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OrgiaRacconti di Dominazione

La trasformazione di Jennifer – Cap.13

By 19 Aprile 2020No Comments

Jennifer si svegliò alla solita ora, stava albeggiando e di soppiatto in silenzio come sempre andò in bagno. Scaricò la vescica e le viscere, si lavò le parti intime con cura, andò al lavandino per lavarsi la faccia che era ancora impiastricciata dello sperma di Marco. Quando fu al lavandino, vide un’ombra e si spaventò. Si girò di scatto e Marco era sull’uscio che la guardava con occhi rabbiosi. Come aveva fatto a svegliarsi? Aveva fatto rumore? Ma no era stata accorta come le altre mattine, e allora perché era li? E adesso cosa sarebbe successo?

         Latrina devo pisciare!

Sentì l’ordine duro e perentorio.

Si inginocchiò e aprì la bocca. Un fiotto caldo le riempì la bocca e ingoiò tutto quanto. Poi rimase in posizione, Marco si girò e la riempì con i suoi escrementi caldi sia la faccia che le mani che erano a coppa. Quando ebbe finito, Jennifer si ripulì, poi con la lingua gli fece il solito bidet e fu molto attenta e scrupolosa. Marco perentorio le ordinò:

         Vai dentro la doccia, farai mezz’ora di acqua fredda. Immobile!

Entrò in doccia e Marco aprì l’acqua che la investì gelida. Spostò un attimo la testa per il colpo preso, ma Marco le urlò di rimanere ferma sotto. Tremò per mezz’ora sotto l’acqua gelida. Si ripulì cercando di muoversi il meno possibile. Il seno si era indurito per il freddo così come i capezzoli. Dopo mezz’ora, Marco la fece uscire, e estrasse dalla borsa che si era portatole pinze per i capezzoli, e rudemente glieli mise, chiudendo il tutto senza alcuna gentilezza o grazia. Jennifer sentì dolore, ma ormai era abituata, non pianse neanche. Poi le ordinò di seguirlo carponi. Lei lo seguì e andarono in sala. La fece mettere in piedi e poi le fece appoggiare le mani allo schienale di una sedia. Il seno era penzoloni, tremava dal freddo, e aveva riempito la casa di acqua.

         Guarda come hai ridotto casa, stupida troia! Dopo ripulirai tutto con la lingua. Ieri sera mi hai chiesto perché…adesso lo capirai!

         Si padrone

Prese la racchetta da ping pong, e cominciò a giocare la sua partita con il suo seno, che era già illividito e dolorante per i colpi presi il giorno prima. Marco si dilettò per un po’ e poi la mise in ginocchio glielo infilò in gola e continuò a colpire il povero corpo della sua cagnetta ubbidiente. Infine usò la sua bocca per svuotarsi.

Dopo che ebbe finito le intimò di pulire la scia d’acqua con la lingua e così fece. Mentre lei puliva lui la frustava e i colpi erano dolorosi e continui e le lasciavano ampie striature rossastre. Dopo che ebbe asciugato tutto, si fermò e il padrone le disse:

         Allora adesso hai capito perché?

         Si padrone

         Sicura? Allora dimmi perché

         Sono una cosa tua, padrone

La accarezzò e le disse, brava cagnolina. Ora prepariamoci e andiamo al lavoro. Si comincia già alle 9 oggi. Arrivarono alle 8,55 ed entrarono nell’ufficio di Amilcare che li aspettava. Jennifer aveva un bel tubino nero, un paio di stivali neri, lo chignon. Aveva un bel trucco. Amilcare le ordinò di spogliarsi. Vide il suo bel corpo pieno di segni rossi e pregustò il dolore che le avrebbe inferto. Non c’erano né Carla né i due maschi. Jennifer capì che forse sarebbe stata usata da Amilcare, il quale le disse di andare da lui carponi. Vicino a lui, le disse:

         Hai 5 minuti per farmi venire. Muoviti!

E le diede una sberla in faccia. Poi la prese per la nuca e diede il ritmo, su e giù, tre volte e poi sberla, e via così. Le guance le facevano male. Dopo 10 minuti, finalmente il vecchio aguzzino venne. Le riempì il viso del suo seme giallastro. La guardò, guardò il cronometro e poi si rivolse a Marco:

         Vendiamo sta cagna all’indiano, è una incapace

         Puniscila

         Certo, ma poi vendiamola

         Comincia a punirla

         Va bene

Jennifer tremava. Il vecchio prese la corda, la legò per bene e poi le legò il seno. Non poteva muoversi e se avesse tentato, rischiava di soffocare. Il vecchio cominciò a frustarla metodicamente e con sadismo. Prendeva tutte le striature, aumentando il dolore. Mentre quello la frustava, entrarono i tre schiavi di Amilcare. Carla teneva al guinzaglio i due maschi.

         Voi venite qui

Poi disse a Carla di prendere la frusta e frustare insieme a lui Jennifer. Intanto intimò ai due maschi di fargli un pompino e di farlo venire in fretta perché era arrabbiato. Avrebbe smesso di frustare quella cagna di Jennifer solo dopo che i due maschi lo avevano fatto venire. Marco osservava la scena. Michele e Giovanni prendevano in bocca l’uccello del loro padrone, che era già venuto poco prima e quindi sarebbe stato complicato per loro velocizzare la pratica. Intanto Carla si vendicava della povera Jennifer e faceva sibilare il frustino per colpirla con tutta la forza che aveva in corpo. Così come il vecchio sadico. I due la colpirono ripetutamente, Jennifer piangeva e i lacrimoni le scendevano sulle guance. Intanto i due maschi prendevano in bocca il membro di Amilcare a turno, il quale si dilettava ogni tanto a dare loro un bel calcio nei testicoli, giusto per farli gridare mentre lo avevano in gola. Finalmente il vecchio porco venne.

Slegarono Jennifer che cadde a terra, ma il vecchio impietoso le rifilò un bel calcio sul seno destro, così che lei rantolò di lato rannicchiandosi. Stava per partire anche Carla, ma il vecchio la fermò. La fece mettere in ginocchio e seviziò un po’ il suo seno, usando delle tenagliette sui capezzoli, e rigirandoli in modo da farle molto male. Dopo un po’ stufo, si andò a sedere. Alle 11 pronunciò la frase:

         Pausa caffè, le latrine nei cessi, le cagne pronte a soddisfare i colleghi

Ognuno andò al suo posto. I due maschi si trascinarono nei loro due posti, e c’era già la fila pronta per loro. Le due schiave andarono nella loro stanza. Entrarono i colleghi a due a due, una coppia per ogni schiava. Dovevano subire una doppia anale a testa. I colleghi si erano messi a coppie in modo scientifico, per poterle trapanare e rompere il più possibile. Entrambe erano stravolte e stanche per tutte le angherie delle ore e dei giorni precedenti. Alla fine della transumanza, erano distrutte ed entrambe perdevano litri di seme dal loro povero culo ormai sfondato. Non riuscivano neanche ad alzarsi. Non sapevano a quante frustate andassero incontro. Ma di li a poco lo scoprirono. Entrò Amilcare e sentenziò:

         88 frustate per Jennifer, 97 per Carla. Oggi però i vostri aguzzini saranno Michele e Giovanni

Entrarono i due maschi, nudi, con i testicoli rossi, grondanti piscio, puzzavano da fare schifo. Su ordine di Amilcare legarono le due schiave a un palo, presero ognuno una frusta e si vendicarono delle due ragazze. Colpirono senza pietà ogni centimetro del corpo. Le fecero urlare, piangere e li pregarono di smettere, ma più chiedevano, più forti arrivavano i colpi. Amilcare si godette la scena sogghignando. Finiti i colpi, le fanciulle erano piene di segni rossastri e bluastri.

Marco entrò, sapeva che era tutto finito e vide la sua schiava esausta, legata la palo, piena di frustate, con le gambe piene di seme rappreso. Gli venne una voglia malsana di scoparla, ma tra sé disse, stasera sarà più divertente. Sapeva che il pomeriggio sarebbe stata un’altra dura prova. C’era il cliente indiano, Bhupesh Reddy, un bastardo indiano che veniva sempre con il suo compagno, un Pakistano mastodontico.

Andò a slegare la sua schiava, che cadde carponi, le mise il collare e il guinzaglio e la portò in ufficio. La mise sotto la doccia, che aveva in ufficio, le passò una crema lenitiva, le diede da mangiare e la mise nella sua cuccia a riposare. Alle 15 la svegliò, e così nuda come era la portò al guinzaglio da Amilcare.

Entrati videro l’indiano e il pakistano, il primo piccolino, tarchiatello, il secondo mastodontico. Stavano insieme, perché all’indiano piacevano gli uomini e odiava le donne. Oltre ad avere delle acciaierie, aveva anche i peggiori postriboli di Calcutta, dove vendeva carne fresca, soprattutto occidentale, che comprava durante i suoi viaggi. Quando vide Jennifer carponi, la guardò, poi si girò verso Amilcare e gli disse:

         Fai il prezzo, e io la compro

         Non è mia è di Marco

         Marco quanto vuoi?

         Non è in vendita, la posso solo affittare

         Sono disposto a pagarla bene e in contanti

         No grazie

         Va bene

Nella stanza da un lato c’erano Carla, Michele e Giovanni. L’indiano allora disse:

         Bene visto che è in affitto, usiamola

Marco e Amilcare si sedettero sul divano. Il pakistano prese Carla, la mise a novanta e le infilò senza pietà un plug anale e dopo un vibratore nella sua fessura anteriore e poi la legò al palo, con le braccia alte. Poi toccò a Jennifer. L’indiano si avvicinò con delle pinze a Carla e senza alcun riguardo le strinse sui capezzoli, tanto che lei fece un gridolino. Poi toccò a Jennifer. Quest’ultima vide che le tenaglie avevano dei fili, che sembravano di rame, e finivano in una specie di zaino. L’indiano, si avvicinò allo zaino, fece un movimento e un dolore acuto, colpì le due donne che urlarono insieme. Erano state colpite da una scarica elettrica. Dopo un paio di secondi spense. Poi riaccese all’improvviso facendole urlare. Soddisfatto mise in funzione il vibratore. Le due donne sentivano quel vibratore dentro di loro, erano piene e avevano anche voglia di godere. Così si lasciavano andare ai gemiti di piacere. Intanto il pakistano aveva preparato all’uso i due maschi, che erano carponi, con la faccia per terra. L’indiano e il pakistano si misero dietro e cominciarono a incularli con piacere. L’indiano aveva vicino a se lo zaino e osservava le due donne. Quando vedeva che erano vicine all’orgasmo, faceva partire la scarica, che lo bloccava facendole urlare dal dolore. Si godettero il culo dei due maschi e siccome erano bravi ed esperti ci misero molto a godere. Nel frattempo le due ragazze subirono almeno 30 scosse a testa. Quando i due si furono svuotati nelle viscere dei due maschi, slegarono le due schiave, tolsero il plug e il vibratore e le obbligarono a ripulire le loro aste. Soddisfatti uscirono. I quattro schiavi erano sfatti.

Marco prese per i capelli la sua schiava e la trascinò nel suo ufficio. Amilcare aveva invece bisogno di sfogarsi e decise di usare Carla per quello scopo, obbligando i due maschi a un 69 davanti a lui. Carla doveva suggere, mentre lui le frustava il sedere con una nuova frusta. Intanto Michele e Marco, uno sopra e uno sotto, tenevano in bocca il loro membro. Amilcare disse loro che non dovevano venire prima di lui, ma con lui, in caso contrario li avrebbe puniti. Putroppo Michele fu il primo a venire riempiendo la bocca di Giovanni. Poi Amilcare riempì il viso di Carla. Infine venne Giovanni e Michele inghiottì tutto. La punizione per loro fu durissima. Amilcare legò i due schiavi al palo, mise le pinze ai testicoli, e scaricò loro elettricità a ritmo. I due impazzivano di dolore, mentre Carla, esausta e spossata guardava quella scena con occhi assenti.

Una volta a casa, Marco fece lavare Jennifer, le chiese di vestirsi e di truccarsi come se dovesse uscire mentre lui la aspettava sul divano. Lei arrivò truccata bene, pettinata, con un bel vestito che metteva in risalto le sue forme piene e meravigliose. I suoi occhi erano bellissimi. Marco la guardò la fece sedere di fianco a lui, la prese tra le braccia e la baciò con passione. Jennifer non capì più nulla. Intanto Marco con la mano aveva trovato la clitoride e con maestria si muoveva in modo tale che Jennifer ebbe un profondo e meraviglioso orgasmo. Poi la sdraiò sul divano, la penetrò e si svuotò dentro di lei. Vide quel bellissimo viso che aveva un sorriso sereno, che lo guardava soddisfatto e senza profferire verbo, le mollò un ceffone, così forte, che il segno delle 5 dita si stampò immediatamente. Jennifer però non chiese perché. Marco si mise davanti alla sua bocca con il suo arnese e lei dovette ricominciare, usando le labbra e la lingua fino a che il suo uccello non si gonfiò nuovamente e il suo padrone cominciò a scoparle la bocca. Andava su e giù con il bacino, arrivava fino alla gola e intanto le chiudeva le narici con le dita, tenendole ferme le braccia con le gambe. Si girò e continuò a scoparle la bocca, prese un frustino e le frustò le grandi labbra sempre più forte. Ad ogni frustata sentiva la sua schiava che emetteva gemiti di dolore, e continuò così fino a quando non le riempì la bocca. Poi si alzò e andò in bagno. Dopo che ebbe finito, la trovò ancora sul divano, piegata in due che piangeva. Le intimò di andare in bagno a ripulirsi e di togliersi dalla sua vista. Così fece.

Quando uscì dal bagno Jennifer preparò la cena, mangiarono e poi andarono a dormire. Marco non le disse nulla. E lei non chiese perché.

Nel mezzo della notte, Marco si svegliò e cominciò a pensare a Jennifer usata e abusata da tutti, frustata, seviziata e torturata, e sentì gonfiarsi il membro. Doveva in qualche modo sfogarsi. Si alzò lentamente e silenziosamente, andò alla cuccia della sua schiava e al buio sentì il respiro profondo della ragazza. Si avvicinò alla testa, scese ancora un poco e con la mano destra afferrò i suoi capelli. Jennifer cominciò a urlare, a divincolarsi, ma la stretta era forte e riuscì a sbatterla sul letto a pancia in giù. Marco era sopra di lei, le teneva legate le mani dietro la schiena. Era nudo, il suo membro era eretto e pronto. Con la sinistra accese la luce e vide il viso della sua schiava pieno di terrore e questo gli diede ancora più voglia. Appoggiò il suo membro all’ano della schiava e con una poderosa spinta dei fianchi, aiutato dal suo considerevole peso, fu dentro. Spinse e stantuffò come una bestia. Jennifer piangeva e lo pregava di smettere.

         Basta ti prego, non ce la faccio più

Ma Marco noncurante e senza pietà la sodomizzava con violenza sempre più bestiale. Più lei lo pregava, più gli dava forza. Finalmente Marco sentì il suo membro pulsare, salire il suo seme lungo l’asta, e poi esplodere dentro la sua schiava. Uscì ansimando come un animale. Jennifer sussurrò:

         Basta non ce la faccio più, ti prego lasciami andare

         Se vuoi andartene, fallo pure. I tuoi video e sono tanti saranno online dopo pochi minuti. Li manderò a tutti i tuoi familiari, ai tuoi genitori. Tu che frusti Carla, prendi a calci nei testicoli Michele e Giovanni…Vedi tu

         No ti prego, lasciami andare – e scoppiò a piangere singhiozzando

         Te l’ho detto, puoi andartene quando vuoi ma quella sarebbe la conseguenza e saresti la puttana del web in pochi minuti e nessuno vorrà avere nulla a che spartire con te…oppure puoi rimanere così per dieci anni, guadagnare un sacco di soldi, e appunto fra 10 anni essere libera e ricca. A te la scelta

Marco si alzò in piedi e stava per andare a sedersi in poltrona in salotto, quando si sentì fermare da una mano sulla coscia destra. Si girò e vide Jennifer in ginocchio davanti a lui. I suoi occhi turchesi, meravigliosi come il mare, lo guardavano dal basso, le mani sapienti erano sulla sua asta e lo accarezzavano. Dischiuse le sue labbra carnose e lo inserì in bocca sapientemente. Marco sentì il suo membro gonfiarsi dentro la bocca di Jennifer che con la lingua e le labbra continuavano a insalivare e stantuffare con perizia. Lei continuava a guardarlo e i suoi occhi lo scrutavano e osservavano con devozione e sottomissione. I suoi bei capelli neri come la pece, mandavano riflessi ramati per le luci artificiali notturne, ed erano scarmigliati, ma stupendi. Marco non capiva più niente. Dopo momenti che gli parvero interminabili sentì il piacere che stava arrivando all’apice. Intanto la sua schiava continuava il sapiente lavoro di labbra e lingua con calma e sapienza e sentiva quel grosso membro vibrare di passione dentro la sua bocca. Sentiva il pulsare delle vene che gonfiavano e inturgidivano il glande. Finalmente sentì il seme salire per le vie spermatiche. Stava per esploderle in bocca e voleva che fosse meraviglioso per entrambi. Aspettò, giocò con le labbra, ma alla fine capì che il suo padrone stava per godere. Così si infilò il glande in bocca insieme a parte dell’asta, appoggiò la lingua per sentire il seme e finalmente con un ruggito profondo Marco venne esplodendo nella sua vogliosa bocca tutto il suo piacere, che lei assaporò totalmente tenendolo in bocca il più possibile e mentre alla fine ingoiava il tutto, anche lei ebbe un orgasmo pieno, totale e assoluto, tanto da schizzare il pavimento.

Marco guardò la sua schiava, sottomessa e devota, che lo aveva fatto godere come mai gli era successo in vita sua. Ma le disse:

         Per la tua ribellione ti devo punire comunque

         Si padrone

         Cosa preferisci? Frusta, Racchetta da ping pong o cosa d’altro?

         Quello che il padrone desidera

         Ok, userò la cinghia dei pantaloni, ma tu dovrai guardarmi come adesso

         Si padrone

Prese la cinghia e le frustò le mammelle, mentre lei lo guardava con quegli occhioni turchesi che per il dolore si riempivano di lacrime. Jennifer in cuor suo accettò il dolore, perché il piacere che aveva provato valeva tutto quel dolore e così tenne i suoi fari turchesi puntati sul suo padrone mentre lui faceva scendere su di lei le cinghiate.

Dopo poche cinghiate, Marco esausto sentenziò che era ora di dormire.

         Buonanotte troia

         Buonanotte padrone – e si addormentò con un bel sorriso

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