Skip to main content
Racconti di Dominazione

Il punitore

By 17 Gennaio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Valeria è una collega d’ufficio ed anche un’amica.
Ci conosciamo da diversi anni e spesso lei si è confidata con me, quando aveva qualche problema.
Mi ha sempre fatto piacere raccogliere le sue confessioni, anche perché lei mi piace abbastanza, intendo fisicamente.
Se fosse stata un tipo diverso, cioè meno signora per bene di quello che appare, ma non è solo apparenza, forse si sarebbe concretizzato qualcosa di interessante.
Quando mi ha chiamato sul cellulare, quasi non la riconoscevo dalla voce, per quanto era raffreddata.
Sta attraversando un brutto periodo, visto che la sua relazione pluriennale con un tizio sposato sta volgendo alla fine.
Me ne aveva parlato a più riprese e mi ero fatto l’idea che il tizio fosse un bastardo che sfruttava la situazione. Avevo cercato, con un po’ di tatto, di farle capire che lei aveva delle aspettative eccessive sull’evoluzione della loro storia, ma non potevo spingermi più in là di tanto, altrimenti avrebbe pensato che io avessi degli interessi particolari.
Beh, qualche volta un pensierino ce l’avevo fatto: ‘dai, Valeria, con me staresti molto meglio, lascia perdere quello stronzo che ti tratta pure male …’. Naturalmente mi sono limitato a pensarle certe cose, e non le ho mai detto nulla del genere.
‘Ciao, sono Valeria, dovrei chiederti un favore enorme.’
La sua voce mi giunge roca ed ovattata, ed ho capito che è lei solo perché ho letto il display del cellulare.
‘Sono bloccata a casa con l’influenza e non c’è nessuno che mi possa aiutare, perché mio fratello è partito e la colf è tornata in Ucraina dalla mamma che sta male.’
Già, vivere soli comporta dei problemi, se ci si ammala.
Se si fosse trattato di un’altra persona, avrei tergiversato, mettendo delle scuse, ma siccome per Valeria ho un debole, ho preso carta e penna e mi sono fatto dettare una lunga lista della spesa.
E meno male che sta male: accidenti quanto mangia. Valeria è di quelle donne magre che non ingrassano, neanche a nutrirle a forza, lo so bene per averla vista spesso divorare dei piatti enormi senza battere ciglio.
Così sono uscito prima dal lavoro e sono passato al supermercato.
Quando ne sono uscito avevo due buste gigantesche e pesantissime, in grado di sfamare per una settimana una famiglia numerosa. Di mia iniziativa ho aggiunto una retina piena di arance siciliane, pensando che la vitamina C fa bene all’influenza.

Ma veniamo a quello che è successo con lei.
La sua voce al citofono mi è sembrata ancora più afona di come l’avevo sentita al telefono.
Quando, dopo una lunga attesa, mi apre finalmente la porta di casa, rimango veramente stupito del suo aspetto.
Valeria è quel tipo di donna sempre in tiro, vestita e truccata con cura. Ha passato i 40 da un po’, ma il suo corpo snello e slanciato non mostra per niente i segni dell’età. Solo il viso, magro ed irregolare, se lo si osserva bene, tradisce gli anni che ha, sapientemente nascosti sotto gli strati del trucco.
La Valeria che mi trovo davanti questa volta, è completamente diversa da quella che conosco.
Indossa una vestaglia nera, che le arriva al ginocchio, le sue gambe lunghe e magre, non protette dalle sue solite calze morbide e velate, sembrano ancora più magre, e mi appare anche meno alta del solito, ma credo dipenda dalle pantofole, visto che l’ho sempre vista con delle scarpe dai tacchi belli alti.
La massa dei suoi capelli scuri, in genere piacevolmente ondulati, ora è arruffata e spettinata, al punto da sembrare una specie di cespuglio incolto. Completa il tutto il suo viso senza un filo di trucco, che mostra delle occhiaie enormi.
Insomma, diciamo che non è proprio al meglio, ma poiché, come già ho detto, ho sempre avuto un debole per Valeria, l’effetto su di me non è poi così cattivo.
è vicinissima, proprio di fronte a me, e percepisco il suo odore. Avete presente l’odore di una donna appena uscita del letto? Non so perché, ma l’odore di un corpo femminile, che ha appena abbandonato il caldo delle coperte, mi ha sempre solleticato certi pensieri.
è un odore leggero e particolare. Nessun profumo e nessuna puzza, non so se mi spiego, ma un qualcosa di sottile ed inequivocabile, che mi fa venire l’idea di andarmici a ficcare subito in quel letto, ma non da solo.
‘Scusami se ti ho fatto aspettare, ma mi ero messa a letto, perché ho trentotto e mezzo.’
‘Non ti preoccupare. Dai andiamo a mettere tutto a posto in cucina.’
Mi fa strada facendo ondeggiare leggermente il suo bel culetto, perché Valeria è una di quelle donne che si muovono bene, anche quando sono in pantofole ed hanno la febbre.
Sistemo tutto io, lei si è messa seduta e mi da le indicazioni per mettere a posto la spesa.
‘Ti ho preso anche delle arance, se mi dici dove sta lo spremi agrumi, ti preparo una bella spremuta, vedrai che ti fa bene.’
Valeria si è alzata per prendere lo spremi agrumi e la vestaglia si è aperta.
è stato solo un attimo, perché l’ha richiusa immediatamente con le mani, ma ho visto.
Sotto, come capita a molte donne quando vanno a dormire, non porta nulla, ma non è questa la cosa più interessante che ho osservato.
Lei ha un’aria imbarazzata e preoccupata e sta cercando di capire se ho visto veramente tutto.
‘Senti, il tuo fidanzato’, scherzando abbiamo sempre chiamato così il tizio con cui sta, ‘non mi è mai piaciuto troppo, ho sempre pensato che fosse un po’ stronzo, ma così bastardo proprio non lo facevo.’
Sono indignato, per quello che ho visto, ma anche, lo devo ammettere, sottilmente eccitato.
‘No, non è come pensi tu …’
‘Ma dai, vorresti farmi credere che quei segni te li sei fatti da sola?’
Valeria è arrossita visibilmente, si vede che è a disagio, d’altra parte il suo migliore amico ha appena scoperto che lei ha le cosce pieni di segni che sono inequivocabilmente causati da cinghiate o simili e, cosa ancora peggiore, la mia frase l’ha messa in difficoltà, instillandomi il dubbio che sia lei l’autrice di quello che ho appena visto.
è ricaduta a sedere sulla sedia e la vestaglia si è aperta di nuovo, in parte.
Valeria rinuncia a coprirsi, visto che ormai non servirebbe a nulla e posso guardare liberamente le sue cosce, attraversate da numerosi larghi segni rossi, che in alcuni punti formano come delle bolle in rilievo.
Mi rendo conto che sono eccitato, non tanto per la vista fugace della sua fica pelosa, ma per sue cosce segnate dalle cinghiate.
Lei non lo sa, ma tutto questo rientra tra quelli che potrei definire i miei pensieri segreti, o meglio, oscuri.
‘Aldo non c’entra nulla, non so cosa penserai di me, ma ormai hai visto, e non è corretto che lo accusi ingiustamente, anche se, è vero, è proprio uno stronzo.’
Mi preparo a raccogliere l’ennesima confessione di Valeria e mi rendo conto che questa volta sarà molto interessante.
‘Ho sempre desiderato che qualcuno, un uomo, mi punisse, legandomi, sculacciandomi e, perché no, frustandomi. è una perversione? è grave? Non lo so, so solo che sono fatta così, ed anche altre donne sono fatte come me, anche se, finora, avevo sempre ricacciato indietro questi pensieri sbagliati.
Non vedo Aldo da più di un mese ed ho cominciato a mettere in atto questi miei desideri, facendo tutto da sola.
Ho trovato dietro al letto una sua cintura ed ho pensato di tenermela, poi una sera, quasi per gioco, mentre ero già a letto, mi sono data una cinghiata sulle cosce. Il resto lo sai.’
Si vergogna ma finalmente è riuscita a liberarsi di un grosso peso.
Se solo sapesse che io ho i suoi stessi pensieri, ma immagino di essere quello che maneggia la cinghia, forse si rilasserebbe.
Io sono rimasto in silenzio, con lo sguardo fisso sulle sue cosce scoperte e non riesco a staccare gli occhi da quei segni rossi.
Lei mi guarda preoccupata e si aspetta che sia io ora a parlare.
La prendo alla larga, mentre penso che la sistemerei molto volentieri sul letto per impartirle una bella dose di cinghiate.
Il mio discorso è lungo ed articolato, prima la tranquillizzo sul fatto che anche a me risulta che certi desideri siano condivisi da molte donne, e che non c’è niente di sbagliato in lei.
Ora la vedo più tranquilla, quasi rasserenata.
Poi viene la parte più difficile, perché sto per farle una proposta sorprendente, ma forse non troppo, data la situazione.
Vedo dall’espressione del suo viso che si è fatta più attenta e sta cercando di capire dove voglio andare a parare.
Quando concludo, in maniera chiara, dicendole che, se vuole, quando lo desidera, posso venire da lei ed impartire tutte le punizioni che desidera. Insomma, lei non ha che da chiedere ed io provvederò, con sommo piacere, a legarla, sculacciarla e frustarla finché non mi dice basta.
è rimasta letteralmente a bocca aperta, perché non si aspettava un simile epilogo, al massimo sperava in un po’ di comprensione da parte mia.
‘Allora ‘ tu, mi proponi ‘ di diventare …’
‘… il tuo punitore, sì, il tuo punitore personale. Non so se esiste questa parola, ma mi piace, mi suona bene.’
‘Beh, non so, ci devo pensare, ora non sto troppo bene …’
Mi chiede di riaccompagnarla a letto e lo faccio volentieri.
Cammina a fatica e si appoggia a me, mentre percorriamo lentamente il corridoio.
Sono combattuto: potrei sbatterla sul letto, legarla con la cintura della vestaglia, scoprirle il culetto e darle subito una prima razione di sculacciate, ma non vorrei forzarle troppo la mano, così mi limito ad accompagnarla in camera.
Una volta fuori della stanza mi volto un attimo, nella penombra vedo il corpo nudo di Valeria che si infila di nuovo sotto le coperte e penso che sono stato un cretino, perché durante la notte ci ripenserà, vincerà in lei lato della personalità corrispondente alla signora per bene e mi dirà di dimenticare quanto accaduto oggi a casa sua. Ho atteso con ansia che Valeria mi chiamasse. Penso che spetti a lei farsi viva.
Passano inutilmente tre giorni ed ormai inizio a credere che ci abbia ripensato. Forse ho sbagliato io, se quel giorno la sbattevo sul letto e le impartivo una bella punizione, magari avrebbe apprezzato il trattamento e si sarebbe convinta, ora, invece, avendo avuto tutto il tempo per ragionarci sopra, saranno venute a galla mille obiezioni etiche e morali, quindi, posso pure farci una croce sopra.
Quando ho sentito bussare alla porta della stanza, ho detto avanti senza pensarci troppo e me la sono trovata davanti.
Ha ripreso il suo aspetto solito, sempre in tiro, e solo un leggero pallore tradisce la sua convalescenza.
Chiude la porta dietro di sé, cosa che non fa mai, e mi dice con voce concitata: ‘ti devo parlare.’
Si è seduta sulla poltroncina di fronte alla mia scrivania ed ha accavallato le gambe. Indossa un collant di lana, molto pesante, per coprire i segni delle cinghiate, penso io.
‘Ho pensato a lungo alla proposta che mi hai fatto l’altra volta.’
Valeria è così, quando deve dire qualcosa va subito al sodo, senza tanti giri di parole.
Comincio ad essere preso dall’eccitazione, se mi è venuta a cercare il motivo può essere solo uno: si è convinta.
‘Sono tre giorni che ci penso e credo di voler fare una cosa del genere, però ho una sacco di dubbi e di paure. Io, di te mi sono sempre fidata, ma la situazione è molto delicata.’
Tira fuori dalla tasca un foglietto.
‘Quello che faremo potrebbe essere considerato molto male nell’ambiente dell’ufficio ed io voglio essere sicura che resti una questione tra me e te.’
‘Ma certo, stai tranquilla, sarò discreto e non ne parlerò mai con nessuno.’
‘Cosa mi garantisce che se io dico basta, tu smetti oppure preso da una specie di raptus, continui a colpirmi? Non voglio essere massacrata di cinghiate.’
‘Più della mia parola non posso darti, e poi io sono affezionato a te, non potrei mai farti qualcosa che non vuoi. Insomma sei costretta a fidarti, se vuoi che io diventi realmente il tuo punitore.’
‘Un’ultima cosa. Il nostro accordo è limitato alle sole punizioni, e non prevede altro tipo di rapporto tra noi, non so se …’
In Valeria, quando si affrontano certi argomenti, riaffiora sempre l’imbarazzo della ragazza di buona famiglia che è andata a scuola dalle monache, così le vengo in soccorso, anche se so che certi termini la imbarazzano.
‘Ho capito benissimo, quando sarai sottoposta alle punizioni, e magari sarai anche legata, eviterò di scoparti. Va bene?’
L’ho vista sussultare, perché certe parole la imbarazzano, ma credo di averla tranquillizzata abbastanza.
‘Va bene allora iniziamo oggi pomeriggio.’
E’ uscita dalla stanza senza aggiungere altro ed io ho seguito con lo sguardo il suo bel culetto che si allontanava lungo il corridoio.

Mentre guido veloce verso casa di Valeria sono eccitato ed emozionato.
Solo ora mi rendo conto che quello che sembrava un sogno irrealizzabile, sta per concretizzarsi.
Accidenti, avrei dovuto prendere qualcosa per legarla, ma ora è tardi e non faccio in tempo a passare dal ferramenta.
Prima di suonare il campanello rovisto nel bagagliaio della macchina e, l’unica cosa adatta che trovo, sono un paio di quei cavi elastici con i ganci, che uso per bloccare i bagagli quando monto il portapacchi sul tetto.
Oggi Valeria è veramente in tiro e mi viene ad aprire con un bel vestito corto ed attillato.
‘Come vuoi cominciare?’
Io un’idea della prima seduta da punitore me la sono fatta, ma preferisco lasciarla sulle spine e non dirle nulla, quindi mi limito ad un sibillino ‘aspetta e vedrai.’
E’ nervosa e preoccupata, lo vedo da come si stringe e si tormenta le mani.
‘Dopo avrò difficoltà a sedermi?’
Mi metto a ridere ma non le rispondo. è convinta che le prenderò a cinghiate il suo bel culetto. So anche il perché, è il suo pezzo forte e qualche volta le ho fatto anche dei complimenti a riguardo, che lei ha incassato sorridendo imbarazzata.
Prendo una sedia del soggiorno, la piazzo in mezzo alla stanza e le ordino di sedercisi a cavalcioni.
Lei esegue tutto docilmente, ma mostra un attimo di esitazione quando vede le corde elastiche.
‘E con quelle, cosa vuoi fare?’
‘Non ti preoccupare, ti lego soltanto, così è più interessante.’
Sta per dire qualcosa, la vedo nervosa e preoccupata, poi però non dice nulla e si mette a sedere.
Le lego strette le caviglie alle gambe della sedia una di qua e l’altra di là.
Protesta quando stringo i nodi ma ignoro quello che dice ed inizio a sbottonarle il vestito dietro alla schiena.
‘Aspetta che stai combinando?’
Faccio scendere il vestito arrotolandolo intorno alla vita e Valeria inizia ad agitarsi.
Con un po’ di fatica riesco ad annodarle i lunghi capelli, la crocchia non mi è venuta troppo bene, ma, tutto sommato, sono riuscito nell’interno di lasciarle libere la schiena e le spalle.
‘Mi vuoi dire che intenzione hai?’
Io non rispondo e le slaccio il reggiseno da dietro.
‘E se adesso ti dicessi che non voglio più?’
‘Non ci credo proprio.’
Le mie mani si infilano davanti e le sfilo completamente il reggiseno. La rapida toccata alle sue tette mi da come una sferzata. Ho sentito i suoi capezzoli piccoli e duri ed ho capito che è già bella eccitata.
Le faccio mettere le mani unite sulla spalliera della sedia.
‘Ecco, ora, da brava, poggia il mento sulle mani e non ti muovere finché non te lo dico io.
Preferisci la cinghia che ha dimenticato lo stronzo, o vuoi la mia?’
‘Dove mi colpirai?’
La sua voce si è fatta tremante, devi sbrigarmi a cominciare, altrimenti lei si tirerà indietro, così decido di usare la mia.
Valeria tiene il collo piegato all’indietro mentre io mi sfilo la cinghia.
‘Su, da brava, rimettiti come ti avevo detto.’
Si gira di nuovo in avanti e poggia il mento sulle mani.
Rimango un po’ a guardare la sua schiena magra completamente nuda. Si vede ancora netto il segno dell’abbronzatura causato dal reggiseno del costume.
Faccio un passo indietro e comincio a roteare la cinghia. Non ho mai fatto una cosa del genere e sono più emozionato ed eccitato di lei, probabilmente.
La cinghia si abbatte sulla schiena di Valeria producendo un sordo ciaff, è comparso un leggero segno rosso, mentre lei sobbalzava e gridava ahi.
Il secondo colpo mi riesce meglio, il rumore mi sembra più convincente ed anche il segno, questa volta è più netto. Lei non ha gridato ma il movimento che ha attraversato la sua schiena mi fa capire che lo ha sentito.
‘Ehi, tutto bene?’
Le sono passato davanti e le ho scostato i capelli che le erano finiti davanti agli occhi.
Una lacrima le sta scolando lungo la guancia ed ha un’espressione tesa.
‘Sì, tutto bene, continua.’
Continuo a colpirla, ora si lamenta ad ogni colpo ricevuto, mentre la sua schiena si copre di segni rossi. Un paio di volte la colpisco più di fianco e la punta della cinghia le arriva di striscio sui seni, allora la vedo scattare come una molla mentre grida di nuovo, come all’inizio.
‘Basta, per favore.’
‘Ho quasi finito. Solo qualche colpetto sulle spalle.’
‘Non potrò mettere abiti scollati.’
Ma guarda un po’ di cosa si va a preoccupare, questa, mi viene da pensare.
La colpisco diverse volte, dall’alto in basso, prima su una spalla e poi sull’altra, mentre lei china il capo sotto i nuovi colpi.
‘Ecco, è tutto finito.’
Le carezzo una guancia, ora ha il viso completamente bagnato di lacrime ed il trucco si sta sciogliendo.
‘E’ stato così terribile?’
‘Fa molto male, ma mi è piaciuto, aspetta ancora un po’ prima di sciogliermi.’
A questo punto succede qualcosa che non mi aspettavo proprio da Valeria, si infila le mani sotto la gonna del vestito e comincia a frugare.
Il primo gemito soffocato che emette mi fa capire a cosa sto per assistere.
Non mi era mai capitato che una donna si masturbasse davanti a me e poi, da Valeria, in genere così riservata, non me lo sarei proprio aspettato.
Un crescendo di gemiti e gridolini. è un vero piacere vederla scuotere la testa, con i capelli che si muovono sulle sue spalle arrossate, perché la crocchia mal realizzata da me, nel frattempo ha ceduto.
I suoi piccoli seni oscillano ed i capezzoli, rossi e duri sembrano descrivere nell’aria una danza selvaggia mentre lei si avvicina all’orgasmo.
Penso che ho fatto bene ad iniziare con la schiena perché, se ora avessi a disposizione il suo bel culetto, non avrei saputo resistere ed avrei contravvenuto alla sua terza richiesta.
Per un attimo mi passa per la testa l’idea di aprirmi i pantaloni e ficcarglielo in bocca, ma mi sembra troppo per una ragazza di buona famiglia che è andata a scuola dalle monache, anche se questo è accaduto parecchi anni fa.
Non mi resta che aspettare.
è la prima volta che assisto pienamente ad un orgasmo femminile, senza essere direttamente coinvolto, il suo corpo oscilla, mentre la schiena è scossa da tremiti e le sue gambe, per quanto permesso dalle caviglie legate alla sedia, si aprono e si chiudono, finché, con un grido acuto e prolungato, lei raggiunge il piacere.
Quando infine ricompaiono da sotto la gonna, le sue mani sono completamente bagnate.
Si toglie i capelli dal viso e mi elargisce un sorriso riconoscente, mentre io mi rendo conto di essere al limite, così corro in bagno.
Ho fatto appena in tempo, sarebbe stato un bel guaio tornare a casa con i pantaloni bagnati e sporchi.
Ho lasciato la porta del bagno aperta e, mentre finisco da me quello che avrei preferito facesse lei, sento la voce di Valeria che mi chiama.
Quando ritorno da lei, vedo che sta tentando inutilmente di liberarsi le caviglie.
‘Per favore scioglimi, le corde sono troppo strette.’
Inginocchiato di fronte a lei, impiego un po’ a liberarla perché, a furia di muoversi, i nodi si devono essere serrati troppo, e poi è anche una scusa per toccarle le gambe.
Le sono rimasti i segni sulle caviglie così la massaggio un po’. Mi lascia fare e le mie mani risalgono sui polpacci mentre Valeria sospira leggermente.
‘Adesso, aiutami ad alzarmi, perché sono veramente stanca.’
Va bene, per oggi può bastare, penso.
Valeria non si regge in piedi e, quando la faccio alzare dalla sedia, è costretta ad appoggiarsi sulla mia spalla.
I segni sulla schiena ora sono di un colore violaceo e, in alcuni punti, la pelle si è sollevata formando delle bolle in rilievo.
Le si piegano le ginocchia ed affonda il viso nel mio petto mentre sento i suoi seni premermi addosso.
‘Dai prova e tenerti su che ti aiuto a rivestirti.’
Alla fine riesce a recuperare l’equilibrio, se ne sta in piedi, con le gambe leggermente divaricate e si tiene i seni nelle mani, mentre io cerco di far risalire il vestito.
Come la stoffa tocca la parte della schiena colpita dalle cinghiate, lei fa una smorfia di dolore, così decidiamo di rinunciare e Valeria rimane con il busto scoperto.
L’accompagno nella sua camera, camminiamo piano, uno a fianco all’altra e, quando lei è di fronte al letto, ci si butta sopra, di traverso.
‘Ora fa molto male, ma mi è piaciuto molto, sai. Lasciami sola adesso, proverò un po’ a riposare.’
Me ne sono andato in silenzio, dopo averle fatto una carezza sulla schiena, sicuro che quella era stata solo la prima esperienza di una lunga serie. L’indomani Valeria non si è vista al lavoro.
è ricomparsa il giorno successivo. L’ho incrociata nel corridoio mentre parlava con una collega e le raccontava del terribile torcicollo, che l’aveva bloccata a casa.
Mi viene un po’ da ridere: altro che torcicollo.
Valeria indossa una maglia molto accollata ed intorno al collo ha messo un foulard di seta, in modo da lasciare le spalle completamente coperte.
L’ha pensata bene la scusa.
Cammina un po’ rigida, cosa strana per lei, che ha sempre avuto un’andatura sciolta e poi ho notato una cosa curiosa: sotto la maglia, i suoi piccoli seni ondeggiano leggermente quando cammina e si intravede la sporgenza dei capezzoli.
Insomma Valeria, cosa inusuale per lei, è venuta in ufficio senza reggiseno, d’altra parte, dubito che la sua pelle possa sopportare il contatto con le spalline.
Aspetto un po’ e poi la vado a trovare nella sua stanza.
Richiudo la porta dietro di me, anche se so che le da fastidio, perché ritiene che qualcuno potrebbe pensare male.
‘Vale, come ti senti? Ho sentito che hai il torcicollo.’
‘Accidenti a te, ma hai proprio conciata bene. Però …’
‘Però cosa?’
‘Però …’, esita un po’, ‘mi è piaciuto.’
‘Oh, di questo ne ero proprio sicuro, si vedeva sai?.’
E’ arrossita. Sicuramente sta ripensando a quando si è masturbata selvaggiamente davanti a me.
‘Se ti è piaciuto possiamo continuare.’
‘Magari tra qualche giorno, perché adesso non sono proprio in grado. Sto mettendo una pomata per le scottature che avevo preso quest’estate al mare ma non è facile spalmarmi la schiena e non posso farmi aiutare da nessuno, senza dover dare troppe spiegazioni.’
‘Ti sbagli, potrei spalmarti io.’
‘Non è che poi non sai resistere e …’
‘Ti giuro che riprenderemo i nostri giochini solo quando lo vorrai tu.’
Facciamo un po’ di tira e molla, ma alla fine si lascia convincere, anche perché non ci sono altre soluzioni.
Così, oggi pomeriggio, uscito dal lavoro, il punitore si trasformerà in spalmatore.

Trovo molto eccitante, spalmare di pomata la sua pelle arrossata e scorticata.
Si è tolta la maglia ed ha raccolto i capelli fermandoli con un nastro.
Avevo visto giusto in ufficio: è senza reggiseno e le sue piccole tette, con i capezzoli sporgenti, sono una delizia a vedersi, ma la visione dura poco perché si sdraia sul letto ed aspetta che io inizi.
Tra me e lei c’è sempre stata una sorta di complicità, come quando scappavamo da qualche riunione di lavoro pallosa, per andare a mangiare fuori dell’ufficio, oppure quella volta che le era finito qualcosa nell’occhio ed io mi ero incaricato dell’esplorazione e della rimozione del corpo estraneo.
Ora però è diverso, perché le mie mani stanno esplorando la sua pelle nuda e noi due condividiamo un segreto inconfessabile, per non parlare della sua masturbazione, avvenuta davanti a me, una cosa a cui neanche mia moglie mi ha mai permesso di assistere.
Devo fare piano, perché quando passo le dita sui segni delle cinghiate, lei sobbalza e dice che le faccio male.
Alla fine, però, trovo il tocco giusto e lei si calma.
I segni stanno guarendo e quelli più leggeri sono quasi spariti. Solo sulle spalle la situazione è peggiore, perché la cinghia sembra aver colpito più duramente e penso che non potrà portare il reggiseno ancora per parecchi giorni.
Meglio così, potrò ancora godere delle sue tette libere sotto i vestiti.
Quando sono andato via ero parecchio eccitato e credo che Valeria fosse nelle mie stesse condizioni.
Chissà, forse appena ho chiuso la porta di casa avrà preso a masturbarsi.

L’ho spalmata per tutta la settimana. Il problema è stato sabato e domenica, perché io ho famiglia e non sapevamo come fare.
Abbiamo risolto che il sabato mattina lei è venuta vicino casa mia parcheggiando la sua auto in un posto poco frequentato. Mi ha fatto due squilli sul cellulare e l’ho raggiunta a piedi.
è stata una spalmatura rapida e poco accurata, ma più di questo non si poteva fare.
Pensa se dovesse passare di qua mia moglie, che cazzo le racconto?
Per la domenica non abbiamo trovato soluzioni, così le ho proposto di rimandare il tutto alla mattina successiva in ufficio.
‘Ma sei matto? E se entra qualcuno?’
‘Se vieni molto presto non corri troppi rischi’, ho ribattuto io.
Così ci siamo incontrati in ufficio alle 7,30, abbiamo aspettato che la donna delle pulizie finisse il giro e poi siamo andati nella sua stanza.
Valeria si è tolta in fretta la maglia e si è appoggiata alla porta chiusa, come per essere sicura che nessuno potesse aprirla.
Questa volta me la sono presa comoda, perché l’idea che stavamo facendo qualcosa di proibito mi eccitava molto. Lei invece, specie all’inizio, era molto tesa.
Si è un po’ sciolta solo verso la fine, allora ne ho approfittato: le mie dita, ancora unte della pomata, sono scivolate lentamente in avanti, sulle sue costole, fino a trovare le tette.
‘Lo sai che sei quasi guarita? Tra qualche giorno ricominciamo.’
La sento che inizia a respirare più forte.
‘Potrei prendere a cinghiate il tuo bel culetto …’
‘… ti prego …’
‘ ‘ oppure queste belle tettine …’
Ora le sto strizzando i capezzoli e sento che lei inizia ad eccitarsi.
‘Basta, per favore, non qui.’
La lascio andare e Valeria si infila frettolosamente la maglia.
Sono sicuro che se fosse stata a casa sua mi avrebbe gratificato con un altro spettacolino.

Abbiamo ripreso le normali spalmature pomeridiane e devo dire che ora lei è più tranquilla perché i segni sono quasi scomparsi.
Mi ha confessato che temeva rimanessero per sempre, ora invece è disposta a proseguire.
Giovedì sono passato da lei parecchio tardi, perché mi ero dovuto trattenere in ufficio, così, quando sono arrivato a casa sua l’ho trovata con indosso una tuta grigia attillata.
Lei non lo sa ancora, ma ho deciso di darle un’altra dose di cinghiate.
Ho una cintura nuova, di pelle morbida ed intrecciata che, sono sicuro, andrà benissimo.
Questa volta si siede su un panchetto, porgendomi la schiena nuda, mentre si lega i capelli con un elastico.
Mentre la spalmo intanto ricontrollo il piano che ho accuratamente preparato mentre raggiungevo casa sua in macchina.
La vedo parecchio su di giri: ha un’espressione sensuale e si tieni i seni con le mani messe a coppa, mentre io procedo.
Ecco, abbiamo finito, almeno lei pensa. L’aiuto ad infilarsi di nuovo la maglia, lei mi volta le spalle ed è assolutamente ignara di quello che le sta per accadere.
Meglio così, sarà ancora più eccitante.

Leave a Reply