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Racconti di Dominazione

Inaspettatamente 2

By 5 Aprile 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Il giorno dopo e quelli seguenti lui mi ignorò. O meglio, ignorò quello che era successo perché si comportò con me con la stessa gentilezza e cordialità che usava prima del nostro ‘incontro’ a casa mia.
Io fremevo, avrei voluto affrontare l’argomento, parlare di quello che era successo.. E lo ammetto, avrei voluto che mi cercasse, perché ormai bastava il suono della sua voce per farmi sentire un brivido tra le gambe, seguito da un calore che si diffondeva fino al basso ventre.
Ma niente, lui mi salutava e chiacchierava del più e del meno con me e gli altri colleghi senza scomporsi. Dal canto mio, non osavo fare il primo passo, non sapevo come cominciare, non osavo affrontare quell’argomento che mi eccitava, ma mi imbarazzava allo stesso tempo.
Dopo alcuni giorni, però, decisi che era abbastanza e misi in atto una strategia. Sostituii i miei eleganti tailleur da ufficio con un abbigliamento più sfrontato, abbinato ad un trucco provocante. Notai gli sguardi vogliosi di più di un collega, li vedevo indugiare sul mio decolleté generosamente esposto, o sulle gambe nude, ma lui nulla, sembrava non notare il cambiamento.
Fino a quella mattina..
Vestita di una minigonna svolazzante abbinata ad una giacca aderente, avevo cercato qualsiasi scusa per passare davanti alla sua scrivania. Lui, serafico, mi rivolgeva candidi sorrisi, senza perdere la concentrazione. Ero così frustrata che avrei voluto piangere. In più il mio lavoro di quel periodo era alquanto complesso e mi ero accorta proprio quel giorno che mi mancava la copia originale di un documento importante, che avrei dovuto cercare in archivio. Sconfortata e di cattivo umore, raggiunsi la stanza con i faldoni e cominciai a scorrere svogliatamente le lettere dell’alfabeto scritte sulle cartelle, quand’ecco che si spense la luce. Qualcuno doveva essere passato e averla spenta senza accorgersi della mia presenza. Mi avviai alla cieca verso l’interruttore, quando un corpo si stagliò davanti a me, sbarrandomi la strada. Lo riconobbi, era lui.
‘Ti sono mancato, eh? Ricordati.. Se vuoi che tra noi funzioni, devi capire che sono io a decidere quando e come.. Non basta una scollatura a farmi cambiare idea.’
Non riuscivo a parlare. Avevo atteso tanto quel momento, eppure adesso l’eccitazione, la paura di essere scoperta, l’inquietudine, mi serravano la gola. Mi spinse contro uno scaffale, il viso rivolto ai documenti polverosi, e premette il suo corpo contro il mio. Mi strinse i seni, poi velocemente scese alla gonna. La sollevò e mi palpò anche le natiche, rudemente, come per saggiarne la consistenza. Afferrò le mutandine e le spinse verso il basso. Si accovacciò, portandole fino alle caviglie e io, come un automa, gli permisi di togliermele alzando prima un piede, poi l’altro. Divaricai leggermente le gambe quando lo sentii tornare su e spingere un dito all’interno del mio sesso. Non era successo nulla, ma mi sentivo a un passo dall’orgasmo.
‘Leccami, ti prego, come l’altra volta..’
‘Ho molto lavoro da fare, tesoro mio, temo dovrai accontentarti di qualcosa di più veloce.. ‘
Si slacciò la cintura, poi i pantaloni, e in un secondo sentii la cappella umida tra le natiche. Inarcai la schiena e mi penetrò in un lampo. Fu un attimo, ma registrai tutte le sensazioni sconvolgenti di quel momento. Il suo cazzo era grande e, pur se la mia fighetta era già completamente bagnata, mi fece male nell’entrare. Emisi un gridolino, e la sua mano sinistra arrivò fulminea a tapparmi la bocca. Si muoveva dietro di me con decisione, sbattendo le palle sul mio sedere e indugiando, talvolta, al momento di uscire, per poi rientrare con foga.
Con l’altra mano cominciò a stuzzicare il mio clitoride.
‘Mi piaci da impazzire quando godi, vieni puttanella, voglio vederti tremare.. Voglio sentire la tua figa stringermi il cazzo, voglio vederti piangere e implorarmi di scoparti ancora..’
Quelle parole, la sua mano tra le cosce, il cazzo che non mi lasciava tregua mi portarono all’apice del piacere. Godevo così tanto che avrei voluto gridare, saltare sul suo membro duro, stritolarmi i seni. Invece ero quasi immobilizzata e questo fece sì che tutta l’energia di quell’orgasmo si concentrasse nel mio sesso. Mi sembrò una scarica elettrica, un piacere così grande da farmi male. Esausta, mi abbandonai contro il suo corpo e dopo un paio di colpi lo sentii uscire e venire sul mio culo nudo. Abbondanti schizzi mi colpirono e cominciarono a colare sulle natiche e giù per le cosce.
Lui si abbottonò i pantaloni e prese dalla tasca un fazzoletto.
‘Pulisciti pure. Ma le mutandine le tengo io. Ti piace vestirti da porca, no? Con la fica al vento lo sei ancora di più.’
Se ne andò. Io tornai alla realtà e di fretta mi ripulii. Indugiai sulla vagina, ancora pulsante, ma un rumore mi indusse a ricompormi e ad uscire dalla stanza.
Il resto della giornata passò faticosamente, tra l’eccitazione che non riuscivo a placare e l’imbarazzo di essere nuda sotto quella microgonna. Bastava un attimo di distrazione e chiunque avrebbe potuto vedere il mio sesso. Mi vergognavo.
Ma quello che mi faceva vergognare di più era la consapevolezza che un po’ ci speravo : speravo che qualcuno mi guardasse la figa.. e che lui lo vedesse.
Che cosa mi aveva fatto?

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