liberata dall’invadente ingombro si mischia all’orgasmo in atto travolgendomi in pieno. Il mio corpo viene sconquassato da incontrollabili spasmi che lo attraversano per intero, mi accascio a terra seduta artigliando le sue cosce per sorreggermi, il pene, ormai pago, schizza fuori dalla mia bocca permettendomi di urlare tutto il mio piacere. Lacrime mi solcano il viso mentre risolini isterici mi sfuggono senza controllo per il misto di soddisfazione, godimento e sollievo magistralmente mischiati insieme dal mio padrone. Brividi, freddo e lui, accasciato sullo schienale della sedia, il sorriso soddisfatto stampato in faccia:
‘sei proprio una stronza, hai sempre odiato quella camicia ma’ ne è valsa la pena’
‘ti amo’
‘ti amo’

FINE

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