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La trasformazione di Jennifer – Cap.18

By 7 Maggio 2020No Comments

Paolo e Marcella si erano sposati un paio di anni prima, avevano poco meno di trenta anni. Con i soldi raccolti per il loro matrimonio e un po’ di risparmi avevano aperto un locale in zona Isola a Milano. Entrambi erano timidi, un po’ deboli di carattere. Marcella remissiva e timida, in carne, una 48 come misura. Bionda, occhi chiari, un bell’ovale e soprattutto due belle tettone, che lei cercava di non mettere in risalto, ma che i clienti del locale le guardavano con cupidigia. Quando la guardavano con quegli sguardi pieni di libidine tendeva ad abbassare lo sguardo. Il suo compagno si avvedeva sempre ma non riusciva a mettere a posto i maschi e anzi provava dentro di se un piacere che non sapeva spiegarsi. Nel sesso entrambi erano monotoni, anche se forse il carattere di lei non aiutava. I primi tempi il locale andava bene e guadagnavano bene. Ma qualche cliente e fornitore li aveva fregati e cominciarono ad accumulare qualche debituccio qua e là. Divennero sempre di più fino a quando il padrone dei locali, un certo Amilcare, chiese loro un cospicuo aumento del canone, praticamente un raddoppio. Provarono una trattativa ma quello era molto più duro e forte di loro. Dovettero accettare il nuovo canone, ma tra i debiti accumulati e il canone non ci stavano più dentro. Provarono a parlarne ancora con Amilcare, che offrì loro un prestito. I prestiti si accumularono e il debito divenne molto importante. Un giorno Amilcare li chiamò chiedendo un rientro degli interessi dovuti nei sei mesi precedenti. Chiese loro circa 40.000 euro. I due ragazzi gli dissero che non li avevano e se poteva pazientare. Diede loro un mese. Alla fine del mese non erano riusciti a raccogliere nulla. Amilcare fissò loro un incontro in ufficio da lui.

Paolo e Marcella entrarono nello studio di Amilcare, dove erano presenti anche i quattro schiavi, Jennifer, Carla, Michele e Giovanni e su una poltroncina c’era anche Marco. Li fece accomodare su delle belle poltroncine davanti alla sua scrivania. Con il suo gelido sguardo li squadrò, e poi parlò:

          Allora ragazzi, qui avete un bel po’ di soldi da darmi. Il debito è più di centomila euro e gli interessi sarebbero quarantamila

          Ma signor Amilcare, sono un po’ tanti gli interessi – piagnucolò Paolo

          Ma stai zitto, che non capisci nulla. Ora me li dovete pagare.

          Ma non li abbiamo-disse Marcella

          Ok, se non li avete, ho qui un bel foglio in cui mi cedete la vostra attività e nel quale specificate che il vostro debito nei miei confronti è di 200.000 € e che posso rivalermi sui vostri beni e sui beni della vostra famiglia

          No la prego, non possiamo firmare questo foglio – piagnucolò nuovamente Paolo

          Uhm allora potremmo trovare una soluzione diversa

          Ci dica lei signor Amilcare – disse Marcella

          No proponete voi..

          Se vuole possiamo farla entrare in società così prende gli utili – disse Marcella

          No grazie, ho una proposta diversa

          Ci dica

          Voi due lavorate per me, diventate miei

          In che senso?

          Nel senso che ho detto, vi lascio libertà di scelta, qui c’è il contratto coi debiti, qui il contratto in cui voi diventate miei e io vi annullo i debiti, e voi farete tutto quello che vi chiedo, oppure se non pagate…beh ho qualche amico che potrebbe agevolare la vostra scelta, e non è una minaccia bensì una promessa- disse sogghignando sadicamente

Si guardarono negli occhi, e Poi paolo chiese:

          Cosa dovremmo fare per lei?

          Sarete miei schiavi per un anno e potrò farvi ciò che più mi piace

          No io non ci sto – disse Marcella

          Dai Marcella, pensiamoci

          Avete un minuto per pensarci

I due si guardarono, poi Paolo decise che si avrebbero firmato il contratto come schiavi. Dopo la firma Amilcare li guardò e disse loro:

          Voi due sarete gli ultimi dopo i miei dipendenti e i miei schiavi e il vostro nome sarà Cesso e Latrina, avete capito?

I due ricevettero quelle parole come una doccia gelata. Sbiancarono, e dissero in coro:

          Ma signor Amilcare, la preghiamo di non…

          Zitti rifiuti umani, d’ora in avanti vi rivolgerete a me con: si padrone, no padrone e basta ok?

          Si

          Si cosa?

          Si padrone

          Ok

Amilcare si alzò dalla poltrona e notarono che era vestito solo nella parte superiore. Andò dietro di loro e li interrogò:

          Allora Cesso, hai mai fatto un pompino a un altro uomo?

          No mmmmai

          Ti hanno mai inculato?

          Nnnno mm..mmm..aaa..aa.i

          Bene, passiamo a Latrina: hai mai fatto un pompino con ingoio?

          No mai padrone, non mi piace

          Ti piacerà…ti hanno mai inculato?

          No mai padrone

          Bene adesso alzatevi in piedi e spogliatevi e fatemi vedere cosa ho comprato

Si spogliarono e restarono in mutande.

          Ho detto NUDI!!! Cazzo siete veramente stupidi!

Tolsero anche il resto arrossendo. Paolo era mingherlino e ipodotoato, con le spalle strette. Lei era giunonica, con queste tettone immense, una quinta abbondante, un po’ sovrappeso, con quelle belle gambotte su un metro e settanta. Bionda e non depilata. Orrore per Amilcare. Li guardò schifato.

          Ho preso due schifezze, beh certo Latrina e Cesso…Michele, Giovanni prendete Latrina, mettetela sulla sedia ginecologica e voi due Jennifer e Carla depilatela

Latrina arrossì. Fu accompagnata dai due in una nuova stanza e la fecero accomodare sulla sedia ginecologica a gambe spalancate. Arrivarono le due schiave insieme ad Amilcare e Paolo, che era di fianco al padrone a 4 zampe. Guardò la sua nuova proprietà, si avvicinò e con sapienza la legò per bene alla poltrona e ordinò alle schiave di depilarla. Queste presero la ceretta e applicarono i cerotti alla parte. Amilcare si avvicinò e senza riguardò strappò. Marcella lanciò un urlo di dolore, si divincolò ma era legata per bene. Non tutti i peli erano venuti via così fecero un’altra procedura e un altro urlo. Il sadico padrone si avvicinò all’orecchio di Marcella e le disse che quello era solo l’inizio, e mentre lo diceva prese un capezzolo e lo strinse e rigirò facendole lanciare un altro urlo di dolore. Paolo osservava la scena attonito, non riusciva a muovere un muscolo, ma il suo nuovo padrone notò che il Cesso si era eccitato. Allora ordinò ai suoi schiavi di prenderlo, e portarlo alla gogna. Lo misero nella gogna e ricevettero l’ordine fatale: Michele doveva entrare dalla porta di dietro, mentre Giovanni doveva ricevere un bel pompino. Poi dovevano darsi il cambio. Nel frattempo lui si sarebbe divertito con Latrina.  Giovanni estrasse il suo membro davanti alla faccia del povero paolo, che aprì la bocca e cominciò a succhiare. Michele fu dietro di lui e con una poderosa spinta entrò, facendo urlare il povero Cesso con la bocca piena. Paolo si sentiva soffocare e il dolore e il bruciore erano terribili, così come i colpi dei due maschi. Con la coda dell’occhio vide sua moglie sulla poltrona, con Amilcare di fianco che con un frustino, quello con l’anima di metallo, si divertiva a colpire i seni della sua adorata. Lei urlava dal male e più urlava più i colpi scendevano duramente. Poi Amilcare si accanì sul sesso della moglie, colpendolo con una specie di paletta. Paolo sentì che Michele stava riempiendolo con il suo caldo seme e finalmente uscì. Mentre sospirava sentì pulsare il membro di Giovanni che inondò la sua gola del suo seme. Tentò di ingoiare, ma ebbe un conato e uscì tutto. Amilcare se ne accorse, corse da lui e gli disse che se fosse successo un’altra volta lo avrebbe punito severamente. I due schiavi si dettero il cambio e tornarono a pompare il povero Paolo. Intanto Amilcare rabbioso si accanì sulla povera Marcella, usando tutti i suoi peggiori attrezzi. Ora era passato alle scariche elettriche. Dopo ogni scarica la colpiva ripetutamente con le sue variegate fruste. La ragazza non riusciva più neanche a urlare. Piangeva sia dal dolore, sia nel vedere il marito sodomizzato e usato come una vacca da monta. Vide che i due lo riempirono di nuovo nella gola e nelle viscere e lo vide mandare giù tutto. Vide entrare dalla porta un omone, e sentì il suo padrone sadico chiamarlo Dingo. Gli fu ordinato di continuare a trapanare il posteriore di Cesso. Così fece e quando entrò il povero Paolo si sentì completamente sfondato. Aveva così male e le lacrime sgorgavano così copiose che non vedeva neanche bene. Vide però i due schiavi prendere la sua dolce metà e metterglielo uno in bocca e l’altro con sforzo ma riuscito nel posteriore. Sentì una sorta di eccitazione pervaderlo e lo sentì indurirsi. Vedeva la moglie sbattuta, urlante e dolorante, presa a frustate da Amilcare e si eccitò. Si sentiva ripieno con quella trave conficcata dentro di se, impalato ma con un piacere bestiale che lo pervadeva. Dingo spingeva e spaccava, ma Paolo vedeva solo la moglie sbattuta. Voleva essere lì con loro, farle le stesse cose. Amilcare notò l’eccitazione di Paolo e si avvicinò a lui. Era piegato a novanta gradi, impalato da Dingo ma con l’arnese duro. Prese un frustino e con sapienza gli colpì i testicoli che sballonzolavano per i colpi di Dingo. Paolo lanciò un urlo di dolore. Dingo in quel momento si scaricò dentro di lui. Lo liberarono e finalmente entrarono in gioco le schiave. Dovevano farlo urlare con dei bei calcioni sui testicoli. Aveva messo le scarpe con la punta metallica. Ora erano a loro a vendicarsi su un uomo. Ogni colpo era un urlo.

Nel frattempo Michele e Giovanni si svuotarono dentro Marcella, che passò nelle mani sapienti di Dingo che la trapanò con piacere. I due schiavi invece si dilettarono uno nella sua fica e l’altro nella bocca. La poveretta aveva un viso stravolto dal dolore e dalla preoccupazione per i calci che riceveva il suo Paolo. Si sentiva rotta completamente, non sentiva neanche più il dolore. Ma finalmente anche quella tortura finì. Anche i calci al povero Paolo finirono.

          Sapete perché vi chiamiamo Cesso e Latrina? Adesso lo scoprirete. Mettetevi in ginocchio e aprite la bocca.

Così fecero per paura di ulteriori ritorsioni, pur avendo timore di quel che sarebbe successo di li a poco.

Amilcare notò però che Paolo, in ginocchio, sembrava eccitato. Forse lo era proprio, nel vedere la propria compagna usata, abusata, spaccata da sconosciuti. Si vedeva una erezione chiara. Anche Marcella notò il marito e il suo uccello bello diritto. Si stupì e inorridì da quella scena. Amilcare allora chiamò i due schiavi e ordinò loro di farsi fare un bel pompino da Cesso, che nel frattempo avrebbe dovuto segarsi. Mentre Amilcare avrebbe usato la bocca di Latrina per divertirsi.

Marco intanto osservava dalla sua poltrona tutta quella scena, vedeva i due sposini scendere nella perdizione e nella sottomissione. Il marito diventare un cuckold totalmente passivo, un eunuco di corte.

Amilcare intanto aveva inserito fino alla radice il proprio membro nella bocca di Marcella, divertendosi a vedera soffocare, mentre Paolo si dava da fare con i due schiavi e con la sua bocca e intanto con mano sapiente si masturbava eccitatissimo. Infatti dopo poco venne e con lui i due schiavi che gli inondarono la faccia e la bocca. Dopo poco anche Amilcare con un grido di piacere venne in bocca a Marcella che dovette ingoiare un’altra volta quello che non aveva mai ingoiato. Ma di lì a poco avrebbe dovuto ingoiare altro…

Amilcare si avvicinò, tirò fuori l’uccello e disse:

          Adesso piscio in bocca a Latrina, che non deve perdere neanche una goccia e farsi riempire la bocca, quando avrò finito le darò una frustata e dovrà ingoiare. Hai capito Latrina? Poi toccherà a Cesso con gli altri maschi e femmine. Avete compreso?

          Si padrone- piagnucolarono.

Poi prese la pressa per le tette, e la mise al seno di Latrina. Mentre Cesso ebbe la sua pressa ai testicoli che erano turgidi per la pressione. Il vecchio sadico si divertiva a pungolarli con la scarpa, facendo piangere il povero Paolo.

Amilcare, soddisfatto di come aveva combinato i due sposini, cominciò a pisciare in bocca a Marcella che provava schifo ma resistette. Le cadde l’occhio sul marito e lo vide eccitarsi nuovamente malgrado la pressa e inorridì. Aveva la bocca piena di piscio e finalmente Amilcare le diede la frustata e ingoiò tutto. Era ancora sbalordita nel vedere l’eccitazione del marito. Ognuno pisciò in bocca a Latrina e Cesso.

Amilcare disse:

          Adesso tocca a tutti i dipendenti usarvi come meglio vogliono. Voi vivrete qui e a casa mia. Per un anno questa sarà la vostra vita.

 

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