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Racconti di DominazioneRacconti Erotici

La lunga notte – cap. 3

By 22 Agosto 2021No Comments

Cap. 3

La macchina riparte, accelerando.
“Ma voi siete poliziotti veri?” chiedo con una punta di incredulità guardando i tre uomini in divisa.
“Certo bella, se hai dei problemi, che so, di permesso di soggiorno basta che chiedi a noi e ti sistemiamo ogni cosa. Basta mettersi d’accordo.” E’ quello al mio fianco, che ride guardandomi e posandomi una mano sulla coscia.
“Ma non hai sentito come parla? È italiana, scemo” lo prende in giro il collega alla guida.
Da questi non avrò certo aiuto, penso. Anzi, se capiscono il casino in cui sono mi riconsegnano a Dasho, e se ne lavano le mani… Non devo fare la scema, c’è di mezzo anche Matteo.
“Mah, albanese o italiana, sei una bella gnocca.” continua il primo, passandomi l’altro braccio intorno alle spalle e tirandomi a se, mentre la mano raggiunge la mia fica.
Allargo le cosce, cercando di sorridere e le sue dita cominciano a scorrere lungo il solco del mio sesso, insinuandosi dentro di me.
Superiamo lo sterrato, e proseguiamo sulla strada. Le dita esplorano la mia vagina, poi le estrae – ricoperte di umori – e le porta verso le mie labbra. “Fammi vedere come succhi”
apro la bocca e le dita riunite entrano, accolte dalla mia lingua che comincia a pulirle delicatamente.
“Dai, aprile per bene quelle cosce, che voglio vedere com’è la tua fica” dice quello che guida mentre ridendo aggiusta lo specchietto per godersi lo spettacolo. Quello al mio fianco mi fa spostare al centro del sedile ed io allargo al massimo le cosce, spostando avanti il bacino.
“Sei veramente una bella troia” dice l’altro voltandosi a guardare.
Il mio vicino mi prende per la nuca e mi trascina in basso verso di lui “Dai tiralo fuori”
Tenendo le gambe sempre ben aperte faccio scivolare lentamente la zip, poi la mia mano dolcemente cerca il cazzo, lo libera dai boxer e la mia bocca lo accoglie.
“Minchia che bocca” sospira, mentre la mia lingua lo avvolge.
Sento la macchina girare su una strada sterrata in discesa, poche curve e sento che si ferma, mentre continuo a pompare. La luce interna si accende, mentre i due davanti scendono. Si apre la mia portiera.
“Scendi” Lascio il lavoro sul terzo, mi rialzo ed esco. Siamo sul greto del torrente, sotto al ponte della statale.
“Spogliati” Ci vuole poco, sfilo la maglia e tolgo la gonna, gettandole sul sedile. “Ora voltati” Sono nuovamente nuda, con solo le autoreggenti addosso, ma quasi non ci bado più. Mi giro verso la macchina.
“Alza le mani sopra la testa e piegati in avanti” Obbedisco. Sento qualcosa di freddo intorno al polso sinistro e un armeggiare metallico, poi il contatto dell’acciaio stringe anche il polso destro. Mi hanno ammanettato alla maniglia del passeggero, sono con la testa nella macchina, piegata a novanta gradi.
Un calcio tra i piedi, all’interno, mi fa divaricare le gambe.
“Ancora di più, devi essere ben aperta, troia” Allontano ancora i piedi, mentre una mano comincia a massaggiarmi la fica.
“Allora a chi tocca per primo?”
“A me” dice ridendo quello che guidava “Ho vinto io la partita, no?”
“Ah, hai avuto solo culo” risponde un po’ stizzito il secondo.
“Culo o no, comunque tocca a me.”
sento che si avvicina, una mano piena di saliva mi lubrifica la fica, poi sento la cappella farsi largo dentro di me. Affonda lentamente, fino in fondo. È grosso, poi lentamente si ritira per rientrare nuovamente.
Chiudo gli occhi. Penso che potrebbe essere Dasho, potrebbero essere sue le mani sui miei fianchi ed immediatamente la mia fica diventa più scorrevole.
“Si sta bagnando la vacca!” esclama il poliziotto aumentando il ritmo. Mi rilasso, sentendo l’eccitazione montare. In fondo è questo che vuole da me, Dasho, come da tutte le sue ragazze.
Che sia pronta a farmi scopare da chiunque. Lo faccio per lui, per quei due occhi azzurri che tornano di continuo nella mia mente. Le mie gambe hanno un leggero tremito, mentre la mia vagina si ammorbidisce come un biscotto bagnato nel latte.
Sento aprirsi la portiera dall’altra parte e torno in me.
Quello che stavo spompinando mentre viaggiavamo si accomoda davanti a me e mi appoggia il cazzo alle labbra. Le apro, la spinta di quello nella mia fica mi fa avanzare su quell’asta e comincio nuovamente a succhiarlo. Gli occhi si richiudono, vorrei che fosse li a vedermi, a vedere quanto sono brava, quanto sono disponibile. Vorrei che fosse lì a scoparmi, che fosse dentro di me.
“Succhia come un’idrovora questa!” la risata la sento ovattata, distante da me. Dondolo tra quei due cazzi, appesa alla maniglia. La radio di servizio continua a gracchiare aggiornamenti dalla centrale, ma i tre non sembrano preoccuparsene.
“Dai, bendala” Torno immediatamente alla realtà, apro le palpebre per vedere solo un pezzo di stoffa far calare il buio. Il nodo dietro la nuca è stretto. Come le mani sui miei fianchi, giurerei che quello dentro di me è pronto per venire.
“Spostati, che ora facciamo le presentazioni.” sento la fica che viene liberata, l’aria mi da un brivido, è un sospiro fresco sugli umori che stanno colando all’interno delle cosce. Sento armeggiare alle mie spalle, mentre la mia bocca non molla la cura dell’asta dell’uomo nella macchina. La sua mano mi prende per la nuca e mi spinge ad ingoiare tutto il cilindro di carne.
Improvvisa una staffilata arriva sulle mie natiche, un grido soffocato fugge dalle labbra e il mio bacino scatta di lato. Sento il cazzo nella mia bocca irrigidirsi, sollecitato dalla mia lingua che cerca di articolare un gemito di dolore, mentre la mano non lascia la mia testa, Deglutisco a fatica cercando di riprendere il controllo. Sono affannata, con la bocca piena dell’uomo e la paura che arrivi un altro colpo. Questa volta sento il sibilo prima del dolore, lo schiocco sulla mia pelle brucia come il fuoco. Mi mancano le gambe, e mi inginocchio sul sedile mugolando.
“secondo voi cosa vuole dirci?” dice uno dei due alle mie spalle ridendo.
“Ah, si capisce che le piace” risponde quello dentro alle mie labbra. “Continua, che ogni volta muove la lingua che sembra un aspirapolvere”
Due mani mi afferrano per i fianchi, spero che qualcuno me lo metta dentro, piuttosto che prendere un’altra cinghiata. Ma mi tirano solo di nuovo in piedi, poi il sibilo del nuovo colpo mi prepara al bruciore di un altro schiocco. Crollo di nuovo sulle ginocchia.
“Tirati su, troia”
Aspetto, non ho la forza di rialzarmi, mi tremano i muscoli, brancolo nel buio forzato della benda sugli occhi.
“Tirati su, o questo sarà solo l’assaggio”
Cerco nell’oscurità la forza di riprendere il controllo, l’azzurro degli occhi di Dasho sembra rischiarare la mia mente, lentamente obbedisco.
“bene, divarica i piedi, sporgi bene il culo in fuori.”
Provo a soddisfare al meglio gli ordini, mentre cerco di far venire quello che ho in bocca, le mie labbra viaggiano su e giù sul cazzo e la lingua si muove continuamente a stimolare la cappella.
Sento nuovamente le mani sui fianchi, ed una pressione tra le natiche,.Cerco di assecondare la penetrazione allentando i muscoli. Entra dentro di me, lentamente risale il mio intestino, poi comincia ad andare avanti e indietro. Dopo un minuto sento che accelera, colpi sempre più intensi, poi il cazzo si ferma, al massimo della profondità. Lo sento pulsare, si sta svuotando dentro di me, l’uomo geme afferrandomi i seni, poi mi da ancora quattro colpi, prima di abbandonarmi. Il suo sperma comincia ad uscire dal mio sfintere ancora dilatato, cola lungo la mia vagina. Quello che ho in bocca non accenna ancora a venire.
“Tutta tua” sento alle mie spalle.
Un altro uomo, un altro cazzo dentro di me. È nella mia fica, le sue mani mi stringono i capezzoli fino a farmi gemere, mentre la mia testa va avanti e indietro sull’asta del suo collega. Non riesco a togliermi dalla mente quegli occhi, mi sembra mi stiano guardando, compiaciuti. Mi sto bagnando, cazzo. L’asta nella mia bocca improvvisamente comincia ad irrigidirsi, la mano dietro la mia nuca mi tiene ferma.. Ingoio tutto quello che a fiotti mi riversa in gola, penso a Dasho e la lingua scorre sulla punta della cappella, pulisco ogni goccia da quell’asta, poi finalmente la mia bocca è libera.
Respiro affannata a labbra aperte, il gusto dello sperma mi riempie le narici, sento i colpi nella mia fica e spingo su quell’asta, piangendo nella fascia che mi copre gli occhi. Vengo, gridando come una cagna, tra le risate dei tre.
Quello che mi sta ancora scopando non mi lascia un momento. Affonda il suo cazzo in un lago morbido e caldo, sto tremando scossa dalle contrazioni dei muscoli. Poi senza più forze mi abbandono ai suoi colpi. Lo sento venire, come se stessi sognando.
Mani mi afferrano; mentre qualcuno mi libera dalle manette e mi toglie la benda: mi accascio sul sedile e uno mi getta gli abiti.
“vestiti, che ti riportiamo al tuo posto. Sei una brava troia, torneremo a trovarti”
Mi rimetto la maglia e la gonna, mentre la macchina torna verso le altre ragazze. Accostano e mi fanno scendere.

Barcollo. Marina si avvicina, mi guarda, poi mi sorregge mentre siedo sul bordo di un’aiuola.
Resto alcuni minuti con la testa tra le braccia cercando di riprendere il controllo della situazione e a riordinare i miei pensieri ma come un’onda tornano sempre quegli occhi, che afferrano la mia anima, danno vita ai miei desideri. Cazzo! Sono in una situazione di merda, Matteo non so dov’è e come sta, probabilmente ci hanno già svuotato la cassaforte e non so ancora come ne usciremo e la mia mente è affollata da quel bastardo! Sto impazzendo, non è possibile.
Sento il rumore delle auto che si fermano e ripartono, le risate delle ragazze, i loro cellulari suonano in continuazione.
Marina si avvicina, mi guarda. Lo so, anche senza alzare gli occhi. “Ha chiamato Dasho. Tra dieci minuti arriva a prenderti. E’ meglio se ti tiri su” Nient’altro, viene a prendermi. Chiudo gli occhi e stringo i pugni, sto piangendo di rabbia. Mi alzo lentamente e cerco di rassettare la gonna. Mi guardo intorno, vorrei fuggire nella notte, ma per andare dove? Chiudo gli occhi e mi mordo le labbra.
Arriva un’auto, la conosco, è quella con cui ci avevano bloccato, su quel cofano mi ha scopato Lui.
Dentro sono in tre, esce Nandi e intravedo vicino al guidatore Dasho che abbassa il finestrino.
“Vieni, sali” Mi dice prendendomi per un braccio. Io senza forze mi avvio alla macchina, mi apre la porta e salgo. Mi fa spostare sul lato sinistro e sale anche lui. Marina intanto consegna i soldi dei miei clienti a Dasho,
“Bene, ti sei divertita?” mi chiede contando i soldi.
“No” dico con aria stizzita. “ Dov’è mio marito? Non credi che sia ora di lasciarci andare?” Il ceffone di Dasho arriva pesante sul mio volto. “Guarda che per stasera hai finito di lavorare, posso anche lasciarti dei bei segni se non stai zitta.”
La macchina riparte. …per stasera… Le parole mi risuonano nella mente, come un tamburo che aumenta continuamente il volume, mi mordo le labbra per non parlare.
La macchina torna verso la città, la radio ha la voce calda del jazz e la musica soft attenua il pulsare delle mie tempie.
Strade di periferia, mi guardo intorno per capire dove mi stanno portando. Ci fermiamo davanti a un bar di terz’ordine.
“Scendi.” l’ordine secco sferza il silenzio. Siamo tutti e quattro sul marciapiede, Nandi non molla un attimo il mio braccio. Ci avviamo verso un portone decrepito. Mi irrigidisco, fermandomi, mentre Dasho mi guarda.
“Non fare storie, ti porto da tuo marito.”
Alzo lo sguardo verso le finestre dei piani superiori, poi riprendo a camminare.
Ditmir apre il portone, con un mazzo di chiavi enorme.
Le scale hanno i muri scrostati e non c’è l’ascensore. Saliamo fino al terzo piano. È ancora Ditmir ad aprire la porta.
Entriamo in un appartamento grande, pulito. Un lungo corridoio conduce verso quello che sembra un salone. Diverse porte si aprono a destra e a sinistra.
Intravedo una cucina e un paio di camere da letto attraverso i battenti aperti, mentre avanzo. Altre porte sono chiuse.
Entriamo nel salone, divani, una televisione al plasma.
In uno dei divani Matteo, guardato a vista dai due che lo avevano portato a casa, un labbro tumefatto, un occhio gonfio. Corro ad abbracciarlo piangendo, prendo la sua testa tra le mani, scorro le sue ferite e i suoi lividi. “Come stai amore?” gli sussurro guardandolo negli occhi.
“bene, non ti preoccupare” risponde con uno sguardo indagatore. Anche lui vuole capire come sto realmente.
Mi siedo al suo fianco e tutti e due guardiamo verso Dasho, che intanto sta controllando nella borsa che riconosco, l’hanno presa a casa nostra, il bottino della razzia.
Sembra soddisfatto.
“Bene, a questo punto vi lascerò andare. Prima però un avvertimento. Non pensate neanche lontanamente di andare alla polizia o dai carabinieri. Non servirebbe a nulla, se non a farmi incazzare.” Si versa un bicchiere di whisky. “Se siete furbi considerate tutto questo come un brutto sogno. Se vengo a sapere che avete fatto una denuncia… e lo vengo a sapere ancora prima che la firmiate, veniamo a casa vostra. A te – dice indicando Matteo taglio la gola personalmente, mentre questa cagna la cedo ai senegalesi, passerà i prossimi sei mesi a fare pompini e a prenderlo nel culo da una mandria di negri e di marocchini, in una topaia piena di pulci, da cui uscirà solo morta.”
Beve un lungo sorso, poi ci guarda. “Sono stato chiaro?”
“Si – risponde mesto Matteo – ok, niente denuncia, lasciateci solo andare a casa tranquilli. Avete preso quello che volevate, siamo solo stanchi.”
Dasho ci guarda intensamente negli occhi. Quando incrocio il suo sguardo mi sento mancare. Cazzo, ma perché continua a farmi questo effetto, è un bastardo che mi ha violentato, ci ha picchiato, derubato…
“Portali alla macchina e lasciali andare” dice a Ditmir voltandoci le spalle.
Ci alziamo titubanti, Ditmir ci fa segno di uscire con le chiavi in mano.
Matteo passa per primo la porta. Mentre esco mi volto, Dasho è in fondo al salone, ci da le spalle… non mi guarda, non gli interessa nulla di me… mi sento ferita. Abbasso gli occhi ed esco, scortata da Nandi. Scendiamo le scale senza dire una parola, ci accompagnano alla macchina, parcheggiata poco distante. Ci danno le chiavi, infilandoci a forza nell’abitacolo ancora pieno di pezzi di vetro.
Ditmir si avvicina al mio volto, “Ciao bella, ricordati quello che vi ha detto Dasho, mantiene sempre le sue promesse. È meglio se non fate cazzate. Andate ora”
Poi si allontanano tornando verso casa.
Restiamo senza forze fermi. Sto tremando, nessuno dei due dice una parola. Poi Matteo mette in moto: si torna verso casa.

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