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Racconti di Dominazione

Jessica solo per amore (innocente, puttana, schiava… Moglie ?)

By 9 Aprile 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Jessica, mi spiace, non credo che funzioni.
Eravamo in quella casetta vicino al mare, angusta, solo due stanze e un piccolo bagno, una saletta con angolo cottura e una camera con un grosso letto, un’alcova con solo una finestra, una volta chiusa la porta eravamo completamente isolati, nessuno poteva vederci da fuori e nessuno comunque ci avrebbe provato, la casa era in un vecchio condominio che tranne che nei mesi estivi era completamente disabitato se non per qualche prostituta che li intorno svolgeva il suo lavoro. Era quello l’unico posto in cui ci vedevamo e ci vedevamo solo per fare sesso, il nostro rapporto finiva li.
Jessica, 19 anni, 1,75 cm, magra, con un seno che raggiungeva a stento una seconda, un sedere fantastico, tondo e tonico ma un viso non certo bellissimo.
Perché dici così ? Hai deciso di farla finita con me ?
Questo è quello che mi chiese ma la risposta era molto più complessa di quanto lei potesse immaginare e non era pronta a sentirla.
Te lo dico perché sono tre mesi che ci vediamo in questo posto, facciamo sesso e poi ci salutiamo. Non c’è nulla di più fra noi e questo non basta a creare un rapporto.
Si però in questi tre mesi non ti sei fatto problemi a scoparmi quasi tutti i giorni.
Era vero, in quei tre mesi avevamo fatto sesso quasi tutti i giorni ed era proprio quello il problema, in tre mesi, per quanto ci avessi provato, da lei non ero riuscito a tirare fuori più di qualche scopata e un paio di pompini strappati con i denti e durati non più di un paio di minuti, certo aveva una fichetta fantastica, tanto stretta che la prima volta che sono entrato dentro di lei mi sono chiesto se non fosse vergine. A parte quello però lei era inesperta e molto restia a fare nuove esperienze, più volte avevo cercato di avere quel bel culo, sicuramente la parte migliore di lei ma avevo trovato sempre un muro. Una volta, mentre la facevo venire leccandole la fica le avevo messo un dito dietro, in quel buco stretto tanto che il dito medio, ben infilato, quasi mi faceva male da quanto stringeva. Lei era venuta con un orgasmo travolgente, mai avuto prima ma poi, appena finiti gli spasmi, si era messa seduta solo per dirmi con aria adirata:
‘Ora sei contento, sei finalmente riuscito a infilarmi qualcosa dentro il culo’
Per quanto avessi cercato di farle notare l’intensità che aveva raggiunto il suo orgasmo era stata irremovibile:
‘Non provarci mai più, a me queste cose non piacciono’
Continuai a parlare:
Jessica, fin dall’inizio, ti avevo detto che non ero convinto che potesse funzionare fra di noi ma tu hai insistito per provare e io ho fatto quello che mi hai chiesto ma ora è il momento di guardare in faccia la realtà, per me non è scattato nulla, io non ti amo e non credo che potrei innamorarmi di te.
Ero stato duro, lo sapevo, ma volevo chiudere il discorso.
Beh ci credo che non è scattato nulla, non siamo usciti mai da questo posto, di me conosci solo il sesso e null’altro, come fai a sapere che non ci sia altro, che non ci sia qualcosa che ti farebbe innamorare?
Ero esasperato, finiva sempre così, non mollava mai. Lo sapevo, lei era innamorata persa, per questo aveva accettato di essere solo un passatempo sessuale e nulla più, preferiva accontentarsi di quello pur di non perdere tutto ma il problema era proprio che come passatempo a letto era un disastro e io non ne potevo più, volevo liberarmi di lei e alla fine scoppiai e glielo dissi.
In te potrebbe essere racchiuso anche il mondo andata e ritorno ma il problema è proprio il sesso, non mi trovo, voglio una donna che non mi dica sempre no a tutto soprattutto perché a me piace poter avere il controllo completo sul corpo della mia compagna, mancando questo, non potrai mai arrivare al mio cuore. Voglio una schiava a letto, senza limiti o regole e quando la troverò sarò il suo principe fuori della lenzuola quanto il suo carnefice nell’intimità e tu non sarai mai una schiava.
Scoppio a piangere e scappò via, ero sicuro di aver raggiunto il mio scopo.
‘..
‘..
‘..
Passarono tre giorni in cui non ci sentimmo, lei mi fece qualche squillo a cui io non diedi alcuna risposta, ero convinto che si sarebbe stancata e alla fine avrebbe smesso. Il mio unico rimpianto era quello di non aver potuto aprire ben bene quello stupendo culo ma poi arrivò un SMS.
‘OK, se avrò il mio principe sarò la tua schiava’
Il messaggio mi intrigò non poco andando a toccare la parte più sadica di me e decisi di rispondere.
‘Io credo che vorresti farlo ma non penso che ci riusciresti’
Volevo provocarla, sapevo che era innamorata persa ma dubitavo che sarebbe riuscita a forzare la sua natura pudica, non era una a cui il sesso piacesse un gran che, certo le piaceva godere ma di fantasie ne aveva ben poche ( o almeno così credevo ), voleva solo evitare di perdermi ma al momento giusto ero sicuro che si sarebbe tirata indietro. Arrivò un altro messaggio.
‘Ho detto che mi va bene, potrai fare quello che vuoi ma voglio essere la tua donna anche fuori da quella casa’
Non aveva la minima idea di dove potesse arrivare la mia perversione ma valeva la pena di provare, non avevo nulla da perdere. Le risposi.
‘Sono stanco di questi tira e molla, se sei convinta allora prima dovrai essere la mia puttana, la mia schiava obbediente a tutto e se lo farai ti assicuro che ti tratterò come una regina. Se sei d’accordo domani sera alle 20:00 mi troverai nella nostra alcova. Vieni, non dire una parola, spogliati completamente, baciami appassionatamente e poi realizza ogni mio desiderio. Fino a domani sera non voglio più sentirti’
‘.
Sono le 20:00 in punto, suona il campanello, è arrivata, non avevo dubbi anche se sono convinto che non andrà bene. Le apro e lei entra, non dice una parola come richiesto e va verso la camera da letto, io la seguo, ha lo sguardo arrabbiato per quello che è costretta a fare ma si spoglia, un po’ in malo modo ma lo fa, rimane completamente nuda, si avvicina e mi bacia, a lungo, apre la bocca e lascia che la mia lingua entri in lei, che la frughi che cerchi la sua lingua poi mi stacco e resto in silenzio a guardarla in piedi davanti a me. Non cerca di coprirsi ma è rigida, quasi sull’attenti. Mi avvicino e con le mani le faccio allargare le gambe, lei esegue, lo sguardo basso, le tocco la fica, cerco di aprirla, è completamente asciutta, la situazione non la eccita affatto, lo sta facendo solo per me ma non le va proprio.
All’improvviso mi toglie la mano, si gira e sale sul letto mettendosi a quattro zampe poi appoggia la faccia al materasso e con le mani si afferra il culo allargandolo e mi dice:
‘Forza, tanto è questo che vuoi, fallo e basta’
Resto spiazzato e mi rendo conto che per quanto la tentazione sia forte, per quanto abbia desiderato quel buchetto così stretto e invitante non è quello che voglio, voglio una schiava sottomessa ma che desideri realizzare le mie fantasie, che voglia darsi a me per soddisfarmi mentre quella è solo una schiava da violentare e nulla più, non è proprio portata.
‘Alzati, non è questo che voglio, non hai capito, ora mettiti in ginocchio e vediamo se è vero che vuoi soddisfarmi, voglio ti lasci scopare la bocca, non devi fare nulla, solo stare li e lasciartelo infilare come e quanto voglio e quando verrò lo farò dentro la tua gola e tu dovrai ingoiare tutto, senza perdere una goccia e poi pulire il mio cazzo con la lingua’
Lei sbianca visibilmente, lo sapevo che chiederle questo sarebbe stato peggio che sodomizzarla e sono sicuro che cederà ma si mette in ginocchi e chiude gli occhi. Mi spoglio e salgo sul letto, mi metto davanti a lei che apre la bocca. Le dico di guardarmi in faccia e appena riapre gli occhio le infilo il cazzo in bocca, non sono superdotato ma ho un buon cazzo, circa 18 cm con una buona circonferenza, lei lascia entrare la cappella ma subito sento la lingua fare resistenza, non la usa per darmi piacere ma per impedirmi di entrare oltre, le prendo la testa con le mani e incomincio a spingere, a muovermi, è a disagio e si vede, le dico di lasciarmi entrare e spingo ma tutto crolla, si toglie subito e arrabbiata mi guarda e mi dice di non farcela, che non vuole.
Scendo dal letto e incomincio a vestirmi, lei resta li immobile e allora con calma le dico:
‘ Non hai fatto nulla di male ma ormai dovresti aver capito che non sarai mai come ti voglio, rivestiti per favore, è ora di salutarci, così ti faccio solo del male.
Lei scoppia in lacrime, non sa cosa dire questa volta, sono stato chiaro in ciò che cerco e non c’è molto da ribattere ormai, la nostra storia finisce li ma non si riveste, continua a piangere, respiri profondi poi piano piano riprende il controllo. Io aspetto che si calmi, le lascio tempo, è giusto, in effetti non ha fatto nulla di male se non avermi fatto venire un gran male ai coglioni gonfi per l’eccitazione e per la delusione ma non è colpa sua.
Ora è calma e io, con dolcezza, le dico di rivestirsi, è ora. Lei mi guarda negli occhi e non ha più quello sguardo fiero di sempre, ha un’espressione che non ho mai visto, un’espressione vinta, sconfitta, un’espressione di una che ha preso una decisione e all’improvviso e mi dice:
‘Io ti amo e non riesco proprio a fare a meno di te, questi tre giorni in cui non ci siamo visti credevo di morire, lo so che non mi ami ma non voglio perderti, so anche di averti delusa questa sera, credevo di essere pronta a tutto ma alla fine mi sono tirata indietro come al solito però voglio’ IO TI VOGLIO quindi, visto che non posso più convincerti con le parole ti dico un’ultima cosa e poi tu deciderai. CHE IO SAPPIA LE SCHIAVE CHE NON UBBIDISCONO NON SI CACCIANO VIA, SI PUNISCONO FINCHE’ NON IMPARANO A FARE LE BRAVE SCHIAVE’
Sono allibito, resto in silenzio per qualche minuto che sembra un’eternità ma alla fine penso, beh se proprio è quello che vuole allora vediamo e dico:
‘Venti sculacciate sul culo, saranno forti e non voglio sentirti urlare, se sei d’accordo sdraiati a pancia in giù sulle mie gambe e non muoverti finché non avrò finito’
Mi siedo sul bordo del letto e lei, senza esitare, si alza, scende dal letto e si sdraia sulle mie gambe, prende un pezzo di lenzuolo e se lo mette in bocca stringendolo fra i denti, io stento a crederci. Le accarezzo il culo, quello stupendo culo e incomincio a crederci, lo allargo un po’ con una mano e con l’altra le accarezzo il buchetto, lei non fa una piega poi alzo una mano e arriva il primo ciaf, non troppo forte, neanche io ero preparato a questa cosa e devo prenderci la mano, la verità è che è la prima volta che sculaccio qualcuno. Lei si irrigidisce ma non si muove e io dico ‘uno’, la accarezzo ancora un po’ e poi ciaf ‘due’, un altro colpo un po’ più forte, lei non si muove, le accarezzo ancora la morbida pelle appena arrossata, mi calmo, il mio cuore rallenta dalla furiosa galoppata in cui mi ero trovato, aspetto di aver ripreso il controllo e le chiedo:
‘sei pronta’
Lei non molla il lenzuolo dai denti ma mi fa subito cenno di si con la testa, ciaf ‘tre’, questa volta è forte, lei si contorce ma non si sposta, il segno della mano è subito visibile sulla natica, io sorrido e continuo, ciaf, ciaf, ciaf’ arrivo a dieci in rapida successione, le sue chiappe sono ora rosse, lei fa fatica a stare ferma e d’istinto allunga le mani a proteggersi le natiche mentre mugola per il dolore, io non parlo, la lascio fare e in pochi secondi lei ritrae le mani e con la coperta tra i denti la sento dire ‘SCUSA’, sono eccitatissimo, prendo aria un attimo per far riprendere anche lei e poi, accarezzandole la testa le dico:
‘Sei bravissima, ora mancano le ultime dieci, te le darò tutte di seguito e tutte più forte che posso, sei pronta?’
Ancora la sua testa fa segno di si’ Ciaf, ciaf, ciaf’ La mia mano è indolenzita ma siamo arrivati alla ventesima sculacciata, il suo culo sembra illuminarsi da quanto è rosso, quella candida pelle non era mai stata trattata così e alcune lacrime rigano il suo viso ma non ha emesso un fiato. Mi metto ad accarezzarle il fondoschiena delicatamente, molto molto lentamente, con affetto, mi insinuo nel solco fra i glutei e scendo piano piano fino a raggiungere il suo sesso, resto allibito, è fradicia, seguo i suoi umori che sono colati fino alle ginocchia e poi risalgo ad accarezzarle la fica, lei è come in trans, allarga un po’ le gambe per facilitarmi il compito e io la carezzo lentamente ma in modo deciso, bastano pochi tocchi e sento arrivare in lei l’orgasmo e mentre gli spasmi muscolari la invadono, proprio sul culmine dell’orgasmo, le prendo il clitoride gonfio tra le dita e la pizzico in modo deciso, lei esplode, il lenzuola vola fuori dalla sua bocca a lasciare spazio ad un urlo lacerante, di liberazione, di sofferenza, di piacere, si contorce sulle mie gambe per un periodo lunghissimo, infine cade a terra, ancora tremante, io la trattengo un po’ per adagiarla sul pavimento delicatamente, fa fatica a riprendersi, è sconquassata e gli spasmi non sembrano finire, resto li ad osservarla per almeno cinque minuti nei quali il suo respiro piano piano si placa e lei riprende il controllo di se, alza la testa, mi guarda negli occhi e poi scende a guardare il mio cazzo, è durissimo, senza che dica un parola si mette in ginocchio, appoggia le braccia sulle mie gambe, apre la bocca e guardandomi negli occhi incomincia a succhiarmelo, lo fa entrare più che può, le viene qualche conato di vomito tanto lo manda giù ma non smette, non si può dire certo che sia brava ma lo fa con passione, succhia, lecca e poi incomincia a fare su e giù con la testa, non usa affatto le mani e da sola da un ritmo molto veloce a quell’insperato pompino. Sono eccitatissimo e in poco sento l’orgasmo salire, le prendo la testa fra le mani e la spingo giù, le non fa resistenza e una densa e copiosa sborrata le si riversa in gola, chiude gli occhio ma non fa nulla per togliersi, fa uscire di un pelo il mio cazzo dalla bocca solo per riuscire a deglutire, manda giù tutto e poi con calma succhia le ultime gocce, lo tira fuori dalla bocca e con la lingua lo pulisce tutto, dalle palle al glande. La guardo in faccia, non è uscito nulla, il suo viso è pulito.
Mi butto all’indietro nel letto e le dico:
‘ Mi sono sbagliato, sei stata eccezionale oggi’
Lei si sdraia al mio fianco, a pancia sotto, il culo le deve fare un gran male, comincia a piangere leggermente ma poi vede il mio sguardo deluso e subito mi dice:
‘Sto piangendo di felicità, solo perché sono contenta di averti soddisfatto, sono pronta a tutto ma ti prego, quando sbaglierò, quando non ce la farò, non cacciarmi, puniscimi come credi finché non avrò imparato ad essere perfetta per te’
Sono strabiliato, mai me lo sarei aspettato e dopo qualche minuto di silenzio le dico:
‘Ho fame, ti va di farmi compagnia? e magari prima di andare al ristorante passiamo a prenderti un bel vestito, uno da principessa’
Lei sorride e si abbraccia forte a me sussurrandomi ‘GRAZIE PADRONE’.

CONTINUA’
MI FAREBBERO MOLTO PIACERE CRITICHE E/O SUGGERIMENTI

glorfindel@email.com
La situazione aveva preso una piega inaspettata anche se sicuramente non indesiderata. Jessica aveva tirato fuori un lato di se che mai avrei immaginato ed ora tutto assumeva una sfumatura diversa, anche quel corpo che fino a ieri mi risultava mediocre, monotono se non che per quel culo, vero capolavoro della natura, ora aveva assunto una luce diversa, quegli occhi che sembravano non potermi nascondere nulla ora erano gli occhi che mi guardavano con la decisione della sottomissione mentre i miei colpi si abbattevano sulle sue natiche, quella bocca che non aveva fatto altro che rigurgitarmi addosso noiose e asfissianti domande ora era il luogo dove, devo ammetterlo, avevo versato uno degli orgasmi più belli della mia vita. Anche il seno che, se pur ben disegnato e sodo, era pur sempre una seconda scarsa ora acquistava fascino mentre la mia mente correva ai ricordi delle sculacciate chiedendosi che effetto avrebbe fatto abbattermi sulle tette invece che sul colo. Nei 30 minuti della sera prima era cambiato radicalmente il rapporto fra me e Jessica. Certo, dopo c’era stata la cena e anche se il suo corpo fasciato nel vestito griffato che le avevo appena donato era un gran bel vedere quella donna, tornati alla normalità, rimaneva per me noiosa, non mi stimolava la mente o almeno non me la stimolava come il cazzo. Era divertente vederla scomoda sulla sedia del ristorante e sapere che il suo culo doveva bruciare da matti ma non abbastanza da cancellare quella sua risata sciocca, di quelle che vedi bene sulle labbra della maggior parte delle donne che si sentono troppo belle. Comunque un patto è un patto e misi impegno nel far sentire quella ragazza una principessa tanto quanto ne aveva messo lei nell’essermi schiava e devo esserci riuscito bene giudicando dallo sguardo innamorato e gioioso che aveva a fine serata. Alla fine ci salutammo e li nel parcheggio, vicino alla sua macchina, le dissi. Non devi chiamarmi, mandarmi messaggi o farmi trilli, non devi cercarmi in alcun modo. Se e quando ti vorrò ti cercherò io. Lessi nei sui occhi mille domande, una disperata ricerca si rassicurazioni sul se e quando ma non disse nulla. Scese e se ne andò. Imparava in fretta…

Avevo bisogno di riflettere, Jessica era stata disposta per me a fare cose che nessuna prima ma le aveva fatte per amore mentre io non solo non l’amavo ma dubitavo che sarei mai riuscito a farlo. Si, ero stato molto chiaro con lei ma questo non voleva dire che non mi stessi approfittando del suo amore, che non la stessi prendendo in giro.
D’altro canto mi aveva fatto cambiare idea sulle sue doti amatoriali e sarebbe stato estremamente saccente da parte mia essere certo che sotto quella risata scialba non si potesse nascondere qualcosa di inaspettato, coinvolgente, così, in fine, ritenni che era giusto darle quella possibilità di farmi innamorare che lei voleva tanto ma lo avrei fatto a modo mio e non mi sarei accontentato di niente di meno del tutto, incondizionato e senza confini.

Attesi e iniziai a tessere la mia trappola. Non la chiamai, non mi feci sentire in alcun modo, le avevo dato l’ordine di non cercarmi e questo andava contro la sua natura. Uno, due, tre giorni, resisteva nel non cercarmi, si stava impegnando… Passò una settimana, ancora nulla mentre io me ne stavo tranquillo a vivere la mia vita, sinceramente ci pensavo anche poco ma poi, l’ottavo giorno, arrivò l’sms.
Sette giorni, questo era il limite che si era fissato, sicuramente per riuscire a tenere duro, si era giurata che per sette giorni avrebbe resistito ma l’ottavo esplose.
L’sms era pieno dei peggiori insulti per il fatto di essersi impegnata tanto con me e essere stata abbandonata comunque, che ero uno stronzo e se già sapevo che l’avrei lasciata comunque potevo evitarle di passare le pene dell’inferno. Che sul mio costoso vestito ci pisciava sopra come sulla mia coscienza.
Era andata esattamente come speravo e risposi.
“Domani sera, solita ora, indossa solo scarpe e un cappotto lungo per il resto il solito rito e non farti più sentire fino a domani. Se non ti sta bene ti basta non venire e capirò”.

Le otto in punto, puntuale come sempre, una cosa che apprezzavo molto, aprii la porta e lei entrò, lo sguardo basso, un lungo cappotto color melanzana e un paio di scarpe da tennis, si vedevano spuntare i calzini corti, doveva ancora imparare molto. Si diresse verso la camera da letto e io, senza voltarmi le dissi:
“Prima togliti quelle scarpe orrende”
Lei abbozzo il colpo e in silenzio tolse scarpe e calzini, io non la guardai neppure, avrebbe veramente rovinato tutto.
La raggiunsi in camera, era in piedi, il cappotto a terra a fare da contorno ai suoi piedi, completamente nuda con lo sguardo fisso a terra.
Voleva apparire arrabbiata, lo sapevo ma le si leggeva in faccia la felicità di essere con me, come se non avesse respirato per una settimana e io fossi ossigeno. Le sfiorai una coscia, all’interno, lei capì e allargò le gambe, appoggiai la mia mano sul suo sesso avvicinandomi molto a lei, i nostri visi erano praticamente attaccati, il mio respiro finiva nella sua bocca leggermente dischiusa, il suo respiro era pesante. La frugai nell’intimità, con calma ma in modo deciso, questa volta era un lago. Continuai a lungo, dischiusi le grandi labbra fino a trovare il suo clitoride, lo feci scivolare distrattamente fra indice e medio e strinsi quel tanto che bastava per provocarle una smorfia e vedersi contrarre i muscoli del suo ventre. Mi insinua lentamente in lei, un dito, su su fino in cima, fino a che il suo clitoride non si trovò schiacciato nell’incavo del mio pollice poi lo estrassi e lo rinfilai più volte per far scorrere i suoi umori che mi avevano bagnato tutta la mano e scorrevano già sulle sue cosce. Alla fine infilai un’altro dito e ricomincia il mio lavoro allargando le due dita dentro di lei e ruotandole quel tanto che la posizione mi consentiva mentre sentivo il suo respiro a pochi centimetri dal mio farsi sempre più pesante. Dopo almeno dieci minuti di quel massaggio estrassi le dita gocciolanti, le accarezzai la fica e lentamente mi spostai verso l’apertura del suo culo, puntai il medio sull’ano ed incomincia a spingere, a scorrere sempre più in profondità nel suo retto mentre le dicevo:
“Non hai scordato nulla???”
Lei cercava di spingere il bacino in avanti come per sfuggire, inutilmente, al mio dito indagatore, lo infilai tutto, fino infondo, sentivo le labbra della sua fica intorno al mio dito anulare mentre l’indice aveva trovato posto nel solco delle sue chiappe. Era incredibile, quel culo era così stretto da far fatica a far entrare un solo dito e si vedeva, lei era completamente rigida e stava in punta di piedi.
“Allora ??? Cosa hai scordato, ti do 5 secondi e poi infilerò un’altro dito e poi un’altro e se serve tutta la mano”
Non lo avrei mai fatto, quel culo ero un gioiello che volevo gustarmi con calma assoluta e a lungo ma la mia minaccia ebbe il suo effetto. Lei alzò finalmente lo sguardo fissandomi negli occhi, non vi era più traccia di rabbia ma solo incredulità, non riusciva a trovare la risposta. Estrassi un po’ il dito per affiancarlo all’indice e mentre iniziavo a spingere lei capì, non mi aveva baciato, quando arrivava doveva spogliarsi e baciarmi appassionatamente, questo era il rito. Si gettò sulle mie labbra con una foga animale, la sua lingua cercava la mia mentre io riaffondavo l’unico dito nel suo ano fino infondo, mi si aggrappò con le braccia al collo per cercare sollievo e intanto attirò la mia lingua nella sua bocca incominciando a succhiarla, avidamente, come se mi stesse facendo un pompino. Mi gustai quel bacio a lungo mentre accarezzavo e frugavo il suo culo dall’interno e in fine estrassi il dito di colpo. Lei ebbe un sussulto e poi si rilassò, era stata tutto il tempo in punta di piedi. Solo allora si staccò dalla mia bocca e rimase li, eretta, completamente nuda di fronte a me, con il respiro affannato e due lunghi rivoli di umori che avevano ormai lasciato la sua fica grondante e avevano raggiunto le caviglie.
Le girai attorno e mi misi dietro di lei, le dissi di piegarsi in avanti ed appoggiare le mani sulle ginocchia, in quel modo il suo culo era completamente esposto, l’accarezzai, aveva i brividi, era terrorizzata all’idea di quello che poteva accaderle, di quello che prima o poi sarebbe accaduto, io lo capii e con malignità slaccia i pantaloni e li tolsi poi ripresi ad accarezzarla, le allargai bene le chiappe e leccai appena il suo buchetto, la osservai ancora un po’, non c’erano tracce delle sculacciate della settimana prima, ne fui molto contento e verificarlo era l’unica vera ragione per cui l’avevo voluta in quella posizione, alla fine mi rimisi davanti a lei e le dissi di alzarsi. Non resistetti alla tentazione, quel sesso grondante sormontato da un piccolo ciuffetto di peli chiari, era troppo invitante, mi abbassai e, avvicinata la mia bocca alla sua fessure, mi dissetai avidamente, gustando i suoi umori così copiosi, le leccai le cosce, risalii lentamente senza saltare un solo centimetro di quella pelle vellutata e poi la baciai, bacia la sua fica come lei aveva baciato la mia bocca, la leccai in modo circolare, andando sempre più al centro, come in un gorgo finché la mia lingua non entrò dentro di lei e vi sprofondò insaziabile, poi le presi il clitoride, quel clitoride incredibilmente gonfio fra le labbra, lo succhia per allungarlo e tenendolo nella mia bocca ben teso incomincia a lapparlo prima piano e poi sempre più velocemente. Durante tutto questo lei cercò di stare immobile ma man mano che le mie attenzioni diventavano sempre più intense sentivo le sue gambe cominciare a tremare, si mordeva le labbra ad occhi chiusi mentre mugoli sempre più rochi sfuggivano al suo controllo. I muscoli della sua pancia vibravano ad ogni respiro e quando comincia a lappare il suo clitoride spalancò la bocca, appoggio le mani sulla mia testa e cominciò ad ansimare senza ritegno. Fu allora che mi fermai, fu talmente improvviso che quasi perse l’equilibrio e si dovette aggrappare alla mia spalla. La gelai dicendole: “Ora esegui i miei ordini all’istante e senza fiatare, sdraiati sul letto, a pancia in su, tira indietro le gambe fino a che non avrai la testa in mezzo alle ginocchia, come se dovessi fare una capriola all’indietro, afferrati le gambe con le mani, dietro le ginocchia, chiudi gli occhi e non muoverti per nessuna ragione”.
Le ci volle qualche secondo per riprendersi ma alla fine tornò in se, si guardò intorno quasi non sapesse dov’era e poi trovò il mio sguardo, serio, arrabbiato e allora si mise come le avevo chiesto. In quella posizione sia il suo sesso che il suo buchetto erano completamente esposti e liberamente raggiungibili. Andai con calma nell’altra stanza a prendere quello che mi serviva e tornai da lei. Avevo in mano un bastoncino in canna di manila, con il manico di legno, tipo una sottile canna di bambù del diametro di neanche 1 cm, molto flessibile e lungo neanche 50 cm. Lo alzai e nel silenzio che riempiva la stanza si sentì il sibilo dell’aria, un istante e poi lo schiocco di quell’oggetto che andava a colpire proprio fra le grandi labbra della sua vulva scavandosi la strada. Il tutto era stato inaspettato, i suoi occhi si sbarrarono e la bocca si spalancò a cercare di fare uscire un lungo, straziante urlo ma il dolore era così forte che l’aria non riusciva ad uscire dai polmoni trasformando l’urlo in un rantolo disperato. Istantaneamente si portò le mani al sesso ferito e si rotolò in posizione fetale fino ad alzarsi sulle ginocchia mentre il viso rimaneva schiacciato nel materasso, incominciò a calciare disperatamente il letto da quella posizione mentre l’aria ricominciava ad affluire dando voce alla sua disperazione, le lacrime la rigavano e gli spasmi sembravano non avere fine.
Io sedetti sul letto ed attesi. Lei mi sentì e istintivamente riuscì a guadagnare la parte più lontana del letto riprendendo poi a massaggiarsi la fica per cercare un disperato sollievo a quel dolore lancinante.
Dovetti attende almeno dieci minuti prima che smettesse di piangere e lamentarsi e prima che il suo respiro tornasse normale poi parlai:
“Mi hai cercato al telefono disubbidendo ai miei ordini, mi hai insultato nel peggiore dei modi per messaggio arrivando a dirmi che pisciavi su un mio dono e ti sei presentata con indosso delle scarpe da tennis e dei calzini” e lei “non mi avevi detto nulla delle scarpe” lo disse in modo stizzito, quasi avesse trovato un mio punto debole ma io con calma “devo forse dirti di prepararti al meglio per me???” restò in silenzio al che continuai:
‘Meriti di essere punita ma le punizioni non possono essere tutte uguali, non aver preso il mio cazzo in bocca la prima volta non è certo uguale all’incredibile mancanza di rispetto a cui mi hai sottoposto e quindi la punizione non può esser certo delle semplici sculacciate.
Ora, se vuoi andare avanti, rimettiti in posizione ma questa volta con le mani non tenerti le ginocchia ma allargati la fica in modo da aprire le labbra perché la punizione è di cinque colpi e ne mancano quattro, ad ogni colpo potrai affrontare il dolore come meglio credi, rotolarti, coprirti o quello che vuoi ma poi dovrai tornare in posizione da sola ma tieni presente che se ci metterai troppo tempo il colpo non sarà valido e dovremo ripeterlo e il tempo lo decido solo io.
Più in generale tieni presente che se ci deve essere un rapporto fra noi tu potrai non riuscire a fare quello che ti chiedo e tutto andrà bene ma dovrai provarci e riprovarci finché non riuscirai, in questo caso io non ti caccerò, potrai comunque dirmi di no in ogni momento ma al primo no il nostro accordo sarà rotto e tra di noi tutto, insindacabilmente, sarà finito senza possibilità di appello alcuno.
Ora ti do cinque minuti per decidere, in questo tempo o ti rimetti in posizione o te ne vai’.
Andai nell’altra stanza dicendo torno fra cinque minuti.

Attesi quei lunghi, infiniti minuti passeggiando per la stanza, le mie mani erano fredde, leggermente sudate, ero teso, avevo colpito più forte di quanto credessi ma lo ritenevo giusto, il modo in cui mi aveva trattato era inaccettabile e se lei voleva veramente una possibilità con me beh, la realtà era quella e non vedevo a cosa sarebbe servito fingere o trattenermi, questo strano rapporto aveva ben poche possibilità nella mia testa ma non avrei lasciato che la finzione lo avvelenasse. Il tempo era trascorso, dovevo tornare.

Aprii la porta della camera e la trovai li, in posizione, il solito lenzuolo infilato in bocca, le mani ai lati della sua bella fichetta a tenerla ben allargata, pronta per il suplizio’ devo ammetterlo, mi stupì profondamente.
Afferrai il frustino che era rimasto sul letto, lei chiuse gli occhi, un attimo di esitazione nel mio braccio ma poi mi forzai a non trattenermi come ritenevo fosse giusto, il sibilo, lo schiocco e il suo ululato soffocato, lungo, infinito.
Ricadde su un fianco, le mani ben premute sul sesso infiammato, il respiro veloce ma dopo neanche un minuto, con rabbia, si rimise al suo posto, ancora ansimante ma già in posizione, il lenzuolo non aveva mai lasciato la sua bocca.
Il sibilo, lo schiocco, un altro urlo, trattenuto a denti stretti e soffocato in pochi secondi, tremava tutta, mordeva quel lembo di stoffa come fosse il suo unico appiglio per sopravvivere ma non si mosse e con uno sforzo sovrumano, fra lamenti e tessuto la sentii dire:
‘continua per favore’
Sibilo, schiocco, il lenzuolo vola fuori dalla bocca, un urlo di dolore puro invade la stanza, le sue dita afferrano lo cosce, vi affondano in profondità, le unghie bianche per quanto stringeva ma non si mosse, le mani tornarono lentamente ad afferrare i lembi di quello che ormai era diventato solo un ricettacolo di dolore e ad allargarlo e poi, tra un lamento e un disperato tentativo di respirare ancora:
‘finisci, ti prego padrone, finisci di darmi ciò che merito’
Ero sconvolto, il suo sesso era rosso in modo incredibile, grazie alla verga elastica ogni colpo aveva raggiunto anche l’ano che era percorso da spasmi incontrollabili, il clitoride aveva raggiunto una dimensione assurda e sembrava dover esplodere.
Il sibilo, il colpo, la presa delle mani sfuggi e lei si rotolò sul letto, si rannicchio e afferrò il cuscino per andarvi a seppellire il volto, urla interminabili uscivano attutite da quel morbido riparo.
Il suo corpo sembrava non poter trovare sollievo dagli spasmi che lo percorrevano, restava li, a pancia all’aria, con le gambe divaricate, lontane dalla fonte di quel dolore e il cuscino ben premuto sul viso, piangeva e continuò così per non so quanto tempo ma poi riemerse.
Cercò il mio sguardo, la mia approvazione ma io le dissi:
‘al quinto colpo non sei tornata in posizione, dobbiamo ripeterlo’
Sbiancò, si vide chiaramente che aveva perso ogni energia, era disperata ma in ogni caso lo fece, molto lentamente si rimise in posizione, si mosse come a rallentatore, ogni movimento le dava un dolore incredibile ma si mise in posizione.
Io la guardai incredulo per non so quanti minuti, li indifesa ad occhi chiuse, completamente sottomessa e poi’ mi spogliai completamente, presi delicatamente la sue mani e le tolsi dalla fica straziata, le allungai le gambe con cura, quasi fossero di un sottilissimo cristallo, cercando di esser il più gentile e leggero possibile mentre mi stesi sopra di le e con attenzione, scrupolosamente le entrai dentro, piano, dolcemente, non fu difficile, la quantità di umori che le ricoprivano il sesso era assurda ma lei sentì comunque dolore ma non si mosse.
Le arrivai fino in fondo, non feci nessun inutile su e giù che le avrebbe provocato solo e soltanto dolore, la sua punizione era finita e lei era stata incredibile, in quel momento aveva raggiunto il mio cuore.
Continua a stare ben piantato dentro di le senza uscire ma spingendo come se volessi arrivare sempre più in fondo. Spingevo e mi muovevo in modo circolare facendo ben attenzione a non strisciare mai la sua intimità sul mio corpo. Spingevo a cercare quel punto in profondità, quel punto da cui tutto parte e lei piano piano mi cinse con le braccia, non aveva forze, era leggera come una piuma ma mano a mano che spingevo le sue braccia mi cingevano un po’ di più e il suo respiro si faceva più affannoso. Continua così per più di quindici minuti e alla fine l’orgasmo arrivò, salì lento come non dovesse mai esplodere, le percorse il corpo dolorante per tutta la sua lunghezza ma alla fine la invase, un orlo di piacere, così chiaramente liberatorio mentre le sue unghie si conficcavano nella mia schiena, non dissi nulla, resistetti a quel ridicolo dolore, se lo era meritato cento e cento volte e incomincia a stantuffarla, uscire un po’ dalla sua fica e rientrare, sempre di più sempre più veloce, sempre più in profondità e li il dolore della sua fichetta martoriata si mischiò all’orgasmo in corso, le sue gambe tremavano cercando di chiudersi per sfuggire all’intensità di ciò che stava provando ma me lo aspettavo ed ero ben piazzato con le ginocchia e i piedi, gliele tenni divaricate e continua a sbatterle il mio uccello al massimo dell’erezione sempre più forte mentre lei non smetteva di urlare e contorcersi quel lungo orgasmo. Le afferrai le mani e gliele bloccai sopra la testa mentre prendevo un suo seno in bocca per succhiarlo avidamente, leccarlo morderlo, succhia nella mia bocca la punta del capezzolo e mentre lo leccavo proprio al centro le feci come un lento, intenso, pompino e i suoi urli divennero ancora più acuti e in quella posizione, con gli ultimi colpi d’anca che ancora riuscivo a dare le riversai dentro un lungo, liquido e caldo getto di sborra che sembrava non avere fine.
Lo ricette inarcando la schiena e poi si accasciò sul letto, gli occhi persi e il corpo che non voleva saperne di smette di sussultare come fosse percorsa da scariche di corrente da 1000 volt, era madida di sudore, i capelli chiari scompigliati ed appiccicati al letto.
Mi alzai da lei con attenzione, toccandola meno che potevo, ogni centimetro della sua pelle era divenuto ipersensibile e lei saltava ogni volta che la sfioravo. Tremava, la coprii delicatamente con il lenzuolo e rimasi li a guardarla, ancora incredulo finché non si addormentò sfinita.
‘.
Si svegliò la mattina dopo, l’avevo lasciata dormire, era domenica e spesso il sabato dormiva fuori con me quindi non c’era nessuno che si sarebbe preoccupato non vedendola tornare.
Sul letto le avevo lasciato una camicia da notte di seta, la mise e entrò nella saletta, avevo preparato la colazione, brioche fresche, succo d’arance appena spremute e te freddo al limone. In fondo avevo imparato a conoscerla e sapevo che questo era ciò che lei chiamava colazione.
Sul tavolo una rosa bianca e un pacchettino regalo.
Lei si sedette, con difficoltà ma alla fine trovò una posizione comoda, guardò il pacchetto e poi me che le sorrisi e le feci cenno di aprirlo.
Sembrava una bambina il giorno di Natale, lo scartò, lo aprì, all’interno come un piccolo orecchino di platino, un semplice anellino di quelli da mettere con il buco alle orecchi. Le mi guardò e abbozzando un sorriso che nascondeva un po’ di delusione e mi disse:
‘uno solo, io di orecchie ne ho due’
‘ma quello non è per le tue orecchie, questo è il numero di un centro specializzato, appena sarai guarita dalla serata di ieri dovrai recarti li dove il personale altamente qualificato lo applicherà al tuo clitoride, lo farei io ma rischierei di rovinare il tuo splendido sesso ed è una cosa che non voglio’
Vidi un brivido percorrerle la schiena e le dissi:
‘non temere, dopo ieri sera questo sarà una passeggiata, credo in te e sappi che quello è uno di due anelli identici fatti su misura per noi, uno andrà sul tuo sesso e uno sarà appeso al mio collo fino a che il nostro patto sarà valido.
Ci vorrà un po’ perché tu riesca a fartelo mettere e perché tu guarisca e fino ad allora dovrai aspettare, quando riuscirai a raggiungere l’orgasmo solo toccandoti il clitoride allora sarai pronta e dovrai chiamarmi ma no cercare di affrettare i tempi, devi trattare bene la tua fica e il tuo corpo perché sono miei e ci tengo molto.
Ora mangiamo, ho prenotato un massaggio per fine mattinata e mi farebbe piacere se mi facessi compagnia’
Lei sorrise’

CONTINUA’

MI FAREBBERO MOLTO PIACE CRITICHE E/O SUGGERIMENTI

glorfindel@email.com
La mattina successiva mi svegliai nella mia stanza, mi guardai in giro, era un effetto strano, quella stanza in cui avevo vissuto da sempre, quella stanza in cui passavo la maggior parte del mio tempo, quella che consideravo un po’ il mio rifugio oggi mi sembrava diversa, fuori luogo, quasi non mi appartenesse.
Mi mossi senza pensare e subito una fitta di dolore mi attraversò il corpo partendo dal mio sesso, quella incredibile punizione della sera prima mi invase la mente e feci fatica a sopportarne il ricordo, non riuscivo proprio a credere di essere riuscita a sottopormici.
Mi alzai con attenzione, era veramente difficile muovermi schivando il dolore ma piano piano guadagnai la posizione eretta, camminai, le gambe leggermente divaricate e arrivai davanti allo specchio. Mi osservai, un pigiama a righe che avrà avuto almeno quattro anni, capelli chiari ma non abbastanza da potersi definire biondi, un po’ mossi ma ne ricci ne lisci. Due protuberanze all’altezza del petto che riuscivano appena a gonfiare il pigiama, le mie tette, stramaledette, per quanto le avessi attese per tutta la pubertà no avevano mai voluto crescere più di così e un vitino stretto, quello si ma il totale non cambiava, quella mattina non mi piaceva proprio nulla di ciò che ero ma infondo non era una novità.
Sospirai e con attenzione mi girai per andare a fare una doccia, era presto, in casa ancora tutti dormivano ma poi vidi il mio cappotto color melanzana e un altro ricordo tornò alla mia mente ancora insonnolita. Il mio anello o orecchio o ‘ non avevo trovato ancora un termine adatto ma inizia a frugare nella tasca, ansiosa, frenetica’ era l’ì, nella sua custodia nera, la aprii e nella sua semplicità, nel suo colore grigiastro ma brillante, ne oro bianco ne argento non potei fare a meno di sorridere. Certo, guardare quella punta acuminata e pensare a dove doveva andare ad infilzarsi mi fece correre un brivido freddo ma era presto per pensarci e soprattutto quell’oggetto voleva dire che lo avrei rivisto e che lui voleva rivedermi. Ero serena, confusa ma in pace ed era il momento della mia doccia’
Lasciai che l’acqua bollente scorresse sul mio corpo, mi piaceva così, al limite della sopportazione perché il calore mi entrasse dentro a cancellare il freddo dell’aria che mi circondava. Mi insaponai con calma il corpo ma per la mia patatina mi accontentai di far scorrere solo l’acqua insaponata, non osavo guardare.
Rimasi sotto l’acqua per almeno venti minuti, anche dopo che ebbi finito di lavarmi rimasi li, la testa un po’ in avanti con il getto caldo che vi scorreva sopra per poi scendere alle spalle e alla schiena abbandonandomi solo all’altezza del culo. Era rilassante, sembrava lavar via lo stress e l’ansia di quell’ultimo periodo.
Alla fine dovetti uscire dal box, lo aprii appena, veloce, feci uscire un solo braccio che arpionò l’accappatoio e subito mi coprii, proprio un tipo freddoloso. Uscii fuori ma rimasi bloccata davanti allo specchio. Tutto quel tempo sotto l’acqua aveva disteso perfettamente i miei capelli che ora ricadevano tutto intorno alla mia testa coprendo leggermente il viso ai lati. I miei occhi, le mie labbra in quel modo erano messi in risalto mentre rimanevano velati altri lineamenti. Finalmente, quella mattina, trovai qualcosa che mi piaceva, non mi ero mai vista in quel modo, di norma avrei tirato su anche il cappuccio ma l’accappatoio era nuovo e di cappucci neanche l’ombra. Mi fissai per un po’ e poi sorrisi.

Ci vollero ben cinque giorni perché il dolore delle frustate mi lasciasse completamente, in casa mi inventai che mi ero fatta uno strappo all’inguine in palestra e che mi faceva molto male così mia madre si mosse per andare dal dottore e si fece fare il certificato così potei andare in malattia per una settimana e ne approfittai per rinchiudermi nella mia stanza e stare lontani da tutti, riposo a letto, così aveva detto il dottore.
Non avendo ben molto da fare mi venne in aiuto internet, per primo toccò al guardaroba, si si, era proprio ora di rinnovarlo e avevo bisogno di idee. Il secondo giorno, già mi muovevo molto meglio, diedi una bella rinfrescata alla camera, e si, sembrava proprio la stanza di una bambina, non è che la stravolsi proprio ma mandai in pensione molti ricordi ormai troppo lontani, cambia lenzuola e affini con quelle nuove che avevo comprato da tempo e non avevo mai messo e licenzia i miei pigiami sostituendoli con una vestaglia che mi aveva regalato le zie al mio diciottesimo compleanno, che strano, fino a due giorni fa la trovavo scomoda e fredda ma ora nei miei pigiamoni non mi sentivo proprio a mio agio quindi’
Il terzo giorno mi decisi, andai davanti al mio specchio e slaccia la vestaglia, la aprii lentamente, avevo un po’ paura, la feci cadere a terra e rimasi solo con gli slip. Notai che i miei capezzoli erano duri, spuntavano sulle mie tettine come due chiodi, li accarezzai appena e constatai che erano molto sensibili ma ora non era importante, era ora di controllare com’era la situazione di sotto.
Tolsi le mutante e le gettai al lato, divaricai un po’ le gambe e poi, delicatamente allargai con le mani le grandi labbra della mia patatina. Ero convinta di riceve una specie di scarica elettrica ma invece tutto andò bene, nessun dolore ma proprio nessuno sole che’ ma non potevo crederci’ ero già bagnata, certo non molto ma le punte delle mie dita si erano inumidite, cosa mi stava succedendo ??? Cosa stavo diventando ???
Guardai il clitoride, beh, quello era ancora decisamente gonfio e arrossato ma nulla di eccessivo, non resistetti alla tentazione e incomincia a far scivolare due dita dalla mano destra verso l’alto. Le sensazioni arrivarono attutite all’inizio ma poi il contatto delle dita sul clitoride diede i suoi frutti e la sensazione che sentii fu troppo intensa. Non era dolore ma era troppo forte, sembrava che mi stessero facendo il solletico da dentro la pancia, ebbi un brivido e allontanai le mani.
Meglio rivestirsi e poi avevo avuto l’ordine di fare con calma e trattarmi bene ma ora che fare ???
Fu ancora internet a salvarmi ma questa volta decisi di rinnovare le mie conoscenze di sesso invece che di moda. Provai a cercare nel porno ma devo dire che ne capivo poco il senso, si tanto sesso, posizioni, giochetti e un sacco di cose infilate dappertutto ma non è che mi lasciasse molto, non ne capivo il perché e allora provai a cercare in modo più scientifico. La prima domanda che mi venne in mente fu: ‘ma come si fa a fare bene un pompino ?’
Si aprì il mondo, scoprii che si chiama affellatio e anche se questo non mi insegnava a farlo meglio mi era diventato già molto più simpatico, poi incomincia a leggere di esperienze di tante altre donne, di come lo facevano e di come veniva loro chiesto di farlo, scappo fuori un punto L anche per gli uomini e io che credevo fosse una favola il punto G delle donne’ alla fine, dopo esser passata dalle esperienze altrui alle spiegazioni tecnico scientifiche quello che compresi è che, si, bisogna saperlo fare ma la parte psicologica era fondamentale anche per l’uomo.
Quelle letture mi avevano coinvolto, mi resi conto che l’unico ragazzo che aveva avuto prima d’ora sapeva del sesso almeno quanto me, nulla, soprattutto mi resi conto che la pratica conta ma le basi erano importanti e visto che pareva proprio che per tenermi quell’uomo che sentivo come una fortuna immeritata nella mia vita l’unica strada fosse il suo pene beh, il modo migliore per percorrerla era imparare come, alla pratica ci avrebbe pensato lui, ne ero certa e io volevo che facesse pratica su di me ma volevo partecipare.
Lessi e guardai un po’ tutti gli argomenti fino a notte fonda, mi addentrai anche nel sado maso, un mondo vasto e pieno di estremi, pieno di sfaccettature diverse fra loro, mi lasciò confusa e non capii bene io dove ero capitata. Non mi risparmia certo il sesso anale, sarebbe stato stupido da parte mia, sapevo che prima o poi sarebbe successo, il mio uomo’ quell’uomo aveva sempre adorato il mio culo e per come si erano messe le cose lo avrebbe avuto. Alla fine cedetti, avevo saputo troppo e troppo in fretta e per di più mi ero anche eccitata, mi sentivo umida fino alle cosce ma di masturbarmi non se ne parlava proprio, ancora troppo presto. Pensai di mettere alla prova il mio sedere come era consigliato da molti in rete, ero a pancia in giù, sdraiata nel letto, feci risalire la vestaglia fino a lasciare nudo il mio culo, non avevo rimesso gli slip dalla mattina, lo spinsi verso l’alto fino a sentirsi allargare le chiappe e l’aria fresca andare a contatto con il mio forellino, mi portai un dito alla bocca e lo feci entrare insalivandolo bene, come se facessi un ‘affellatio’ e poi, lo andai a posare sul mio sfintere, spinsi e lui iniziò a cedere ma appena la prima falange fu entrata i muscoli si contrassero, involontariamente, non riuscivo a rilassarmi e spingere e basta non era certo piacevole.
Mi arresi e mi nascosi sotto le coperto, ero infreddolita e ci avrei pensato domani.
Quarto giorno. Oggi shopping, i miei stavano fuori per lavoro almeno fin verso le 18:00 quindi avevo tutto il tempo per uscire senza farlo sapere. Avevo già in mente molti acquisti da fare e li avrei fatti tutti ma prima parrucchiere. Andai da uno nuovo, non il solito e gli spiegai quello che avevo visto qualche giorno prima dopo la doccia e lui mi spiegò che coprendo la parte un po’ spigolosa del mio viso si sarebbero messi in risalto i particolari giusti. Non è che mi fu molto simpatico, spigolosa ???, ma guarda questo ma lo lascia fare e con una buona scalettatura nei punti giusti, la riga nel mezzo e tanta tanta piastra mi trovai con capelli lisci come spaghetti, come due tendine ai lati del mio volto e di fronte allo specchio non mi vidi certo una strafiga ma devo dire che mi sentivo carina ed era la prima volta.
Galvanizzata da questa nuova sensazione diedi d’assalto vari negozi, vestiti, accessori, lingerie e ‘scarpe’, e si, quell’appunto alle scarpe da tennis all’ultimo incontro con il mio amore mi aveva piccato, soprattutto perché aveva ragione, va beh non sentirsi bellissima ma non valorizzarsi proprio non andava bene.
Quel quarto giorno fu pieno di rinnovamento.
Mi svegliai la mattina dopo e decisi di controllare ancora lo stato della mia fichetta. Lo specchio mi restituì un immagine del mio sesso in perfetta forma, provai a toccarlo, strofinarlo, infilarmi dentro e alla fine, senza pensarci, mi mollai uno schiaffo proprio sul clitoride. Non fu piacevole ma niente di che, giusto un istante seguito dal solito e un po’ inquietante aumento dei miei umori. C’era qualcosa dentro di me che non capivo ma ora non ci volevo pensare, lui mi mancava e con uno scatto deciso presi il telefono e chiamai al numero che mi era stato dato per farmi applicare quel suo pegno.
Mi rispose una signorina simpatica a cui, molto imbarazzata, spiegai che volevo farmi fare il piercing al clitoride, lei, evidentemente abituata, mi diede l’appuntamento ma mi gelò, aveva posto fra un’ora e io non mi aspettavo certo questa immediatezza ma presa alla sprovvista accettai.
Dopo lo shock iniziale pensai che era meglio togliersi il dente solo che poi mi venne in mente una cosa a cui non avevo pensato, e se la mia fica avesse risposto nel solito modo? se mi fossi bagnata in modo spropositato? Oddio, mi sarei vergognata come un cane ma ci voleva almeno mezz’ora per arrivare all’appuntamento e mi dovevo ancora preparare.

Era un locale dove si facevano tatuaggi e piercing proprio come immaginavo ma era molto pulito, sinceramente, per come era l’ambiente e come era vestito il personale sembrava uno studio medico.
La ragazza all’ingresso mi chiese il nome e mi disse di accomodarmi e che in pochi minuti qualcuno sarebbe venuto da me. Così fu, pochissima attesa e un uomo sui quarant’anni mi venne a chiamare e gentilmente mi chiese di seguirlo.
Entrammo in una stanza, un divano, un lettino tipo quelli da massaggio, uno sgabello e un bancone con tanti strumenti un po’ inquietanti, sudavo freddo’
L’uomo mi chiese cosa volevo e io, presa la mia cara scatolina nera gli spiegai tutto’ mi chiese come mi sentivo e se ero tranquilla e poi mi spiegò come si sarebbe svolta l’operazione. Sinceramente lo ascoltai poco, volevo farlo e basta e quanto mi chiese se ero pronta gli risposi di si.
Mi disse che sarebbe stato meglio se mi fossi tolta i pantaloni e gli slip, mi indicò un apposito paravento che non avevo neanche notato e mi disse che poi potevo stendermi sul lettino.
In pochi minuti mi trova stesa, nuda dalla vita in giù, con le gambe allargate che dal ginocchio ricadevano fuori dal lettino. Lui si avvicinò con una bombolette, appoggio una mano sul mio sesso e allargò le grandi labbra e poi spruzzo qualcosa dicendomi ‘questo ti anestetizzerà un po’, vedrai, sarà un attimo’, doveva aver intuito la mia tensione.
Prese una specie di pinze, lunghe con le estremità piatte e ricoperte di gomma, sempre tenendomi allargato il sesso afferrò con le pinze la base del mio clitoride, da sotto e lo tirò delicatamente verso l’esterno poi si avvicinò con quello strano dono e dopo aver cercato il mio sguardo in cerca di assenso, al cenno del mio capo, iniziò ad infilare l’ago attraverso la mia carne.
Fu come un’iniezione ma un’iniezione fatta in un nervo infiammato, il metallo attraversò la mia carne mentre l’aria aveva smesso di raggiungere i miei polmoni ma effettivamente durò poco e il dolore cominciò subito a svanire.
Lui tenne il mio clitoride dolorante ancora un po’, rilasciandolo lentamente per poi liberarmi. Disinfettò bene e poi mi chiese di attenderlo li qualche minuto senza muovermi.
Mi rilassai, quello che sentivo era ormai lontano dal dolore, solo una strana sensazione e dopo 5 minuti lui tornò, mi disse che avevamo fatto, mi diede una crema e istruzioni per metterla, mi spiegò come lavarmi e come prendermi cura della mia vagina e poi mi disse una cosa che mi mandò in pezzi il cuore. Almeno tre settimane, almeno tre settimane prima di fare sesso, l’ago inserito era molto sottile e la guarigione sarebbe stata veloce ma non meno di tre settimane, di norma ci possono volere anche mesi.
Mi alzai dal lettino e notai subito che il velo di carta che lo ricopriva era macchiato all’altezza della mia passerina, se ne accorse anche lui e lo tolse senza dir nulla ma ottenne solo di mettere in risalto la macchia sul cuscino subito sotto. Oddio che vergogna e poi mi uscì: ‘beh’ lei è stato molto bravo’. Ma come mi era uscito, e lo avevo detto anche con aria maliziosa, lui rimase senza parole dandomi la possibilità di fuggire via.
Un po’ triste me ne tornai verso casa ma infondo era fatta e avrei aspettato. Tornai alla mia vita quotidiana lasciai che i giorni passassero cogliendo l’occasione per migliorare la mia cultura in fatto di sesso.
‘..
‘..
Il tempo trascorse e quell’anellino che spuntava dalla mia figa aveva iniziato a piacermi, le dava un’aria particolare tanto che mi ero depilata completamente per farlo risaltare di più. Ormai ci potevo giocare tranquillamente e devo dire che dava delle sensazioni piacevoli, era una vita che non avevo un orgasmo ma dopo aver atteso tanto avrei atteso lui.
Gli mandai un messaggio: ‘Quando mi vorrai’ Io sono pronta’
Cavolo, neanche un minuto e arrivò la risposta: ‘Domani sera, solito posto, solita ora.’

Sono le 19:30 ed esco dalla mia stanza per recarmi finalmente al mio appuntamento, non vedevo l’ora di mettere in pratica tanta teoria.
Passai a salutare i miei e notai un’espressione strana poi mi vidi nello specchio, riflessa assieme a loro, indossavo una giacca a tinta unita con due tasche, a maniche corte e chiusa con degli Automatici, tutta bianca con sul bordo e intorno al collo una sottile fascia nera, tessuto leggero, metteva in risalto il mio piccolo seno nudo al suo interno, si intravedevano appena i capezzoli. Pantaloni neri di tessuto che foderavano in maniera aderente i miei glutei e le mie cosce per poi scendere più larghi fino ai piedi. Come scarpe un Decolletes bianco scamosciato chiuso in punta e con il tacco non troppo alto e largo, dovevo ancora abituarmi.
Il tutto sormontato dalla mia nuova pettinatura. Non stavo affatto male e loro erano stupiti, fortemente religiosi e conservatori, li amavo molto ma era ora che prendessi la mia strada. Alla fine mi salutarono, o meglio mi salutò mia madre con un risolino, il mio povero babbo doveva ancora riprendersi. Infilai il cappotto, era ora di andare.

Le otto in punto, suono, subito mi apre, mi guarda senza dire nulla, il viso inespressivo ma non si muove dalla porta, mi crolla il mondo, dio, non gli piaccio, dio ho sbagliato, dio dio dio ma ormai’ al che gli chiedo: ‘ti va se entro???’. Si sposta e mi dirigo subito verso la camera, ho il cuore in gola. Arrivo davanti al letto, solito posto, mi giro e lui è ancora la che mi guarda, lontano, mi sfilo il cappotto, so cosa devo fare, lo appoggio alla poltrona e mi accingo a slacciare la giacca ma lui parla, mi dice di aspettare e si avvicina piano, sempre inespressivo, ho paura, lui arriva alla porta della camera da letto, a poco più di un metro da me e dopo avermi osservato ancora mi dice: ‘sei carina’. Non sorride, non fa nulla, rimane li a guardarmi.
Mi riprendo in fretta, quella piccola frase mi ha dato comunque sicurezza, continuo a spogliarmi, ripongo la giacca sul cappotto e lascio scoperto il mio seno nudo, scendo dalle scarpe e guardandole, finalmente, gli sfugge un sorriso, sfilo i pantaloni e rimango con un semplice perizoma nero, credo che la semplicità gli piaccia ma poi lo sfilo, infilo le dita ai lati degli elastici, o faccio scivolare giù per le cosce e poi lo lascio cadere, con il piede lo alzo e lo faccio finire sulla poltrona, alzando la gamba per trasportare lo slip il mio sesso resta esposto completamente e il suo dono svetta in bella vista. Mi avvicino a lui, avvicino le labbra alle sue e guardandolo negli occhi cerco approvazione ma lui resta immobile allora porto le mani dietro la schiena e mi sporgo per baciarlo, appassionatamente, come piace a lui, accolgo la sua lingua nella mia bocca, ne lecco la punta e gli giro intorno poi lo segue mentre si ritrae e gli lecco appena le labbra, lui allunga le mani e afferra i miei capezzoli, con forza, fa male, no fa bene, mi tira verso di lui, gli mordicchio un labbro, continuo a tenere le mani indietro ma avvicino il corpo, alzo una gamba a strusciare contro la sua, struscio il mio sesso mentre continuo a baciarlo e lui lascia i miei seni, due sberle, contemporaneamente, sul mio sedere, scotta la pelle ma scotta più il mio ventre, mi afferra le natiche e mi tira su con forza, mi solleva e sono costretta a cingere il suo collo con le braccia per non cadere, ci baciamo allungo e mi sento bene.
Mi fa scendere e si stacca dalla mia bocca ma di poco, sento il suo alito, fumatore ma l’odore è misto a menta credo, mi piace e mi sussurra: ‘fammi un pompino’ non riesco ad impedire alla mia mente di pensare ‘un affellatio, quanto mi piace, certo che te lo faccio.
Lo prendo per la cintura e lo trascino verso il letto, mi siedo, lui, in piedi di fronte a me, gli slaccio i pantaloni e li faccio scendere mentre lui sfila le scarpe e le lancia indietro, mentre glieli sfilo la mia bocca è già sul suo sesso, duro, pulsante e caldo, lo lecco attraverso gli slip neri e intanto con le mani mi libero del suo indumento. Afferro quell’ultimo strato di stoffa che protegge la sua verga e lo mando verso il basso, cadono ma è lui a sfilarli con i piedi, le mie mani sono già impegnate, gli accarezzo le palle mentre con l’altra mano tengo il suo cazzo staccato dal ventre e lo lecco per tutta la sua altezza. Scopro il glande, con la lingua gli giro intorno, proprio sotto la base e poi lecco il frenulo mentre il suo sesso ha degli spasmi tra le mie mani. Continuo così, piccole leccate in quel punto sensibile mentre gli massaggio le palle e sego la base lentamente ma stringendo. Non oso guardarlo negli occhi, vorrei tanto sapere come sta andando, lo sento gemere e lo vedo inarcarsi verso di me. All’improvviso mi toglie le mani e mi dice ‘apri’, spalanco la bocca e lui ci entra con foga, mi stantuffa come sa la mia bocca fosse una fica e faccio molta fatica a trattenere qualche conato ma lo lascio fare, continua così per forse un minuto poi rallenta e si ferma dentro di me, ne faccio entrare più che posso ma tutto proprio non riesco. Colgo l’occasione e gli riafferro il cazzo con una mano, la chiudo sulla base e quello che avanza me lo infilo in gola, in quel modo ci sta e riesco a stimolare tutto il membro. Tenendo la mano ben attaccata alla mia bocca e prendendogli con l’altra il sedere incomincia a fare su è giù con la testa, succhio quel pezzo di carne come succhiassi da una cannuccia anche se ho il timore di esagerare, lo lecco dentro la mia bocca, la punta, il buchetto e poi ancora il frenulo. Aumento la velocità della mia testa e della lingua mentre lui mi asseconda con il bacino sbattendo forte sulla mia mano, lui geme e geme sempre di più, mi sento orgogliosa e aspetto il suo sperma, il mio premio ma si ferma, mi blocca e mi dice: ‘voglio entrare tutto, togli la mano’. Non ce la farò mai, non ci sta e lo allontano, lo faccio uscire dalle mie labbra. Mi guarda, è già arrabbiato ma non ha capito: ‘aspetta un secondo, ti prego’. Mi sposto più al centro del letto e poi mi stendo, pancia in su, la testa verso di lui sempre in piedi davanti al letto. Scivolo finché la mia testa non esce dal bordo e può inclinarsi all’indietro, prima il suo pene mi sbatteva sul palato ma forse così, apro la bocca e gli dico ‘vieni, vieni e spingi forte’. Lui allarga le gambe e si avvicina, si china in avanti fino ad appoggiare le mani al lato dei miei fianchi e in quella posizione mi entra in gola ed entra meglio di prima, gli afferro di nuovo il culo con entrambe le mani e lo tiro a me, sempre più in fondo, la sua cappella mi chiude la gola, faccio fatica a respirare ma i conati riesco a controllarli bene, la mia testa è bloccata dal letto, non posso andare più indietro e se volesse potrebbe soffocarmi ma lo ha capito e mi segue, quando sente le mie mani smettere di spingere si allontana un po’ per poi tornare più in profondità appena lo tiro. Si sta facendo strada dentro di me, la lingua è diventata inutile e mancano ancora almeno cinque centimetri ma ad ogni affondo diventano un po’ di meno. I miei occhi lacrimano molto, il trucco, se pur leggero cola sul mio viso, avrei veramente bisogno di respirare liberamente ma manca così poco. Un altro affondo, allungo le labbra per accoglierne più che posso e sento le sue palle sul mio naso, gonfie, pronte ad esplodere, resta li un tempo infinito poi esce un attimo, giusto un respiro e lo ritiro dentro, i peli del suo pube a contatto con le mie labbra e lui che si appoggia di peso su di me, il suo membro finalmente al caldo nella mia gola, tutto ma non ce la faccio più e inizio a muovere la testa quel tanto che posso in modo frenetico, i rumori che escono dalla mia bocca spalancata sono osceni, saliva mi cola sul viso da ogni parte ma lui geme, geme forte in modo roco e poi il pene incomincia a pulsare, vibra, lo sento benissimo, è come se riuscissi a sentire la sua sborrata salire su su dai coglioni fino alla punta del cazzo e alla fine, con un urlo, mi si riversa in bocca, liquidi, abbondante e caldo, direttamente in gola, uno, due, tre fiotti, sembrano non finire ma poi lo faccio uscire un po’ e incomincio a succhiare, succhiare tutto fino all’ultima goccia e leccare fino a che è lui che deve staccarsi dalla mia bocca perché le sensazioni diventano troppo intense da sopportare. Aria fresca nei polmoni in quantità, mi sento soddisfatta e sono convinta di aver fatto bene. Lui resta li, sdraiato su di me, il suo pene che si va rilassando appoggiato su una mia guancia mentre lui, con il fiatone, allunga una mano e accarezza il mio piercing: ‘ti sta bene, ti piace???’
‘molto’
‘.
Dopo qualche minuto si rialza per poi sdraiarsi di fianco a me e mi dice:
‘quando ti sei ripresa vorrei che ti rivestissi, la notte è ancora lunga e dobbiamo andare in un posto a comprare qualcosa per iniziare il tuo allenamento. E’ ora di preparare il tuo culo a me’
Doveva succedere ma ero convinta che ne valesse proprio la pena, lui magari non si era accorto ma stava sorridendo beato e non lo faceva mai. Avrei avuto quell’uomo per me tutta la vita, avrei fatto del mio corpo una droga di cui non avrebbe mai potuto fare a meno, ce l’avrei fatta.
‘ok, mi preparo’

CONTINUA’
IL RACCONTO TI E’ PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN’OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI

glorfindel@email.com
Eravamo sulla sua macchina, stavo comoda sui sedili in pelle nera e c’era spazio in abbondanza per distendere completamente le gambe. Mi sentivo rilassata, dopo il pompino che gli avevo fatto lui era disteso, mi parlava in tono gentile ed io ero così fiera di me. Non avevo osato chiedergli come ero andata ma il solo fatto di vederlo così mi faceva pensare bene, era una sensazione nuova, che fosse quello il sentirsi amata ???
Lungo il tragitto mi spiegò cosa stavamo andando a fare; eravamo diretti ad un sexy shop poco fuori città, li avremmo dovuto acquistare delle palline anali e molto lubrificante. Mi ero già imbattuta in quell’oggetto ma lascia che mi spiegasse che si trattava di varie palline, circa dieci, unite l’una all’altra da un filo, andavano inserite nel sedere una ad una in modo tale che il continuo aprirsi e chiudersi dello sfintere aiutasse il muscolo ad abituarsi ad essere penetrato. Mi disse anche che ne esistevano di varie dimensioni, da molto piccole a grosse come una palla da biliardo e che avrei dovuto scegliere io quali acquistare ad una condizione però, se lui le avesse ritenute troppo piccole le avrebbe cambiate e avrebbe preso le più grosse presenti in negozio.
Non posso dire che la cosa non mi preoccupasse ma lo avevo messo in conto e in un modo o nell’altro ce l’avrei fatta, sentivo di fare grossi progressi con lui e, arrivata a questo punto, non mi sarei permessa di perdere quell’uomo che tanto desideravo.
Il viaggio continuò nel silenzio per un po’ poi mi sorprese chiedendomi come mi ero trasformata da imbranata totale a pompinara eccezionale. A parte la gioia per il complimento (pompinara eccezionale) mi sentii avvampare di vergogna ma decisi di non mentire, mai avrei mentito al mio amore e gli raccontai delle mie ricerche su internet. Lui mi ascoltò e mi chiese di dirgli tutto quello che avevo scoperto. Le cose erano tante ma cercai di essere più precisa possibile, alla fine, mentre parcheggiava mi disse che ne era contento e che magari, un’altra volta, avremmo potuto fare ricerche insieme e metterle in pratica.
Scendemmo’
Era tardi, quasi ora di chiusura, il locale era vuoto e il commesso, un tipo magro, poco curato con i capelli unti ci guardò quasi male ma non disse nulla. Il mio padrone si fermò vicino alla porta e mi disse di andare, dovevo farlo io. Il negozio era piccolo, forse 50 mq, sui lati vari scaffali tematici e al centro una gondola con riviste e cassette, mi guardai intorno e in poco vidi il reparto con dildi, vibratori e affini, non vidi le palline ma decisi che quello era il reparto che mi sembrava più adatto. Feci un sospiro e mi incamminai, attraversai il negozio sulle mie scarpe nuove che ancora non mi davano una gran fiducia ma misi un piede davanti all’altro e in poco vidi il commesso alzare lo sguardo dal computer per posarlo sul mio didietro ondeggiante, mi guardò con avidità, come un cane che guarda il padrone preparargli la ciotola di cibo quotidiano. I suoi occhi non facevano che scorrere su tutto il mio corpo e per quanto lui mi facesse ribrezzo mi sentii lusingata, mi sentii affascinante ed era una cosa che non mi era mai capitata.
Arrivai allo scaffale giusto e trovai gli articoli che cercavo, distolsi l’attenzione del mio improvvisato ammiratore e inizia a guardarli con calma. Ce ne erano veramente di tutte le misure ed alcuni erano così grossi che ebbi un brivido pensando di dovermeli far entrare nel culo ma se sbagliavo scelta sarebbe stata proprio la fine che avrei fatto. Sinceramente avevo il dubbio che in ogni caso sarebbe andata così che tutto questo gioco servisse proprio per farmi fare quella fine, qualunque avessi scelto gli bastavi dire no per condannarmi. Alla fine trovai quello che cercavo, forse non mi avrebbe salvato ma mi sembrò la scelta più intelligente. Mi chinai in avanti tenendo le gambe ben tese, a 90′ gradi, per prendere l’oggetto scelto. Ero certa che quello schifoso di un commesso mi stesse piantando gli occhi nel culo e mi trova di nuovo a stupirmi di me, stavo civettando e nella mia vita non mi ero mai sentita una che potesse farlo.
La sfilata che feci per tornare dal mio uomo fu seguita con la stessa attenzione dell’andata, cavoli, mancava poco che quel tipo sbavasse e il mio lui se ne era accorto e si gustava la scena.
Arrivai e gli porsi la scatola, avevo scelto un modello con palline che andavano crescendo, le prime due o tre erano in effetti abbastanza piccole ma poi, mano a mano, la dimensione saliva sempre di più e l’ultima, sinceramente, mi preoccupava parecchio, si ingrandiva di botto rispetto alle altre e anche se non era fra le più grosse presenti in negozio erano almeno 3,5 cm. Lui mi guardò e poi mi ridiede la scatola, un colpo al cuore, voleva dire no, ma invece, si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: ‘hai dimenticato il lubrificante ma visto come ti guarda quel tipo mi è venuta un idea, vai da lui e digli che ti serve della vasellina e che se te la regala potrà fare di te quello che vuole ma dovrà seguire delle regole”
Cavolo, questa proprio non me la aspettavo, quel tipo era schifoso ma poteva andarmi peggio, in fondo mi stavo già esibendo per lui di mia volontà ed ero certa che se non avesse rispettato le regole il mio padrone mi avrebbe protetta quindi mi girai e piantai gli occhi in quelli di quell’essere, rimase di sasso, con espressione seria mi avvicinai a lui, appoggia le mani sul bancone, sorrisi appena e gli dissi:
‘mi servirebbe anche molto lubrificante e il padrone manda a dirti che se me la regali potrai farmi fare ciò che vuoi ma ci sono due condizioni, non devi mai uscire da dietro il tuo bancone quindi non potrai toccarmi e io non userò alcun oggetto, solo il mio corpo, ti va???’
Non so bene come dissi quelle frasi, ero confusa, eccitata e stavo facendo una cosa a cui non avevo mai pensato in vita mia ma da come disse si balbettando mentre prendeva non so quante scatole di lubrificante dallo scaffale affianco credo proprio di essere andata bene. Quel ragazzo non era certo attraente, tutto il contrario ma stava pendendo dalle mie labbra e questa era la cosa che mi sconvolgeva di più.
Senza voltarmi feci tre passi indietro allontanandomi dal bancone ma restando abbastanza vicina perché lui potesse vedere tutto in modo nitido e chiaro e ammiccando gli chiesi: ‘cosa ti va di vedere?’.
Credo che avesse smesso di affluirgli sangue al cervello perché l’unica cosa che riuscì a biascicare fu nuda e dovette provarci tre volte prima di riuscire a dirlo correttamente.
Spogliarmi era diventato ormai un’abitudine e impiegai pochi secondi per far ricadere tutti i miei abiti sulla gondola affianco a me, mi spogliai totalmente e rimasi li in piedi conservando solo le scarpe.
Era strano, non mi vergognavo affatto e non provavo l’istinto di coprirmi, che quel tipo stesse sbavando per me era palese, gli piacevo ma gli piacevo da impazzire e questo mi fece sentire veramente bene, come una modella sul set di un calendario di nudo.
Lui fissava ogni parte di me e per aiutarlo io feci un giro completo su me stessa, il mio piercing attirava il suo sguardo e io lo mostravo con orgoglio ma visto che sembrava aver perso l’uso della parola gli chiesi dolcemente se voleva che facessi altro.
Lui cominciò subito ad assentire con il capo mentre la sua mano aveva già raggiunto la patta e la massaggiava vistosamente ma dovette deglutire due volte prima di riuscire a dire: ‘ma.. ma.. masturbati, fammi vedere come ti masturbi’.
Sai che quasi mi aveva fatto un favore, lo sguardo di quel porco sul mio corpo nudo, il mio padrone che mi osservava esibirmi per uno sconosciuto, l’iniziare a sentirmi a mio agio con questa mia nuova sessualità mi avevano fatto effetto, sentivo un gran caldo nella pancia così allargai le gambe, il massimo che riuscivo mantenendo l’equilibrio, mi presi i piccoli seni come le mani e li massaggia, feci salire la destra fino alla bocca e vi infila due dita mentre con l’altra mano mi ero presa un capezzolo, lo titillavo, cazzo mi stavo proprio eccitando, le dita uscirono dalla bocca ed andarono ad infilarsi nella mia fica proprio mentre lui tirava fuori il cazzo dai pantaloni per masturbarsi, non lo vedevo bene, il bancone era alto ma non mi interessava minimamente. Avrei voluto giocare un po’ con il clitoride, con il mio anellino ma avevo una voglia matta di avere qualcosa dentro così infilai le dita, insalivate, entrarono come risucchiate su fino in cima, spingevo forte, avrei voluto averle più lunghe e inizia a gemere di piacere mentre due dita mi scavavano e due dita mi torturavano un capezzolo.
Inizia a bagnarmi le labbra con la lingua, stavo perdendo il controllo, la mano si muoveva sul mio sesso, estraevo le dita per massaggiare il resto della mia patatina ma subito mi trovavo costretta a reinserirle per riempire quel buco che sembrava come diventato vorace. La sua sega aveva preso un ritmo interessante e mentre guaiva eccitato mi disse: ‘fammi vedere meglio, voglio vedere come ti scopi da sola’.
Senza dire una parola mi girai, sempre a gambe divaricate ma piegai le ginocchia e mi sporsi in avanti, con una mano mi afferrai una chiappa, in profondità e la allargai in modo che lui potesse vede i miei due buchi al meglio possibile poi con l’altra mano ricomincia a infilzarmi da sotto, iniziai a sbattermi da sola seguendo il ritmo della sua sega furiosa, le dita che entravano e uscivano da me facevano un gran rumore sguazzando nei mie umori che avevano preso a colare da tutte le parte. Senti il suo respiro farsi sempre più irregolare, stava per venire e il calore stava riempiendo anche me, mi stavo caricando e presto non sarei più stata capace di fermarmi. La mano spingeva forte per cercare di penetrarmi il più in profondità possibile mentre il palmo strusciava sul piercing mandando scosse attraverso il clitoride e poi lui disse respirando male: ‘un dito nel culo, mettiti anche un dito nel culo’.
Pensare era l’ultima cosa che riuscivo a fare in quel momento, sentii le sue parole e la mano che teneva la mia chiappa la lasciò per avvicinarsi alla bocca, insalivai bene il dito medio e con le gambe che mi tremavano lo portai al mio buchetto da sopra, spinsi, trattenendo il respiro, lo spinsi tutto dentro, i muscolo del culo si strinsero automaticamente ma ero talmente lubrificate che il dito entro senza problemi, non sentii dolore, sentivo le dita nella fica che toccavano con quello nel culo e tutto quel calore che avevo accumulato esplose di botto in un orgasmo violento che mi costrinse in poco tempo a liberare le mani per appoggiarle alle ginocchia a ritrovare l’equilibrio.
Dopo qualche secondo iniziai a riprendermi, mille puntini luminosi mi avevano invaso il cervello e le mie urla avevano coperto ogni rumore quindi non avevo visto e sentito niente di quello che era accaduto intorno a me.
Prima cercai il mio padrone, era appoggiato alla porta, forse voleva evitare che qualcuno entrasse ma mi guardava con uno sguardo che mi fece piacere poi mi girai a guardare il mio fortunato spettatore, ansimava seduto sullo sgabello, era venuto, lo schizzo di sborra sul bancone ne era la prova.
Mi rivestii rapidamente poi mi avvicinai al bancone, con un dito raccolsi un po’ del suo seme e poi con movimenti lenti tirai fuori la lingua, ero a pochi centimetri da lui e mi leccai il dito sporco di sborra prima di dire: ‘mi regali anche le palline?’
Lui esterrefatto fece di si con la testa, presi un barattolo di vasellina, le palline e me ne tornai dal mio uomo. Essere sexy iniziava proprio a piacermi, ci stavo prendendo la mano.
Ce ne andammo’
Fuori dal negozio lui mi prese per i fianchi, si mise davanti a me fissandomi negli occhi e mi chiese se mi stavo impegnando così tanto per lui:
‘si’ non c’era imbarazzo in me, fissavo i suoi occhi reggendo il suo sguardo e mi chiese Perché? ‘perché ti amo’ mi era uscito con una naturalità sconcertante, non glielo avevo mai detto e anche se lo pensavo dalla prima volta non lo avevo mai detto ad alta voce neanche a me stessa.
Mi fissò a lungo, faceva freddo, avevo i brividi ma poi lui parlò:
‘Non ti riconosco più, non sei semplicemente sexy ma sei bella, bella per come sei, in quel negozio eri tu a dominare su quel ragazzo, eri nuda e lui doveva essere quello che si stava approfittando di te ma la realtà è che tu stavi giocando con lui a tuo piacimento. Delle insicurezze che tanto ti svalorizzavano non vi è quasi più traccia e sono contento che tu abbia insistito per portare avanti il nostro rapporto. Non fraintendermi, devo ancora capire se sei così per me o sei così perché lo sei ed è una cosa fondamentale ma…’
Mi stava esplodendo il cervello ma non lo diedi a vedere, mi sentivo come una bambina in un gigantesco negozio di giocattoli tutto rosa ma non persi quella nuova femminilità che mi piaceva tanto. Non riuscivo a pensare, le sue parole mi rimbombavano nella testa e feci un’alta cosa che non mi sarei mai aspettata da me.
Gli schioccai un veloce bacio sulle labbra e poi, ammiccando dissi ‘dai, andiamo, se non sbaglio abbiamo da fare, non mi sarò fatta regalare questa roba per niente?’
Lui rise di gusto mentre le portiere della macchina si aprivano richiamate dal telecomando nella sua mano, mi aprì lo sportello e con una mano mi aiutò a salire mentre la mia testa si rendeva conto di cosa aveva fatto e di dove stavamo andando.
Partimmo’
Mi ritrovai di nuovo nuda, ma che novità, sul letto della nostra stanza del sesso, pancia in su, le gambe alzate e le braccia a stringermi le ginocchia per tenerle su mentre lui stava iniziando il suo lavoro con le palline.
Era la cosa peggiore di quella serata, non mi eccitava affatto, mi sentivo come su un tavolo operatorio o dal ginecologo e lui era così lontano ai piedi del letto, mi sentivo sola.
Lo vidi lubrificare bene quell’arnese, abbondantemente, lasciando colare la vasellina in eccesso sul mio corpo, era fredda, fastidiosa, mi ricordava quella poltiglia che ti spalmano per fare le ecografie e poi incominciò.
Le prime tre palline in effetti entrarono bene, un leggero fastidio ma niente di che poi, però, la loro dimensione iniziò a crescere, ad ogni pallina sentivo lo sfintere allargarsi, venire penetrato e poi di botto richiudersi guidato da quell’irresistibile bisogno di stringere l’ano che proprio non riuscivo a controllare e così la pallina veniva come sparata dentro, altra cosa proprio fastidiosa.
Fissavo il soffitto cercando di resistere, dolore vero e proprio non ne sentivo ma mi faceva un effetto triste, non vedevo l’ora che finisse.
Arrivammo all’ottava sfera, questa, nel momento che passo, fece male, come se mi si dovesse strappare qualcosa e feci in gridolino al che lui decise che era meglio insistere un po’ e inizio a farla entrare e uscire lentamente e ogni volta quell’odioso oggetto veniva sparato dentro e fuori, a volte ne toglieva due o tre per poi reinserirle. Che odio ma poi si stufò, vedendo che mi ero abituata anche a quella decise di passare alla numero nove, spinse un po’ troppo forte, non credo apposta, la sfera entrò ma fece proprio male, ero convinta che si fosse realmente strappato qualcosa, mi morsi le labbra mentre l’oggetto mi invadeva l’intestino divincolandomi un po’ e l’unica cosa che ottenni fu di farmi riservare lo stesso trattamento che avevo avuto per la numero otto.
Giuro, non so se avrei preferito questo gioco o le frustate ma poi ci ripensai, le frustate sulla patata mai più, dovevo evitarle ad ogni costo quindi strinsi i denti e mi adattai anche a quella nuova dimensione.
Era giunto il momento dell’ultima pallina, quella decisamente più grossa, ero frustrata, li bloccata a guardare in aria, avevo freddo e tutto quel lavorare sul mio culo non mi aveva eccitata affatto, il sesso anale sembrava proprio non fare per me e mentre lui aggiungeva vasellina per l’ultimo affondo io ripensai all’inizio della serata, a come ero stata in quel sexy shop, alle sue parole nel parcheggio e un fuoco mi si accese dentro, rabbia mista ad eccitazione, non volevo essere quella donna cavia ma quella di mezz’ora prima, se voleva incularmi andava anche bene ma non così.
Lascia libere le gambe e alzando un po’ la schiena lo presi per la camicia e me lo tirai sopra. Stupito si trovò con le labbra a un centimetro dalle mi e fissandolo negli occhi gli sussurrai:
‘sodomizzami, voglio che tu mi abbia in ogni modo, voglio farti felice, sodomizzami’.
Allungai una mano verso il culo e con poco garbo mi estrassi quell’orrido affare privo di vita per gettarlo a terra, lui mi fissava ancora negli occhi, si alzò in piedi senza staccare lo sguardo dal mio e si spogliò. Era eccitato e io rialzai le gambe come prima pronta ad accoglierlo, avevo paura ma il calore in me era tornato e mi sentivo già bagnata.
Aveva le mani unte di lubrificante, se le passò sul membro eretto, pulsante, all’improvviso mi sembrava più grosso del solito, si inginocchio sul letto, davanti al mio culo, appoggiò la cappella sul buchetto e continuando a fissarmi iniziò a spingere, ressi il suo sguardo, finalmente lo sentivo vicini, non mi sentivo più sola. Quell’aggeggio aveva comunque fatto il suo lavoro, alla prima spinta più decisa la sua cappella entrò, ahi ahi, si rompe, mi contorsi un po’ e lui restò fermo, respiravo profondamente cercando di calmarmi e di rilassare lo sfintere, lentamente ci riuscii e lui ricominciò ad affondare, con delicatezza, si fermava ogni volta che mi sentiva stringere e aspettava i miei tempi. Ci volle una vita, se fossi stata bendata avrei giurato che mi avessero ficcato la gamba di un tavolo nel culo tanto lo sentivo pieno e dilatato ma alla fine arrivarono i suo fianchi ad appoggiarsi sulle chiappe, i testicoli sbattere su di me, si appoggiò di peso e gli ultimi millimetri furono dentro. Si chinò a baciarmi e dolcemente mi chiese se stavo bene, feci cenno di si con la testa ma rimanere rilassata era veramente dura, chiusi gli occhi per la prima volta e lo lascia fare, si muoveva poco, usciva appena e rientrava attento ad ogni mia smorfia e dopo pochi minuti inizia ad abituarmi. Non dico che mi sentivo a mio agio ma almeno sparì la paura di essere spaccata in due, altre sensazioni riaffiorarono, il fuoco nel mio ventre iniziò velato a rifarsi sentire e la mia fica a pulsare.
Riaprii gli occhi e lo trova li, concentrato su di me e mi disse: ‘non è una punizione, aiutami a farlo essere il più indolore possibile’
No, non era quello che volevo, non andava bene, così non valeva la pena’
Gli cinsi il collo con le braccia avvicinandomi a lui, lo amavo, volevo farlo felice, doveva avere il 120% di me, volevo che avesse il 120% di me e parlai:
‘Non pensare a me, permettimi di farti felice, di darti il massimo, inculami, inculami come credi debba essere inculata una donna, inculami come credi debba essere inculata la tua donna’.
Mi guardò serio, cercava qualcosa nei miei occhio e la trovò, capì che stavo dicendo esattamente ciò che provavo, capì che lo volevo per davvero e mi accontentò.
Uscì da me e afferrandomi per le cosce mi tirò in malo modo finché il mio sedere non fu appena fori dal bordo del letto, prese il cazzo, guardo il mio buchino e ce lo infilò dentro tutto d’un colpo, fece male, veramente male ma per un attimo e mugolando di dolore dissi: ‘continua’
Iniziò a stantuffarmi con brutalità, usciva e rientrava di botto aggrappandosi alla mia carne per non farmi scivolare indietro, colpi forti, violenti e ritmati, rimaneva infilzato nel mio sfintere qualche secondo poi usciva lentamente e ci si ributtava dentro. Il mio anellino bruciava e mi sentivo strano lo stomaco ma il suo viso sconvolto dall’eccitazione mi ripagava di tutto, sembrava un animale infuriato che da sfogo incontrollato a tutta la sua aggressività, non lo avevo mai visto così ma non mi faceva paura, mi stava eccitando.
Ad un certo punto uscì del tutto, mi allargò le chiappe per vedere bene il risultato del suo lavoro, non volevo proprio sapere in che condizioni ero, infilò due dita e fece entrare il pollice nella fica grondante, incominciò a frugarmi in quel modo, solo quel sottile strato di carne a dividere le dita nelle cavità diverse. Era piacevole, stavo mugolando, sentivo avvicinarsi l’orgasmo ma le sfilò dicendo: ‘non ho finito con te puttana’. Mi penetrò di nuovo, tutto di un botto, il mio culo ormai cedeva agevolmente e poi uscì fissando l’apertura che lasciava vuota in me, guardava il mio orifizio e appena sentivo che iniziava a richiudersi ci si ributtava dentro ormai senza alcun riguardo.
Uno, due’ dieci volte, non lo so neanche io quante, con quel gioco il dolore aveva iniziato a farsi risentire ma non me ne fregava niente, vederlo così, senza controllo per la prima volta, senza quella patina a proteggerlo e tenerlo lontano da me, vederlo vero al 100% era una soddisfazione inimmaginabile. Lo avrei tenuto nel culo per la vita per averlo così reale.
Mi prese e mi rovesciò in mezzo al letto, pancia in giù, mi fu sopra, le sue ginocchia all’esterno delle mie gambe, i piedi all’interno e mi allargò le cosce oscenamente, prese la sua mazza e di nuovo dentro, a martoriare il mio povero culo, pompava forte, ansimava, in quella posizione entrava ancora di più, sembrava dovermi sfondare lo stomaco e gemevo, felice gemevo, non si preoccupava più per me, ero indifesa in quella posizione, non avrei potuto fermalo neanche volendo e lui non si sarebbe più fermato fino al totale appagamento.
Schiacciata sul materasso dal suo peso spinsi il culo verso l’alto per fami sodomizzare ancora meglio, ancora più a fondo, facendo scivolare una mano raggiunsi il mio sesso, colava, inizia a masturbarmi appagando quel dolore così perfettamente mischiato con il piacere. Urlavo, urlavo ad ogni affondo senza ritegno e avvertii il suo respiro farsi pesante, stava per venire, stavo per venire, no, non così, volevo vederlo, volevo vederlo godere del mio culo, urlai, urlai di fermarsi e approfittando di un attimo di esitazione riuscii a sottrarmi a lui.
Aveva il fiatone, rosso in viso, stravolto, lo presi con foga, con fretta lo sdraia sul letto e gli salii sopra, i piedi sul materasso, accovacciata su di lui. Con la mano gli presi il cazzo, la cappella era gonfia, viola, la puntai sul mio orifizio e scesi, ormai spanata scesi agevolmente sul suo arnese, era tutto dentro di me mentre mi strusciavo con movimenti circolare, ansimava, ansimavo. Mi alzavo fino a farlo quasi uscire poi stringevo i muscoli o lo rificcavo dentro, fino alla base, doloroso, piacevole, intenso poi CIAF… una sberla sul mio seno, bruciava a malapena, non la aveva data forte. Alzai le braccia a catturarmi i capelli dietro la testa, le tenni alte lasciando scoperti i miei seni, indifesi, mentre continuavo a segargli il cazzo con il culo, stringendo più che riuscivo e gli dissi: ‘non l’ho sentita’.
Impazzì, mi afferrò tutte e due le tette con le mani, forte, le unghie che affondavano nella pelle e tirandoli su e giù impose il ritmo al mio culo poi ciaf, questo era forte, bruciava la pelle, bruciava il ventre e ancora le sue mani a strizzarmi per farmi muovere come voleva e un’altra sberla, poi un’altra, un’altra… Ansimava forte, rauco, completamente fuori controllo poi urlò, urlò come non lo avevo mai sentito urlare e i fiotti del suo seme mi invasero le viscere, bollenti. Continuavo a fare su e giù mentre veniva, le sue mani strette sulle mie tette come morse, dolore dal seno, scosse dal culo, il suo urlo che interminabile mi riempiva la mente e venni anch’io, travolgente, caldo, come se fossi stata avvolta da una pellicola di plastica che intrappolava tutta l’energia che voleva esplodere e che poi, all’improvviso si strappa!!! Era un fuoco che partiva dal centro della fica e percorrendo tutta la schiena arrivando agli occhi che non smettevano di lacrimare.
Mi accascia su di lui che rantolava sconvolto. Ero felice, soddisfatta. Lo sentivo veramente mio.

CONTINUA’
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Da quando Jessica mi si era donata come schiava sono ormai trascorsi sei mesi. La sua trasformazione è stata incredibile e il nostro rapporto è ormai cambiato radicalmente.
Siamo una coppia nel vero senso della parola, sia in pubblico che in privato. Lei è diventata una donna elegante e sicura di se. Il suo modo di essere affascina tutti quelli che la conoscono e con la naturalità dei suoi anni è riuscita a farsi amare e apprezzare da amici e parenti. Quando l’ho portata nella mia vita di tutti i giorni, tutti quelli che mi conoscevano non hanno potuto fare a meno di apprezzarla e per me è stato un piacere vederla districarsi senza problemi fra amiche invidiose e amici affascinati senza mai offendere nessuno ma riuscindo a dire sempre la cosa giusta al momento giusto.
Viviamo insieme, lei si è trasferita a casa mia, a casa nostra ormai. Vi è entrata in punta di piedi e si è ammalgamata al mio modo di vivere con la delicatezza di una farfalla portando grandi cambiamenti ma senza rovinare nessuno dei miei equilibri personali.
E’ inutile negarlo, adoro quella donna ed è diventato per me un bisogno carnale coccolarla, vezzeggiarla e appagare ogni suo desiderio. Cammino nel mondo con lei al mio fianco come se accompagnassi una regina, in ogni momento della mia vita lei è il centro ed il mio unico interesse è renderla il più felice che posso. Non c’è dono, non vi è attenzione che vorrei negarle e lei si abbandona beatamente nel godere delle mie premure; ma la cosa magica del nostro rapporto è che quando quella creatura stupenda varca la soglia di casa nostra si trasforma divenendo la mia schiava devota desiderosa solo e soltanto di compiacermi, di essere usata e sfruttata nel più completo dei modi, con una seunsualità da fare impazzire si dona a me nel corpo realizzando con gioia ogni più recondita pervesione mi possa passare nella testa ma anche essendo una semplice compagnia nello spirito sostenendomi e curandomi come solo l’amore sa fare.
Non so se ha dei limiti ma ad oggi le mie fantasie si sono incastrate perfettamente con le sue capacità, ad oggi non mi ha mai detto no.
….
Una sera, appena rientrato a casa, mi guarda sorridendo e si avvicina per salutarmi ma io la blocco serio dicendole: “Zitta, vai di sotto e preparati”. Ormai esperta si fa subito seria anche lei e dopo aver detto “si padrone” si avvia per le scale.
Al piano di sotto una piccola mansarda che ospita un grande letto, molti specchi sparsi qui e la e tutto il necessario per poter giocare con Jessica.
Scendo e lei è li, completamente nuda, il piecing al clitoride che svetta sulla sua fica sempre perfettamente rasata. Mi avvicino e il nostro rito ha inizio, le sposta le mani dietro la schiena e inizia il solito lungo bacio, mi avvolge con le sue labbra vellutate, si infila nella mia bocca e mi attira nella sua. Il suo profumo mi inebria, ogni volta mantenermi calmo e distaccato davanti a lei si fa più difficile. Il bacio continua mentre io allungo le mani verso il suo sesso, la sfioro appena, quel tanto che basta a sganciare il piercing, ancora incollato alle sue labbra le sussurro: “questo anellino lo togliamo, potresti farti male” un sorriso maligno sulle mia bocca, lei freme, si sta accitanto e le sfugge un morso sul mio labbro, mi scrollo con forza e assaggio il sapore del sangue che stilla appena dalla mia carne. Lei si fa come più piccola, guarda a terra mentre dice “perdono, perdono, scusa io…”
“ZITTA” ha paura, non ama il dolore, certo le piacciono le maniere dure ma il dolore vero la spaventa ed ora teme di essersi messa nei guai.
Non sono un sadico e non provo un piacere perverso nel farle male ma ogni tanto, quando la situazzione lo chiedeva, le sue carni ricevevano la mia attenzione ma avevo imparato i suoi limiti e non provavo nessun desiderio di forzarli troppo ma a lei non lo avevo mai detto.
Presi una scatola da dentro un mobile, la aprii e gliela mostrai, un brivido la percorse mentre io godevo nel gustarmi la sua tensione.
Era piena di corde, spesse, nere e robuste, non l’avevo mai legata, non glielo avevo mai chiesto ma sapevo che la spaventava a morte. Era una donna capace di ubbidire, quando le intimavo di stare ferma in una posizione eseguiva docile anche sotto i colpi più duri ma c’è differenza fra lo stare fermi e il non potersi muovere. Toglierle la volontarità di subire e costringerla, legata, ad essere sottomessa senza che lei potesse nulla richiedeva un livello di fiducia a cui non eravamo mai giunti.
“girati”
le presi le braccia e gliele portai dietro la schina, iniziai a legarle insieme le mani facendo girare la corda intorno alle braccia, stretta ma non abbastanza da bloccare la circolazione, continuo l’oprazione giro dopo giro finché i suo avanbracci non si trovarono ben serrati fra loro dietro la schina completamente avvolti e ricoperti dalla corda.
Per quanto lei fosse flessibile, in quella posizione, era costretta ad inarcare indietro le spalle esponendo al massimo i piccoli seni.
Le girai intorno, la guardai, le accarezzai i capezzoli fino a farli inturgidire bene poi mi avvicinai e le baciai il collo, proprio sotto l’orecchio e li le sussurrai: “mi hai morso il labbro tanto da farmi sanguinare, non credi che debba restituirti il favore ?” lei aveva capito perfettamente cosa volevo fare, deglutì “si padrone”.
Mentre ancora assaporavo la pelle setosa del suo collo continua: “quale preferisci, il destro o il sinistro ?”, era già ad occhi chiusi, il repisro che si faceva più lungo, intenso mentre cercava di rimanere calma “tutti e due padrone”… sorrisi, sapeva sempre cosa rispondere.
Inizia a baciarle il corpo dolcemente, come un’amante affettuoso, scendendo sempre più giù fino ad incontrare un capezzolo, lo accolsi in bocca, lo leccai con cura e lo succhiai poi ne presi un pezzetto fra i denti, lei strinse gli occhi ancora più forte preparandosi al dolore e io incomincia a stringere, lentamente, sempre di più.
Dalle sue labbra usciva un mugugno trattenuto che si faceva sempre più intenso mano a mano che stringevo, stava quasi per urlare quando sentii una piccola goccia di sangue sulla mia lingua e lasciai la presa.
La sua bocca si spalancò a cercare aria mentre sospiri pesanti invadevano, lambiente. Il mio viso di fronte al suo, gli occhi negli occhi mentre la tenevo da sotto il mento: “brava, ricorda che non puoi urlare, siamo in un interrato ma se urli troppo forte qualcuno ti sentirà comunque e sarebbe un peccato”. Senza abbandonare i suoi occhi avvicinai le labbra all’altro capezzolo, chiuse gli occhi: “no, guardami”, li riaprì e li piantò nei miei, non mancava mai l’aria di sfida in lei, presi l’altro capezzolo e inizia a stringere, neanche un fiato, non respirava, la mascella serrata a stringere i denti ma non fece un solo rumore e non distolse mai lo sguardo, feroce, dal mio. Quando sentii il sangue mollai la presa e non potei fare a meno di essere orgoglioso di lei e di baciarla appassionatamente mentre si scioglieva fra le mie braccia ma eravamo solo all’inizio.
Le legai un’altra corda intorno alla sciena, intorno ai seni, tre giri di quella corda morbida, vellutata, poi la bloccai immezzo alle sue scapole e la feci passare in un anello che pendeva dal soffitto in modo da poterla tirare verso l’altro quel tanto da metterla in tensione ma senza alzarla da terra. Da un cassetto presi una scatola, lei mi seguiva con lo sguardo, sapeva cosa conteneva, morsetti, come delle mollette in metallo con una vite che permette di regolare la pressione con cui stringere, la punta dentellata ma con i denti arrotondati. Le aveva già provate e se pur erano uno giochino abbastanza innocuo stringendole troppo avevo visto i suoi occhi lacrimare. Iniziai un lungo lavoro sul suo corpo, ne applicai una sul clitoride e due sulle grandi labbra, le stringevo tutte lentamente fino al punto che, per quanto caparbia fosse, una smorfia appariva sul suo viso. Disegnai due linee di mollette sul suo corpo, non più di tre centimetri l’una dall’altra. Le due linee partivano dal suo sesso e andavano allontanandosi salendo verso l’alto fino a raggiungere, posarsi e superare i sui capezzoli e finendo dove finivano i suoi seni. Lei si adattava morsetto dopo morsetto e per quanto tesa subiva quell’intervento serenamente. Presi poi una lunga corda, sottile, la feci passare nell’anello della molletta sul suo clitoride facendone scorrere metà e poi comincia ad infilare morsetto dopo morsetto fino a disegnare una lunga V sul suo corpo che partiva dalla fica e finiva sulle tette. Feci passare le due estremità della corda sullo stesso anello a sofficco a cui era ancorata lei e poi le lascia cadere verso il basso. Jessica non capiva, mi guardava sospettosa. Presi una cavigliera in pelle, le ordinai di alzare una gamba a 90′ e le serrai la caviglia, ripresi poi i lembi di corda che penzolavano e li feci passare nell’anello della caviliera tirando e legando la corda in modo tale che se lei avesse abbasato la gamba si sarebbe strappata di forza le mollette dal corpo. Mi allontanai un poco e la osservai, li, nuda, in quella scomoda posizione, impossibilitata a fare qualunque movimento mentre combatteva per mantenere l’equilibrio su una gamba sola e mi sentii orgoglioso del mio lavoro:
“ho voglia di una sigaretta, aspetta qui, mi raccomando” un brivido mi percorse per l’odio che scaturiva dai suoi occhi e mi diressi al piano di sopra.
Tornai con sigarette, posacenere e il giornale del giorno, non la guardai neppure ma riuscivo a sentire il profumo del suo sudore. Mi sedetti sul letto e inizia a fumare mentre leggevo il giornale, in sottofondo i suoi mugugni per i muscoli indolenziti dal dover tenere la gamba alzata per tanto tempo. Fumai lentamente, praticamente lasica che la sigaretta finisse da sola mentre leggevo. Spensi il mozzicone mentre continuavo a leggere, avevo trovato un articolo interessante e volevo sapere come finiva. Lei trovava un po’ di sollievo spingendo il ginocchio della gamba alzata verso il lato e facendo avvicinare il piede al corpo ma durava ben poco, sbuffava contorcendosi per quanto le era concesso nell’infruttuosa ricerca di un po’ di riposo.
Dopo almeno dieci minuti mi alzai, misi via il posacenere e il giornale e andai alle sue spalle. Le feci passare una mano sotto la gamba idolenzita e arrivato all’altezza del ginocchio, gradualmente, lentamente, feci pressione verso l’alto a sostenere il suo peso.
Lei iniziò a respirare rapida invasa dal sollievo di quel sostegno appoggiando la schiena su di me quasi volesse salirmi in braccio. La lascia respirare, non c’era più spavalderia in lei, avevamo raggiunto il punto che mi piaceva di più, era piegata, alla mia mercè, in mio totale potere.
“sai Jessica, mi è venuta voglia di accarezzare il tuo seno”
“accarezzami, ti prego”
“si ma quella corda, quei morsetti che li ricoprono, mi danno fastidio, toglili per favore ma solo quelle sue seni”
e detto questo lascia la sua gamba che divenne subito pesante come un macigno, quasi perse l’equilibrio.
Ci volle quasi un minuto prima che facesse qualcosa e io lo attesi respirando estasiato il profumo dei suoi capelli mentre la sua schiena strusciava su di me a cercare un appoggio inesistente.
Poi lei iniziò ad abbasare la gamba, le tremava per lo sforzo prolungato dei muscoli e non doveva essere facile riuscire a strapparsi dolorose mollette dalla carne senza neanche strapparle tutte.
Lunghi mugoli strozzati cominciarono a sentirsi mentre la sua pelle si allungava trattenuta dalle pinze, non volevano straccarsi al punto tale che dovette desistere e rialzare la gamba.
Io nel frattempo mi gustavo tutta la scena carezzandole i capelli, quasi pettinandoli, in assoluto silenzio.
Tornò subito all’attacco ma questa volta provò con piccoli strattoni, aumentando la forza del colpo sempre un po’ di più, la sua pelle a fare come da elastico allungandosi per il colpo e poi rimbalzando di nuovo al suo posto mentre la gamba si rialzava.
Uno, due, tre colpi e poi al quarto le mollette si stacarono, due, subito sopra i suoi capezzoli e le sfuggi un urlo che strozzo all’istante.
Sulla sua carne due solchi rosso violacei a testimoniare il morso di quei piccoli denti di metallo.
Ansimava forte, strinse le labbra, trattenne il respiro e diede un’altro colpo, forte, forse troppo, saltarono le mollette dai capezzoli, quelle subito sotto e una ancora più in basso sul lato di destra. Un lungo mugolo seguito da un basso, rauco grido le uscì dalla bocca continuando fino a quando non fu costretta a zittirsi per respirare.
La gamba era un po’ più libera ma non si poteva abbassare più di un tanto, lei tremava tutta mentre io, scostati i capelli che cominciavano ad essere invasi dal sudere le sussurravo: “grazie, ora posso accarezzarti liberamente”, feci scorrere le mani da dietro afferrandole i seni, baciavo le sue spalle mantre massaggiavo quelle morbide, sode carni ma lei sfinita:
“sorreggimi la gamba, ti prego padrone, solo per un attimo”
“appena avrò finito con le tette, un momento”
Sentivo tutto il suo corpo fremere, i muscoli ribellarsi al suo controllo, cercava sollievo appendendosi alla corda che la sosteneva ma era inutile e io, con calma, con tocco leggero, accarezzavo ogni segno rimasto sulla pelle offesa, tittillavo i suoi capezzoli e giocavo facendo roteare il dito nelle aureole. Sentendola al limite feci scorrere le mani lungo i suoi finchi, superai il suo stupendo culo e poi, finalmente, andai a sostenere la gamba inprigionata in quella scomoda posizione. L’aria che aspirò rapida entrando nei suoi polmoni per darle sollievo fece un rumore come di un gorgo mentre il corpo non smetteva di tramarmi fra le braccia.
La sostenni forte questa volta, mi feci carico di tutto il suo peso e lascia che si riprendesse allungo. La tenni come in braccio per almeno cinque minuti mentre riposava, come dei gridolini, risa le uscivano spontanei tanto era il sollievo. Sostenendola per un attimo con un braccio solo le scostai i capelli in modo da potermi avvicinare al suo orecchio e, quasi come non dovessimo sentire nemmeno noi due, le sussurrai:
“sei eccezionale come sempre mia indomabile regina, per me può bastare, sono pienamente soddisfatto”.
Fu con lo stesso tono complice, sottovoce, parlando per un istante fuori dai giochi, come due amanti, che mi rispose:
“ti prego, lasciami finire, lascia che ti dia fino all’ultima stilla di me”
La lascia delicatamente, allontanandomi e portandomi davanti a lei, lo sguardo deciso, fiero, alzò la gamba, strinse i denti mordendosi il labbro inferiore e la abbassò, non so quante mollette volarono e non potei contarle perché arrivò subito un’altro colpo a strapparne altre accompagnato da un rauco grido di coraggio e poi l’ultimo, violento colpo che divelse anche i morsi dal suo sesso, questa volta il grido fu forte ma se qualcuno sentiva ormai non importava più.
La sollevai di peso e la sgancia dall’anello che la sosteneva mentre l’animale che è in me prendeva il sopravvento, ancora una volta era riuscita a strapparmi fuori la parte più recondita del mio essere, la adagia dolcemente sul letto e mi tolsi i vestiti quasi strappandoli.
Mi stesi a pancia in su e la issai sul mio sesso marmoreo, entrai in lei, in quel lago a farmi abbracciare dal calore unico del suo ventre e rimasi li ad osservarla mentre mi cavalcava. L’ultimo barlume di coscienza mi servì per vedere che i segni sul suo corpo non erano nulla di grave, non avevo esagerato, la mia donna era intatta e poi mi persi nella sua furia, si muoveva, si impalava come una belva impazzita, i respiri sempre più rapidi, non ce la faceva più, voleva farmi godere e stava usando energie che non avrebbe dovuto avere e ci riuscì. Mi riversai urlando nel suo utero liberandomi di ogni angoscia, di ogni problema, del mondo stesso mentre raggiungevo la sublime beatitudine.
Si accasciò su di me, il corpo bagniato come fosse stata una dea appena uscita della acque del paradiso, sfinita quasi assente mentre ripeteva convulsamente:
“ti amo, ti amo, ti amo, ti…”
La abbraccia distrutto sentendomi felice come nessun altro uomo avrebbe potuto e con le mani dietro la sua schiena comincia a slegarle le corde che ancora la opprimevano.
Non era venuta ma era soddisfatta e rilassata come un orgasmo non avrebbe mai potuto.
………
Le cose andavano molto bene fra di noi, per tutti e due era il periodo più bello della nostra vita ma poi una sera…….

CONTINUA…
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glorfindel@email.com …ma poi una sera il rumore delle chiavi nella serratura, la porta che si apre.
Corro subito ad accoglierlo, lo sorprendo schioccandogli un bacio senza neanche dargli il tempo di entrare. Lui si guarda intorno, quasi sospettoso e il suo sguardo cade su Teresa.
“Lei è una mia vecchia amica, non ci vediamo dalle elementari, ci siamo incontrate oggi per caso, è in città per una settimana per lavoro, fa la rappresentante ed oggi è venuta a proporre un prodotto nell’azienda in cui lavoro. Questa non è la sua zona e domenica ripartirà per tornare in centro Italia. Una cosa tira l’altra e ci siamo ritrovate a cena qui. Scusa, ma chiacchieravamo e mi sono dimenticata di avvisarti. Ti spiace ?”
Il suo viso era stanco, doveva essere stata una lunga giornata e non era uno a cui piacessero le sorprese, almeno sorprese come quelle, mi disse che non c’erano problemi ma capii che probabilmente avrebbe preferito una serata diversa.
Si presentò e poi andò in bagno scusandosi, dopo cinque minuti ne uscì, sembrava essersi ripreso un po’ , fu elegante e cortese, ci fece ridere tutte e due con il suo spirito pungente, per tutta la sera, fra lui e Teresa, fioccarono doppi sensi sulla nostra relazione senza mai essere, però, volgare o indiscreto, danzò sul filo della verità con maestria, facendo capire molto ma senza dissipare mai il dubbio se fossero verità o scherzi. Fu un ospite eccezionale e mise la mia amica completamente a suo agio. Andavano d’accordo, sembravano conoscersi da anni. Andammo avanti fino alle tre di notte, a un certo punto arrivò un messaggio sul mio cellulare e subito Teresa presa la palla al balzo:
‘uh un messaggio a quest’ora tarda Jessica, chissà chi è? Non è che fai la birichina quando sei a spasso eh?’
Io glissai sull’argomento dicendo che sicuramente era pubblicità, Teresa stava ovviamente scherzando e cambio subito discorso, il mio padrone non sembrava essere minimamente interessato.
Quando Teresa si accomiatò eravamo talmente stanchi da aver solo le energie per andare a dormire.
Mi svegliai la mattina e rimasi stupita, lui era seduto sulla poltrona davanti al nostro letto, già preparato e vestito, sembrava pronto per uscire, in mano aveva il mio cellulare. Mi guardò attendendo che mi destassi del tutto e quando mi vide abbastanza attenta parlò:
‘Ho dato uno sguardo al tuo cellulare, sai il messaggio di ieri sera ? Non era pubblicità ! Te lo leggo:
Sentire la tua fica bagnata mentre mi stingevi l’uccello mi ha arrapato da matti. Foglio scoparti come una cagna.’
Dio, mi ero dimenticata il messaggio, ero disperata, come potevo spiegarglielo?
‘No, no, aspetta, non è come credi”
‘Non hai toccato l’uccello di un altro uomo ?, Non hai lasciato che lui sentisse la tua fica bagnata ?’
Si lo avevo fatto, era vero, abbassai lo sguardo, la testa, cosa potevo dire ?
‘Avanti tesoro, spiegami pure, ti ascolto’ il suo tono era calmo, gelido.
‘E’ Mauro, un collega di lavoro ma non mi frega nulla di lui, te lo giuro è solo che’ siamo stati nello stesso ufficio per due anni e ogni giorno mi tormentava prendendomi in giro perché ero pudica, imbranata e insicura. Si veniva sempre a strusciare su di me solo per vedermi scattare furiosa, mi ha torturato per due anni e poi è stato trasferito in un’altra sede.
Due giorni fa ero in bagno, ci ero andata perché non riuscivo a togliermi dalla testa il modo in cui mi avevi avuta la sera prima, ero eccitata, mi volevo masturbare ma poi sentii bussare alla porta, mi rivestii e uscii ma li davanti a me trovai proprio Mauro. All’inizio non mi riconobbe ma poi, resosi conto di chi ero fece apposta a passare dalla porta proprio mentre io uscivo in modo che rimanessimo schiacciati l’uno contro l’altra nel passaggio.
Da così vicino mi disse:
‘scusa Jessica, lo so che non ti piace avere degli uomini appiccicati al tuo corpo frigido’
Non ho resistito, la voglia di vendicarmi di quel verme era troppa ed ora, grazie a te, ero in grado di farlo.
Gli ho preso il cazzo con una mano, ho tirato indietro la pancia in modo che si staccasse dai jeans che indossavo e gli ho guidato l’altra mano dentro i pantaloni, dentro le mutande fino a fargli sentire il lago in mezzo alle mie gambe e gli ho detto:
‘Lo senti questo calore, tu non hai la minima idea di quanto piacere possa dare la mia passere, lo senti come è morbida, glabra e vellutata? Beh, ricordala bene perché non l’avrai mai, io adoro avere uomini sul mio corpo, adoro farmi fare qualunque cosa gli venga in mente ma per omuncoli come te non c’è spazio fra le mie cosce’
Gli sfilai la mano fradicia mentre gli stringevo ancora l’uccello diventato di marmo e gli chiesi:
‘Hai capito Mauro ?’
Deglutendo disse ‘si’
‘Bene, allora goditi la vista del mio culo fantastico mentre se ne va perché è l’unica cosa che avrai di me’
Lo lascia li a bocca aperta, non pronunciò una parola e non lo sentii più fino al messaggio, quell’uomo non esiste neanche per me, esisti solo tu, mi volevo solo vendicare.
‘.
‘Quindi ti sei presa la libertà di usare il corpo che mi appartiene per una tua vendetta personale? Ti sei presa il diritto di fare assaggiare il tuo frutto ad un altro per una rivincita senza pensare che gli stavi facendo assaggiare un frutto che dovrebbe essere solo mio? Ora dovrei solo cacciarti a calci nel culo ma mi troverei a sprecare tutto il duro lavoro che ho fatto per renderti adatta a me e non lo trovo giusto di conseguenza ora ti spiegherò come cambierà la nostra situazione e poi deciderai se restare o andartene.
Questa non è più la tua casa, queste mura da oggi sono la mia dimora e tu ne fai parte come ne fanno parte il mio armadio o la vasca da bagno. ‘
“si, si, qualunque cosa per farmi perdonare”
“Zitta! Non ho mai sentito l’armadio parlare, la mia vecchia poltrona cigolava e infatti l’ho cambiata. Tu sei un accessorio, un optional inutile, una comodità di cui si può fare a meno. Non ti riconosco più il ruolo di schiava, non ne sei degna. Da oggi, ogni volta che varcherai quella porta e io sarò in casa, ti dovrai denudare completamente per poi andare a riporti sullo sgabello nell’angolo della sala e li restare fino a quando avrò bisogno di usarti.
Detto questo lui se ne andò.
….
Quando rientrai, la sera, lui era già a casa, era seduto sul divano, in pigiama e stava leggendo un libro, non mi degnò di uno sguardo quasi non si fosse accorto che ero arrivata. Capitava spesso di vederlo così ma quella sera tutto mi sembrava diverso. Mi denudai, riposi i vestiti e mi andai a sistemare dove mi era stato ordinato, lo sgabello non era molto comodo ma ero sicura che quello sarebbe stato il minore dei miei problemi.
Lesse per una buona mezzora, sembrava non stare comodo, non trovava la posizione per le gambe poi alzò lo sguardo, mi diede un’occhiata di sfuggita, fece un sorriso e si alzò. Mi arrivò vicino e senza dire una parola mi prese per i capelli e mi trascinò davanti al divano, sul tappeto, mi fece pressione su una spalla per farmi mettere in ginocchio e poi, dopo uno spintone mi trovai a quattro zampe, parallela al divano. Lui andò al tavolo da pranzo e recuperò sigarette e posacenere. Si stese sul divano per lungo, appoggiò il posacenere sulla mia schiena e accese una sigaretta ricominciando a leggere. Teneva il gomito appoggiato sul mio culo e il braccio disteso sulla mia schiena, sentivo il calore della brace rovente della sigaretta a pochi millimetri dalla mia pelle mentre il sudore cominciava a ricoprirmi più che altro per la paura che volesse marchiarmi a fuoco. Fumò lentamente mentre leggeva, non mi scotto mai ma ci credetti solo quando lo sentii spegnere il mozzicone nel posacenere di vetro che percepii scaldarsi attraverso la schiena. A quel punto cambiò posizione, si sedette e allungò le gambe sopra di me facendo attenzione a non urtare il posacenere, il bordo della suola delle ciabatte a scavarmi la pelle, aveva sempre voluto un poggia piedi per quando leggeva e lo aveva trovato, ero io.
Continuò la sua lettura nel più completo silenzio, passò almeno un ora così, aggiustandosi ogni tanto sulla mia schiena. Ero tutta indolenzita, le mani e le ginocchia solcate dalla sottile trama del tappeto, la schiena indolenzita dal suo peso, facevo veramente fatica ma lo avevo visto leggere anche fino alle due di notte ed erano solo le nove. Cominciavo ad aver paura che non avrei resistito ma poi si alzò dando un po’ di sollievo ai miei reni.
Durò poco, prese il posacenere, andò in cucina, aprì il frigo e si prese una birra, non era uomo da birra, amava il vino ma solo quello di qualità ma quella birra belga gli era piaciuta, ero io ad avergliela fatta assaggiare e se ne era invaghito. Tornò sul divano, rimise i piedi sul loro improvvisato appoggio, lo fece con poco garbo come se fossi fatta realmente di legno, diede un lungo sorso mentre ricominciava la sua lettura e poi appoggiò la bottiglia proprio tra la fine del culo e l’inizio della mia schiena. Era gelata, mi faceva venire i brividi ma ora, ai vari dolori in tutto il corpo si aggiungeva anche la paura di fare cadere la bottiglia, non riuscivo ad immaginare cosa sarebbe accaduto se l’avessi fatta andare sprecata. Il freddo intenso del vetro sembrava bruciarmi la pelle, stare perfettamente immobile era diventato uno sforzo assurdo.
Passai un’altra mezzora in quella posizione ed ero arrivata a ripetermi:
“sono un poggiapiedi, sono di legno, non sento nulla” per aiutarmi a resistere poi la birra finì, un ultimo, lungo sorso e si alzò, lasciò il libro sul divano e si diresse in cucina immagino per gettare la bottiglia ma si fermò, guardò quell’oggetto di vetro, largo per metà della sua altezza e poi un tubo dritto a farle da collo, un ghigno sul viso, si riavvicinò a me, senza degnarmi di uno sguardo mi pose il collo del contenitore davanti alla bocca, non capivo ma dischiusi le labbra, lui infilò tutta la parte stretta del vetro nella mia bocca e iniziò a girarvela all’interno, sembravo una specie di temperino elettrico, continuò così fino ad insalivarla tutta poi si portò alle mie spalle, mi allargò le chiappe con una mano e iniziò a infilarmi il collo della bottiglia nel buco del culo, con nessuna grazia, facendo forza e girandolo come a forzare una guarnizione troppo stretta, era poco lubrificata e la carne che strideva contro il freddo vetro bruciava terribilmente, mi morsi un labbro per resistere stringendolo forte con i denti per attenuare il dolore allo sfintere con quello alla bocca. L’operazione terminò solo quando tutto il collo di vetro fu strisciato completamente al caldo dentro di me. Mi diede una pedata su un fianco facendomi accasciare di lato e se ne andò a letto.
Rimasi li, umiliata con le lacrime agli occhi, da sua schiava devota ripagata da mille attenzioni mi ero tramutata infine nel suo secchio dell’immondizia e tutto per una stupida rivincita verso un porco inutile.
Non ebbi il coraggio di andare a letto con lui, rimasi li distesa senza neanche togliere l’intruso dai miei intestini e lentamente mi addormentai.
Non fu un sonno ristoratore, il duro pavimento se pur attutito dal tappeto non era certo un morbido giaciglio ma quando mi svegliai avevo una coperta addosso e della bottiglia non vi era più traccia. Presi quel gesto come un segno del suo perdono ma mi sbagliavo.
Proprio mentre mi stavo illudendo lo vidi uscire dalla camera, era in pigiama, si era appena svegliato, fischiettava camminando distrattamente verso di me, mi misi in ginocchio ad attenderlo, bramavo un po’ del suo affetto ma mi passò davanti, ancora neanche uno sguardo, vidi la sua mano allungarsi come a rallentatore, mi afferrò per i capelli come se stesse prendendo una borsa e cominciò a tirarmi senza riguardo. Dovetti sbrigarmi ad alzarmi in piedi in malo modo per seguirlo o mi avrebbe strappato qualche ciocca, mi trascinò con non curanza fino in bagno, mi spinse nella vasca e mi costrinse in ginocchio. Lo vidi mentre si tirava fuori il pene moscio dai pantaloni senza riuscire a immaginare minimamente cosa stesse per accadere e poi iniziò. Un getto caldo mi colpì sui seni, abbondate e con un odore intenso il getto della sua urina mi investì, chiusi gli occhi e la bocca alzando le mani in un vano tentativo di difendermi mentre lui si curava bene di innaffiarmi la faccia e i capelli. Il liquido che riusciva mio malgrado ad entrarmi dal naso mi andò di traverso e non so come riuscii a non vomitare. Si svuotò completamente scrollando le ultime gocce sul mio viso.
Furiosa cercavo di levarmi quel maleodorante liquido dalla faccia mentre lui incurante si ricomponeva, appena possibile aprii gli occhi pronta ad aggredirlo ma poi incontrai il suo sguardo; era freddo, glaciale, cattivo, non stava giocando, solo allora mi resi conto di quanto il nostro rapporto fosse in pericolo, solo allora mi resi conto di cosa avevo fatto davvero, non era solo senso di possesso verso il mio corpo, lo avevo ferito, deluso, gli avevo nascosto tutto e lo aveva dovuto scoprire da solo, per caso, non avevo neanche avuto la dignità di ammettere il mio errore perché lo sapevo già da sola che era stato un errore, un tradimento. La verità è che avevo ferito i suoi sentimenti, non lo faceva vedere ma stava male perché credeva in me.
Sentii il mio sguardo cambiare e divenire uno sguardo che non avevo più da tanto, che non avevo più veramente dalla prima volta che mi aveva sculacciata, chiusi la bocca e abbassai il capo.
Lui per contro si girò, si lavò i denti con calma e poi andò in camera a prepararsi.
Non ebbi il coraggio di muovermi finche non fu uscito di casa, solo allora aprii la doccia per lavarmi, lasciai che l’acqua lavasse via la sua urina e lo feci piangendo, piangendo per la mia stupidità, piangendo perché dopo aver lottato tanto per averlo avevo scordato di tenermelo stretto, piangendo perché stavo lavando via dal mio corpo una parte di lui.
‘.
Quando rientrò la sera io ero già nuda da almeno mezzora, appena sentii arrivare la macchina mi proiettai sullo sgabello e li attesi. Lui entrò, si tolse la giacca ed andò in cucina, si versò un bicchiere di vino bianco, una falanghina del sud Italia, piaceva molto anche a me quel vino, si mise qualche pezzo di formaggio in un piattino e poi cominciò a consumare il suo aperitivo appoggiato al bancone della cucina, della mia esistenza non dava segno di accorgersi. Finito lo spuntino si accese una sigaretta e la fumò alla finestra, sembrava disteso, rilassato. Andò in camera e mise vestiti più comodi poi lo vidi andare al piano di sotto e tornare dopo poco con le palline anali che avevamo acquistato all’inizio della nostra storia per allenare il mio culo. Non provavo nulla, tanto era il senso di colpa che sentivo, tanto era il bisogno di ripagarlo per quello che gli avevo fatto che quello che aveva in testa per me non mi interessava proprio.
Mi prese per i capelli come al solito e mi portò verso il divano, si sedette e mi tirò sulle sue gambe, il culo bello in alto, dovetti tenermi con le mani per evitare di sbattere la faccia contro il pavimento.
Accese la TV, una rapida occhiata al palinsesto poi scelse un film e con non curanza, ben assorto nello spettacolo televisivo iniziò a fare entrare le palline nel mio ano senza un minimo di lubrificazione. La gomma dura non voleva scorrere sulla mia pelle e per ovviare al problema lui non fece altro che spingere più forte e fare pressione con l’indice per raggiungere lo scopo. Arrivati alla sesta pallina il mio culo bruciava come fosse scorticato e coperto di sale ma lui non sembrava proprio rendersene conto, erano almeno dieci minuti che faceva uscire la sfera dal mio sfintere per poi ricacciarcela dentro senza fretta ma implacabilmente. La settima pallina però non voleva proprio entrare in quel modo per quanto lui ci provasse, alla fine, sbuffando infastidito estrasse tutto l’oggetto di botto, mi sputò sul culo e poi inserì due dita di colpo, le roteò spingendo bene sui lati del mio buchetto per allargarlo, ci lavorò allungo, sembrava dovesse sturare un tubo intasato poi riprese le palline, me le infilò tutte nella fica che, visto il sadico trattamento a cui ero sottoposta, grondava di umori, le rigirò ben bene dentro di me e poi, con un movimento rapido, le estrasse ber sbattermele violentemente dentro il culo, mi sembrava di essere stata infilzata da una lancia ma ne erano entrate otto.
Evitare di urlare essendo sottoposta a quel trattamento era veramente difficile, non facevo che mordermi le labbra ma non cedetti, avevo capito il mio ruolo e gli oggetti non urlano.
Continuò tranquillo il suo lavoro mentre si gustava il film, sinceramente non so neanche che film fosse, ci volle ben un’ora per far si che la decima pallina, quella più grossa, quella che non avevo mai ospitato nel culo, entrasse; dovette usare gli umori della mia passera più volte per lubrificarla, li prendeva dalle mie cosce con la mano e li spalmava sul suo giochino ma alla fine, con un flop, l’ultimo intruso entrò ad invadermi l’ano. Una forte sberla su una chiappa a dimostrare la sua soddisfazione, sulla TV si leggeva, fine primo tempo.
Mi buttò giù dalle sue gambe, si alzo e si sfilo pantaloni e mutande prima di riaccomodarsi seduto senza mai distogliere lo sguardo dallo schermi, usò di nuovo i miei capelli per guidarmi in ginocchio fra le sue gambe, mi afferrò la testa con tutt’e due le mani e mi fece entrare il cazzo in bocca mentre partiva il secondo tempo. All’inizio pensai di succhiaglielo, leccarlo, giocarci ma mi sentivo veramente un mero giochino sessuale inanimato quindi feci solo aderire le labbra al suo pene e lasciai che usasse la mia testa a suo piacimento.
Si segò il cazzo con le mie labbra per tutto il secondo tempo, mi faceva male la mandibola, le ginocchia e quel intruso nel culo in quella posizione era più fastidioso del normale. Man mano che le scene scorrevano lui muoveva la mia testa lentamente, spingeva il cazzo più in profondità possibile forzandomi la gola poi mi ritirava su lentamente e ripeteva da capo, un ritmo lento e intenso per non giungere all’orgasmi, solo sui titoli di coda si concentrò sul pompino e in breve raggiunse l’orgasmo. Le palle gonfie per la lunga attesa rigettarono sul mio volto un’incredibile quantità di sperma liquido e bollente, mi ricoprì la faccia e una volta terminato si ripulì sui miei capelli. Appena finito spense la tivù e se ne andò a dormire.
Io ero sfinita, mi aveva usata per due ore ininterrottamente e non avevo più energie, mi assopii li, sporca, violata nel di dietro e sola.
Venni svegliata al mattino dalla stretta della sua mano sui capelli, non mi degnò di attenzioni ma attese quel minimo che mi servì per alzarmi in piedi, di nuovo la vasca, di nuovo la sua urina, restai in ginocchio, le mani sulle cosce mentre lui mi lavava, si accanì sul mio volto tanto che mi chiedetti se voleva che aprissi la bocca, in mancanza di ordini mi evitai quell’esperienza ma se me lo avesse chiesto l’avrei spalancata, dopo quello che avevo fatto non spettava a me decidere e lo avevo capito.
Finito di lavarsi,mentre io aspettavo immobile nella vasca, coperta di urina, di sperma rinsecchito della sera prima e ancora sodomizzata, fece per uscire, si fermò sulla porta del bagno e dandomi le spalle lo sentii dire:
‘puoi toglierti quel coso dal culo e lavarti. Questa sera ho da fare, non tornerò’
Erano tre giorni che non sentivo la sua voce e mi mancava così tanto.

Le cose andarono avanti così per giorni, la mattina ero il suo cesso e la sera il suo passatempo, non dedicava mai attenzioni alla mia fica, si curava solo della bocca e si accaniva sul culo tanto che mentre lui era fuori avevo preso l’abitudine di spalmarmi abbondanti dosi di crema lenitiva per cercare di farlo riprendere un po’. Non mi parlava mai, praticamente non mi guardava e in tutto quel silenzio io mi straziavo al pensiero che non avrei avuto mai più il suo affetto.
Però mi era stato concesso un piccolo privilegio, già dalla terza sera, dopo aver finito di trastullarsi con il mio corpo mi aveva lasciata sopra il divano tirandomi con non curanza una coperta. Era incredibile ma tutte le mie speranze erano legare a quel piccolo gesto.
‘..
Al quinto giorno, di notte, lo sentii arrivare da me, ero nel dormi veglia, pensai che gli fosse venuta una voglia notturna, spesso gli capitava e allora mi saltava addosso mentre ero ancora addormentata e iniziava a chiavarmi piano, era una cosa che mi faceva impazzire, svegliarmi nel cuore della notte mentre lui mi possedeva intensamente, era come svegliarmi da un sogno per venire gettata in un altro. Mi scopava piano fino a farmi venire e poi mi cavalcava furiosamente godendo nel vedermi contorcermi per le sensazioni troppo intense che mi mandava la fica subito dopo l’orgasmo ma ero certa che quella sera non mi sarebbe andata così bene.
Arrivò davanti al divano, mi strappò via la coperta e rimase li ad osservare la mia nudità immobile, in silenzio. Io non mi mossi, non aprii neanche gli occhi, in quei cinque giorni avevo imparato bene il mio ruolo di giocattolo poi, inaspettatamente, sentii le sue braccia insinuarsi sotto le mie ginocchia e sotto il collo, mi alzò dal divano come un fuscello e mi strinse fra le sue braccia. Non riuscii a controllarmi, mi avvinghia a lui e singhiozzando incomincia a ripetere:
‘scusa, scusa, perdono,sono stata un’idiota, non voglio perderti’
Lui mi trasportò fino al nostro letto che sentivo no appartenermi più, mi ci distese dolcemente, si stese alle mie spalle e coprì entrambe con la coperta.
Le sue braccia che mi avvinghiavano stringendomi a lui mi diedero una sensazione di pace come solo ritrovare la tua vita perduta può dare. Mi abbandonai in quell’abbraccio lasciando che il suo calore mi invadesse il corpo e impiegai dieci minuti per trovare il coraggio di parlare incerta se fosse un diritto a me riservato ma poi lo feci, no riuscii ad evitarlo:
‘mi hai perdonata ?’
”.
‘NO, ti ho solo ripresa come mia schiava’
Era tutto ciò che volevo, non vi era altro che desiderassi e nel buoi della stanza sorrisi felice ma poi lui parlò di nuovo:
‘se non sbaglio la tua amica, Teresa, riparte dopo domani, organizza un’altra cena per domani sera, mi farebbe piacere salutarla’
‘..
‘ah, do per scontato che tu sappia che il tuo obbligo di stare nuda in casa rimane, puoi evitare lo sgabello per ora ma non voglio vederti mai con un vestito addosso, ovviamente questo vale anche per la cena con Teresa’.

CONTINUA’
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glorfindel@email.com
Quando mi svegliai la mattina, le coccole di quel morbido letto tornato finalmente ad essere mio mi avvolsero piacevolmente ma non furono nulla in confronto al sentire, nel buoi totale della stanza, il suo odore vicino a me. Lo cercai con la mano, volevo riprendere le vecchie abitudini di prima del nostro litigio, lo trovai, la sua schiena nuda, la accarezzai lentamente, la assaporai mentre mi avvicinavo a lui fino ad aderire con il mio corpo al suo, completamente nudi entrambe, mi mancava così tanto, cinque giorni passati con lui presente ma al contempo completamente assente, arrabbiato a tal punto da non considerarmi neanche più un essere umano ma solo un oggetto spregevole. Cinque giorni come sperduta in una landa ghiacciata battuta da venti tanto freddi da tagliare la pelle ed ora avevo bisogno di calore e stavo cercando di ottenerlo mentre la paura del rifiuto scorreva nelle mie vene e la mia mano scorreva sul suo corpo in una movenza familiare con cui spesso lo avevo risvegliato e che lui sapeva bene cosa significasse ma poi la sua mano blocco la mia prima che raggiungesse il suo obbiettivo e tutto si incrinò, non era ancora finita la nostra separazione…
Mi destai lentamente per il frusciare di qualcosa sempre più vicino al mio corpo, mi ci volle un istante ma subito ricordai l’abitudine a quella presenza che mi sembrava mancasse da dieci vite. Protetto dal buio totale dell’ambiente sorrisi felice, felice che fosse li, felice che fosse lei e solo lei, felice che fosse finita quella rabbia indomabile che mi aveva governato per cinque giorni. La sentii avvicinarsi sempre più, le sue mani che percorrevano il mio corpo facendosi sempre più audaci fino ad eseguire la mossa finale, amata abitudine di cui sentivo una mancanza feroce, avvertii la sua mano partire dalla spalla e iniziare a scendere come in un lungo abbraccio e come per le scene vissute mille volte, come per le scene che speri di rivivere mille volte, come proiettato in quell’oscuro telo che ci avvolgeva, in un flash, riuscii a vivere tutto quello che avrebbe fatto da li a poco. La sua mano avrebbe continuato la sua corsa verso il basso fino a trovare il mio pene turgido, lo avrebbe afferrato con decisione e segato lentamente per tutta la sua lunghezza mentre con la lingua avrebbe disegnato complicati arabeschi sulla mia schiena. In breve mi avrebbe fatto girare a pancia in su continuando la sua lenta sega mentre si occupava dei miei capezzoli con la lingua, le labbra, i denti. Una volta soddisfatta dei miei respiri si sarebbe abbassata passando ad un lungo, intenso, pompino. Tutta la sua abilità sarebbe stata al mio servizio per trasmettermi più sensazioni possibili, baciare e leccarmi nei posti che ormai conosceva così bene tenendomi sulla punta dell’orgasmo per un tempo lunghissimo, con maestria. Si sarebbe poi staccata per risalire sinuosa sul mio corpo e trovato il mio orecchio con le morbide labbra mi avrebbe sussurrato: ‘cosa vuoi scopare di me questa mattina padrone’. Non pensai alla risposta che le avrei dato perché la mia mano stava bloccando la sua sul mio ventre interrompendo quello splendido rito. Sentii la delusione, la paura, il dolore attraverso la pelle del suo braccio mentre la certezza che la stessi allontanando di nuovo la invadeva’
Con le orecchie sentii che si stava girando verso di me e con la pelle sentii il suo corpo che si accomodava sopra il mio, le sue gambe ad aprirmi le gambe, le sue braccia ad alzare le mie sopra la testa, quella posizione gli piaceva tanto perché mi lasciava indifesa, il mio cuore piombò nella tristezza più nera mentre attendevo, completamente cieca, il colpo che mi avrebbe sicuramente raggiunto da qualche parte, mentre attendevo che la mia punizione per quello stupido capriccio di vendetta continuasse, mentre mi rassegnavo a non avere calore neanche oggi ma solo odio e distacco e poi arrivò, leggero, morbido, delicato, un bacio, senza libidine, senza ardore ma così caldo, sincero, umano, un lungo bacio fatto di mille baci a fior di labbra, non vi era rabbia, non vi era sesso, non vi era’ e al contempo un senso di umidità sulle mie guance e la sua voce che così non avevo mai sentito’
Ero li, sopra il suo morbido corpo, lo stesso corpo che avevo odiato e trattato come infimo oggetto per giorni, quello splendido corpo per cui ora non vi era più odio in me, ero guarito riflettendo e mi ero reso conto che non ero certo esente da errori nella nostra relazione, mi ero reso conto di avere esagerato nella reazione, mi ero reso conto di quanto ero andato vicino a perderla e di quanto grave sarebbe stato il mio errore. Ero li sopra di lei, le mani bloccate con ferma delicatezza, le gambe aperte ai lati delle mie, docile e indifesa ed ancora, incredibilmente, pronta a tutto per me e in quel momento, proprio mentre iniziavo a parlarle, al di fuori di ogni mio controllo, nascoste nella nostra cecità forzata con le parole uscì anche qualche lacrima’
Uscirono parole dalla mia bocca per infiltrarsi nella sua mente’
Uscirono parole dalla sua bocca che si infiltrarono nella mia mente’
‘mi sono sentito ferito, geloso, hai donato una parte di te, seppur piccola e breve, una parte che mi apparteneva, l’hai donata ad un altro ed io sono impazzito, in me c’era la consapevolezza che quel gesto che avevi compiuto non era enorme ma la rabbia, non ero pronto a provare tanta rabbia, non sapevo di tenerci tanto e il tradimento mi ha reso folle’
Le labbra a sfiorare le labbra così che ogni parola si tramutasse in un velato bacio
‘ti giuro, ti giuro, nella mia mente non ti stavo tradendo, è stata una reazione involontaria, mi sono sentita attaccata e ho usato le armi che tu mi hai insegnato ad usare. Solo minuti dopo mi sono resa conto di ciò che avevo fatto veramente ma se ho lasciato avvicinare un essere indegno di te a ciò che ti appartiene ti assicuro che neanche per un istante si è avvicinato alla mia anima, li c’è spazio unicamente per te che me l’hai fatta scoprire e ti assicuro che mai più farò un’idiozia del genere, perdonami ti prego’
Liberai le mani dalla sua stretta e lo cinsi a me tirandolo con tutte le forze che avevo, era così vicino, così dannatamente vicino, non potevo lasciare che si allontanasse, non glielo avrei permesso’
Le sue braccia sul mio collo, mi tirava con tutta se stessa, sorridevo appagato del suo desiderio di riavermi e mi lasciai trascinare. In quella posizione, come inevitabilmente, la penetrai, la penetrai come se fosse una cosa scontata, non era il sesso a guidarci ma la semplicità di rimettere le cose com’è normale che stiano, come due parti dello stesso unico che si ritrovano’
Lo sentivo penetrare in me mentre tutto il corpo mi si avvicinava, non c’era libidine, era solo il cercare di avere più pelle possibile l’uno dell’altro a contatto, lo stringersi non per volersi semplicemente abbracciare ma come se fosse possibile amalgamarsi, fondersi’
‘ti credo, ho capito cosa avevi provato trovandoti di fronte quell’uomo nel momento stesso in cui me lo hai raccontato, sapevo che, seppur il tuo comportamento sia stato inaccettabile, non vi era traccia di tradimento ma il possesso che provo per te, il sentimento di sentirti mia e mia soltanto hanno scaturito una rabbia che non sono riuscito a domare, il modo in cui ti ho trattato è stato ingiusto, esagerato. Non sto dicendo che il tuo non sia stato un errore ma, Jessica, per la mia reazione a quell’errore ti sto chiedendo scusa, come uomo e non come padrone, come donna e non come schiava, sempre se è possibile distinguere le due cose, ti sto chiedendo scusa.
Jessica, all’inizio di questa nostra relazione io ti ho forzata e sfidata in tutti i modi, frustata in maniera disumana, ho approfittato di te quando ancora non provavo nulla nei tuoi confronti, ho fatto di tutto per farti cedere e dimostrarti che sbagliavi su di noi. Beh, Jessica, in questo momento, mentre i nostri corpi sono legati, mentre il buoi ci circonda allontanando il tempo stesso ti dico anche un’altra cosa; Grazie, se siamo qui ora è merito tuo, se posso dividere la mia vita con la giusta metà di me stesso il merito è tuo’
Quelle parole mi attraversarono il cervello come una lancia, fui travolta da un improvviso liberarsi di tutte le emozioni provate da quando lo avevo conosciuto, per la prima volta smisi veramente di sentirmi quella che cercava in tutti i modi di conquistarlo e lo sentii mio e mio soltanto, lo sentii mio di diritto. Per quanto i nostri occhi non potevano vedersi mi sentivo come trafitta dal suo sguardo e dovetti nascondere il viso fra il suo collo e la spalla, mi sentivo bruciare, avvampare di gioia mentre dondolavamo lentamente avvinghiati l’uno all’altro come stretti da una morsa.
Mi sentivo leggero, aver ammesso le mie colpe verso quella donna che non aveva mai mollato mi avevano liberato. Ora mi era possibile accettare quello che provavo, accettarlo con me stesso e tutto mi sembrava diverso. Continuai a dondolarmi con lei avvinghiata a me, non era sesso, non un sesso che conoscevamo almeno e le sue parole mi arrivarono come da lontano, come sei lei fosse perduta chissà dove:
‘fammi venire, ti prego, sono affogata nel tuo odio per infiniti giorni e ho temuto che non avrei più sentito il calore che mi avvolge ora, lo so che un orgasmo sembra un’espressione quasi meschina dei sentimenti che proviamo ora ma ti prego, amami, nell’unico modo in cui lo hai fatto fino ad oggi perché ho bisogno di qualcosa di familiare, di qualcosa in cui credere mentre mi perdo nel sogno di questo momento’
Non dissi una parola, le afferrai i capelli con dolcezza e le feci abbassare il capo sul materasso, non potevo vederla eppure la vedevo come fosse luminosa, uscii un po’ dal suo sesso e poi, sincronizzandomi con i suoi respiri rientrai, senza violenza, pensando solo a lei, il suo viso che si torna a nascondere nel mio collo, ogni respiro un affondo intenso quanto delicato, ogni respiro seguito dai un respiro più lungo, da un affondo più lungo, ogni respiro il suo viso a nascondersi più a fondo nel mio corpo, li abbracciati sentii la sua eccitazione crescere senza diventare famelica, li abbracciati sentii il mio piacere salire senza diventare animale. La pelle che scorreva sulla pelle sempre più lubrificata, i suoi mugoli soffocati che sembravano raggiungere le mie orecchie attraverso il cuore, suoni di un piacere crescente che sembravano a metà fra l’estasi e le lacrime. Le gambe che mi cingevano i fianchi mentre la sua fica sembrava come allargarsi per ospitarmi meglio. Lunghi affondi che mi lasciavano ad invaderla in profondità sempre più a lungo mentre attendevo il respiro successivo e poi i primi tremiti, il suo corpo attanagliato al mio, riuscivo a sentirlo fremere ovunque e l’accompagnai seguendo solo i suoi ritmi, pensando solo a lei finché i suoi muscoli non si contrassero intorno al mio cazzo, scattanti, frenetici mentre lei soffocava l’orgasmo tanto desiderato nella mia pelle.
Continuai con delicatezza, non era proprio il suo genere di sesso, non era certo il mio ma in quel particolare momento mi sembrava l’unico adeguato e poi finalmente le sue braccia, le sue gambe allentarono la presa, io mi spostai sul fianco tenendola sempre vicino a me, non ero venuto ma era l’ultimo dei miei pensieri. Ero grato a quella donna per tutto quello che caparbiamente aveva fatto per noi ed ora finalmente tutti gli errori compiuti, tutte le sciocchezze dell’apprendere come stare insieme erano state curate e non vi erano più segreti o sensi di colpa ad ostacolare la nostra relazione’
Travolta da tutti quei sentimenti mi stavo come perdendo e l’unica cosa a cui mi riuscì di pensare furono quegli orgasmi che erano sempre stati il nostro modo di comunicare, per quanto fuori luogo in quel momento di puro sentimento quell’idea fu l’unica a cui riuscii ad aggrapparmi e lui la rese reale. Mentre si muoveva lentamente in me, come se fosse me, il mio corpo si risvegliava e tutto quello che mi aveva investito prendeva forma, diventava realtà. Il sentirlo così mio mi fece come regredire e solo il riparo che offriva il suo corpo al mio volto mi permettevano di vivere a pieno quel misto di insicura timidezza legata ad orgoglio e soddisfazione. Lascia che mi guidasse fino a sfogare tutto ciò che in eccesso mi stava stordendo e ritrovai la via per assaporare il gusto di quell’attesa vittoria.
”..
Facemmo colazione assieme quella mattina, seduti sul divano della nostra sala, ambedue in pigiama, le avevo dato il permesso di vestirsi con un ghigno malefico in viso ma mi ero fatto rincorrere per tutto l’appartamento da lei nuda mentre fuggivo con i suoi indumenti. Avevamo riso a crepa pelle, lei che mi lanciava addosso anatemi di ogni genere mentre io usavo ogni mobile come scudo per non farmi prendere. Alla fine la feci vincere pretendendo in cambio un bacio appassionato. Lei si avvicinò a me e mise le mani dietro la schiena come l’avevo vista fare mille volte, il nostro rito, così familiare, si sporse per baciarmi mentre io lasciavo cadere il suo pigiama per afferrarle i capezzoli fra le dita e tirarla a me, non strinsi, non sentivo alcun desiderio di farle male e ci baciammo in modo appagante, restammo li, uno vicino all’altro per lunghi secondi, labbra che si sfioravano appena e occhi negli occhi mentre parole mai dette si facevano ancora attendere poi lei si abbassò di scatto, rubò il pigiama e si buttò sul divano. Era sabato e non avevamo particolari impegni. C’era un’atmosfera rilassate, tutto l’odio era svanito e aveva lasciato un ambiente molto più felice di prima.
Alla TV un sit com divertente fece da preambolo alla sua voce:
‘Allora organizzo la cena con Teresa per questa sera ?’
La sua domanda conteneva molte domande diverse e importanti, ci avevo già riflettuto molto da solo:
‘Onestamente, visto che ti sei concessa in un certo senso ad un altro, la mia idea era che trovavo giusto che fossi proprio tu a concedere a me un’altra ma, visto che ho ammesso che il tuo non era un vero tradimento, per essere coerente con le mie parole e considerando che anche io ho fatto in precedenza degli errori penso di poter soprassedere’
Lei mi guardò intensamente, se prima sorrideva ora vi era solo serietà in lei, stava riflettendo e lo stava facendo su qualcosa che riteneva veramente importante e poi:
‘Quello che mi hai detto questa mattina, a quelle parole io ho creduto quindi, come spesso ho fatto per te, vado contro la mia natura insicura e punto tutto, ciecamente, su di noi. Se donarti il corpo di una sconosciuta ti allontanerà da me, arrivati a questo punto, meglio saperlo subito perché non varrebbe la pena andare avanti quindi’ visto che tu sei il mio padrone, io come schiava voglia ripagarti donandoti almeno dieci volete più di quello che ti ho sottratto’
La vidi allontanarsi per andare in bagno ma poi, con gesto volutamente teatrale si girò per aggiungere:
‘Però saremo noi a scoparcela non solo tu’
Il nostro rapporto era cambiato, un nuovo balzo evolutivo, non era più una schiava fatta solo per compiacermi, era una schiava d’amore, una complicata combinazione di rispetto reciproco contornato da una completa abnegazione da parte sua che rendeva lei schiava assoluta di ogni desiderio di un padrone che naturalmente, spontaneamente si trovava a desiderare solo cose che lei sentiva giusto fare, non cose che le piacessero per forza, quello non contava nulla ma cose che in quanto schiava sentiva come suo dovere dover fare, sentiva giusto dover esaudire, desiderava intensamente donare anche ciò che non desiderava fare solo perché sentiva che il suo padrone lo meritava per il fatto stesso di essere quel tipo di padrone.
Mentre sentivo il rumore della doccia, mentre immaginavo l’acqua venarle il corpo come pioggia su un vetro non potei fare a meno di chiedermi se avessi perso potere su di lei. Ammettere i dubbi, le colpe che mi galleggiavano nell’anime mi permetteva si di potermi offrire a quella donna in totale sincerità ma mi privava anche della mia arma più affilata. Non ero più l’uomo dubbioso di lei che la valutava giorno per giorno quasi aspettasse il suo errore a dimostrazione che era la donna sbagliata. Le mie parole di quella mattina ci avevano messo, per quello che è il rapporto di coppia, allo stesso livello. Ora era chiaro che io desideravo lei quanto lei desiderava me. Il dubbio di perdere mordente su Jessica mi attanagliava e, pensieroso, non mi accorsi neanche che mi stava osservando dalla porta del bagno’
Mentre l’acqua bollente si riversava sul mio corpo le parole di quella mattina cercavano ancora un ordine dentro di me. Dopo aver passato mesi a dare per dimostrare il mio valore, dopo aver passato mesi a rincorrere il mio obbiettivo finalmente ero giunta e sentivo come una sensazione di vuoto. Mentre il tessuto dell’asciugamano si strusciava sulla mia pelle per strappare via l’umidità mi sembrava come di percepire i sui pensieri inquieti, andai alla porta e li mi fermai ad osservarlo capendolo nel semplice guardarlo:
‘amore mio, non sono una sciocca, i sentimenti di questa mattina, quel tipo di sentimenti sono una cosa dolce ma nulla può cambiare la natura di un uomo o di una donna, tu sei il mio padrone incontrastato ed assoluto e questa cosa è verità, semplice e indiscutibile verità’
Le sue parole furono esattamente quelle che avevo bisogno di sentire, giusta e ideale per me nel suo modo di essere aveva capito i miei dubbi senza che glieli spiegassi e li aveva dissipati. Ora tutto era chiaro ed aveva un senso, non era più schiava ma la mia schiava come io ero definibile padrone perché ero il suo padrone. Brividi mi percorsero la pelle’
”.
Otto e trenta, suona il campanello, Teresa aveva accettato volentieri il mio invito, sorretta da tacchi vertiginosi vado ad aprire sfoggiando una sicurezza che in realtà non avevo. Vidi la sua bocca restare spalancata mentre gli occhi correvano, impreparati, sul mio corpo nudo fermandosi un attimo sul piercing per poi distogliersi imbarazzati.
‘Jessica, sei diventata proprio una sfacciata, sei in ritardo eh’ dai corri a vestirti, aprire la porta tutta nuda’ e se fosse stato il vicino ?’
La vidi far entrare la disorientata amica e poi richiudere la porta, il viso che trasmetteva indifferenza mascherando perfettamente l’agitazione che sapevo in lei. Senza dire una parole le diede le spalle, si diresse, ondeggiando, verso la poltrona su cui ero adagiato io e si sedette sul tappeto ai miei piedi lasciandosi accarezzare distrattamente i morbidi capelli. Ora Teresa era veramente disorientata.
‘Ciao Teresa, è un piacere rivederti ma devo chiederti subito una cortesia; posso immaginare quante domande e ipotesi ti girino nella mente ora davanti a questa scena ma ti prego di aspettare a prendere qualunque decisione finché non avrò finito di parlarti, puoi?’
Solo un cenno di assenso con il capo, era difficile decifrare le sue espressioni tante erano le emozioni contrastanti che le percorrevano il viso.
Teresa, 1,55 centimetri ad occhio, capelli scuri, lisci che le arrivavano fino all’altezza del seno prosperoso, una quarta almeno messa in risalto da un’abbondante scollatura, non propriamente magra ma semplicemente morbida quanto basta. Labbra carnose incastonato in un viso capace di passare da allegro e spensierato a impertinente e vizioso in un istante. Un vitino grazioso come preambolo ad un culo sodo, prepotente ed invitante sorretto da cosce morbide che promettevano beata comodità nel possederla.
Avevo provato quel discorso nella mia mente per tutta la giornata e fatto un respiro profondo incominciai a tessere le mia tela:
‘Jessica è la mia schiava ed io il suo padrone, ti considero abbastanza intelligente da non cadere in scontati luoghi comuni, posso assicurarti che nel nostro rapporto non vi è costrizione, non c’è nessuno da salvare qui. Sono sicuro che ritrovando Jessica dopo tanti anni tu abbia notato l’incredibile crescita che ha avuto, la sua sicurezza riflessa nella sua immagine, la felicità nel vivere la vita, queste cose sono frutto del nostro rapporto. Non è plagiata, costretta, ricattata o quant’altro, è qui, siamo qui perché è qui che liberamente, in modo appagante, abbiamo scelto di essere. Siamo qui perché questo rapporto e il rapporto migliore e più vero per noi. Sperando che tu creda alle mie parole voglio dirti che non ho potuto non notare, durante la nostra precedente cena, il luccicare dei tuoi occhi mentre facevo battute, sottintendevo, alla nostra unione nella dominazione, tu hai sicuramente pensato che le mie fossero solo battute, scherzi ma io, comunque, ho percepito in te tensione, curiosità, forse desiderio. Per questo sei qui oggi, spero tu non abbia fame perché non vi è cibo, sei stata invitata per darti la possibilità di vedere con i tuoi occhi, vivere con i tuoi sensi una situazione che credo ti intrighi. Ora noi due scenderemo al piano di sotto a vivere la nostra serata, se mi perdoni la citazione, hai due possibilità, o prendi la porta e te ne vai o scendi nella tana del bianconiglio a scoprire la verità su di noi, forse su di te. Qualunque cosa sceglierai sappi che l’alba di domani cancellerà tutto quello che succederà da ora in poi, tutto sparirà e nessuno ne saprà mai nulla, per rimanere in tema di citazioni, sarà il sogno di una notte di mezza estate.
Senza staccare gli occhi dai suoi presi Jessica per la mano, la feci alzare mentre mi alzavo e mi diressi al piano di sotto, dentro di me nervosismo, ansia, eccitazione.
Ascoltai le sue parole fissando negli occhi Teresa con sguardo sicuro, rilassato, sereno a dare veridicità a tutto quello che le veniva detto. Sollevata per una mano mi alzai insieme al mio uomo e mi feci accompagnare al piano di sotto. Dentro di me nervosismo, ansia, eccitazione.
‘.
Passarono diversi minuti nel silenzio più totale, la nostra tavernetta dedicata al sesso era in penombra tranne che per un’unica lampada a soffitto che illuminava il corpo di Jessica con un cono di luce, le mani in alto, legate e fissate ad un anello che pendeva, sui suoi occhi una benda scura di morbida seta a privarla della vista, sul corpo null’altro, neanche il piercing che avevo tolto appena arrivati di sotto, era un oggetto delicato in un punto delicato e richiedeva la giusta attenzione ed esperienza durante i nostri giochi. La luce investiva perfettamente il corpo teso della mia donna e si diffondeva, leggera, nel resto della stanza dove avevamo messo in bella mostra tutti i nostri giochini erotici. Il tempo trascorreva lento mentre io mi trastullavo distrattamente stuzzicando i capezzoli turgidi di Jessica, ero nervoso e forse stavo esagerando un po’ senza volerlo al giudicare da come si contorceva il suo corpo nel silenzio. Non era il momento, non volevo, la lascia e le diedi un bacio in mezzo al seno come a scusarmi ed è li che sentii il rumore’
Mi lascia legare, bendare, il mio ruolo era chiaro, io ero l’esca per attirare la sua preda, se lui era il ragno io ero la ragnatela. Stranamente non provavo gelosia e neanche paura. Essere donata, legata e indifesa, a quella che alla fine era una sconosciuta credo che avrebbe dovuto terrorizzarmi ma in quella stanza c’era lui, in quella stanza mi sentivo al sicuro. Stringeva e contorceva i miei capezzoli mentre attendevamo, lo faceva forte, mi faceva male mentre sentivo i miei umori invadere il sesso. Non credo si stesse accorgendo della forza che ci metteva e a me piaceva essere il suo sfogo ma per quanto riuscissi a non emettere fiato non riuscivo ad evitare di contorcermi un po’ per il dolore. Alla fine se ne dovette accorgere, mi lasciò subito e sentii un dolce bacio in mezzo ai miei seni. Va tutto bene amore mio, continua pure anche tutta la vita ma non dissi nulla mentre un rumore giungeva alle mie orecchi dall’oscurità, non era una porta che si chiudeva ma tacchi che percorrevano le scale’
La guardai scendere lentamente, insicura mentre il suo sguardo precedeva i passi, arrivò e iniziò a guardarsi intorno smarrita mentre gli occhi si adattavano all’oscurità. All’inizio vide solo Jessica, legata, appesa, bendata, illuminata e poi, mano a mano che le pupille si allargavano per adattarsi all’oscurità, il letto, le fruste, i falli, le corde e tanti altri accessori. Mi allontanai da Jessica sparendo nella penombra e da li mi avvicinai silenzioso a lei. Appoggia le mani sui suoi fianchi da dietro, ebbe un leggero sussulto e poi, vicino al suo orecchio sussurrai:
‘Benvenuta, la c’è Jessica, l’ho preparata per te, puoi farne ciò che vuoi, non vi sono regole e non devi trattenerti, lascia che la parte più nascosta di te venga alla luce senza preoccuparti di nulla, io sarò sempre qui vicino a te e guiderò le tue azioni nel caso prendessero una strada che è meglio non percorrere ora quindi sentiti completamente libera da ogni vincolo o responsabilità. Penserò io a proteggerti e tu dovrai rispettare una sola cosa, ti è proibito parlare, se devi dire qualcosa fallo con le azioni, con il corpo. Se dirai una sola parola il gioco finirà’
E di nuovo raggiunsi un angolo per farmi ricoprire dalle tenebre.
Teresa iniziò a girare intorno a Jessica osservandola sconvolta, avrei voluto poter sentire i suoi pensieri in quel momento, non si avvicinò mai molto, restò sempre fuori dal cono di luce come a nascondersi poi passò ai vari accessori a sua disposizione, allungò una mano a sfiorarli e li studiò a lungo mentre il silenzio ci circondava, stava sicuramente cercando di immaginare gli usi possibili di ogni singolo gioco che trovava davanti a se e poi fece la cosa più ovvia, cadde infine in un luogo comune e come inizio, come primo gesto di quella su nuova esperienza prese una frusta, la osservò a lungo e poi si diresse con passo insicuro verso la sua preda.
Purtroppo prese una frusta di quelle pericolose, realizzata ad intreccio in pelle nera era lunga 180 centimetri, un oggetto che anche io usavo con estrema cautela e mai se non ero completamente calmo e sereno. Era una frusta capace di lacerare, non era semplice da adoperare e se sfuggiva al controllo poteva tagliare la pelle come una lama ma mi affidai all’inesperienza di Teresa convinto che difficilmente avrebbe avuto grossi risultati con quell’attrezzo. Ero teso ma restai a guardare’
Sentii dei bisbigli appena Teresa ci raggiunse, non riuscivo a capire ma immaginavo che vicino al suo orecchio le stesse bisbigliano le regole del gioco. Dopo ci fu un lungo silenzio, forse dei passi attutiti dalla moquette, mi sembrava di essere completamente sola in una bolla lontana da tutti poi mi raggiunse un rumore di aria tagliata, schiocchi deboli, una frusta credo, le fruste erano strumenti strani per me, alcune le adoravo per quell’intenso dolore che mi procuravano senza però ferire, senza arrivare troppo in profondità, io lo descrivevo un dolore che era possibile godersi fino in fondo, altre però mi terrorizzavano per la loro capacità di incidere, ferire, entrare nella carne e quelle che schioccavano erano proprio quelle che facevano paura, sudore mi scorreva sul corpo mentre l’eccitazione mi invadeva’
Osservai la mia preda mentre cercava di prendere dimestichezza con il suo nuovo gioco, com’era prevedibile faceva fatica ad utilizzarla anche se ad ogni tentativo che faceva migliorava un po’i risultati. Si fermò, guardò Jessica da dietro, la sua schiena esposta, fece qualche passo in avanti e con tutta l’insicurezza che il momento doveva farle provare menò un colpo. La frusta colpì Jessica sulla schiena praticamente senza fare rumore, era la parte larga della frusta, quella spessa più vicina all’impugnatura che alla fine, che colpì, tranne che un sobbalzo per la sorpresa Jessica non ebbe reazioni, il colpo era stato leggero, una carezza. Teresa era caparbia, uno dopo l’altro mollo altri colpi e ogni volta cercava di prendere le misura, tra ogni colpo una lunga pausa come stesse riflettendo, ad ogni colpo il suo braccio era più sciolto mentre cominciava a credere nella situazione. Jessica li subiva tutti apparentemente senza troppo sforzo, certo alcuni dovevano aver fatto male ma nulla che potesse infastidire il mio angelo poi ci fu uno schiocco. Teresa aveva fatto un ulteriore passo indietro ed era riuscita a far scivolare la frusta in aria in modo omogeneo, scorrevole, la parte sottile della pelle intrecciata trovò la pelle di Jessica, si arrotolò intorno alla sua schiena, vi girà intorno e la punta finì la sua corsa proprio sul seno destro con un forte schiocco. Quando la frusta ricadde a terra un lungo segno rosso si estendeva da metà schiena fino a pochi millimetri da un capezzolo. Un mugolo intenso fu soffocato mentre Jessica si issava sulla corda a cui era appesa tirando le gambe verso il corpo per il dolore improvviso. Vidi come un sorriso in Teresa per il risultato raggiunto, mi aveva ascoltato e non si stava frenando, era già pronta a sferrare un altro colpo quando la mia mano le cinse delicatamente il braccio fermandola. La guardai negli occhi e non potei fare a meno di sorridere vedendo quanto era stravolta, il respiro pesante, sudore ad imperlarle il corpo:
‘usa questa, ti permetterà di sfogarti come vuoi e quanto vuoi molto meglio’
Le passai una frusta a nove code molto leggera, non era in pelle, le frange erano morbide, quasi ovattate, era la preferita di Jessica ma questo a Teresa non lo dissi.
Lei guardò quel nuovo oggetto come ragionandoci poi si rese conto di avere caldo, si tolse la giacca e sbottonò la camicia mettendo in mostra il seno prosperoso. Mentre si spogliava io mi avvicinai a Jessica, percorsi con un dito, lentamente, il lungo segno rosso sul suo corpo, Teresa non si accorse di nulla, appoggiai appena le labbra sulle sue sussurrandole ‘tutto bene ?”
I colpi che mi arrivavano non erano dolorosi, la frusta era usata nel modo sbagliato, la mia schiena veniva colpite da una parte troppo spessa e ne risultava poco più di una botta, quasi mi dispiaceva, quell’esecuzione così sgraziata mi stava facendo passare l’eccitazione ma poi i colpi andarono mano a mano migliorando, sentivo la pelle colpita in modo più intenso e il calore nel mio ventre si riaccese insieme alla paura che i colpi potessero divenire troppo intensi. Sentivo il respiro di Teresa alle mie spalle, affannato, pesante, si stava lasciando andare e poi ci fu lo schiocco. Come se una lama mi avesse tagliato da metà schiena fino a un seno, era stato improvviso, terribilmente più intenso dei precedenti, trattenere l’urlo spontaneo che stava per uscirmi fu impegnativo mentre mi contraevo fino a sollevarmi da terra ma poi, rapidamente rimase solo il bruciore che andò attenuandosi nel silenzio che era tornato.
Un dito a percorrere la carne arrossata, labbra che toccano le mie labbra e la sua voce ‘tutto bene ?’, lo bacia avidamente, come volessi mangiarmelo, mi protesi in avanti al meglio che potevo per cercare di catturarlo, legata, accecata, mi mancava tanto e lui mi assecondo, ricambiò il mio bacio per il tempo necessario poi gli sorrisi e dissi ‘si amore, tutto bene’, lui si staccò sparendo di nuovo ma lo sentii sussurrare ‘non avere paura”. Non capii bene cosa volesse dire ma poco dopo una pioggia di colpi incominciò ad investirmi, forti, veloci nel susseguirsi, abbracciavano la schiena, il culo, le gambe ripetendosi ad un ritmo serrato. Conoscevo chi mi stava colpendo, amavo quell’oggetto, era quello che mi faceva provare quel tipo di sottile dolore che più mi eccitava e sorridendo mi abbandonai alle sue intense carezze mugolando ‘
Osservai Teresa dare sfogo a tutta la sua rabbia, quell’oggetto leggero le permetteva di sfogarsi con brutalità, non aveva idea che per quanto forza ci mettesse le avevo tolto la possibilità di far provare alla mia compagnia più dolore di quanto le piacesse provare. Non era sua, era mia e non le riconoscevo il diritto di farle del male ma nella sua testa questa mia consapevolezza non c’era. Continuò a lungo, ansante, sudata, si liberò della camicia restando solo con il reggiseno a sorreggere le enormi mammelle. Alla fine i colpi rallentarono, il suo braccio era divenuto pesante e il viso era tramutato da sentimenti che non sapeva di poter provare. Con il fiatone si spostò di fronte a Jessica, per la prima volta veramente vicina a lei, le strappò la benda da sopra la testa e con il viso a pochi centimetri dal suo le sputò in faccia tutto quello che provava:
‘non ho finito con te puttana, ora ti frusterò queste tue tettine e poi toccherà alla tua fica’
Lascia che i colpi mi invadessero, familiari, appaganti mentre immaginavo che fosse lui a colpirmi poi si fermò, la sentii avvicinarmi a me con foga e strapparmi la benda, la luce mi invase gli occhi costringendomi a chiuderli mentre la sentivo vomitarmi addosso tutta la sua libidine fuori controllo. Appena riuscii ad aprire gli occhi cercai lui e lo trova subito, nell’oscurità, nello sfondo della stanza, sorrideva, gli sorrisi e quando Teresa mi disse di volermi frustare i seni, le fica, con il coraggio della certezza del mio uomo alle sue spalle alzai una gamba lasciando indifeso il mio sesso ad ogni colpo’
Teresa restò disarmata da come Jessica si espose volontariamente ai suoi colpi, restò senza parole per qualche secondo poi, come posseduta, fece un passo indietro e sferrò una frustata dal basso in alto a colpire proprio in mezzo alle gambe di Jessica, lei fece un mugolo ma non richiuse le gambe, sapevo quanto piacere le dava essere colpita da quella morbida frusta sul sesso. Teresa attese un attimo per vedere il risultato del suo colpo poi, vedendo Jessica insistere del donarsi ne diede un altro e poi un altro aspettandosi di vederla cedere, non aveva la minima idea di quanto fosse lontana dal riuscirci, getto a terra la frusta, afferrò il collo quella che credeva essere la sua schiava e con l’altra mano le afferrò forte la fica, stringendola, con il viso a pochi millimetri l’una dall’altra e le ringhio contro: ‘ora ti scopo puttana’. Jessica la baciò, un bacio inaspettato, intenso, che la travolse, la incatenò a lei con le labbra e fece dissipare la rabbia incontrollabile che l’aveva avvolta, la baciò fino a che no sentì che l’unica cosa che rimaneva era la libido e il bacio, piano piano, si tramutò nel bacio di due donne, leggero, intenso, saffico poi si staccò e le disse: ‘scopami’
Teresa tornò in se, abbandonata quella reazione furiosa a tutto il potere che le era stato regalato all’improvviso riprese il controllo del suo corpo e si rese conto della forte eccitazione che la pervadeva. Io ero li al loro fianco porgendo uno tanga in lattice con due falli attaccati, uno interno ed uno esterno. Lei lo guardò un po’ stupita e poi, molto più calma di prima, lo prese sorridendo. Le lascia un po’ di intimità mentre liberavo Jessica dalle corde e presa in braccio, la portavo sule letto. Per tutta la strada non riuscii a staccare gli occhi da lei, ogni secondo che passava, ogni emozione che mi faceva provare me la facevano vedere più bella più desiderabile. Lei sorrideva pacifica, comoda, fra le mie braccia.
Dopo un po’ ci raggiunse Teresa, imbarazzata, con quel pene nero che le penzolava davanti e che con ogni oscillazione faceva muovere quello dentro di lei. Io mi allontanai di qualche centimetro mentre Jessica, con la schiena appoggiata sul letto, le gambe divaricate, allungava le braccia come a chiamarla, come a incoraggiarla. Si raggiunsero, le mani nelle mani, Teresa venne attirata come una mosca dal miele, si fece accompagnare dentro Jessica in modo tenero, affondò fino in fondo in quel lago di umori, il suo viso fra le mani della mia donna che a pochi centimetri le sussurrava ‘scopami, fammi tua’ ma la verità è che era lei a decidere il ritmo, le movenze, la verità è che era Jessica quella che possedeva Teresa.
Restai a guardarle mentre il piacere le invadeva e mi spogliai, incomincia ad accarezzare la schiena di Teresa, in modo vellutato mentre mi avvicinavo sempre più, ero li in ginocchio di fianco a loro che si scopavano a vicenda in modo sempre più intenso, la mano di Jessica prese il mio cazzo e incominciò a segarlo mentre stantuffava la fica di Teresa che emetteva mugoli sempre più intensi. Mi guidò verso di lei, verso le sue labbra e poi, dopo avermi fatto arrivare abbastanza vicino, incomincio uno dei suoi stupendi pompini, il tutto si svolgeva per forza di cose, a pochi centimetri dalla faccia della nostra ospite che vedendo saettare la lingua dell’amica sulla mia cappella non riusciva a staccare gli occhi dalla scena mentre con lo stesso cazzo che le scavava la fica apriva contemporaneamente anche quella di Jessica.
In breve le loro bocche si incontrarono in un misto fra un bacio saffico e un doppio bocchino, Io mi gustavo quel lavoretto non tanto per le sensazioni che provavo, Jessica da sola riusciva a fare dieci volte maglio ma per il vedere Teresa sottomessa a Jessica che la stava inconsciamente guidando a donarsi a me.
Tutto era andato bene, Teresa mi aveva seguita proprio fin dove volevo ed ora, travolta dall’eccitazione, mentre mi lavoravo la sua fica con la mia stava leccando il cazzo del mio padrone ma non mi bastava, volevo portarla molto più in la. Presi la cappella in bocca e fissando gli occhi nei suoi ne feci scivolare una buona metà nella gola facendo mugolare il mio uomo. Lei mi guardava rapita, lo feci uscire, la bacia leggermente e poi le puntai il cazzo verso la bocca sfidandola in silenzio. Lei sorrise, spalancò le labbra e uguagliò il mio gesto, lo prese dentro, lo succhiò avidamente, lo fece uscire e leccò una goccia di saliva che stava scendendo sull’asta, era brava, mi piaceva, sorrisi anch’io, guardai lui in una silenziosa richiesta e lui capendo si avvicinò di più. Ritrovai gli occhi ti Teresa, aprii la bocca e inizia a scendere su quel pezzo di carne, sempre più giù, sempre più giù fino a che, davanti agli occhi invidiosi della mia compagna, le mie labbra arrivarono ai peli del suo pube e li, spingendo con la testa, incomincia da fare dei piccoli affondi mentre il glande mi scava la gola’
Jessica stava per farmi venire, maledetta nella sua ineguagliabile bravura con la bocca ma in fine, probabilmente percependolo, mi graziò cacciandomi fuori dalle labbra e puntando il mio membro verso la bocca di Teresa, lei lo accolse e incominciò a scendere ma non molto più giù della metà incominciarono i problemi, quella ragazza era caparbia ma quello che voleva fare, uguagliare Jessica non era in suo potere, stava rischiando di farsi venire i conati e alla fine fui io a sottrarmi. La afferrai per i capelli, in modo un po’ duro ma senza esagerare, la feci girare verso di me e poi le dissi ‘va bene così, tu non sei lei’. Lo feci apposta, volevo fare leva sul fascino che provava per la mia donna e funzionò. Vidi un attimo di tristezza nei suoi occhi e poi determinazione, cominciò a baciarmi convulsivamente mentre diceva:
‘voglio essere lei, fammi essere lei’.
Io sorridevo soddisfatto, Jessica sorrideva complice al che le dissi:
‘vuoi che ti scopi ?, rispondi, ti do il permesso di parlare’
‘si, si, ti prego’
‘ma la tua fica è occupata da Jessica e io non voglio sottrargliela’
Ci fu un attimo di silenzio, io guardavo lei, Jessica guardava me mentre le graffiava impercettibilmente la schiena, eravamo arrivati al momento più importante, il nodo di tutta la matassa, era ora di scoparcela insieme come voleva Jessica, come volevo io, come volevamo noi’
‘inculami, mentre mi scopa inculami’
Le sentii dire finalmente quelle parole, lo voleva, voleva essere scopata da noi contemporaneamente. Allungai la mano sul comodino per prendere il lubrificante mentre lui spariva alle spalle di Teresa. Incomincia a baciarla parlandole:
‘resta con me, guarda solo me, senti solo me, non esiste altro, ti faremo felice’
Con una mano le accarezzavo i capelli mentre mi saziavo con le sue labbra, Con l’altra inizia a spalmare lubrificante sul suo culo e sul sesso del mio padrone, gli presi il pene e inizia a guidarlo verso il suo forellino, aumentai l’intensità del bacio tirandola sempre più verso di me e usando il pene che mi scopava per muove quello di lei più in profondità poi mi concentrai solo su di lei lasciando finire il lavoro al mio uomo.
Jessica preparò tutto, pensò al lubrificante e attirò l’attenzione di Teresa verso di lei scopandola in modo sempre più intenso. Appoggia il glande su quell’invitante forellino, un capriccio che volevo togliermi dalla prima volta che l’avevo vista, spinsi verso il basso per forzare lentamente i muscoli dello sfintere poi, rilasciando, facevo entrare un po’ la cappella, ci volle tempo e cautela per forzare quell’apertura senza rendere la cosa traumatica, ogni centimetro che guadagnavo nel suo culo Teresa mugolava ma era completamente rapita da Jessica e mi lasciava fare docile. Alla fine la cappella superò lo stretto varco, mi fermai per darle il tempo di adattarsi, si era irrigidita, la sentivo stringere attorno al mio pene ma le sapienti attenzioni della mia stupenda creatura riuscirono in breve a farla rilassare riportando la sua attenzione sulla fica che le stava scopando la fica. Scivolai lentamente dentro di lei, sentivo il fallo all’interno dell’altro buco che si muoveva agli ordini di Jessica. Non fu semplice occupare quello spazio già occupato ma alla fine io e la mia compagna ci trovammo completamente accolti nel corpo di Teresa.
In quella posizione riuscivamo a guardarci negli occhi, io nei suoi, lei nei miei e Teresa persa non so dove. Slacciai il perizoma di Teresa e Jessica, abbassate le mani verso il pube ne prese il controllo, era ora in grado di muoversi a piacimento, inizia a stantuffarla a fondo, ad ogni mio colpo nel culo seguiva uno di Jessica uguale nella fica, seguivamo i respiri e i mugoli di Teresa ormai completamente in nostra balia. Il ritmo del suo cuore in mezzo a noi andava aumentando e così i nostri colpi contrapposti e così i suoi lamenti di piacere. Non ci volle molto e un intenso orgasmo la percorse, urlò come un’ossessa mentre si contorceva schiacciata fra i nostri due corpi, urlò e urlò ancora mentre noi due continuavamo a infierire sui suoi buchi. Le mani di Jessica raggiunsero il mio culo invitandomi, guidandomi ad incularla ancora più forte e alla fine, anche io, dopo aver stretto le mani della mia donna fra le mie mi riversai, soddisfatto nella pancia di Teresa, lunghi fiotti fino a svuotarmi completamente. Mi accasciai sul letto, anche Jessica si liberò dal corpo dell’amica e sorridente incominciò a pulirmi il cazzo con la lingua, io risi, la sensazione era troppo forte, lo stava facendo apposta, la afferrai per i capelli e la tirai a me per baciarla, mi lasciò fare e poi mi sussurrò:
‘sei contento?’
Il suo sguardo di sfida, impertinente
‘sei il mio angelo, sei il mio demone, tu sei’ sei tutto per me’
Restammo li abbracciati e dopo qualche minuto ci raggiunse anche Teresa, si accoccolò sul ventre di Jessica, rilassata, serena, sfinita ma dopo poco alzò la testa, mi guardò e disse:
‘frustami, voglio essere legata la come lei, voglio sapere cosa si prova, voglio essere la tua schiava’
La guarda stupito della sua stupidità, credeva di poter arrivare e diventare quello era Jessica come fosse niente poi, però, venni catturato proprio dagli occhi della ma compagna, era intrigata, voleva farlo e beh’ come minimo le dovevo un regalo. Sorrisi e acconsentii’

Lo guardai mentre bendava Teresa, lei tremava leggermente, le mise i bracciali ai polsi, e la fissò al soffitto, era pronta e le parlò:
‘Teresa, non puoi urlare, puoi gemere, mugolare, contorcerti ma non amo sentire urla e come prima non puoi parlare, questo sarà anche il tuo segnale, quando vorrai smettere ti basterà dirlo, alla prima parola capirò e ti libererò’
Andò a prendere la frusta, scelse la stessa di prima e cercò il mio sguardo, cercò il mio consenso e lo ebbe, forse mi aveva capito, si avvicinò a me, mi baciò dolcemente e mi passò la frusta fra le mani, si mi aveva capito.
Mi portai davanti a lei, non mi interessava la sua schiena, volevo il suo splendido seno, feci partire il primo colpo, leggero, dato con uno strumento leggero, non ero abituata a frustare ma mi bastava sentire quel rumore tanto familiare per capire come stavo andando. Teresa sussultava e mugolava ma sapevo che il dolore che provava era poco più di mille, intense carezze, non vi era euforia in me, solo calma, densa libidine. Feci susseguire i colpi con lentezza gustandomi quelle tette che sobbalzavano. Ammiravo le varie code della frusta che abbracciavano quelle cure, ricoprivano strisciando i capezzoli, ne prendevano la forma come un reggiseno per poi riafflosciarsi verso terra. Colpii il ventre piatto, le cosce e ancora i seni, sempre i seni, la pelle che si arrossava leggermente e poi arrivò lui. Teresa respirava velocemente ma non dava segno di voler smettere. Le alzò una gamba tenendola sotto il ginocchio ed esponendo il sesso, era fradicio, lei non fece nulla per impedirlo. Feci roteare la frusta, dal basso verso l’alto fino ad impattare sul suo sesso esposto. Si contorse e tirò la corda che la imprigionava con le braccia, si morse vistosamente le labbra ma ancora non diede segno di essere paga del trattamento. Feci scorrere la frusta fra le mie mani, era bagnata, bagnata dei suoi umori, un altro colpo, un suo lamento, un altro colpo, un altro lamento sempre più simile ad un gemito, un altro colpo e poi un altro e poi ancora. Teresa stava godendo, stava indiscutibilmente godendo per il contatto del suo sesso con la frusta e io la capivo. Gettai quell’oggetto, la liberai della benda, la liberai dalle corde, sembrava quasi stupita, la portai verso il letto e la misi a novanta gradi, le ginocchia per terra, il ventre sullo spigolo del materasso e il busto disteso. Presi lo stesso tanga che aveva indossato lei, lo indossai, il cazzo al suo interno mi entrò come risucchiato, avevo un desiderio di essere penetrata, riempita che mi sembrava impossibile appagare poi mi posi dietro di le e dopo averla lubrificata un po’ la sodomizza, d’un colpo le fui tutta dentro e li restai mentre lei emetteva un gridolino di dolore subito seguito da mugoli di piacere incontrollato. Allungai le mani dietro di me a cercare il mio padrone, era vicino, eccitato per quella scena, me lo strinsi alle mie spalle e lui subito capì, in poco mi trovai sodomizzata anche io, finalmente piena in modo appagante. Incomincia a inculare Teresa e così facendo impalavo me stessa sul cazzo del mio uomo, lei godeva, io godevo, lui godeva. Presi le mani di lui, le misi all’interno delle mie e le guidai sulle splendide tette della nostra ospite, io stringevo, lui stringeva, lei gemeva. Il ritmo aumentò sempre di più, vedevo il buchino di Teresa allungarsi verso l’esterno mentre mi ritraevo da lei per poi rientrare ad ogni mio affondo, sentivo la carne del mio culo avvolgere il pene del mio amore e seguirlo mentre mi stantuffava. Mi aggrappavo alle sue mani con tutta la forza mentre lui rifletteva il movimento sulle morbide mammelle di quell’intrusa. Il pene dentro di me rifletteva nella mia fica tutto quello che facevo al culo di lei e i mugoli di tutti crescevano, si amplificavano. Lasciai le mani di lui che continuarono a massaggiare quelle enormi protuberanze e scesi a cercare il sesso grondante della mia amica, lo trovai, con una mano le aprii le labbra e con l’altra le afferrai il clitoride stringendo. Lei esplose e cominciò a muoversi in modo forsennato schiacciata dai nostri due corpi. Così facendo si inculava ancora più affondo e di conseguenza spingeva i due cazzi dentro di me a penetrarmi in modo ancora più inteso. Il suo grido fu il primo, liberatorio, intenso come l’orgasmo che la pervase mentre strusciavo il suo clitoride con le dita. Quei versi di puro piacere mi riempirono la testa e liberarono anche il mio orgasmo che stava crescendo dal primo colpo di frusta che avevo inferto e, massaggiato dagli spasmi di tutte e due, anche il cazzo che mi stava scavando il culo si riversò in me, caldo, piacevole, accompagnato dai suoi grugniti di soddisfazione.
Ci accasciammo tutti e tre sul letto e li restammo, sfiniti, fino a risvegliarci la mattina seguente.
”..
Facemmo colazione tutti insieme, come promesso, l’alba aveva cancellato tutto e io e Jessica non facemmo alcun riferimento a quanto accaduto. Una volta giunti sulla porta però, mentre Teresa si stava allontanando per andarsene, si girò, mi guardò e mi disse:
‘Lo pensavo davvero, voglio essere la tua schiava, voglio essere tua e solo tua’
Vidi Jessica partire con la coda dell’occhio ma la fermai subito stringendole una mano, la sentii calmarsi un po’, giusto quel poco che serviva per evitare che aggredisse l’invasore.
‘sono lusingato Teresa ma come ti avevo detto, quello che è successo resta racchiuso nella notte di ieri, io non cerco un’altra compagna, ho tutto quello che voglio e non desidero altro. Tu hai scoperto cose nuove di te ieri ma non sono io la guida che potrà accompagnarti nel viaggio che ti attende. Nella mia vita, nel mio cuore, non c’è spazio per altri che per Jessica’
Disse quelle parole in un modo così sincero da far capire a Teresa che non vi era possibilità alcuna che ottenesse quello che voleva, ci salutò e se ne andò un po’ triste, un lungo viaggio la attendeva prima di scoprire cosa c’era nascosto dentro di lei e io lo sapevo bene.
Lui chiuse la porta e si girò, mi appoggiò le mani sui fianchi e guardandomi serio lo sentii dire’
Chiusi la porta e mi girai, appoggia le mani sui fianchi di Jessica e guardandola serio dissi’
‘Jessica, io ti amo”

FINE

IL RACCONTO TI E’ PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN’OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI

glorfindel@email.com

Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito e un ringraziamento particolare a Micaela che mi ha aiutato a capire cose che non sapevo di sapere.

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