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Il medico delle donne

By 26 Settembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Una cosa che da bambino proprio non avrei voluto fare era il medico. Naturalmente, proprio per questo motivo, a diciotto anni mi iscrissi a Medicina. Oggi, esattamente dieci anni dopo quell’anno da matricola, il mio lavoro è aiutare gli esseri umani (soprattutto, le donne; soprattutto, giovani) a ritrovare se stessi. Non indosso nessun camice; non mi sono laureato in Italia. E, se devo dirla proprio tutta, non capisco nulla di ciò che comunemente si definisce ‘medicina scientifica convenzionale’. Ma, anche se l’abbigliamento e i soldi non hanno nulla in comune con quelli dei miei colleghi occidentali, alla fine sono diventato un medico. E, in questo momento, è la cosa che dà ancora un senso ai miei giorni.
Ci sono voluti sei anni in Cina, principalmente a Hong Kong, per capirlo. E anche per studiare a fondo la medicina taoista. Vi sembrerà strano, eppure ‘Mao’ non ha ancora distrutto lo spirito del ‘Tao’. Spero ardentemente che tale ipotesi non si verifichi mai. E, per restare in tema, tra tutte le mie speranze c’è anche quella di raccontarvi adeguatamente quello che mi è successo pochi mesi fa con Martina; e con sua sorella.

Era il 24 luglio. Quella che ritenevo la mia ultima paziente, della quale non a caso ho pure dimenticato il nome, era appena uscita. Mi sentivo stanchissimo, cosa non troppo anomala alle sette di sera. Stavo finendo di controllare gli appunti, e avevo già detto ad Alessia, la mia segretaria, di non far entrare più nessuno. In genere segue tutte le mie indicazioni. Quella volta, invece, bussò timidamente alla porta e, ancor più timidamente, mi disse che avrei dovuto visitare un’altra paziente.
-‘Ma sei impazzita? Sono le sette passate!’
-‘Lorenzo, credo sia importante. Vieni a dare un’occhiata’
Mi alzai controvoglia, ma Alessia mi aveva già convinto a non replicare oltre. Uno dei principi del Tao è quello di non opporre una resistenza rigida alle contrarietà.
Non credevo ai miei occhi, quando vidi chi avrei dovuto visitare. Gianluigi, il mio più caro amico d’università, dell’unico anno in cui frequentai l’università, stava in piedi, nervosissimo, al centro dell’ampio corridoio del mio studio.
-‘Gigi? è uno scherzo?’, riuscii a chiedergli. Non ci vedevamo, né sentivamo, da nove anni esatti. Quella che era stata un’amicizia cameratesca tra colleghi d’università, un giorno d’estate s’era sciolta come un gelato di cocco sotto il sole di Algeri.
-‘No Lorenzo. Purtroppo no’, mi disse avvicinandosi e abbracciandomi. ‘Sei la mia ultima speranza’. Non capivo proprio in che modo avrei potuto aiutarlo. Io, medico non convenzionale, specialista in tecniche ipnotiche; quando lui, che probabilmente s’era laureato brillantemente, proveniva da una famiglia di luminari.
-‘Hai problemi di salute?’, gli chiesi.
-‘Io no’, disse scuotendo la testa. E indicando con una mano la sala d’attesa, aggiunse: ‘Si tratta di Martina. Te la ricordi vero?’.
Mi sporsi con la testa in sala d’attesa, e vidi che la sua ragazza sembrava ancora come dieci anni prima. Solo un po’ più giù di morale. Mi avvicinai e le porsi la mano, salutandola con un certo distacco. Nonostante tutto, rimase indifferente. Non ricordavo fosse così maleducata, e mi decisi a guardare Gigi.
-‘Possiamo parlare io e te?’, mi chiese.
Annuii, preoccupato ma anche incuriosito; e lo accompagnai nel mio ufficio.

-‘Lorenzo, sei davvero la mia ultima speranza. Martina, che ora è mia moglie, da una settimana non si riconosce più. Come vedi, non parla. Né capisce gli altri’.
-‘E io cosa posso fare? Tu sei il rampollo di una famiglia di psichiatri, e sicuramente sei già diventato medico’.
-‘Ma nessuno psichiatra può capire una persona che non parla. Possono solo darle degli psicofarmaci, ma non voglio. Non voglio!’. Stava quasi piangendo. No, a quanto pare quella sera non sarei andato a casa presto.
-‘E quindi, l’ultima scelta è l’ipnosi? Sai che è molto, come dire, particolare?’
-‘Fai tutto quel che devi fare, ma fai qualcosa. Ti prego’, mi disse. ‘E, per favore, perdonami per averti abbandonato’.
Feci un cenno con la mano per chiudere il discorso, e gli dissi di andare a prendere sua moglie.

-‘Normalmente, non posso ipnotizzare nessuno senza una persona di sua fiducia qui dentro. Capisci bene i motivi, vero Gigi?’, chiesi mentre facevo stendere Martina sul mio lettino.
-‘E allora? Ci sono io, no?’
-‘Tu? è fuori discussione. Le cose dette sotto ipnosi possono dare molto fastidio’
-‘Lorenzo? Vedi che la situazione è al limite, vero?’. Non potevo che dargli ragione.
-‘Hai idea di cosa si tratti?’, gli chiesi sottovoce, in un orecchio. ‘Sai, giusto per sapere cosa chiederle, e non sparare a caso’.
-‘Certo che lo so’, rispose infervorato. ‘Chiedile della sua vita intima, sessuale’
-‘Senti Gigi, se vuoi le prove di eventuali tradimenti’, dissi in modo brusco ‘Puoi benissimo provare con gli investigatori privati’.
-‘Amico mio, ipnotizzala e falla parlare, ti prego. Capirai tutto, da solo’. Era di nuovo in lacrime.
Mi rassegnai, non avevo molte alternative. Cercai di guardare negli occhi la donna stesa sul mio lettino e non potei scorgere nulla. Era messa davvero male. Certo, se non sentiva nemmeno la mia voce, non avevo nessun miracolo nel mio repertorio.
-‘Martina, ascoltami. Cerca di rilassarti completamente’, iniziai a proferire. Erano le frasi di rito, terribilmente fuori luogo. Ma alla fine, dopo pochi minuti, era totalmente ipnotizzata. Adesso inizia il bello, pensai.
-‘Martina, tu mi senti e puoi rispondere alle mie domande. Non senti nessun altro suono, se non quello della mia voce. è vero?’.
A stento, ma dopo pochi secondi, rispose in modo affermativo. Suo marito era già felice. Aveva parlato, dopo una settimana di mutismo.
-‘Perfetto. Dimmi, cos’è successo una settimana fa? Era il 17 luglio. Cerca nei tuoi ricordi. Cosa vedi?’.
Rimase lì, un minuto o anche meno, in silenzio, turbata anche in ipnosi profonda. Non sapevo che, quando avrebbe iniziato a parlare, mi avrebbe descritto una delle esperienze sessualmente più crude che io ricordi. E, vi assicuro, ne ho vissute parecchie; e, dai pazienti, ne ho sentite raccontare di più.

-‘Il 17 luglio era sera, quando successe quella cosa. Io e mio marito eravamo andati da Milano a Genova apposta per quella cosa. Eravamo tutti e due troppo contenti’.
Stava diventando loquace, bisognava farle qualche domanda per non farla divagare.
-‘Ok, Martina. Riesci a dirmi di cosa si trattava?’, le chiesi. Mi ero totalmente scordato che suo marito era a due passi da me.
-‘Sì dottore. Gigi voleva farmi scopare da dieci uomini conosciuti su Internet. E io non vedevo l’ora. Aveva già messo delle mie foto su alcuni siti. Aveva scelto i dieci uomini che gli sembravano più eccitati e”. Aspettai che concludesse la frase. Ma non lo fece. Scorsi con la coda dell’occhio suo marito; iniziava a sudare.
-‘Ti piace farti scopare da tanti uomini?’. In genere, uso un linguaggio meno volgare, anche durante le sedute di ipnosi.
-‘Sì, ma prima di allora non l’avevo mai fatto. Per quello me lo ricordo perfettamente’.
-‘Benissimo. Parlamene liberamente. Ti interromperò il meno possibile’

(continua, molto presto)

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