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Racconti di DominazioneRacconti sull'Autoerotismo

La trasformazione di Jennifer – Cap.4

By 12 Aprile 2020No Comments

Quella sera Jennifer si ritrovò sola a pensare. A pensare a come aveva fatto a cadere così in basso. Nessun uomo l’aveva mai trattata in quel modo, anzi. Eppure quello sguardo sadico, quella forza mentale e fisica di Marco l’aveva soggiogata non solo fisicamente ma soprattutto mentalmente. Non riusciva a non pensarci. Non riusciva a non pensare a lui. Sentiva un brivido scorrerle lungo la schiena tutte le volte che pensava al suo sguardo gelido. Perché? Non lo sapeva. Gli altri uomini che aveva avuto erano suoi giocattoli. Ora era lei il giocattolo di quel depravato maniaco che la teneva sulla corda. Aveva paura di lui. Lo odiava si. Ma non sapeva come liberarsene. E poi la teneva legata con le foto e i video che aveva. Se li avesse fatti girare sarebbe stata sputtanata per sempre. Sarebbe diventata la troia del web. No questo no. E poi in fondo, pensava tra se, quel membro era uno spettacolo, e poi come lo usava bene, certo senza grazia e dolcezza, solo con rudezza e cattiveria…ma cavolo era proprio bello. E mente ci pensava cominciò a masturbarsi. Con delicatezza fece scivolare le sue dita e dopo essersele umettate si sfiorò fino a godere, e mentre il suo orgasmo la riempiva aveva una sola cosa in mente: il membro di Marco.

Marco invece pensava a come usare al meglio la sua nuova schiava. Aveva delle idee non solo per renderla ancora più succube, ma anche per guadagnarci. Ma questo a tempo debito. Intanto cosa farle fare domani in ufficio? Beh intanto farla arrivare vestita da troia sarebbe servito allo scopo. L’avrebbe umiliata davanti a tutti…e poi? Beh poi c’era quel giocattolo che aveva comprato su internet. Si mise a modificarlo un po’ e trovò il modo di farlo funzionare attraverso il telecomando del suo cellulare. Bene bene con questo la cagna sarebbe stata completamente sottomessa.

Marco si svegliò alle 6, e mando un messaggio a Jennifer: arriva in ufficio per le 8,45 e vieni subito nella mia stanza. Alle 6,10 arrivò la risposta: si padrone.

Alle 8,40 Marco era in ufficio. Era arrivato in motorino, c’era poco traffico quel giorno. Meno male.

Jennifer invece con la minigonna e la camicetta bianca senza biancheria intima si sentiva nuda. In metropolitana tutti la guardavano. Le guardavano il suo bel seno florido. Un ragazzo, forse di vent’anni, si mise dietro di lei e nella calca lo sentì che si appoggiava per bene, e sentì che dentro i pantaloni si stava gonfiando. Schifata si spostò. Finalmente arrivò la sua uscita. Corse verso l’ufficio. Entrò nel portone, salì al terzo piano e andò subito nella stanza di Marco. Entrò puntuale alle 8,45.

Marco la squadrò per bene. Osservò ogni millimetro di pelle, i vestiti, le scarpe. Girò intorno a lei e poi da dietro appoggiò una sua manona all’interno della coscia. E con delicatezza, sfiorandola salì fino a alle grandi labbra. Jennifer al tocco sentì crescere dentro di lei la voglia e si bagnò. Marco la sentì bagnarsi e le disse: sei proprio una baldracca che si bagna con niente. Jennifer non rispose.

Marco le disse:

          Bene, ora ti inserirò un mio giocattolo – e glielo fece vedere – è un vibratore che dovrai tenere dentro tutto il giorno. Con questo telecomando mi divertirò ad accenderlo. Il rumore è basso, e con i rumori dell’aria condizionata non si sentirà neanche…forse

E scoppiò a ridere. Poi con velocità le inserì il vibratore. Lo accese e Jennifer non capì più nulla. Poi lo spense e le disse di uscire perché aveva da lavorare.

Jennifer uscì e andò nel suo ufficio, salutò Carla la sua amica al front office, e poi si sedette alla scrivania. Accese il pc e cominciò a sbrigare le solite pratiche a rispondere a email. Dopo una mezz’ora bussò ed entrò Giovanni, un collega e le chiese se voleva bere un caffè. Lei rispose di no che doveva finire alcune pratiche. Quando Giovanni uscì sentì partire il vibratore. Guardava il pc ma non capiva nulla. Era eccitata da morire, sentiva i propri liquidi scendere sulle gambe. Era eccitata da morire e voleva venire in fretta. Ma si interruppe lasciandole la voglia lì ma non soddisfatta. Continuò a lavorare, e per un’ora e mezza non successe nulla. Il vibratore non partì e lei quasi sene dimenticò. Le squillò l’interno. Era Amilcare, il capo. Piccola riunione nel suo ufficio. Subito, dovevano decidere alcune strategie con alcuni clienti importanti. Quando lei entrò nella stanza, si girarono tutti. Era bellissima e eccitantissima. Quel vedo e non vedo che faceva morire gli uomini. Si sentì nuovamente come una volta. Una leonessa che possedeva gli uomini. Appena si sedette, sentì partire il vibratore. No non ora. Ma l’eccitazione crebbe. Teneva chiuse e serrate le gambe ma nulla. Venne il suo turno e balbettò e biascicò qualcosa, senza molto senso. Amilcare la guardava severamente. Stava per esplodere, voleva urlare il proprio piacere. Ma si spense. Lasciandola lì con quella voglia insoddisfatta. Cercò di riprendere il filo del discorso. Ma la riunione era finita. Tornò in ufficio.

In pausa pranzo nulla. Mangiò con Carla e Giovanni. Marco la osservava da lontano. Lei lo vedeva, lui sogghignava.

Nel pomeriggio fu richiamata in ufficio da Amilcare, che la riprese per la riunione, ma mentre veniva riprese ripartì il vibratore, smettendo dopo 5 minuti. Era esausta. Non ce la faceva più, quel trattamento la devastava mentalmente e fisicamente. Tornò in ufficio e tirò fino alle 18, ma 5 minuti prima di uscire le arrivò il messaggio di marco: passa in ufficio da me.

Arrivò nello studio, entrò e partì il vibratore. Marco le intimò con la voce gelida: in posizione, e lei si mise carponi. Lui le chiese di alzare la gonna. Lei eseguì mentre i suoi umori uscivano. A quel punto Marco tirò fuori la verga di metallo ricoperta. La guardò e si abbassò: ora ti darò 10 frustate sul culo con questa, però prima ti devo mettere questo. E le mise del nastro adesivo sulla bocca e le legò le mani dietro la schiena ei piedi. Il vibratore continuava.

Marco partì con il primo colpo. Arrivò forte e letale, una striatura rossa si formò e si gonfiò. Lei tentò di urlare, ma il nastro fece il suo lavoro. Il bruciore era insopportabile…ma il sibilo partì e il secondo colpo la colpì, poi il terzo, il quarto fino al decimo. Finiti i colpi il culo era in fiamme, lei si sentì disfatta, il vibratore funzionava ma non sentiva nulla. Marco scese la prese per i capelli, strappò il nastro adesivo dalla bocca e dalle braccia e le disse: vattene a casa. E le tolse il vibratore.

Lei si alzò e barcollò verso la porta. Uscì e incontrò Carla. Che le disse: cha faccia disfatta che hai. Lei rispose che la giornata era stata pesante. Tornò a casa, ma non riusciva neanche a sedersi. Aveva il culo e la sua fessura in fiamme. Il primo per le frustate, la seconda per l’uso e l’abuso ricevuto senza aver potuto mai godere. Si passò una crema sul culo in fiamme per cercare di lenire il dolore. Le squillò il telefono, era il fidanzato. Si vienimi a trovare. Non vedeva l’ora di vederlo, per sentire dolcezza, coccole e calore umano. Arrivò e lei lo portò in camera, lo scopò selvaggiamente standogli sopra, ma nulla non venne e non ebbe orgasmi, mentre lui dopo poco la riempì. Svuotata e annoiata gli chiese di andarsene.

I giorni seguenti furono simili. Stesso vibratore a tempo, stesse frustate a fine giornata fino al venerdì. Venerdì sera dopo le frustate, Marco le disse: adesso vieni casa mia. Lei non sapeva se gioire o averne paura.

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