Skip to main content
OrgiaRacconti CuckoldRacconti di Dominazione

Il rappresentante 8 – A terra

By 11 Settembre 2023No Comments

Nel primo pomeriggio, il Sea Master entrò nel porto turistico di Nizza, in Francia.
Mentre entravamo, Angela impose a Marica di stare in piedi, nuda, allìestrema prua, quasi fosse una sorta di polena, lasciando che tutti potessero osservarla a proprio agio.
Lei avvampava dalla vergogna, soprattutto quando, incrociando altre imbarcazioni che uscivano dal porticciolo, i fischi ed in commenti in diverse lingue le si frangevano addosso come onde di una mareggiata.
Poco prima di attraccare, Angela giudicò soddisfacente l’umiliante esposizione di mia moglie e le concesse di potersi ritirare sotto coperta.
Come lo yacht fu attraccato, tre uomini di evidente origine africana salirono a bordo, accolti festosamente da Sasha e François; vedendo il mio sguardo curioso, Marco mi spiegò che erano gli altri membri dell’equipaggio del Sea Master, che avevano avuto degli impegni a terra e che avremmo reimbarcato per il resto della crociera.
Dopo pochi minuti, un taxi si accostò alla passerella e vidi scendere François con uno dei nuovi arrivati (Victor, poi mi hanno detto) con informali short e canottiere, seguiti da Angela con un elegante vestitino a fiori e Marica che indossava solo un trench bianco, slacciato ma con la cintura strettamente annodata in vita, ed un paio di scarpe alte fino alla caviglia con almeno otto centimetri di tacco a spillo.
Salirono a bordo del taxi e lasciarono noi uomini a bordo.

Angela, mentre ci avviciniamo al porticciolo di Nizza, mi dice di andare con lei, mi porta sull’estrema prua e mi fa restare con una mano ad afferrare un’asta all’estrema prua e i piedi allargati, per essere stabile nonostante le oscillazioni dello yacht.
Resto lì, nuda, esposta ai famelici sguardi degli occupanti dei battelli che incrociamo; mi urlano in varie lingue oscenità, immagino, o semplicemente «Salope!» ed io piango, umiliata.
Alla fine, siamo ormai all’interno della bocca di porto, mi dice di seguirla ed io, con sollievo, mi tolgo dalla pubblica vergogna.
Andiamo nella sua cabina e lei mi ordina di indossare un paio di polacchine nere chiuse da un cinturino, con un altissimo tacco a spillo, almeno dieci centimetri.
Come indosso la prima e carico il mio peso su quel piede per indossare l’altra, sento una sensazione dolorosa sotto il lato esterno del tallone; guardo Angela, interrogativamente, ma lei sorridendo maligna, mi spiega che è una piccola modifica che ha fatto con due sassolini e due pezzetti di cerotto… “così camminerai sculettando per bene, come una troia quale sei!»
Per coprimi, mi porge un trench bianco panna e mi ordina di non allacciarlo, ma di tenere semplicemente chiusi i lembi annodando la cintura. Eseguo, ma ricordandomi quanto sia facile che i lembi si aprano scivolando sotto la cintura, l’annodo strettamente.
Come tocco finale, mi da un paio di grossi occhiali da sole ma, come me li provo, scopro che sono quasi completamente opacizzati e posso vedere sotto attraverso due piccolissime zone scure ma trasparenti al centro.
Poi mi prende a braccetto e sbarchiamo, salendo su un taxi che ci aspettava sul molo, insieme a François ed ad un altro marinaio, di quelli che si erano appena uniti a noi.
Seduti a bordo del minivan taxi,dopo aver dato l’indirizzo all’autista, Angela si gira verso di me e mi sussurra: «Dimenticavo: da questo momento tu starai assolutamente zitta, senza dire una sola parola, come se fossi una povera muta, capito?”» «Sì»
Lo schiaffo mi colpisce la guancia, forte. «I muti annuiscono, non parlano, capito?»
Stavolta annuisco.

§§§§§§§§§§
Sono Sabrina, una bella trentaduenne mora, occhi neri, alta poco più di uno e sessanta, ho una terza di seno ancora saldo, un sederino che attira spesso occhiate ammirate per strada e con tutte le cosine al posto giusto, carattere dolce, anche se forse non sufficientemente energico, in certi frangenti e, come tanti altri napoletani, ho lasciato la mia città cercando la mia strada nella vita trasferendomi altrove; dopo aver vissuto diversi anni a Roma e poi al nord, una serie di combinazioni mi ha portata qui, a Nizza, finalmente con un centro estetico tutto mio.
In un vicoletto non troppo distante da Place Massena, avevo il mio centro: piccolo, discreto; l’avevo voluto con l’entrata ed il corridoio rivestiti in ciliegio, mentre per le tre cabine avevo scelto il noce perché lo trovo più riposante.
Le pareti delle cabine le avevo volute attrezzate con scansie a scomparsa di diverse misure in cui mettere qualsiasi cosa, dai flaconi dell’olio ai rotoli di carta, dagli asciugamani al cestino dei rifiuti.
Spot ad intensità variabile illuminavano i camerini con una luce perfettamente diffusa.
All’entrata un elegante tocco classico veniva dato da una piccola scrivania dell’800 sulla quale non stonava un piccolo ma efficientissimo computer. L’ambiente era completato, in stile con la scrivania, da due poltroncine ed un tavolino.
Ero molto orgogliosa del mio centro ed avevo la fortuna di essermi riuscita a creare una clientela di buon livello, per cui ricevevo unicamente su appuntamento e avevo potuto scegliere di indicare l’attività con solo una discreta targa di ottone accanto alla porta.
Quel giorno, mentre finivo il massaggio rassodante a Madame Brancout, diedi un’occhiata all’orologio e, dentro di me, sorrisi: accompagnata Madame alla porta, avrei avuto giusto il tempo di riordinare un pochino in attesa della prossima visita: una signora italiana di passaggio per Nizza, che mi aveva contattato grazie ad un’altra mia cliente.
Dopo lei, qualunque servizio avesse voluto, avrei finito la mia giornata e sarei andata a fare un giro ed un pochino di shopping, prima di andare a casa, prepararmi, cambiarmi ed incontrare un mio ammiratore, il quale mi aveva invitata a cena il un ristorante molto elegante.
Uscita che fu, mi misi a rigovernare e poi andai un attimo in bagno: stavo per sedermi per fare due gocce di pipi quando notai che qualche mia cliente che aveva usato la toilette aveva gettato un tovagliolino sporco di rossetto nella tazza; in quella squillò il telefono e automaticamente, azionai lo sciacquone prima di andare a rispondere.
Il tempo di fissare un appuntamento per la prossima settimana e finalmente potei sedermi sulla tazza per dare sollievo ai miei reni; non feci caso al rumore dello sciacquone che si ricaricava, ma mentre ero vestita venni letteralmente lavata dall’acqua che continuava ad affluire nella cassetta senza che l’apposito galleggiante entrasse in funzione.
Quel bastardo di idraulico!!! Salii in piedi sulla tazza, sbloccai il meccanismo difettoso e poi considerai le mie condizioni: stando china in avanti, l’acqua aveva inzuppato la schiena della mia cappetta da lavoro e il tanga che rappresentava l’unico altro mio capo di abbigliamento…
Indossai una cappetta asciutta (accidenti! L’ultima rimasta pulita: proprio quella che non indosso mai perché é più corta e stretta delle altre!) e pensai all’effetto sgradevole del perizoma bagnato sulla pelle: tanto il successivo appuntamento sarebbe stato per una signora, riflettei, e quindi potevo anche decidere di stare senza intimo… se mi fossi accidentalmente scoperta, forse avrebbe addirittura fatto un sorriso complice, come a volte capitava e così lo tolsi senza pormi problemi.
Con pochi minuti di ritardo, suonarono alla porta; azionai il comando di apertura ed entrò, sorridendo una bella ed elegante signora sulla quarantina, con un sorriso cordiale ed accompagnata da una ragazza della mia età, con indosso un incongruo trench stretto in vita e grossi occhiali da sole: mi faceva pensare ad una via di mezzo tra un agente segreto ed una star in incognito, se non fosse stato per l’andatura molto ancheggiante su orribili polacchine con un tacco assurdo; dietro loro, un algerino sui venticinque anni ed un senegalese alto, quasi a ridosso dei quaranta, con due spalle ampie e muscolose, vestiti con short, espadrillas e canottiere colorate.
La signora mi spiegò che la sua amica «… una povera muta, pensi!», aveva bisogno di essere completamente depilata, «…a parte ovviamente i capelli, eheheh!» e di assottigliare le sopracciglia «troppo folte, non trova?»
Assentii: in effetti, affinarle un pochino non guasta mai, da quanto potevo notare nonostante gli occhialoni da sole.
«Ah, che sciocca! A momenti dimenticavo: mi hanno detto che lei è anche in grado di… »
Mi dichiarai disponibile ad effettuare le cose richieste e quando la signora seppe quanto avrebbe speso, mi pagò anticipatamente, aggiungendo una buona mancia che me la rese ancora più gradevole.
«Sa, io adesso devo andare a fare degli acquisti, ma lascerò la signorina con questi due marinai della mia barca: ma tra al massimo un paio d’ore sarò di ritorno… e se sarò soddisfatta, come penso, le lascerò un altro piccolo pour-boire per il fastidio…»
Detto ciò, uscì ed io invitai la giovane donna -sculettante in modo grottesco- a seguirmi in una delle cabine.
§§§§§§§§§§

Durante la corsa in taxi, i due uomini mi toccano, mi frugano: Victor. Il senegalese, vorrebbe anche piegarmi con la bocca sul suo inguine, ma Angela gli fa segno che c’è l’autista e lui desiste, bofonchiando.
Dopo una ventina di minuti, arriviamo in una stradina ed Angela suona ad una porta accanto ad una vetrina a specchio; una piccola targa dichiara che si tratta di un centro estetico.
Entriamo e veniamo accolti cordialmente da una bella donna, una classica bellezza mediterranea, di altezza media e con un bel fisico, a giudicare da quanto si intuiva da sotto la cappetta da lavoro giallo vivo; colore che esaltava i capelli corvini e l’incarnato olivastro, con una bella bocca ed viso illuminato da due grandi occhioni neri.
Angela le spiega che vuole che io sia completamente depilata e… oddio, no! Non vorrà davvero farmi anche quello!
Ma lei continua, ignorando totalmente della mia contrarietà alla seconda parte del progetto, e spiega che sarebbe andata a fare shopping e che sarebbe tornata lì a un paio d’ore; avrebbe però lasciato i due marinai in mia compagnia… sospetto che abbia organizzato così per fargli godere la mia umiliazione per la totale esposizione e la manipolazione fatta dall’estetista.
Ho voglia di piangere e mettermi ad urlare, ma uno strano languore mi sta coinvolgendo, mio malgrado.

§§§§§§§§§§
Come entrammo nel corridoio, i due marinai ci vennero dietro senza che lei protestasse, nonostante avesse sicuramente capito che avrebbe dovuto restare nuda per la depilazione totale; se non era un problema per lei, figuriamoci per me che dovevo solo lavorare… e pagata anche bene, per giunta!
Entrati (tutti, un po’ strettini!), nella cabina, invitai la giovane donna ad appendere l’impermeabile all’attaccapanni e non fui in fondo molto stupita di scoprire che sotto non indossava nulla; una sorta di premonizione mi aveva come avvertita dell’eventualità.
Gettai un’occhiata ai due marinai, ma guardavano la donna con annoiata indifferenza, come se fossero lì per un noioso incarico.
Per cui la feci sdraiare supina sul lettino e cominciai il mio lavoro, eliminando i radi e fini peli dalle sue gambe; verificai poi che le cosce fossero perfettamente lisce e poi affrontai i suoi peli pubici, di cui restava solo un triangolino ben rifilato; comunque, essendo l’incarico di depilarla completamente, mi occupai anche della parte intorno al suo sesso, dalle labbra piene e sporgenti.
Per fare un lavoro accurato, ovviamente mi piegai sul suo pube, ma solo allora ricordai che non indossavo intimo, con quella cappetta stretta e corta e che dietro di me avevo i due marinai, che sussurrarono tra loro ridacchiando, segno evidente che avevano colto ed apprezzato lo spettacolino involontario.
Mi sentii le guance avvampare, ma decisi che era poco professionale dar loro modo di capire il mio imbarazzo e proseguii il mio lavoro, come nulla fosse.
Pregai la mia cliente di aprire meglio le gambe e, per non dare nuovamente spettacolo ai due, mi spostai un po’ sbieca, abbassandomi a farle accuratamente il mio lavoro all’attaccatura delle cosce.
Però mi ero abbassata forse troppo e strofinare il mio capezzolino sul suo braccio inerte lo aveva fatto inturgidire: la cappa troppo stretta, che mi stringeva il seno, faceva risaltare nitidamente il capezzolo e rendermene conto mi fece inturgidire anche l’altro.
Mi sentivo strana, torbidamente coinvolta in quella situazione, con due muscolosi marinai dietro di me che, li avevo sbirciati!, ora stavano con la testa reclinata ed un sorrisino stampato sulla faccia, in attesa del mio prossimo… errore di movimento.
Pensando a queste cose, mi distrassi un attimo e casualmente sfiorai le turgide labbrine del sesso della giovane: erano umide!
Oddio! Mi sentii inumidire anch’io. Ma cosa mi stava succedendo?
Allungai la mano per afferrare il flacone di olio emolliente, ma lo urtai maldestramente e quello cadde dal carrellino di servizio, rotolando sotto il lettino.
Dovevo raccoglierlo. Oppure prenderne un altro, ma era nello scomparto in alto e, allungandomi fino a raggiungerlo, avrei indubbiamente dato spettacolo: meglio accucciarsi, mostrando il fianco ai due e raccoglierlo, tanto erano pigramente appoggiati agli stipiti della porta della cabina, con le possenti braccia incrociate.
Mi abbassai e tentai di raggiungere il flacone, ma lo toccai solamente, facendolo rotolare ancora più sotto al lettino; concentrata com’ero a non dare spettacolo ai due ed a raggiungere quell’accidente di barattolo, persi l’equilibrio e caddi sulle ginocchia.
Subito, il marinaio più anziano si avvicinò e mi porse la mano per rialzarmi; con un sorriso accettai e mi tirò in piedi così rapidamente che persi l’equilibrio di nuovo, rischiando di franargli addosso: lui mi afferrò per i fianchi e fece una piroetta come se stessimo ballando, girandomi verso il lettino dove la giovane guardava i miei goffi movimenti senza dire parola.
Solo un secondo più tardi realizzai che il marinaio, tenendomi innocentemente per i fianchi, aveva fatto risalire di un paio di strategici centimetri l’orlo dell’indumento e difatti percepii la presenza del giovane alle mie spalle, prima ancora di sentire la sua larga mano che mi accarezzava il sedere.
Mi scostai, irritata. Loro mi sorrisero come… non so, come leoni intorno ad una gazzella in trappola: vagamente inquietanti, ecco!
Mi sentivo… turbata dalla loro presenza: ormai sapevano per certo che ero senza slip e sicuramente si erano prefigurati una loro situazione. Ed io… beh, io da una parte li temevo, ma forse, poi, in fondo….
Mi concentrai sul lavoro, ma mi sentivo le guance e la passerina calde…
Finii di depilare la giovane sul davanti, dopo averle anche sistemato le sopracciglia (ma senza assottigliarle troppo: danno espressività al viso e rimandano agli occhi, le sopracciglia!), poi le chiesi di voltarsi e cominciai dai polpacci.
§§§§§§§§§§

3
3

Leave a Reply