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Racconti di Dominazione

La storia di Monica – Cap. 5.9 – Il viaggio di nozze – finale

By 5 Agosto 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

La sera del folle appuntamento con Diego, diedi a Tommaso qualche goccia in più dei suoi antidolorifici, per farlo addormentare il prima possibile, e poter andare così senza alcun problema dal mio nuovo amante.
Durante il viaggio in taxi mi chiesi più volte se davvero volevo esser schiavizzata da Diego, dato che di solito ero io a dominare, ma poi mi resi conto che pur non arrivando mai a nessun estremo, ero stata sottomessa più volte, soprattutto quando mi ero trovata con più uomini. Diego inoltre era stato molto chiaro, nel dirmi che non sarebbe mai arrivato ad eccedere in qualche modo o maniera, anche se il rapporto avuto con lui era stato a dir poco brutale.
Mi ritrovai davanti a un palazzo un po’ decadente con la testa piena di dubbi, ma come mi succeda quasi sempre, alzai le spalle prima d’entrare in quella casa, non sapendo cosa m’avrebbe aspettato.
L’appartamento di Diego era piccolo ma ben tenuto, quasi interamente occupato da un divano ad angolo e un letto matrimoniale.
“Sapevo che saresti venuta.” mi disse facendomi entrare.
“Prima di tutto vorrei delle risposte, iniziando da come ti posso fermare se vai troppo oltre.” gli risposi non ancora del tutto sicura d’andare sino in fondo.
“Semplice basta che dici “Stop” e mi fermo.
Gli feci ancora un paio di domande, alle quali rispose in modo semplice ma tranquillizzante, quindi non mi rimase che porre l’ultimo quesito.
“Cosa devo fare ?” gli domandai senza più alcun dubbio o paura.
Diego si spostò dietro di me per spogliarmi lasciandomi solo il perizoma, poi mi mise un collare e delle manette che agganciò al soffitto tramite una catena e un moschettone. Da una grossa borsa in pelle tirò fuori uno strano gancio, che all’estremità invece dell’uncino aveva un pallina. Lui la unse con dell’olio, prima d’infilarmela nel retto senza alcuna grazia. Dalla stessa borsa uscì un’altra catena, questa più piccola, con la quale unì l’anello del gancio a quello del collare, sino a mettermi quasi in trazione, impedendomi così di muovermi se non di pochissimo.
Senza dire una parola iniziò a palparmi il seno e stringermi i capezzoli, senza però farmi alcun male, quasi con un massaggio si vigoroso, ma mai spiacevole. Quando poi la sua mano scivolò dentro il perizoma, il suo atteggiamento divenne più violento, anche se non eccessivo.
“Sono appena all’inizio e sei già bagnata come un cagna.” mi disse tirandomi in alto un capezzolo, questa volta facendomi si male “Scommetto che non vedi l’ora che t’inculi facendoti urlare di piacere. Ma tranquilla avrai la tua dose di cazzo, solo con calma, ora voglio vederti soffrire un po’.”
Diego prese una lunga sciarpa di seta nera, con la quale mi bendò gli occhi, poi un frustino che mi fece ben sentire strusciandone la parte finale su tutto il corpo, prima di colpirmi su una chiappa.
Come provai a muovermi il gancio che avevo nel retto si fece sentire, provocandomi più dolore della stessa frustata, alla quale ne seguì subito un’altra leggermente più forte.
Non potendo vedere dove mi colpiva, non mi rimase che attendere ogni singolo colpo, cercando poi di muovermi il meno possibile, ma dopo una decina di frustate inizia a dimenarmi, dilatando sempre più il mio buchetto. Non avevo paura che mi lasciasse dei segni anche perchè ero molto abbronzata, ma d’urlare col risultato d’irrigidirmi aspettando che la paletta del frustino mi colpisse.
“Devi rimanere ferma se non vuoi romperti il culo da sola.” mi disse centrando in rapida sequenza entrambi i capezzoli “O preferisci che smetta per far entrare un gruppo di ragazzi che ti stupri tutta la notte.”
“No vai avanti.” gli risposi sperando che mentisse circa le sue amicizie.
Diego mi colpì almeno un decina di volte sul seno e altrettante sulle chiappe, prima di farmi sentire il frustino sulla passera, facendomi gemere dal dolore. A quel punto allungò la catena che mi teneva le mani il alto, sino a quando non poté piegarmi in avanti, ed infilarmi tutto il suo cazzo dentro la fica.
Provai subito un immenso piacere anche se lui mi tirò un po’ il gancio nel culo, al solo scopo di farmi male. Fra le sue mani non avevo alcun controllo, ma di ciò non m’interessavo in alcun modo, volendo solo godere e nulla più.
“Non provare a venire prima di me, perchè ti rimando da quel cornuto che hai sposato, col culo tanto rotto che dovrai portare il pannolone per non cagarti addosso.” mi disse mettendo ancor più in trazione il gancio.
“Allora vedi di scoparmi.” gli risposi sfidandolo a dare il meglio di se.
Diego tirò la catena di almeno una maglia, per poi affondare i suoi colpi tenendomi ferma per il collare. Quando capiva che stavo arrivando all’orgasmo, tirava la catena quel tanto che bastava per bloccarlo, ma senza mai smettere di scoparmi da vero stallone di razza. Godevo ad ogni suo affondo, che univa piacere e dolore facendomi letteralmente uscire di testa, tanto che iniziai a supplicarlo di farmi venire.
“lo sapevo che non avresti resistito a lungo, perchè sei solo una troia che vuole il cazzo.” mi disse sganciando le manette dalla catena “Adesso mettiti a pecora così ti sfondo come merita una puttana del tuo calibro.”
Mi sistemai velocemente a carponi, e subito dopo sganciò anche il gancio dal collare. Poi però invece di scoparmi come credevo avesse fatto, iniziò a roteare il gancio nel mio buchetto, facendo si che questo si allargasse sempre di più, stimolando allo stesso tempo tutte le terminazioni nervose della zona. Poco dopo m’infilò tre dita nella passera, e a quel punto ero talmente eccitata che riuscii a trattenermi dall’avere l’orgasmo, solo usando tutta la mia forza di volontà, provando così una nuova forma di dolore, questo puramente mentale, che mai avrei pensato che potesse esistere. Mi stavo di fatto violentando da sola, impedendomi di raggiungere quel picco del piacere che tanto desideravo, e questo non tanto per paura che Diego mettesse in atto la sua vendetta, ma solo per poterlo compiacere sino in fondo.
Quando però lui mi penetrò col suo gran cazzo, non ebbi più freni, arrivando subito all’orgasmo. Come però mi era successo con Ken qualche giorno prima, anche con Diego ne ebbi altri in rapida successione, tanto che anche lui rimase stupito di come potessi godere a lungo così intensamente.
Persi del tutto la dimensione del tempo, gemendo ad ogni suo affondo come se fosse l’ultimo, ormai denudata di ogni pudore e coperta solo dalla passione. Avrei voluto che in quel momento ci fosse Tommaso, così poteva vedere la sua fresca sposa, con un gancio nel culo farsi sbattere per terra da un giovane ragazzo, la cui unica dote era l’avere un gran mazza. Il sapere mio marito così cornuto fu un’altra piccola fonte di piacere, e quasi non m’accorsi di quando Diego si mise davanti a me per schizzarmi il suo seme in faccia, rendendo la maschera della perfetta puttana.
“Siccome sei venuta prima di me meriti una punizione.” mi disse dopo avermi fatta alzare per togliermi collare e gancio, ma non le manette “Quindi ora vai sul letto e mettiti come prima, che poi è l’unica posizione che può avere una troia come te.”
Una volta che mi rimisi carponi, Diego mi fisso un’asta alle caviglie in modo che non potessi chiudere le gambe, per poi agganciate le manette al testaletto.
“Non ti farò male, né ti lascerò dei segni, ma sentirai la pelle bruciare e sarà questa la tua punizione.” mi disse prendendo uno strano flogger dal borsone, che aveva come flagellanti delle lunghe strisce di velluto.
I primi colpi furono solo un assaggio, ma già sentii salire il calore sulla pelle, poi fu un susseguirsi di frustate, che come aveva detto lui, non facevano tanto male, ma mettevano il fuoco dentro. Ogni tanto lasciava il flogger per riprendere il frustino, ma con quello mirava sempre alla passera, facendomi gemere questa volta dal dolore. Anche quel frustino però mi dava un sottile piacere, come il calore della pelle potesse portare una nuova forma i godimento.
Rimasi quasi immobile a subire la mia ‘punizione’ senza dire una sola parola, se non quando sentii la sua cappella poggiarsi contro il mio buchetto.
“Ti prego non come l’altro giorno.” gli chiesi pur non sapendo che era del tutto inutile.
“Ma se sei venuta apposta per farti rompere il culo !” mi rispose ridendo di me “Solo voglio essere sicuro che non ti metta ad urlare come una pazza.”
Mi ritrovai così una benda sulla bocca, prima che lui lasciasse cadere un po’ di saliva proprio sopra l’ano, per riapoggiarci contro la cappella.
Cercai di rilassarmi il più possibile, ma quando lui mi spinse dentro più di mezza mazza, non urlai solo perchè non potevo.
“Però ti s’è stretto il culo che non t’entrato dentro tutto.” mi disse tirandolo fuori quasi del tutto “Vuol dire che bisogna riprovare sino a quando non sento le palle sbatterti contro la fica.”
Diego mi sodomizzò esattamente come aveva fatto prima, ma neanche questa volta riuscì a farlo in modo completo, o forse non volle per farmi soffrire ancora di più. Sentivo il suo cazzo entrare ed uscire senza sosta, provando un dolore quasi indescrivibile tanto era forte.
Come però mi succedeva sempre in quei frangenti, dopo un po’ tutto quel dolore iniziò a trasformarsi in un piacere prima sottile, poi sempre più travolgente, e a quel punto la benda m’impediva solo di fargli sapere quanto stavo godendo. Lui però s’accorse quasi subito di ciò che stavo provando, e non solo mi tolse la benda, ma iniziò ad insultarmi dandomi dei sonori ceffoni sulle natiche.
“Sei una delle più grandi troie che abbia mai conosciuto, forse la prima in assoluto per come ti piace prenderlo nel culo. Mi chiedo com’abbia fatto quel brav’uomo a sposarti puttana come sei, si vede che di donne non capisce proprio un cazzo.”
Dopo un po’ però mi resi conto che non l’ascoltavo neanche più, presa com’ero a godere della sua nerchia. Avrei voluto dare del sollievo alla mia passera che stava quasi bruciando dalla voglia, ma avevo le mani incatenate al letto, e non potei fare nulla.
Diego m’inculò a lungo e sempre con la stessa forza, e volli trattenere il mio orgasmo sino a quando non sentii che mi stava venendo dentro.
“Ti riempio il culo di sborra !” furono le ultime parole che disse prima di farmi un vero e proprio clistere di sperma.
Impiegammo diversi minuti per riprenderci, poi lui mi liberò e potei andare in bagno per darmi una rinfrescata, non solo fisica.
Quando tornai da lui non dissi nulla, ma mi rivestii per uscire da quell’appartamento senza neanche salutarlo, non per qualche strana forma di vendetta, ma perchè non sapevo proprio cosa avrei potuto dire. Avevo scoperto che non solo mi piaceva dominare, ma con dei precisi limiti ,anche essere sottomessa, il che se da un lato allargava i miei orizzonti sessuali, dall’altro mi faceva comprendere sempre meno chi realmente fossi.
Tornai al resort dove Tommaso dormiva come un bambino, mi feci una doccia per poi sdraiarmi vicino a lui, col culo ancora dolorante e tante nuove sensazioni da elaborare.

Invito tutti a visitare il mio piccolo blog
http://serenathemiss.wordpress.com/

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