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Racconti di Dominazione

La scorciatoia

By 12 Marzo 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Se si era trovata in questa situazione era solo per colpa sua.
Patrizia, per tornare a casa, usava spesso la scorciatoia attraverso la villa, però mai di sera.
Quella volta, forse perché era stanca e non vedeva l’ora di tornare a casa, si era infilata nel vialetto sterrato e semibuio, invece di fare il lungo giro per la strada asfaltata.
Per un attimo aveva pensato che fosse una cosa poco prudente, poi la sua attenzione era stata catturata dal ‘dove metto i piedi’, visto che non aveva nessuna intenzione di rovinare le scarpe nuove, con il tacco alto e sottile.
Sicuramente non era il posto più adatto per una bella ragazza, alta, slanciata, con due belle gambe lunghe ed un culetto rotondo, perché, anche se lei non vestiva in maniera esagerata, non era certo il tipo da passare inosservato.
Era quasi buio ed il vialetto non era illuminato, doveva guardare in basso con attenzione, cercando di evitare i numerosi sassi, così si era accorta di loro quando praticamente le erano quasi addosso.
La realtà, purtroppo, non è un videoregistratore, dove basta premere il tasto rewind, se hai sbagliato il punto da vedere.
Erano in tre, belli grossi e, probabilmente, abbastanza pieni di birra da rappresentare un pessimo incontro per una bella ragazza sola di notte.
Patrizia non ebbe neanche il tempo di pentirsi dell’imprudenza commessa, che l’avevano attorniata, cominciando a toccarla.
Uno l’afferrò da dietro piazzandole le mani sui seni, mentre un altro le infilò una mano sotto la gonna, cominciando a risalire, dal ginocchio fino alla coscia.
Si fermò in mezzo alle gambe, con il palmo che si strofinava su e giù, mentre una mano le tappava la bocca.
Intanto i tre le parlavano, ma lei riusciva al massimo a cogliere qualche parola, qua e la: ‘… fica ‘ ti piace ‘ culo …’
Quello che l’aveva presa da dietro, le aveva alzato completamente la gonna e si stava strofinando contro il suo sedere, poteva intuire il suo pene duro, dentro i pantaloni, che spingeva, come se volesse aprire la stoffa ed entrarle dentro.
Si sentì sollevare di peso.
Quando la misero giù si trovavano abbastanza lontani dal vialetto, in un punto completamente buio ed isolato, dove nessuno li avrebbe visti.
‘Adesso, se vuoi tornare a casa sana e salva, me lo succhi.’
Aveva parlato il più grosso dei tre, quello che sembrava essere il capo.
Patrizia ebbe una reazione che sorprese anche lei.
Normalmente una donna sola ed indifesa, in una situazione del genere, si mette a piangere, supplica, invece lei reagì in maniera dura, come se quei tre non potessero fare di lei quello che volevano:
‘Non ci penso per niente …’
Rimasero fermi, sorpresi, per qualche secondo, poi lei si senti di nuovo prendere da dietro e sollevare.
Un altro le allargò le gambe, mentre il capo si toglieva la cinta dei jeans.
Patrizia gridò quando la prima cinghiata la colpì all’inguine, ma l’uomo non sembrò turbato dalla cosa e continuò a colpirla.
Anche se il collant e lo slip attutivano i colpi, il bruciore era fortissimo.
Le calze si strapparono, mostrando il minuscolo slip nero ed il ventre della ragazza, ma lui continuò ancora per un po’.
Quando decise che poteva bastare, la rimisero giù, ma le sue gambe cedettero e Patrizia si ritrovò in ginocchio, piangente, con i lunghi capelli neri davanti al viso.
‘Allora, cambiato idea?’
L’uomo le scostò i capelli dagli occhi. Era in piedi davanti a lei e le mostrava la cinghia dei pantaloni.
Il bruciore le sembrava aumentato, per niente mitigato dall’aria fresca della notte che passava attraverso il collant strappato, non avrebbe sopportato altre cinghiate, di questo ne era sicura.
Come se le sue mani fossero guidate da qualcun altro, Patrizia vide le sue dita fini, curate ed affusolate, prima aprire il bottone di metallo dei jeans dell’uomo, per poi dedicarsi alla lampo.
Il rumore della chiusura che si abbassava, nel silenzio della villa deserta, le sembrò fortissimo.
Le abbassò leggermente i pantaloni, poi infilò le mani nelle mutande.
Fu sufficiente scostare l’elastico, perché il pene, si drizzasse completamente.
A questo punto ebbe un momento di esitazione. Diciamo che i pompini non erano mai stati il suo forte e l’odore che proveniva da lui, le fece pensare che quell’uomo non avesse molta dimestichezza con il bidet.
‘Allora, preferisci questa?’, disse il tizio mettendole davanti al naso la cinghia, poi le premette il capo verso il basso.
Patrizia cercò di resistere, ma la pressione aumentava e le faceva male un ginocchio.
Quando l’avevano rimessa giù, doveva aver battuto su una pietra, sicuramente si erano anche rotte le calze, un collant nuovo, accidenti.
Il viso della ragazza si abbassò e alla fine lei dischiuse le labbra, lasciando entrare la punta del pene dell’uomo.
Al contatto con la sua bocca, lo sentì oscillare a farsi più duro, almeno questa fu la sua impressione, poi lui cominciò a muoversi nella sua bocca.
Patrizia riuscì a spostare il ginocchio, in modo da togliersi dal sasso, ora stava più comoda.
Con la mano sinistra impugnò la base del pene: era grande, duro e peloso, o almeno c’erano molti peli proprio sull’attaccatura.
Gli carezzò i testicoli, poi passò un dito lungo la vena sporgente che correva lungo il pene.
Se devo farlo, tanto vale farlo bene, non posso correre il rischio che prenda di nuovo a cinghiate la mia fichetta, pesò Patrizia, prima finisco e prima torno a casa.
Si staccò un attimo e sentì un mormorio di protesta, che cessò subito, quando cominciò ad usare la lingua.
Cominciò dalla base, poi risalì lentamente, seguendo la vena, finendo poi leccandogli la punta.
Quando lo prese di nuovo in bocca, lui venne quasi subito.
Le tenne la testa ferma, nel caso lei volesse ritrarsi, ma Patrizia non ne aveva la minima intenzione.
Attese pazientemente che cessassero le contrazioni e non si spostò.
Si ripulì la bocca con il dorso della mano, solo quando l’uomo si tolse e si richiuse i pantaloni.
Si rialzò a fatica. Aveva un ginocchio sbucciato ed il collant completamente strappato in quel punto, mentre il dolore delle cinghiate, che sembrava scomparso, si riaffacciava lentamente, ma ora si sentiva diversa.
Passò solo un attimo una mano in mezzo alle gambe, lo slip era inzuppato ed il suo sesso così aperto, che poteva sentire attraverso la stoffa lo spacco tra le labbra.
Fece due passi in direzione del vialetto.
‘E i miei amici? Non avrai mica intenzione di andartene prima di far divertire anche loro?’
La fecero inginocchiare di nuovo.
Il secondo non puzzava, o forse ormai si era abituata.
Ora che si era resa conto di quanto stava succedendo in mezzo alle sue gambe, le risultata più difficile mantenersi tranquilla. Se avessero scoperto che ci stava prendendo gusto, non l’avrebbero più lasciata tornare a casa.
Doveva rimanere tranquilla, almeno in apparenza, fare il suo bravo pompino a tutti e tre, e sperare che si accontentassero.
Per fortuna il secondo durò poco, doveva già essersi abbondantemente eccitato vedendola all’opera con il primo, così, quando iniziò a passargli la lingua intorno alla cappella, prese ad agitarsi ed a mugolare disperatamente, finché lei se lo ficcò di nuovo in bocca.
Patrizia raggiunse l’orgasmo proprio mentre quello le sparava lo sperma in bocca, ma per fortuna né lui né gli altri due se ne accorsero.
Il terzo era molto giovane, ed aveva passato tutto il tempo a masturbarsi.
Quando venne il suo turno, il suo pene era rosso e duro.
Quante seghe si è fatto? Pensò Patrizia. Sarà dura farlo venire.
Era molto stanca e cominciava pure a sentire freddo. Prima, quando era venuta, si era spruzzata di brutto ed aveva le calze e la gonna bagnate. Per fortuna era buio e non si vedeva.
Il ragazzo era eccitato da morire, aveva la faccia rossa, faceva versi ma non riusciva a venire.
Accidenti a te, ma quante te ne sei fatte?
Le stava provando tutte, doveva assolutamente finire e poi sperare che la lasciassero in pace.
Alla fine, quando ormai pensava che non sarebbe più successo, si accorse che qualcosa stava cambiando: la cappella rossa e secca sembrava essersi gonfiata.
Gli passò la lingua intorno con tutto l’impegno possibile e finalmente i suoi sforzi furono premiati.
Vide le contrazioni e finalmente ‘
Le fece solo qualche schizzetto sul viso, ma erano contenti entrambi.
Gli diede un bacio sulla punta della cappella umida e si rialzò.
Questo era il momento della verità: l’avrebbero lasciata andare o l’avrebbero costretta a stare con loro per il resto della notte.
Patrizia si allontanò senza dire una parola e senza voltarsi, cercando di raggiungere il vialetto che l’avrebbe portata fuori della villa.
Camminò piano, perché era buio e voleva evitare di inciampare, ma anche perché era stanca morta.
Solo quando fu nel vialetto, si mise una mano in tasca.
Tirò fuori un fazzolettino e si ripulì il viso.
Diede uno sguardo indietro una volta arrivata sulla strada: naturalmente la villa era, o sembrava, deserta.

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