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Racconti di DominazioneRacconti Erotici

La lunga notte – cap. 5

By 27 Agosto 2021No Comments

Cap. 5

Resto rannicchiata contro la portiera per tutta la corsa del taxi fino a casa. Mille pensieri attraversano la mia mente, ma ho una certezza, devo smetterla con questa follia o finirò con il fare veramente una cazzata.
Arrivata a casa la doccia mi accoglie nuovamente con il suo calore rilassante e l’acqua che scorre sul mio corpo porta via i pensieri più cupi.
Cerco di distrarmi e chiedo a Matteo di organizzare qualcosa per la serata.
Ristorante, un pub con un paio di amici e Dasho per una volta è fuori dei miei pensieri. Chissà, forse posso davvero togliermelo dalla testa, penso sdraiandomi sul letto.
La luce che filtra dai vetri mi strappa al sonno e al mio ottimismo. Posso razionalmente allontanarmi da lui ma i miei sogni sono un regno in cui domina incontrastato.
“ciao amore, a più tardi” un bacio leggero e Matteo esce per andare in ufficio mentre io resto con i miei fantasmi.
Resto ancora sdraiata mentre la mia mente vaga. Il ricordo di Dasho, le sensazioni di quella notte e quelle ancora fresche del pomeriggio precedente nella metro sono vivide. Mi alzo nervosa e comincio a girare per casa. Devo togliermi tutto questo dalla testa. Ci posso riuscire. Si.

E’ passata una settimana e mi sento come una tossica. Ogni giorno i propositi sono fermi, nel voler a tutti i costi far uscire Dasho dalla mia mente, ma in sette giorni sono tornata quattro volte in quel baretto. Ho passato ore seduta a quel tavolino, guardando le finestre dell’appartamento senza mai riuscire a decidere cosa fare. Che cosa voglio veramente? Diventare una prostituta? No, certo che no. Far saltare il mio matrimonio? No, neanche questo. E allora cosa mi aspetto? Non lo so. Ma ogni volta l’azzurro dei suoi occhi mi annebbia la mente. Il ricordo di quella sera diventa vivo, palpabile.
Svolto l’angolo e attraverso la strada. Il baretto è di fronte a me. Entro e senza parlare indico il “mio” tavolino.
“Solito cappuccio e brioche?” l’uomo dietro al banco mi scruta, interrogativo. Sono le tre del pomeriggio, “si, grazie” rispondo con un sorriso.
Mi siedo, la strada sembra deserta. Alzo lo sguardo verso le finestre.
“Posso?” sobbalzo sulla sedia, mentre il barista appoggia la tazza e il piattino con il cornetto sul tavolo. Gli sorrido facendo un profondo respiro. Lo zucchero scende dalla bustina depositandosi sulla schiuma bianca. Osservo il cucchiaino tracciare scie sottili sulla superficie soffice.
Spezzo la brioche, portando il boccone alla bocca, mi volto di nuovo verso l’esterno e resto paralizzata.
Sul marciapiede, a mezzo metro da me, separati solo dal vetro Ditmir è apparso dal nulla e mi guarda duro, immobile. Entra nel bar e si viene a sedere al mio tavolo.
“Che cazzo ci fai qui?” La domanda è diretta come un pugno in faccia, ma non prevede risposte.
“Alzati”.Mi prende per un braccio sollevandomi dalla sedia con una sola mano. Sto tremando, ma perché ho fatto una cazzata simile? Mi spinge verso la porta. “grazie, sappiamo chi è” dice rivolto al barista. “Ok, salutami il capo” E’ lui che mi ha venduto! Dovevo pensarci che non sarei passata inosservata a lungo. Probabilmente ha pensato fossi un agente in borghese e ha avvisato Dasho.
Le quattro del pomeriggio, ma in strada non c’è nessuno. Cerco di liberare il braccio, ma la presa di Ditmir è una morsa. Attraversiamo e mi spinge fino al portone. Con la mano libera infila la chiave e apre il portone. Il buio ci inghiotte.
La porta al terzo piano si apre dall’interno, evidentemente hanno visto cosa succedeva in strada dalla finestra. Entriamo nel salone, ci sono quattro uomini, Redian e altri tre che non riconosco. Dasho sta ancora guardando fuori. Si volta lentamente piantando i suoi occhi nei miei. Ad un suo cenno Ditmir mi spinge verso di lui.
“Cosa sei venuta a cercare qui?”
Il mio silenzio di risposta viene interrotto da uno schiaffo “Ti ho fatto una domanda” dice con calma sottovoce.
“Nulla… nulla… è stato un caso…” dico abbassando gli occhi.
“ Un caso… strano caso che ti porta qui cinque giorni in una settimana…” un altro schiaffo colpisce il mio volto. “Possibile che tu non abbia un cazzo da fare nella vita?”
Mi sento avvampare. “Non lo so perché, va bene? Non lo so…” rispondo rialzando lo sguardo nei suoi occhi. In quel lago azzurro in cui inevitabilmente mi perdo.
“Va bene… non lo sai. Allora vediamo. Forse vuoi vendicarti in qualche modo. O solo romperci i coglioni. Credevo di essere stato chiaro l’altra volta. Ma forse non è bastato.”
Veloce come un cobra mi afferra dietro la nuca e mi tira a pochi centimetri dal suo volto.
“Non hai capito cosa ti avevo detto?” sibila. Io non rispondo, guardo solo quelle pozze limpide come una fonte di montagna. “E tuo marito dov’è? Appostato all’angolo?” chiede ridendo.
“No, sono da sola, lui non lo sa che sono qui.” abbasso nuovamente gli occhi. Mi sento in colpa per Matteo.
“Guardami! non lo sa? Davvero?” rialzo lo sguardo, non voglio tirare in questa follia Matteo. “No, non lo sa sul serio, è stata solo una mia idea.”
“Bene” dice senza lasciare la mia nuca. “bene. Ma se è qui in giro lo troviamo. E questa volta lo ammazziamo come un cane” Un cenno del capo e Ditmir insieme ad uno degli altri esce dall’appartamento per controllare, mentre le sue dita si allargano e si intrecciano ai miei capelli. “Chissà, forse ti è piaciuta di più la realtà del gioco… Se è così sei nel posto giusto. Altrimenti ti pentirai di essere tornata qui.” la mano libera si posa su un fianco, la sento scivolare sulle mie curve, poi afferra il tessuto della mia gonna, ampia, lunga poco sopra il ginocchio, raccogliendolo per sollevarla. Poi il palmo si sposta sotto la stoffa, un sorriso appare sulle sue labbra quando incontra il reggicalze, per allargarsi completamente quando raggiunge le labbra indifese della mia fica depilata.
“Brava, viaggi senza slip, eh? Una troia in piena regola” dice infilando le dita nella mia carne umida di umori. “e pure già lubrificata. Bene” la mano dietro la mia testa mi tira verso le sue labbra, la mia bocca si schiude e accoglie la sua lingua. Chiudo gli occhi e spingo il mio bacino in avanti, verso di lui. La dita entrano rapide dentro di me, mi lascio sfuggire un gemito mentre istintivamente allargo le cosce piegandomi un poco sulle ginocchia.
La sua bocca abbandona la mia, mentre la mano mi trascina verso il basso. Le ginocchia raggiungono il pavimento e la mia faccia è davanti alla fibbia della sua cintura. Le mie mani si posano sicure sui suoi pantaloni, faccio scivolare la zip, le dita frugano dentro e come il suo cazzo già eretto fa capolino la mia bocca lo accoglie morbida. Chiudo gli occhi, è il momento che ho aspettato tanto. La mia lingua spande la saliva su tutta la cappella, le labbra non lasciano l’asta un istante. È Lui, dentro di me. Lo succhio avida mentre sento gli occhi di tutti i presenti su di me. La sua mano non lascia i miei capelli e un piede mi fa distanziare le ginocchia aprendomi le cosce.
La mia mano scende sulla mia fica aperta, umida, la sfioro e un brivido mi invade. “metti le mani dietro la schiena, troia, non sei tu che devi godere”. Obbedisco, mentre mi sforzo di rendere la mia bocca ancora più morbida, ancora più accogliente. La mia testa si muove con dolcezza su quell’asta di carne, mentre la sento irrigidirsi sempre di più. Sta per venire, lo sento, sta per godersi la mia bocca, per riempirla di sé. Le mie labbra aderiscono alla sua pelle, lentamente lo prendo in me, cerco di ospitarne il più possibile mentre la mia lingua avvolge la sua cappella, la accarezza, la sfiora. La sento pulsare sul mio palato, La mano lascia la presa sui miei capelli, scivola sotto al mio mento, la sento tirarmi verso di lui, avanzo lenta, le mie labbra raggiungono la base del cazzo, mentre la cappella spinge nella gola. Si irrigidisce dentro di me, poi un fiotto scende giù per il mio esofago, ingoio e lui lo sente con la mano sulla mia gola, i miei occhi sono nei suoi mentre il secondo schizzo si deposita sulla mia lingua che rapidamente lo riversa in gola. Sto mugolando come una cagna, ingoio tutto come una assetata nel deserto che finalmente ha raggiunto un’oasi mentre con una mano gli massaggio dolcemente le palle, per svuotare fino all’ultima goccia il loro contenuto. Continuo a ripulirlo delicatamente, fino a quando la sua mano non mi stacca da lui.
“Va bene, credo sia tempo di lavorare, ora.” dice guardandomi negli occhi. “È anche per questo che sei qua. Vero?” Non rispondo, lo ricompongo nei pantaloni e chiudo la cerniera. “vero?” ripete indurendo la voce e rialzandomi la testa per i capelli. Lo guardo, poi abbasso gli occhi annuendo.
La sua mano mi lascia.
“Tutto a posto capo, non è certo qui intorno” E’ Ditmir, tornato dalla perlustrazione.
“Bene” mormora Dasho, poi guarda l’orologio e si rivolge a un altro dei suoi. “Prendila e portala all’autoporto, questo pomeriggio lavora lì questa troia. Consegnala a Nadia, che le spieghi quello che deve fare.” poi mi guarda “Non azzardarti a farmi casini”. “No – rispondo sottovoce – stai tranquillo”. Poi parla ancora con il mio accompagnatore “Prima di andare falle mettere qualcosa di adatto, guarda di là da Irina.” E’ tutto, mentre mi rassetto l’uomo mi prende per un braccio e mi porta in un’altra stanza, una camera a due letti. Apre un armadio, da un cassetto tira fuori una gonna corta, nera, poco più di un palmo di stoffa. “Metti questa”.
Si siede sul letto, mentre sfilo la mia gonna. Sorride, guardando il mio ventre incorniciato dal reggicalze. Infilo la minigonna, è cortissima, le calze finiscono due dita prima dell’orlo, lasciando in vista una striscia di pelle che risalta nel contrasto con le calze e la stoffa nera. “Bene – dice soddisfatto – Andiamo” mi prende per un braccio e mi fa uscire dall’appartamento. Ci immergiamo nel buio delle scale, al clic della serratura del portone mi rendo improvvisamente conto di come sto uscendo per strada. Ho un attimo di esitazione poi la luce del giorno mi accoglie calda, chiudo istintivamente gli occhi e sprofondo nell’azzurro dei suoi.

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