Skip to main content
Racconti di Dominazione

Lettera a Giovanna (2)

By 6 Gennaio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

“Lettera a Giovanna” doveva essere un racconto concluso, ma molti lettori mi hanno… istigato a proseguirlo, anche con utili suggerimenti.
Così, ho deciso per una seconda lettera, che scrivendo &egrave lievitata come il pane e, perciò, ho deciso di dividerla in più parti…
Buona lettura e, come sempre, commenti e suggerimenti sono graditissimi a zorrogattoge@email.it

Carissima Giovanna.
Ti ringrazio di cuore la tua bellissima lettera di risposta: mi &egrave stata di grande conforto ed incoraggiamento, davvero!
Sono felice di poter contare, ancora e sempre, sulla tua splendida amicizia e sui tuoi sensati consigli; li ho seguiti (anche se con un po’ di titubanza, lo ammetto!) e nonostante tutti gli avvenimenti che sono accaduti, sono riuscita ad uscirne… quasi viva, nonostante tutto il castello di certezze, tutte quelle cose che facevano di me una moglie innamorata, una madre felice ed una lavoratrice soddisfatta siano state travolte e stracciate e disperse per sempre.
Francamente, non osavo sperare che tu mi avresti incoraggiata a continuare questo, come lo chiami tu, ‘viaggio all’interno di te stessa, per trovare quella parte di te che ti &egrave balenata per un attimo davanti, per capire se &egrave solo l’attrazione dovuta alla curiosità di aver trovato una situazione totalmente inaspettata, o se invece puoi sfruttare questo spiraglio apertosi sullo sfondo della tua ‘normalità’, per andare finalmente a ricercare la VERA Marina’ (come vedi, ho riportato il passo più importante della tua lunga lettera!)
Mi dà molto conforto sapere che tu, amica mia, abbia saputo scrivermi parole così dolci ed affettuose e, sopratutto, mi abbia aiutato a capire il mio VERO essere.
E’ anche per tutto ciò che hai dovuto aspettare questa lettera per un tempo così lungo…
In effetti, prima la mia sessualità era figlia della consuetudine, del perbenismo, dell’indottrinamento culturale (come lo hai chiamato tu) che, in quanto donna, ho subito da quando sono nata.
Ovviamente, ora che l’ho raggiunta, mi &egrave costato fatica celare questa mia nuova consapevolezza agli occhi del mondo, di Bruno, di Giulia (almeno ai primi tempi… poi ti racconterò!)
La cosa che mi ha stupito, comunque, &egrave che qualcuno probabilmente sapeva, nello studio, qualcosa che io non immaginavo neppure: che lì ad una decina di giorni, lo studio avrebbe aperto un nuovo ufficio in un’altra parte della città, dividendo il personale tra le due allocazioni..
In effetti, i locali nuovi sono molto più belli, ampi, spaziosi, illuminati.
E’ stato deciso di dividere in due lo studio perché ti ho parlato ormai un sacco di Ponte e tu ormai sai quanto lui sia come una patella, che si attacca ai posti; avendo cominciato nell’ufficio ‘vecchio’ vuole restare lì, con la signora Paola come segretaria, Stefano come assistente, e poi Giulio, Margherita e Antonia, che avrebbero anche fatto da chiocce a tre neolaureati che venivano ‘a bottega’.
Nei nuovi locali, invece, andavamo io, Salvatore, Alessio, Marco, Paolo e Brunella, la fotografa, in attesa che qualche neoarchitetto ci venisse assegnato, una volta ‘svezzato’ da Ponte.
Ti ho detto già che Brunella &egrave, nello studio, la persona che si occupa di fare le foto che servono per lavoro, sopratutto, ed anche alle volte foto -diremo così- conviviali, di gruppo.
Avremmo utilizzato internet per tenere collegati i due uffici, abbastanza distanti, in verità.
La notizia, lo ammetto, mi ha turbata: da una parte la soddisfazione di andare nei nuovi ampi e moderni uffici, ma dall’altra riflettevo che sarei stata in balia dei miei abusatori: a parte Brunella, infatti, tutti gli altri erano… quelli del dopo-festa.
Brunella &egrave una donna di una trentina d’anni, un tipo maschiato: magra, quasi niente seno, capello tagliato cortissimo, cronografo da uomo, niente trucco, smalto o gioielli, portata spesso ad usare corrosivo sarcasmo nei confronti di chiunque, nelle sue -non rarissime- giornate storte. Però, nelle giornate ‘buone’, &egrave una persona abbastanza gradevole, anche se non concede troppo confidenza e sopratutto &egrave molto brava nelle riprese fotografiche e, adesso che la fotografia digitale l’ha affrancata dal lavoro in camera oscura, anche nell’elaborazione delle immagini col computer.
Comunque, di lei, ho sempre pensato che abbia problemi con gli uomini… ed anche con il resto dell’umanità, ho idea.
L’architetto ha scelto Salvatore come responsabile dell’ufficio distaccato e quindi lui adesso &egrave il mio boss.
Puoi immaginare, dopo quanto ti ho raccontato, quale poteva essere il mio turbamento.
Ho, ovviamente!, raccontato a Bruno ed a Giorgia del nuovo ufficio e poi anche loro sono stati (con mio autentico terrore!) invitati da Ponte alla bicchierata d’inaugurazione, ma tutto &egrave andato liscio: nessuno ha detto o fatto cose ‘strane’, che avrebbero potuto sputtanarmi con loro… Anzi, tutti si sono prodigati nel lodare le mie capacità ed inoltre ci hanno fatto un sacco di complimenti, a me ed a Bruno, per quanto fosse bella ed ammodo Giorgia. Nonostante il mio -comprensibile!- terrore, &egrave andato tutto liscio ed ho, anzi, vissuto un pomeriggio di grandi soddisfazioni.
Sono stata presentata ad una pletora di mogli, mariti, fidanzate, fidanzati, conviventi, figli di ogni sesso ed età, ma ero troppo tesa per potermi interessarmi troppo a loro, come ben comprenderai.
Però, sono stati tutti irreprensibili, quel pomeriggio.
Il giorno dopo, invece, appena arrivata Salvatore mi ha chiamata nel suo cubicolo e mi ha sgridata perch&egrave indossavo un paio di jeans (visto che gli operai stavano finendo i lavori di allestimento dello studio, pensavo che non avrebbe fatto nulla, se li avesi indossati!) e poi, subito dopo, mi ha dato le… regole-della-casa: proibito, per me, indossare pantaloni, collant e mutandine di qualsiasi foggia e tipo. Avrei dovuto essere sempre disponibile per chiunque, lì dell’ufficio, per qualunque -ha rimarcato il ‘qualunque’!- richiesta. Se non avessi seguito queste regole, la pena sarebbe stata il mio totale sputtanamento non solo con Bruno e Giorgia (gli avrebbero fatto avere le foto che mi hanno scattato, a mia insaputa, in quella famosa occasione!!), ma poi avrebbero anche distribuito stampe delle foto nei negozi del mio circondario!!!!
Ero in trappola!!! Il mio matrimonio, la serenità di mia figlia, ed anche la mia rispettabilità erano in grave pericolo!
Non potevo far altro che accettare… con comprensibile turbamento… Beh, non lo nascondo: anche con una certa inaspettata dose di eccitazione.
In quei giorni, poi, stavano succedendo un sacco di cose: Bruno &egrave stato nominato ispettore, per cui ha cominciato a viaggiare per visitare i vari uffici in Italia e all’estero; Giorgia, invece, l’ho incontrata in centro col nuovo ragazzo: un bel giovane educato, Alberto, ma un po’ troppo grande, a mio avviso, per i suoi diciotto anni appena compiuti.
Difatti a casa, glie l’ho fatto notare che ventisei anni sono troppi, ma lei mi ha detto che &egrave bravo, buono, dolce, paziente…
Mi sono arresa con un sorriso indulgente: tanto so che Giorgia fa l’amore già da più di un anno ed Alberto, poi, mi &egrave sembrato davvero un giovane a posto, non un assatanato…
Ho pensato che non so come la loro storia finirà, ma comunque forse a lei non farà male uscire con un giovane uomo, invece che col solito bamboccio erotomane…
Le ho solo raccomandato di prendere sempre la pillola: so io cosa vuol dire diventare madre a ventun anni!!
Comunque, tornando alle mie vicende -diciamo così- lavorative, il giorno dopo ho avuto un momento di imbarazzo, mentre mi vestivo; avevo messo una mini di jeans, ma poi avevo ricordato il divieto di indossare intimo e collant.
Così, con le lacrime agli occhi per la vergogna, avevo rabbiosamente tolto gli slip e poi, piccola consolazione!, avevo indossato una gonna plissettata, lunga fino al ginocchio, con un paio di autoreggenti velate.
Uscii di casa, vergognandomi per la mia intima nudità, però… però la mia mente era un vulcano di idee, di pensieri, di sensazioni.
Pochi passi lontano dal portone, ho cominciato a sentire come un’inconsueta carezza dell’aria che mi sfiorava la micina.
Salita sul bus, mi sono seduta, sempre riflettendo su queste strane, sconosciute sensazioni e, forse per continuare a sentire questa mai provata sensazione, devo aver schiuso un pochino le gambe, sempre tranquillamente -per me- celate dalla gonna.
La sensazione di essere osservata, mi ha fatto alzare lo sguardo, fino ad incrociare quello di un uomo, di una certa età e abbastanza sciatto all’aspetto, che alternava i suoi sguardi tra il mio viso ed il mio pube, come se riuscisse, attraverso il tessuto fitto della gonna, a godere della mia nudità.
Mi sono sentita avvampare il viso ed ho, d’istinto, accostato le ginocchia, però… però me la sono sentita inumidire, inaspettatamente eccitata dallo sguardo lascivo dell’uomo.
Per raggiungere il nuovo ufficio, ora devo scendere dopo alcune fermate e prendere la metro, che mi fa arrivare a poche decine di metri dal portone; perciò, dopo un paio di fermate mi sono alzata ed ho prenotato la fermata, sentendomi sempre avvolta dallo sguardo dell’uomo.
Una volta scesa, mi sono diretta alla scala della stazione della metro, percependo la fastidiosa sensazione umidiccia della topina eccitata e con gli umori non assorbiti dall’intimo.
Mentre esploravo con la mente queste sconosciute sensazioni, mi sono trovata a passare su una grata, da cui usciva un getto di aria calda che, nel suo piccolo, mi ha mosso la gonna, gonfiandomela -ma solo un pochino!- come in quella famosa scena con Marilyn Monroe.
Ero sovrappensiero e quindi ho avuto un moto di… sorpresa, paura, tanto che ho inspirato di colpo anche dal naso… Oddio… Ho nitidamente percepito l’odore della mia eccitazione! E stavo per scendere nella metro, coi vagoni affollatissimi, a quell’ora!!! Che vergogna!!! Però, quella stronza la sotto si &egrave inumidita ancora di più.
Avrei voluto tornare a casa, rinfrescarmi, mettermi di paio di slip, prender fiato qualche minuto… ma un’occhiata all’orologio mi ha fatto capire che, invece, dovevo anche sbrigarmi per non arrivare tardi.
Stupefacentemente, anche questo… essere obbligata ad affrontare la calca della metro in quelle condizioni, aumentava ancora la mia eccitazione.
Il binario era affollato e nel pigia-pigia appena prima che arrivasse il convoglio, notai una giovane donna, accanto a me, che sembrava annusare l’aria; i nostri sguardi si incrociarono e la vidi fare un rapido, quasi impercettibile occhiolino e contemporaneamente far balenare il lampo di un sorrisetto complice. Oddio!
Disorientata, ho fatto mezzo passo indietro, andando ad urtare un tizio dietro a me, perciò mi sono girata, imbarazzatissima, a scusarmi; dalla spiacevole situazione, sono stata salvata dall’arrivo del convoglio, col parapiglia di persone che scendono e salgono.
Sono stata risucchiata all’interno del vagone dalla marea di gente in attesa e, frastornata, mi sono trovata in una zona della piattaforma d’ingresso relativamente tranquilla, anche se sentivo contro di me le borse, i pacchi, i gomiti ed i fianchi degli altri lì attorno.
Con una specie di sospiro pneumatico, le porte si sono richiuse e la metro &egrave ripartita con una piccola scossa e poi si &egrave precipitata nella galleria successiva, inclinandosi in curva.
Ho sentito un qualcosa sfiorarmi per un istante una natica, come se qualcuno alle mie spalle avesse cambiato posizione e muovendosi mi avesse involontariamente sfiorata; sai meglio di me che sui mezzi pubblici, contatti del genere sono all’ordine del giorno…
Però, dopo pochi secondi, ho risentito lo stesso strusciamento nello stesso punto, con la differenza che stavolta sentivo ciò che mi toccava fermarsio un attimo ed ha fatto un lieve piccolo movimento circolare: qualcuno mi stava deliberatamente palpando!
Non sapevo che fare: sul davanti, incastrata tra le cosce, avevo la cartella di un tipo con l’aria da avvocato che leggeva assorto il giornale, tenuto piegato con una mano (e l’involontario strofinio dell’angolo, lo ammetto, mi… turbava); accanto due altre persone immerse nei loro pensieri e dietro… dietro quella mano indiscreta, che mi palpeggiava ormai con fare da padrone.
Però, la cosa che mi stupiva di più era che, dopo il primo impulso di sfuggire al tocco dello sconosciuto, non riuscivo a trovare abbastanza forza per sfuggire a quella lasciva carezza e anzi spingevo le natiche un po’ all’indietro, contro la mano che adesso mi palpugnava con sicurezza ed arroganza, come se gli appartenessi; la micina mi bolliva, la sentivo rovente, umida, avevo perfino la sensazione che qualche goccia della mia eccitazione colasse lungo le cosce.
Alla fermata successiva la persona dietro me -chiunque fosse!- &egrave sparita e dopo pochi istanti ho avvertito contro la parte alta della schiena, quasi alle spalle, una duplice, morbida, costante pressione: una veloce occhiata mi ha informata della presenza di una ragazza alta, con un grande, prepotente seno.
Arrivata alla mia stazione, sono scesa, ancora turbata, ed ho subito avvertito la non piacevole sensazione di essere impiastricciata, là sotto, ma non potevo farci nulla, salvo lo sperare che quella -mai prima provata!- circolazione d’aria asciugasse la parte.
Passando davanti ad una vetrina spenta, sono rimasta colpita dal riflesso della mia camminata: anziché il solito passo veloce ed… essenziale, un passo più dolce, morbido, più… ancheggiante, come se l’essere senza intimo mi portasse ad accentuare la mia femminilità, la mia sensualità.
Mi vergogno ad ammetterlo, ma anche quella nuova consapevolezza mi ha fatto provare un brivido di eccitazione…

— segue — … anzi, ti devo confessare una cosa molto imbarazzante: passando su un’altra grata, sono stata investita da sotto dal soffio caldo dello scarico di un condizionatore (tu sai che in quella zona sono tutti palazzi per uffici, con i condizionatori centralizzati…); beh, ero… turbata… eccitata -ecco!- ed avevo il bottoncino che spuntava dalla piegoline… il soffio d’aria mi ha dato una incredibile sensazione… non so, come… come una lievissima carezza: mi sono sentita morire!!! Mi sono fermata su quella grata ed ho sentito il piacere montare dentro di me… ho avuto paura, paura che qualcuno capisse, paura di arrivare così -immobile su una grata per strada, accarezzata da quel soffio caldo!- al piacere, ad un orgasmo che sentivo arrivare con la rapidità e la violenza di un treno espresso…
Mi sono fatta forza e, a fatica, ho proseguito, ma coi battiti a mille!
Ma non potevo arrivare in ufficio così! Sono entrata in un bar e, sentendomi gli occhi di tutti addosso, ho chiesto di andare in bagno dove, appena sfiorata, ho raggiunto in un attimo l’apice e mi sono calmata…
Dopo questa piccola sosta, sono finalmente arrivata in ufficio.
La prima persona che ho incontrato, &egrave stata Paolo, che mi ha accolto con un ‘Ciao, troia’ appena sussurrato e un sorrisetto laido.
La cosa mi ha ferito ma… mi ha anche messo in subbuglio la micina; lui dev’essersene accorto, perché mi ha guardato con un’occhiata strana e poi mi ha ordinato di fargli controllare se ‘…la tenuta da lavoro fosse quella prescritta’.
L’ho guardato con occhi sgranati, non ben certa di aver compreso e terrorizzata per le implicazioni che, a poco a poco, affioravano alla mia mente.
Lui si spazientì della mia esitazione: ‘Fammi vedere se hai obbedito! Alza su bene la gonna, pezzo di troia!’
Mi sentii travolta dalla secchezza dell’ordine ed eseguii rapidamente, come ipnotizzata, afferrando l’orlo della gonna e alzandolo, raccogliendo poi il tessuto nelle due mani e ruotando su di me, come un imperioso gesto dell’uomo mi ordinava di fare.
Come, girando, gli davo le spalle, ho visto venire -con orrore!- verso di noi Brunella, che però ha appena degnato me e lo spettacolo che offrivo di un’occhiata annoiata e, senza neanche rallentare, passandomi accanto ha mormorato un commento come ‘Bel culo!’ o qualcosa del genere.
Mi dovevo aspettare che anche lei sapesse, o che comunque non avrebbe tardato a sapere, ma tant’&egrave l’umiliazione, come capirai, &egrave stata forte lo stesso, tanto da arrossire visibilmente.
Paolo ha riso, vedendomi arrossire e poi mi ha mandata a fare il mio (normale, eh!) lavoro.
Quella giornata -e le successive- sono poi scivolate via in modo abbastanza normale, a parte qualche palpata che ho ricevuto ed un paio di pompini (mi hai autorizzata tu ad essere esplicita, ricordi?) che ho dovuto fare; spesso solo io ed il… fortunato, a volte osservati con neutro disinteresse da Brunella.
Il venerdì della terza settimana dopo il trasferimento, erano le quattro del pomeriggio, Salvatore si &egrave affacciato nel mio cubicolo: ‘Dai, troia; pianta lì e vieni con me: andiamo a far spese’
Lo guardai, interdetta: ‘Visto che abbiamo consegnato il tempo il lavoro -mi spiegò- stasera andiamo a far festa in locale, tutti insieme!
Però, hai indubbiamente bisogno di comprarti qualcosa di adatto’
Protestai, ma lui controbatté: ‘Non rompermi i coglioni: tuo marito &egrave via per lavoro e tua figlia hai detto che andava via stasera per il weekend’
Erano informatissimi!
Così siamo usciti dallo studio e siamo andati nella zona dove &egrave pieno di negozi cinesi.
In breve, con molto imbarazzo, ti posso dire che mi ha fatto comprare uno striminzito abitino elasticizzato, di paillettes fucsia, senza maniche e con il colletto allacciato dietro, ma con un’ampia scollatura ovale sotto la gola.
Quando provai ad indossarlo, vidi che era decisamente piccolo, per la mia taglia: troppo corto, appena sotto il pube!, mi aderiva ai fianchi stringendoli e, tirandomi sui seni, lo scollo si allargava ed il suo bordo arrivava a malapena a celarmi le aureole.
Ma lui pretese che lo acquistassi anche se, bontà sua!, non mi costrinse ad indossarlo per rientrare in ufficio… Anche se, ad essere sincera fino in fondo, la sua rapida capitolazione mi diede meno soddisfazione di quanto potessi pensare…
Alla solita ora, lasciai l’ufficio. Presi la metro e sentii furtivi -ma accidentali!- sfioramenti al mio culetto: non so cosa sperassi che accadesse, ma comunque non accadde nulla.
Come emersi in superficie, arrivò un sms di Giulia, che mi salutava, in quanto era arrivato il suo ragazzo ed erano già partiti…
L’idea di arrivare nella casa vuota mi intristiva: vidi l’insegna di un self service e optai di cenare lì, prima di tornare a casa a prepararmi, in attesa che i colleghi passassero a prendermi.
Così mi misi in coda ed il tipo dietro a me continuava a strusciarsi ‘accidentalmente’ ed a chiedermi scusa con un sorriso…
Inutile dirti che la micina era in ebollizione…
Col vassoio in mano, poi, cercai un tavolo libero, ma lo trovai solo in un angolino; mi sedetti e tempo di impugnare le posate, il tipo che avevo dietro in coda, mi chiese se l’altro posto era libero, con un sorriso.
‘Sa, &egrave tutto pieno…’ aggiunse, mentre stava in piedi al mio fianco, sbirciando -me ne accorsi!- tra le mie cosce, coperte solo per poco dalla gonna.
Spostai la sedia il più possibile a ridosso del tavolo e lo invitai a sedersi; lui si accomodò e poi cominciò a guardarmi, con uno sguardo calmo, caldo ed un’ombra di sorriso.
Era un uomo sulla cinquantina forse, intrigante, ma capì dalla mia gestualità che non avevo voglia di conversare.
Stavo appena cominciando il secondo quando sentii il suo ginocchio insinuarsi tra i miei, quasi con prepotenza: mi bloccai con le posate a mezz’aria e lui mi sorrise, mise la mano sotto il tavolo e… sentii che mi accarezzava un ginocchio e poi, restando io immobile, risaliva alla coscia.
Ero pietrificata!
Si abbassò verso di me: ‘spingi il culetto più avanti…’, mi mormorò.
Soggiogata, eseguii meccanicamente e sentii la sua calda mano vellicarmi i peluzzi della micia e poi la punta di un suo dito a scorrere, allargandomene le labbrine e facendomi rabbrividire di sorpresa ed inaspettata, illogica eccitazione.
Ero sconvolta: io, Marina, moglie e madre, ben inserita nel mondo del lavoro, con una mia rispettabilità, che mi lasciavo toccare sotto la gonna da un perfetto sconosciuto, in un affollato ristorante self service’ e la cosa mi eccitava in modo folle!
Lo sconosciuto mi guardava, sorridendo a certezze per lui già date per acquisite ed io beh’ io ebbi paura: paura di me stessa, delle mie stesse pulsioni, di questa voglia che sentivo crescere, incontenibile, dentro di me.
Scostai bruscamente la seggiola e schizzai in piedi; poi, con gli occhi gonfi di lacrime, lasciai il ristorante quasi correndo, terrorizzata dall’idea che l’uomo mi seguisse, terrorizzata dall’idea di sentirmi dire ‘dai, andiamo! Fottimi subito!’
Raggiunsi di corsa la fermata del bus e lo presi fortunatamente al volo.
Durante la corsa del mezzo pubblico, ne approfittai per calmarmi, per riprendere il controllo di me, per rivedere, come alla moviola, la sequenza: lui che rimane immobile, interdetto dalla mia fuga, che mi guarda, da attraverso l’ampia vetrata della sala da pranzo, con un’espressione di piccolo rimpianto, ma scuotendo la testa.
Arrivai a casa, entrai e mi feci subito un bel bagno caldo, per rilassarmi.
Poi, dopo una buona mezz’ora, mi asciugai il corpo ed i capelli ed entrai nell’ottica di prepararmi per la famosa serata.
Mi rammentai degli ordini di Salvatore e, con poca grazia, mi preparai come mi aveva spiegato: un paio di zoccoletti di legno con un alto tacco a spillo, il vestitino dei cinesi e null’altro, a parte rimmel, matita per gli occhi ed un rossetto rosso acceso.
Mi guardai allo specchio: ero decisamente appariscente ed avrei voluto ripulirmi, indossare un ampio paio di jeans sformati, una maglietta comoda ed un paio di sneacker!
Volevo mandare tutti a farsi fottere (scusa la parola!), ma’ ma uno strano, inquietante tarlo si faceva strada dentro di me e mi accorsi con orrore che, guardandomi conciata così, come una’ una puttana, ecco!, mi stavo eccitando!
L’imperioso suono del citofono mi riscosse da queste riflessioni contrastanti; afferrai al volo una giacca leggera dall’attaccapanni e scesi.
Alessio era al volante della sua Multipla e paolo mi attendeva, accanto alla portiera del passeggero; mi diressi -come logico- alla portiera posteriore, ma Alessio mi stoppò dicendomi di salire davanti, in mezzo; capii le implicazioni erotiche che l’ordine sottintendeva.. e neanche troppo velatamente, per giunta!, ma mi stupii della mia obbedienza a sottostare a questa richiesta.
Difatti, come Alessio ripartì, si impadronirono entrambi di un mio ginocchio &egrave mi fecero dischiudere le cosce, cominciando poi a toccarmi la micina ed ad introdurmici le dita… anche due a testa, contemporaneamente!
Provavo schifo di me stessa, ma devo ammettere che il piacere mi ruscellava fuori e quando paolo mi afferrò per la nuca e mi piegò sul suo pube… beh, il movimento mi sembrò ovvio e mi accorsi ad essere quasi delusa per aver dovuto attendere quello sviluppo sino a quel momento.
La manovra mi costringeva ad appoggiarmi sulla natica destra e Alessio, che mi aveva fatto risalire l’abitino sino alle reni, aveva agio a spingermi le dita nella micina e poi, inumidite dal mio piacere, anche nel buchino..
Paolo mi aveva infilato la mano nello scollo dell’abitino e mi palpugnava i seni, spesso stingendomi i capezzoli fino a farmi sussultare, mentre mi teneva solidamente per i capelli, regolando i miei movimenti mentre -in pratica- mi scopava in bocca, ma quando ci fermammo ad un semaforo, mi fece rialzare la testa e guardare fuori: l’uomo nell’auto al nostro fianco ci osservava con compiaciuto stupore e, non appena i nostri sguardi si incrociarono, Paolo mi fece tornare a succhiargli il membro.
Quando ormai ero entrata nell’idea di dovergli ingoiare l’imminente eiaculazione, mi sfilò bruscamente e mi ributtò al mio posto, mormorando: ‘Non voglio ancora venire: stanotte ci aspetta una luuunga notte!!!’

Come sempre, graditi commenti e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it

Leave a Reply