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OrgiaRacconti di Dominazione

La trasformazione di Jennifer – Cap.17

By 5 Maggio 2020One Comment

Il week end di Jennifer era stato molto più dolce di quello di Carla. Si qualche punizione qua e la, ma piacevole. Non aveva molti segni sul corpo, anche perché non aveva fatto grossi errori e il suo padrone era stato gentile con lei. L’aveva scopata varie volte, aveva invitato i suoi amici e si erano divertiti tutti assieme, ma nulla di così doloroso. Però Jennifer sapeva che in ufficio sarebbe tornato tutto alla normalità, quindi dolore, umiliazioni e punizioni varie.  Ma siccome il week end era stato piacevole non riusciva a pensarci all’ufficio.

L’arrivo alle 9 fu una doccia gelata. Appena entrati nello studio di Amilcare videro una scena che agli occhi di Jennifer era da voltastomaco. C’erano i due schiavi di Amilcare uno sotto a Carla e l’altro dietro, Michele pompava il suo bel culo, Giovanni invece impegnato nella sua fica. Ma di fronte a Carla c’era un grosso cane, un alano mastodontico, e lei gli stava facendo un pompino. Carla aveva il corpo pieno di segni di frustate e bastonate. E aveva attaccato alle sue povere tette la pressa. La poveretta era schifata ma proseguiva per paura. Una volta entrati Amilcare andò loro incontro e prese Jennifer per i capelli trascinandola a un tavolo. La guardò e le disse:

          Bene bene vedo che non hai segni, il tuo padrone è stato buono con te. Oggi però io non lo sarò. Adesso tu appoggi le tue belle tettone al tavolo, prendi con indice e pollice i tuoi capezzoli schifosi e tiri in avanti il più possibile. Io ti colpirò con questo le tue tettone schifose – e tirò fuori un cucchiaio di legno- e se lascerai anche solo una volta i capezzoli passeremo a qualcosa di più duro. Proseguirò a colpirti fino a quando l’ultimo dei miei cani là sarà venuto. Dai su muoviti!

Jennifer si mise nella posizione descritta, si tirò i seni appoggiati al legno duro. Amilcare le si avvicinò e si mise di fianco a lei tirandolo fuori, bello moscio e probabilmente iperutilizzato. Glielo mise vicino alla bocca obbligandola a succhiarlo. Lei mise in bocca quella cappella moscia ma non appena lo inghiottì partì il colpo col cucchiaio di legno, la colpì duramente facendola urlare. Mentre urlava il membro di Amilcare si indurì. Continuò a colpire lo stesso punto della tetta sinistra appena colpita a intervalli regolari e ogni colpo era un urlo di Jennifer. Intanto i 3 cani stavano scopando con Carla piena in ogni buco. L’alano si godeva quel trattamento così come i due maschi. Carla ormai non si accorgeva di nulla, come se fosse anestetizzata. Il primo che venne fu Michele che inondò le viscere di Carla. Uscì e ricevette l’ordine perentorio di Amilcare di inculare subito Jennifer. Arrivò e glielo infilò senza riguardo alcuno. Intanto Jennifer urlava ad ogni colpo con in gola il membro di Amilcare che si godeva quello spettacolo. Alla fine godendo del dolore di Jennifer anche Amilcare riempì la bocca d Jennifer che dovette ingoiare tutto. Ma non sazio continuò a colpire i seni della poveretta che proseguiva ad essere sodomizzata da Michele. Venne l’alano nella bocca di Carla, che ingoiò senza fiatare il seme canino. La bestia fu richiamata dal padrone che arrivò scodinzolando felice. Si mise di fianco al padrone, che gli prese il membro e lo porse alle labbra di Jennifer che guardò con orrido schifo quella cosa. Ma un altro colpo la fece desistere e prese in bocca l’uccello canino. Vennero insieme sia Giovanni che Michele, e quindi Giovanni stesso prese il posto di Michele nelle viscere della povera Jennifer che continuava a subire colpi. Anche l’alano ebbe il suo secondo orgasmo nella dolce bocca di Jennifer così come Giovanni nelle viscere della schiava di Marco. A Jennifer veniva il voltastomaco, ma il dolore che provava la fece desistere dal vomitare. Lei non lo sapeva ancora, ma oggi Amilcare si sarebbe accanito furiosamente su di lei. Voleva spaccare totalmente la sua anima, la sua essenza. Così la fece prendere dai suoi schiavi e portare alla sedia della tortura, dove un bel fallo nuovo aspettava di entrare dentro di lei. La sedia era alta da terra, per cui una volta appoggiata al fallo, la gravità la fece scendere e quello le entrò totalmente dentro. Si sentiva piena e lacerata, con i piedi penzoloni.

Il vecchio sadico arrivò con il suo armamentario, la batteria e i cavi e li collegò bellamente ai suo capezzoli e alle sue grandi labbra. La legò per bene, in modo che non potesse muoversi. E fece partire la prima scarica. Quel calore che seguiva a un dolore acuto era insopportabile, tanto che la ragazza lanciava urli di dolore e il viso si trasformava in una maschera orrida. Il vecchio si divertiva tantissimo a vederla così ridotta. A un certo punto si avvicinò e le sussurrò in un orecchio:

          Se mi preghi di smettere e che per te sono l’unico vero padrone, forse smetto se no continuo

Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo.

          Ti prego basta

          Sai cosa devi dire e fare

Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo. Silenzio. Scossa. Dolore. Urlo. Schiaffo.

Amilcare era furioso. Non riusciva a spezzare quell’animo indomito. Così fece entrare due sue armi segrete. Dingo e un suo amico, anche lui ben fornito. Disse loro di spaccarla.

La presero e la staccarono dalla sedia. L’amico di Dingo era sdraiato per terra con il suo terribile arnese bello diritto. Dingo Fece sedere Jennifer, spinse così entrò tutto l’uccello nel povero orifizio posteriore. Jennifer urlò peri dolore. Si sentiva lacerata, distrutta ma era solo all’inizio. Sentì l’altro animale che spingeva ma non poteva entrare. Non c’era spazio. Ma con un colpo secco e potente lacerò ulteriormente quelle povere pareti e fu anche lui dentro. La stavano spaccando. Mentre la inculavano con potenti colpi, Dingo la teneva per i capelli e le tettone sballonzolavano tutte illividite. Amilcare si avvicinò e non soddisfatto del trattamento, prese la sua frusta e cominciò a frustarla senza pietà. Il viso di Jennifer era una maschera di dolore e lacrime. Alla fine rotta e devastata, disse le parole magiche:

          Ti prego, padrone, smettila, sei tu l’unico padrone vero che ho

Ma non successe nulla. Continuò a ricevere frustate e a essere inculata. Fino a quando i due animali non vennero. E poi non ricordò nulla di quello che successe dopo. Era svenuta per il male.

Si risvegliò a casa di Marco, sdraiata sul letto. Con lui di fianco che la coccolava.

Mentre lei era svenuta, Amilcare aveva detto a Marco una cosa un po’ strana e cioè che era stanco di quegli schiavi e che voleva qualcosa di nuovo. Aveva adocchiato una giovane coppietta di sposini, che avevano meno di trenta anni. Li voleva. Voleva che diventassero gli ultimi, dopo i dipendenti e gli schiavi. Aveva prestato loro dei soldi. Se non glieli avessero restituiti…Marcella e Paolo si chiamavano. Marcella era una donna con due belle tettone, una quinta abbondante, un po’ in carne, ma adatta a essere trattata da vacca, seppure fosse timida e riservata, ma da usare per bene. Lui, Paolo, un ragazzo umile e dimesso, sarebbe stato bello farlo diventare l’eunuco di corte.

Marco pensava alle parole di Amilcare.

 

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