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Racconti di DominazioneRacconti Erotici

IDA ~ VI ~ Macarena

By 9 Giugno 2020Agosto 25th, 2020No Comments

Buonasera! Come sempre mi è doveroso scusarmi per il ritardo con cui ho pubblicato il sesto capitolo, tuttavia stavolta posso farmi perdonare ;D . Per quelli tra voi più curiosi mercoledì 10 giugno sarò in live sul canale Proagon Box che mi ha invitata a partecipare come ospite al loro podcast. Link del canale:https://www.youtube.com/channel/UCy6mSm5ZhkT3lfWA1eApjXg La live sarà alle 22 per maggiori informazioni potete contattarmi all’indirizzo email landfairy@gmail.com, qui in chat o su telegram @fairyland5

MACARENA

Una serata tiepida, d’inizio estate, il brusio e lo schiamazzare provenienti dalla festa intorno a lui lo intorpidivano e come una cantilena facevano emergere pensieri che avrebbe voluto sopprimere.

Alhamba guardò la Principessa di Persia seduta accanto a lui ed ebbe una fitta allo stomaco. Quel posto era sempre stato occupato da Iris, nessun’altra, libera o schiava, aveva mai ricoperto quel ruolo. Querin era indubbiamente bella, deliziosa come il bocciolo di una rosa non ancora schiuso, una bellezza acerba, impettita, testarda. Si era accompagnato per tutta la serata a lei, eppure le aveva rivolto a malapena la parola e poche occhiate fugaci.

Nemmeno a sé stesso l’imperatore riusciva a esplicare le motivazioni della propria, immotivata, freddezza; sapeva di essere noto per trattare tutte le donne che gli si avvicinavano con un garbo distaccato, di essere un interlocutore piacevole che mai tuttavia lasciava spazio a fraintendimenti. Tuttavia quella sera l’insolita mancanza della propria favorita, il fatto che ogni sua mossa fosse oggetto di giudizio e succosa novità per i curiosi, le occhiate di fuoco che Kassandros gli aveva lanciato con discrezione durante tutta la cena e per ultimo il vestito della giovane principessa si fosse inopportunamente abbassato lasciandole i capezzoli ben visibili avevano contribuito a renderlo insolitamente silenzioso. Un comportamento che sicuramente molti avrebbero decifrato come timidezza mossa da un sincero interesse.

Lei tacque qualche secondo, oramai rassegnata al fatto che i pensieri del proprio accompagnatore vagassero liberi già da un pezzo, osservando la festa intorno a loro, gli animi erano eccitati, fiumi di vino e di sidro erano scorsi giù per le gole, le schiave vestite di nero sciamavano attorno ai tavoli bassi, posando su di essi dolci e frutte provenienti da ogni luogo. Guardò il fratello, con tutti attaccava bottone, da tutti era richiesto, da tutti ammirato, persino l’austera sorella dell’imperatore, Artemisia, parlava e rideva con lui; Shejila la famosissima danzatrice passeggiava per il giardino con Alessandro, colui che aveva dipinto la gigantografia di Alhamba esposta a Delfi. Su dei divani ad alcuni metri da loro invece stava Dunxax, il temuto re di Samotracia, il quale gonfio come un otre importunava le schiave sollevando loro le vesti. A un tratto il re la guardò, Querin sentì quegli occhi ustionarle la pelle, quello sguardo indiscreto, lascivo, spudorato la fece indignare.

Quella notte tutti l’avevano guardata con curiosità, con malizia o con invidia, infatti era stata tutta la sera al fianco dell’imperatore al posto di una favorita completamente assente. Alhamba non si era dedicato a nessun altro, solo ed esclusivamente a lei, eppure mai le aveva rivolto uno sguardo desideroso e languido come quello del re. Mai era stato indiscreto, in nessun caso inopportuno; Querin si scoprì a desiderare di essere guardata con voluttà da lui, e proprio per questo di detestare ancor di più l’occhiata lasciva di Dunxax.

“Principessa…” Esalò lui in un sussurro appena udibile “vi si vedono i capezzoli”

Lei arrossì, e controllando non poté fare a meno di notare che era vero, i seni sospinti dal corpetto erano scivolati fuori più del dovuto e il vestito che indossava al di sotto si era scostato, lasciando libera la visuale sui suoi capezzoli rosei, teneri, rilassati. Si sistemò con nonchalace “Vi ringrazio, Altezza” rispose affogando nell’imbarazzo.

“Principessa, vi prego, chiamatemi per nome. State serena, anzi vi devo le mie scuse per aver visto qualcosa che voi non volevate” si voltò verso di lei, guardandola dritta negli occhi, accennando a un lieve sorriso.

Querin ebbe un momento di smarrimento, che fosse stato quello il motivo per cui lui non l’aveva guardata per tutta la serata? Per non imbarazzarla? Cercò di fare mente locale per capire quando il maledetto abito le avesse giocato quel brutto scherzo senza riuscirci “Alhamba, vi prego, non è colpa vostra” esalò rossissima in volto.

“Sono comunque dispiaciuto, mi sono trovato costretto ad avvertirvi visto che cominciavate ad attirare attenzioni che sicuramente non desiderate” Lo guardò rimanendone incantata, gli occhi dorati erano luminosi tanto quanto la veste intessuta di fili d’oro che portava. Era sicura che chiunque lo guardasse avesse la medesima impressione, egli spiccava come un sole tra tutti gli invitati, e né uomini né donne erano esenti dal suo fascino arcaico, profondo come tenebra insondabile, egli metteva i brividi e non si riusciva a capire se fossero di eccitazione o di timore reverenziale.

Annuì, abbassando lo sguardo, suo fratello si avvicinava a loro, probabilmente per darle manforte “Altezza!” Esordì beffardo “Per caso posso rubarvi mia sorella un attimo?”

“Beh, Principe dovreste chiedetelo a lei” rispose Alhamba facendo una smorfia divertita, il primo ministro dell’impero era visibilmente brillo. Querin si alzò esordendo in un sorriso di circostanza e si allontanò con il fratello.

“Smettila.” Sibilò secco all’orecchio della sorella “Non lo devi sedurre davvero; e potevi risparmiarti tranquillamente di andartene in giro mezza nuda”

“Non era voluto!” Esclamò lei indignata “non essere sempre così scostante”

“Voluto o meno mi hai fatto incazzare, vuoi entrare nel suo letto? È così no? Buona fortuna allora, nessuna donna libera ci è ancora riuscita. Io resterò a godermi lo spettacolo di una ragazzina che cerca pietosamente di far eccitare il figlio del Sole.” La criticò aspramente Kassandros.

“Non resterò un minuto di più a farmi ammorbare dalla tua cieca e stupida gelosia.” Rispose lei adirata, voltandosi di scatto e tornando a sedersi al fianco dell’imperatore, il quale nel frattempo si stava intrattenendo con due ragazze dalle torreggianti capigliature, le quali si congedarono, quasi imbarazzate, appena la videro.

“Principessa! Qualora avessi saputo prima che aveste il potere di mettere in fuga le mie corteggiatrici vi avrei pregata di rimanere al mio fianco per sempre.” Scherzò lui.

“Ma anche io sono classificabile come una vostra corteggiatrice no?” Sorrise lei accavallando le gambe.

“Io direi piuttosto che sono io a corteggiarvi Principessa” affermò lui con tono lusinghiero

In seguito furono interrotti da Kassandros il quale attirata l’attenzione dei convitati si rivolse ad Alhamba “Mio imperatore, credo sia giunto il momento più adatto, a mio nome e a quello della mia famiglia, volevo farvi un regalo per propiziare al meglio l’inizio di questa grande gara.

La schiava che vi voglio donare è una barbara, originaria della Terra, e vi auguro che come lei oggi si prostrerà ai vostri piedi, un giorno anche tutto il suo mondo potrà farlo”

Una cascata di applausi scroscianti accolse quelle parole, e a un cenno del proprio padrone Giulia entrò, non indossava abiti neri da schiava, ma una raffinatissima lingerie terrestre di colore bianco, che risaltava ancor di più sulla sua pelle abbronzata togliendo il fiato a coloro che guardavano. Portava tacchi alti dalla linea semplice, sottilissime calze con giarrettiera, e infine gli slip minimal dalla vita alta che mettevano ancor più in risalto le curve eleganti del suo fondoschiena. Quella visione, unita al fatto che i capezzoli fossero ben visibili sotto il reggiseno in pizzo fece andare in visibilio gran parte degli astanti.

Alhamba fece un sorriso soddisfatto e cercando con gli occhi Samara ne incontrò lo sguardo complice, infatti solo grazie a lei sarebbero potuti arrivare manufatti dalla terra.

Avanzò fino al divano sul quale erano seduti Alhamba e la Principessa di Persia collezionando fischi e occhiate lascive da tutte le parti. Quella che stava per avvenire era una sorta di formula rituale, la schiava che doveva essere donata manifestava il proprio apprezzamento inginocchiandosi di fronte al nuovo padrone e baciandogli le ginocchia, era legalmente l’atto che rappresentava il passaggio di proprietà come la firma di un contratto.

Così Giulia si inginocchiò, si sentiva fremente, pulsante, desiderosa, aveva caldo, era felice per il fatto che sarebbe diventata proprietà dell’imperatore. Posò la fronte sulla stoffa dorata e baciò, poi tra lo stupore generale scese fino ai piedi coperti solo da leggeri sandali di cuoio e prese a leccarli, come presa dalla frenesia di tenere in bocca qualsiasi pezzo del corpo dell’imperatore. Slacciò i sandali con le mani tremati, senza mai smettere di leccare, aveva il sapore della pelle e del cuoio sulla lingua eppure se li sentiva fremere sulle labbra della vulva, ed era lì che avrebbe voluto sentirli, e più ci pensava più si eccitava, avvertiva gli umori bagnarla oscenamente testimoni di quanto fosse in realtà oscenamente propensa alla sottomissione. La eccitava il fatto che tutti potessero vedere quanto era devota al nuovo padrone; A questo punto quei piedi erano lucidi della sua saliva, li succhiava avidamente, alternandoli, cercando di metterli il più possibile dentro la propria bocca.

Alhamba che fino a quel momento non si era minimamente opposto a quel trattamento speciale ritrasse improvvisamente i piedi, privandola del piacere di leccarglieli. Lei non disse nulla, poggiò le mani e il capo ricciuto a terra in segno di estrema sottomissione e rimase così qualche minuto prima che lui le ordinasse secco “Fatti vedere schiava.”

Lei ebbe un sussulto di gioia nel sentire quelle parole e si alzò mostrando a tutti la propria avvenenza, strappando dei sogghigni soddisfatti a molti. “Qui sono riuniti i grandi signori dell’Impero dell’Alba” esordì lui “guardali e inginocchiati barbara ignorante”

Così Giulia si piegò al suolo, docile al comando del nuovo padrone il quale cominciò a separarle il solco delle natiche con l’alluce scostando il filo degli slip candidi per poi infilarlo piano dentro la sua vagina, tastandone il grado di lubrificazione. Poi prese a scendere separandole le labbra, sfiorandole il clitoride, strappandole un gemito soffocato.

La sentì talmente bagnata da ritrovarsi a propria volta eccitato, e senza fretta alcuna, la penetrò aggiungendo un dito alla volta, lentamente. La sentiva fremere di piacere e di dolore e tuttavia inarcarsi per ricevere meglio quel piede dentro di sé, così centimetro dopo centimetro lui la stava possedendo, ed era chiarissimo a tutti che era in tal modo, non vi era alcun dubbio che lei fosse la sua schiava prostrata sul pavimento mentre lui si concedeva in minima parte, solo quel tanto che bastava a soddisfare il proprio ego.

In quel momento Alhamba sollevò il pugno chiuso, fermando una schiava che passava defilata in quel momento, essa vestiva di nero e aveva i capelli raccolti in uno chignon impeccabile “Via tutto, spogliati e lecca questa puttana, desidero che raggiunga l’orgasmo”

Manike che si celava sotto il velo ebbe un attimo di smarrimento, non se lo sarebbe mai aspettato, non ricordava nemmeno che lui le avesse mai rivolto la parola “Padrone, vi prego a me non piacciono le ragazze” azzardò sperando che l’imperatore potesse essere compassionevole “Tuttavia lo farai perché io ti ho dato un ordine.” Replicò Alhamba seccamente.

Così costretta lei si spogliò rapidamente mettendo il vestito sotto la barbara e vi ci si sdraiò sopra, con riluttanza cominciò a leccarle il clitoride con piccoli e timidi movimenti, non le piaceva per nulla il sapore degli umori di Giulia, nonostante ciò continuò diligentemente fare il proprio lavoro, troppo timorosa di una punizione per ribellarsi.

La barbara sussultava di continuo spingendosi sempre di più sul piede del suo padrone, a ogni momento più vicina a un orgasmo devastante, il rumore dei suoi gemiti era diventato ritmico, affondava sino quasi a raggiungere il tallone, Alhamba aveva l’impressione che ne desiderasse ancora e che a ciascun affondo arrivasse ogni volta un po’ più prossima alla caviglia, a un certo punto fu come se fosse scossa da tremiti di piacere profondissimo, e schizzò una quantità di umori impressionante, abbastanza da riempire la bocca della cinese sotto di lei e da inzupparle i capelli.

Manike fece come per sputare tutto ma fu rimproverata in tempo dall’imperatore e costretta a ingoiare quello che aveva in bocca, lui uscì molto lentamente lasciando la sua nuova schiava sfinita al suolo, consumata da quel piacere.

“Principessa avete mai assistito alla marchiatura di una schiava?” Chiese poi a Querin che aveva osservato incuriosita tutta la scena.

“No Altezza” fece lei sistemandosi i capelli biondi dietro le spalle

“Vi piacerà” Sorrise lui ordinando poi che gli venisse portato tutto il necessario e facendo legare Giulia a un inginocchiatoio in modo che stesse perfettamente ferma.

L’imperatore si alzò infine controllando attentamente le funi che legavano Giulia, infatti se lei non fosse stata perfettamente ferma il marchio sarebbe venuto male, poi imbevuto un panno morbido in una bacinella la lavò accuratamente da capo a piedi.

Alhamba sapeva perfettamente dove avrebbe voluto segnarla, tuttavia amava il fatto di alimentare così la curiosità degli astanti; infatti pur a seconda del luogo dove veniva praticato un marchio poteva avere diversi significati. Tredici bracieri stavano davanti a lui, in ognuno un ferro diverso già sufficientemente caldo, egli passeggiò lentamente dinanzi a essi, facendo finta di essere indeciso sul ruolo da assegnare alla nuova schiava poi ne afferrò uno con decisione mostrandolo a tutti.

Mormorii di apprezzamento serpeggiarono tra gli invitati, era un disegno dalla forma allungata, costituito da un sole raggiante, simbolo dell’imperatore, che era indubbiamente destinato ai lombi della ragazza, il significato era chiaro a tutti: la barbara sarebbe stata una schiava di piacere.

“Hai il permesso di urlare” le disse poco prima di appoggiarle il ferro sulla schiena. Giulia spalancò la bocca, rompendo con veemenza il silenzio che si era creato intorno a lei, mentre calde lacrime le solcavano le guance.

Il tutto durò qualche secondo, Alhamba aveva avuto una mano fermissima, il marchio era pulito, nitido, di colore rosso, le contornava con grazia le natiche, risaltandole. Giulia sentì un improvviso sollievo, lui le stava spalmando una crema sulla ferita, doveva sicuramente avere delle proprietà anestetizzanti perché in pochi minuti avvertì il dolore affievolirsi sempre di più sino a scomparire quasi del tutto.

“Penso sia ora di darle un nome. Qualcuno ha dei suggerimenti?” Chiese lui rivolgendosi agli astanti, molti dei quali sogghignarono e da tutte le parti fioccarono nomignoli osceni, appellativi volgari, che fecero imbarazzare profondamente Giulia al solo pensiero che uno di questi sarebbe potuto essere il suo nome per molto tempo.

Alhamba si limitava a sorridere poi si rivolse a Samara “Mi piacerebbe darle un nome terrestre, suggeriscine uno tu.”

L’Athanatas pensò qualche secondo “La prima volta che sono andata sulla Terra, mi sono recata alla Congrega di Madrid, e poi sono uscita a visitare la città, era sera e mi ricordo che c’era un posto in cui tutti ballavano una canzone molto popolare lì, si chiama Macarena. Penso sia un nome molto carino.”

“Lo penso pure io.” Decretò l’imperatore poi sollevò il mento a Giulia e le chiese “Tu cosa ne pensi schiava?”

“Io detesto la Macarena, padrone” sentenziò lei.

“Perfetto allora d’ora in avanti il tuo nome sarà Macarena” affermò Alhamba ignorando completamente il disappunto di Giulia, e cominciando con un bastoncino arroventato a incidere il suo nuovo appellativo su un collare di cuoio.

                                                                                     ~ ~ ~

Altamira si ritirò dalla festa a poche ore dall’alba, tuttavia appena si fu buttata sul proprio letto si rese conto di non avere sonno, continuò a rigirarsi tra le lenzuola per qualche minuto prima di alzarsi nervosamente, accendere le luci e riempirsi una coppa piena fino all’orlo di vino.

Una sensazione spiacevole le aveva attanagliato lo stomaco per tutta la sera, e nemmeno ora accennava ad andarsene. Riflettendo si rese conto che tutto il proprio fastidio era riconducibile a un’unica persona: suo fratello. Era abituata al fatto che molte donne gli gravitassero intorno, eppure vedere con quanto interesse e gentilezza trattasse la principessa di Persia, l’aveva fatta star male.

Infine la terrestre, quella schiava le faceva sobbollire il sangue. Alhamba invece di pensare ad affari più seri perdeva tempo ora dietro una, ora dietro a un’altra puttana. Lei era senza colpe se non essere l’oggetto dell’interesse di suo fratello, eppure aveva voglia di schiaffeggiarla, di picchiarla, di sputarle addosso. La odiava come aborriva tutte le sue schiave.

Mentre finiva il proprio bicchiere rimuginando se fosse stato meglio distrarsi con un po’ di sesso, e se si se con uno schiavo o con una schiava un paio di colpi leggeri sulla porta la ridestarono.

Non si aspettava di trovarsi davanti un primo ministro con i capelli arruffati, nudo dalla vita in su e con un’aria stravolta, Altamira sorrise, pensando che in fondo lei doveva avere un aspetto molto simile.

“Scusami Alta, non riuscivo a dormire, stavo prendendo un po’ d’aria e nulla…ho visto che le tue stanze sono illuminate” si giustificò Kassandros rimanendo sulla soglia fino a quando lei non gli ebbe fatto segno di entrare.

“Stai sereno. Nemmeno io riuscivo a dormire. Alhamba dorme?” Chiese lei porgendogli una coppa piena.

“Alhamba fotte.” Disse lui ridendo mentre una smorfia si dipingeva sulle labbra di Altamira “Tua sorella? Dorme pure lei?” Indagò.

“Si dorme nei miei appartamenti visto che ancora non le hanno assegnato una stanza”

Altamira sorrise malignamente “Ecco perché sei così sereno nel dire che Alhamba sta facendo sesso.” A quelle parole per poco Kassandros non si strozzò con il vino e lanciatole un’occhiata assassina ribatté “Spero che tu sappia che mia sorella ha raggiunto la piena pubertà da un anno appena, è una bambina.”

“Non mi sembrava né ingenua né sprovveduta al banchetto, una cosa è certa quei due si piacciono. Fai bene a essere in apprensione, spero che tu sappia che se lui la vorrà in sposa non ci sarà possibilità di tirarsi indietro” Altamira era stata lapidaria, poté leggere chiaramente lo sconforto nello sguardo del primo ministro.

“Non è per questo che sono preoccupato. Ho paura che lui la porti nel suo letto prima di sposarla senza poi farlo.”

Quelle parole generarono una reazione ilare in lei “Lui non ha mai fatto sesso con una donna libera, sicuramente non lo farà con tua sorella prima del matrimonio. Qui quello che sparge il proprio seme dappertutto senza pensare nemmeno al matrimonio sei tu.”

“Sto benissimo così, e nemmeno Samara è interessata. E poi lei non fa testo, ormai vive più tempo sulla terra che qui, si sta abituando alla devianza dei barbari.”

“Mi sembra che anche tu stia seguendo la sua scia, o no?” Altamira piegò leggermente il capo con un ghigno dipinto sulle labbra “Sai stavo pensando, ti andrebbe un po’ di sesso?”

Kassandos sgranò gli occhi “Alta ti prego, ci conosciamo da un sacco di tempo, io…io non so che dire, e poi non voglio fare una scorrettezza a Samara.”

“Tu e lei non siete promessi sposi…non avete una vera relazione fate solo sesso” sussurrò lei tentatrice, mentre ingenuamente faceva sì che la vestaglia le scivolasse giù da una spalla.

Il primo ministro distolse lo sguardo, non aveva mai pensato ad Altamira in quel modo, né mai si sarebbe permesso di farlo, eppure ora si sentiva come una falena attirata dalla luce fatale. Nonostante sapesse di dirigersi verso il peccato non poteva fare a meno di essere affascinato. Deglutì con forza nel sentire che lei percorreva con la lingua la linea dei propri addominali, non le resistette, lasciandole prendere il membro tra le labbra mentre un’espressione ebete gli si dipingeva in volto.

Si guardarono poi, lei con ancora il glande stretto tra le labbra e lui con un’espressione annebbiata; erano entrambi coscienti che quello che stava per avvenire non era sesso, era una vendetta, un doppio smacco a colui che sembrava tenesse costantemente le loro vite appese a un filo. Presero poi a strapparsi i vestiti di dosso, consumati dal demone della lussuria, impazienti, si gettarono l’uno sull’altra con furia animalesca, mordendosi le labbra a sangue, strappandosi i capelli, e lanciando lunghi gemiti.

Altamira sembrava un’Erinni dagli occhi di brace, dall’impeto nefasto, Kassandros dal proprio canto rispondeva con uguale foga, schiacciandola col proprio peso sul pavimento, quasi opprimendola finché poi lei non riusciva a divincolarsi e a mordergli le carni in modo crudele lasciandogli lunghi graffi lungo la schiena. Si rotolarono a lungo in terra quasi lottando l’uno contro l’altra come se facendosi male a vicenda potessero riuscire a sfogare quella frustrazione che li affliggeva.

Nessuno avrebbe mai osato se non verso uno schiavo il trattamento che si andavano vicendevolmente riservando, eppure come invasati oscenamente si univano in una danza di piacere e violenza, sembravano quasi due demoni che unendosi si completavano innalzandosi in una spirale di perverso godimento. Ora era lui che opprimendola con il proprio peso la fotteva, facendola miagolare come una gatta, ora era lei che furibonda lo cavalcava soffocandogli il respiro con ambo le mani. Infine lei venne ed esausta si abbandonò sulle piastrelle oramai scivolose dei loro umori, mentre Kassandros ormai vicino al culmine abusava di quel corpo rilassato dopo un orgasmo devastante.

Infine anche egli si buttò esausto al fianco di Altamira, e si addormentarono così. Con i muscoli doloranti e le carni illividite ma completamente appagati, come se tutto il risentimento che albergava prima nei loro corpi si fosse in qualche modo consumato.

Così l’alba sorse su di loro intrufolandosi tra le tende, baciandoli con le lunga dita rosee mentre l’odore del sesso ancora aleggiava nell’aria.

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