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Racconti di Dominazione

L’Israeliana RELOADED

By 8 Aprile 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

La guerra dei sei giorni infuriava.
Sasha montava di guardia sulla collina sovrastante l’insediamento israeliano nella valle. I palestinesi, in qualsiasi momento, avrebbero potuto attaccare il Kibbutz e così gli israeliani avevano piazzato delle sentinelle tutto intorno, facendo dei turni di guardia 24 ore su 24. Ora era il turno di Sasha.
La ragazza sollevò il pesante fucile Uzi, controllandolo e assicurandosi che tutto fosse in ordine: Sasha era stata addestrata con cura. Viveva nei Kibbutz fin dalla nascita, ventidue anni prima, e amava quella vita. E anche se erano ormai quasi sempre in guerra, era una vita normale per lei. Era anche fidanzata con un giovane di buona famiglia, in procinto di trasferirsi a Tel Aviv per completare gli studi, poi, anche lui, sarebbe tornato per piantare le radici nel suolo del Kibbutz che lo aveva nutrito e fatto crescere.
Quella notte lui era di servizio sul fianco nord del campo, mentre Sasha e altre due sentinelle sorvegliavano il fianco sud.
Sotto di lei si allungava il Wadi, una lunga linea nera, bagnata dal chiaro di luna. In altre occasioni Sasha sarebbe stata felice di trascorrere la notte sotto l’argentea luce lunare, ma il suo spirito mal sopportava la necessità di portare armi: lei voleva solo avere dei figli e vivere quieta col suo David. Non era divertente starsene lì, sdraiata sulla pancia ad aspettare il nemico, quando tutto quello che desiderava era avere una casa da qualche parte tutta per se e aspettare sulla soglia il marito che sarebbe tornato dai campi, dopo una dura giornata di lavoro.
Era deprimente pensare che David sorvegliasse il campo all’estremità opposta. Così vicino eppure così lontano!
La luna aveva spogliato la terra di tutti i colori e le cose, private dal fascino del colore, spiccavano imbiancate, nude come linee geometriche. I campi di nuovo frumento ondeggiavano immacolati e il grande muro di pietra, meta degli studenti di archeologia, rivelava spudoratamente la sua venerabile età e il suo preoccupante stato di salute.
Il vento del deserto agitò i riccioli scuri di Sasha e la ragazza avvertì un alito fetido e caldo vicino all’orecchio, prima di capire cosa stesse accadendo, un laccio le strinse il collo, mozzandole il respiro.
Lasciò andare il fucile, cercando di liberarsi della stretta mortale, ma le sue mani si trovarono a contatto col corpo ruvido del suo assalitore. Le mancava il fiato, non riusciva a respirare ne’ a gridare, cercava di inspirare con forza un po’ d’aria nei suoi polmoni, le tempie le ronzavano e temette di svenire da un momento all’altro. Sasha si sentì afferrare e trascinare di peso verso il nastro nero dello Wadi che si nascondeva agli occhi della luna come un serpente tra l’erba. Fitto di boschetti e vegetazione, lo Wadi era il nascondiglio preferito dalle giovani coppiette. Ma Sasha sapeva che non avrebbe trovato piacere e amore in quel burrone riparato e oscuro. Si divincolò forsennata.
– E’ inutile che ti agiti, capra ebrea! – ringhiò il suo assalitore mentre la trascinava nel sottobosco.
La gettò, poi, per terra con malagrazia e le si buttò addosso. Sasha emetteve urla soffocate mentre il laccio le si stringeva inesorabilmente intorno al collo, mozzandole il fiato. Tremando per lo sforzo si voltò a guardare il suo assalitore… E vide con terrore due occhi penetranti e scuri, gli occhi di un arabo spietato.
Sasha intuì subito le implicazioni di questo suo dramma personale. Gli arabi si erano infiltrati nel territorio del Kibbutz. Pensò subito a David che montava la guardia dalla parte opposta del campo, ignaro del pericolo e altrettanto vulnerabile all’imboscata.
Per la prima volta in vita sua, Sasha conobbe il terrore.
Come aveva fatto quell’arabo ad arrivare fin là senza essere stato scorto da nessuno? Ce n’erano altri?
Cercò di reagire e udì la risata gutturale dell’arabo mentre le becere mani dell’uomo le strapparono di dosso la blusa e si accanirono sui suoi calzoncini militari, strappandoli a brandelli e scorticandole la pelle delle cosce, Sasha graffiò, scalciò, ma fu tutto inutile e poi fu la volta delle mutandine e del reggiseno.
Il suo cuore si fermò per un attimo: era nuda!
Sasha conosceva bene gli arabi, sapeva cosa facevano alle donne catturate e capì subito quali fossero le intenzioni immediate del suo assalitore. Il cuore le urlò nel petto appena sentì le ruvide mani palparle, forsennate, le tette e le cosce. Stava per violentarla e Sasha non era abbastanza forte per poterglielo impedire.
Sasha aveva pianto tutte le volte che si era rifiutata a David, voleva conservare la verginità fino alla prima notte di nozze e pensava che il suo corpo sarebbe stato il più bel regalo di nozze per l’uomo che amava. David l’aveva canzonata e chiamata “verginella antiquata”, ma in cuor suo doveva sentirsi orgoglioso di avere una ragazza così determinata. Ora era tutto perduto e la rabbia si mescolò alla paura e alla disperazione quando Sasha sentì le mani avide dell’arabo strusciare con violenza la carne delicata della sua vagina ancora inviolata.
Le lacrime della ragazza brillarono al chiaro di luna, vide l’uomo aprirsi la tunica rivelando un fisico muscoloso e brunito. Un cazzo enorme vibrò ad angolo retto, svettando dal suo inguine, poderoso.
Sasha cercò con la forza della disperazione di liberarsi da quella morsa d’acciaio, ma il laccio rimase crudelmente avvinghiato al suo collo. Sapeva che sarebbe stato inutile implorare pietà, il suo carceriere non aveva il minimo rispetto per una come lei. Sasha era solo una cosa, un oggetto di carne, una preda su cui sfogare l’odio e la lussuria.
Sasha abbassò lo sguardo e vide lo scuro pugnale di carne puntato in direzione del suo inguine.
Oddio, quella cosa disgustosa avrebbe macellato la sua purezza!
Rabbrividì, in preda a sudori freddi mentre l’uomo divaricava brutalmente le sue gambe ben tornite e appoggiava la cappella sulla soglia della sua vagina. Sasha moriva di vergogna: si sentiva sporca e abusata.
Poi, l’uomo cominciò a spingere violentemente e Sasha si sentì dilatare dolorosamente, era come se la carne stesse strappandosi. L’urlo di lei, soffocato dal laccio, fu coperto dalla risata lasciva e stridula dell’arabo.
L’uomo spinse ancora brutalmente e, nonostante il laccio attorno al collo, Sasha cacciò un urlo straziante quando sentì il maglio di carne lacerare l’imene deflorandola dolorosamente.
L’uomo grugnì di soddisfazione e affondò ancora e, questa volta, Sasha si sentì lacerare fino in fondo, sentiva il proprio sangue che scorreva sul cazzo del suo aguzzino.
L’israeliana cercò di resistere a quell’oscena violenza con tutte le sue forze, ma l’arabo era molto più robusto di lei. Grugnì ancora, cacciandoglielo dentro con più furia e Sasha avvertì di nuovo un dolore bruciante e penetrante, come se la lama di un coltello incandescente le stesse rovistando le viscere. Le lacrime le sgorgavano copiose, mentre il cazzo dell’arabo, unto del suo sangue, la impalava dolorosamente. Ogni colpo provocava sofferenze sempre maggiori. Ora l’uomo la montava furiosamente, ottusamente, devastandola, demolendo come un bulldozer la sua purezza, la sua infanzia, i suoi sogni.
Sasha sentì l’innocenza abbandonarle lo spirito, mentre gocce del suo sangue cadevano a terra a nutrire le radici di quel boschetto che l’aveva vista nascere.
Il volto di Sasha era ormai una maschera di dolore e disperazione e sul suo collo si era formata una striscia bluastra. Intorno a lei si diffondeva il tanfo della lussuria dell’arabo che la sovrastava con il suo puzzo di sudore acido. Sasha si sentiva piccola, abbandonata da tutti; il dolore degradante che le derivava da quell’accoppiamento brutale le dava alla testa e vorticava nella sua anima come un uragano demoniaco.
Il cazzo dell’uomo impazzava nella sua vagina, scavando nella carne gonfia e arrossata. Il dolore si fece insopportabile e la ragazza si arrese, stremata dalla malvagità del suo violentatore.
La stavano violentando ed era inutile negare la gravità di quello che le stava succedendo. Sasha pianse in silenzio. David, era stato derubato del tesoro che lei aveva conservato gelosamente per tanti anni.
L’uomo intanto muggiva sommessamente di piacere come un toro arrapato ed a ogni colpo ridestava nuove ondate di dolore nella sua vagina straziata….
Dopo tutto non era che un cazzo. Un cazzo che la stava scopando. Tutto qui.
Ma allo stesso tempo sapeva anche che non era così: la verità era che quello schifoso arabo la stava stuprando, sondava la sua fica con brutalità animalesca, grugniva come un porco e la trattava come una cosa senz’anima e senza emozioni. Si sentiva un oggetto nelle mani sporche di quel becero assetato di sangue e affamato di fica.
Con un gemito di liberazione, alla fine l’uomo arrivò al suo piacere, scaricandole dentro una lunga sequenza di fiotti densi e brucianti e Sasha li accettò supinamente. L’arabo sbraitò parole incomprensibili e le riversò dentro un’altra colata di sborra calda. Poi, mentre il suo sudore sgocciolava a insozzare la pelle candida della donna, si abbatt&egrave su di lei e allentò la stretta sul laccio che le strangolava il collo. Sasha inspirò rumorosamente aria fresca nei suoi polmoni, i seni si gonfiarono sotto la spinta del petto, sentiva ancora quel cazzo odioso trafficare impudente dentro la sua vagina in fiamme.
– Una vergine! … Una cagna ebrea vergine, … Che fica stretta! … E me la sono fatta!! – mormorò nella sua lingua.
Poi lo tirò fuori di colpo e diede uno strattone al laccio, costringendola ad alzarsi. Sasha balbettò come una bambina disobbediente e si sentì sommergere dalla vergogna e dal senso di colpa per quello che era stata costretta a fare. L’uomo si riassettò la tunica e si mise in spalla il fucile di Sasha, spingendola a camminare davanti a se, nuda, con i soli calzettoni kaki e gli scarponcini ai piedi.
Sasha camminava con difficoltà, le membrane lacerate della sua vagina urlavano di dolore e le cosce erano imbrattate di sangue. Si lamentò.
– Zitta, cagna, o ti taglio la gola! – ansimò l’arabo in lingua ebraica e spintonandola rudemente mentre oltrepassavano lo Wadi. Sasha barcollava. Distrutta dalla stanchezza sarebbe certo crollata al suolo se non fosse stato per quell’odioso laccio. Aveva il volto paonazzo, respirava a fatica e il suo corpo nudo e sudato brillava al chiaro di luna mentre si lasciava trascinare dall’arabo verso una destinazione sconosciuta.
Dal canto suo l’arabo ogni tanto si voltava a guardarla, e non poteva non sogghignare di soddisfazione. Era splendida, Sasha, nella sua andatura incerta e barcollante, completamente in suo potere. Ne osservò il colpo caldo e mediterraneo sotto la luna, ammirò ancora le cosce dentro cui aveva goduto e pensò che era davvero un peccato che l’ordine fosse quello di non fare prigionieri.
Dopo alcuni minuti di marcia i due raggiunsero un camion mimetizzato, parcheggiato vicino alla strada che portava nel deserto. Sasha riuscì a distinguere alcune forme che si muovevano all’interno, le sentì ridere oscenamente, mentre l’arabo la trascinava dentro come un sacco di patate.
– Guardate che bel bottino! – strepitò l’arabo nella sua lingua, scaricando la ragazza sul pavimento lurido del cassone del camion.
Sperma e sangue le erano colati sensuali lungo tutto l’interno delle cosce.
– Fatela divertire un po’, tanto non saremo al campo prima di un’ora! – aggiunse e andò a raggiungere la cabina.
Disperata, Sasha si trovò tra le grinfie di quei malevoli arabi infiammati e affamati, come sempre, di fica. Sentì il camion che si metteva bruscamente in moto, avanzando a fatica sulla strada non asfaltata. Poi, sentì mani sconosciute palparla nell’oscurità e voci volgari strepitare eccitate.
Un paio di mani nodose l’artigliarono in mezzo alle cosce, l’uomo le fece alzare e aprire le gambe in modo che queste si stringessero intorno alla sua vita. Intravide, nella penombra, la massa scura del cazzo che puntava minacciosamente in direzione dei suoi inguini. Cercò di urlare, ma le sue grida furono soffocate dal rombo del camion e dalle rauche risate dei suoi aguzzini. Le mani del suo violentatore si aggrapparono alle natiche sode dell’ebrea lasciando lividi e graffi. L’arabo le afferrò quindi i fianchi cercando di tenerla ferma, poi affondò il pene nella fica lacerata e spinse avanti e indietro con foga inaudita. Il membro, caldo e pulsante, riaccese nuovi torrenti di dolore nel corpo già stremato della poveretta.
La sua testa sbatteva di qua e di là, penosamente, al ritmo della scopata e dell’andatura traballante del camion. Ancora una volta Sasha sentì il sangue sgorgare dalle ferite riaperte della sua femminilità, ancora una volta Sasha si arrese all’oscenità che non riusciva a combattere.
Il cazzo nerboruto dell’arabo le stava sfondando le ultime delicate membrane e dilagava osceno nella vagina infiammata. Sasha udì gli altri palestinesi ansimare pesantemente, eccitati dallo spettacolo di quella umiliazione. Il viso della ragazza si fece paonazzo, ma l’oscurità celava quel triste rossore.
Il pene, intanto si apriva faticosamente un varco tra quelle labbra appetitose, ma inesperte. L’arabo accelerò il ritmo mentre l’orgasmo incombeva minaccioso.
– Bella fica, come ce l’hai stretta! – mormorò in yiddish digrignando i denti, mentre si sentiva stritolare dalle spire dell’orgasmo che montava.
Ogni volta che il membro avanzava fino in fondo al canale vaginale, Sasha si sentiva impalata a sangue e prossima a svenire. La ragazza respirava a fatica, mentre il dolore alla bocca dell’utero non accennava a diminuire.
Sasha sentì i coglioni del suo violentatore sbattere pesanti sulle sue chiappe, mentre la sfondava con brutalità, e, per la seconda volta in vita sua, sentì il denso flusso del seme maschile invaderle la vagina dolorante. La colata di sborra lubrificò il cazzo che continuò a chiavarla come impazzito, fino a che l’arabo si staccò da lei sbattendola lontano. Sasha rovinò a terra e rimase sdraiata tremando di paura e di dolore.
Eppure le sue sventure non erano ancora finite. Fu violentata altre quattro volte, in diverse posizioni.
Sasha sentiva una massa di metallo fuso al posto del cervello, gli arabi si accalcavano e la montavano uno dopo l’altro, incuranti dei suoi pianti e delle sue lacrime. Presto la sua figa traboccò di sborra ed il suo corpo emanava un puzzo orribile di sudore. La ragazza riusciva a sentire l’odore della propria paura, della degradazione e del disgusto mentre quei miserabili la scopavano come fosse l’ultima puttana della casbah. Quando l’ultimo arabo glielo sbatt&egrave dentro, Sasha era ormai in condizioni pietose e non avvertì neppure il dolore di quell’ultimo affronto… Si sorprese, anzi, nel constatare che la sua fica stava reagendo all’impeto dei suoi assalitori e si sentì ancora più umiliata nello scoprire che si stava bagnando.
Com’era possibile? Godeva mentre era violentata?
Eppure stava succedendo. La fica incominciò a pruderle e ogni botta del pene che la penetrava sembrava aumentare il prurito, fino a che la sua fica diventò una massa infiammata di spasmi convulsi che si proiettarono, deliziosi, in tutto il corpo dolorante, soffocando sofferenza e vergogna e facendole assaporare il primo orgasmo vaginale della sua vita. Sasha digrignò i denti cercando di negare a se stessa il fatto che stava godendo.
Il suo stupratore se ne accorse.
“Guardate” strepitò mentre continuava a chiavarla infoiato “questa cagna sta godendo…che troia!!!”
Uno degli arabi che assistevano alla scena si avvicinò al viso di Sasha ridendo.
“Fai bene a godertela, puttana!” le sussurrò avvicinandole un coltello “Perché &egrave l’ultima volta che ti prendi un bel cazzo dentro…noi le troie come te, dopo essercele scopate, le ammazziamo come meritano!!!”
Sasha iniziò a piagnucolare terrorizzata.
“No vi prego” implorava “non fatelo…non uccidetemi…farò ciò che volete…”.
La visione delle sue lacrime eccitò ancora di più gli arabi, che, mentre il loro compagno continuava a scoparla, iniziarono ad accarezzarla tutta lascivamente.
“Chissà” disse quello che le aveva puntato il coltello, schernendola “con te potremmo fare una eccezione…se sarai…collaborativa…”
Sasha capì, o meglio si illuse di capire. Doveva raccogliere le sue forze per sopravvivere. Fece un cenno con la testa e, come di scatto, abbandonò la rigidità del suo corpo. Rilassò i muscoli e, con un movimento sensualissimo, incrociò le gambe dietro la schiena del suo violentatore. Poi ne cinse il collo con le braccia. “Scopami” sussurrò mentre accompagnava i movimenti della scopata agitando i fianchi. Con lo sguardo fece capire cosa voleva agli altri uomini, che non attesero oltre. A turno, avvicinarono i loro cazzi dritti alla bocca di Sasha, che cominciò a succhiarli lasciva, mugulando.
“Brava cagna” dicevano “leccami le palle ora…”
Sasha non se lo fece ripetere due volte. Con le mani afferrò la lunga asta dell’uomo che le aveva puntato addosso il coltello e cominciò a masturbarlo. Con la lingua scese giù, e con colpi secchi e rapidi alternati a lenti passaggi con la lingua fece godere i coglioni del suo violentatore come l’ultima delle puttana.
“Brava sgualdrina” sussurrava lui “lecca tutto…”.
Sasha dal canto suo godeva della situazione, di sentirsi così oscenamente riempita, e cominciò a pensare che probabilmente la sua sarebbe stata una lunga prigionia, ma tutto sommato sarebbe riuscita a renderla e rendersela piacevole.
Su queste dolci speranze tanto lei che il suo violentatore vennero.
liquido dell’orgasmo di Sasha si mescolò alla sborra dei suoi aguzzini e scivolò lenta sulle cosce formando una pozza sul pavimento del camion. Una piacevole sensazione di caldo pervase il suo corpo e Sasha sentì l’ano contrarsi con forza sotto la spinta del godimento. Poi il piacere le infiammò il cervello e bianchi fuochi di artificio si accesero dietro le palpebre serrate. Vide tutti i colori dell’arcobaleno turbinare impazziti nella sua testa. Sentì la sborra dell’arabo allagarle la fica e la sentì tiepida, densa e profumata di foia maschile.
Sasha ansimò e si sentì sul punto di svenire. L’unica cosa che la teneva sveglia era quella nerchia incuneata ferocemente nella sua vagina. L’arabo le artigliò le spalle e prese a darle furiosamente gli ultimi colpi. Alla fine si abbatt&egrave stremato su quel corpo oscenamente violato. Sasha non riusciva ancora a credere alle proprie sensazioni. Tutti i muscoli del suo corpo gridavano di dolore, eppure si sentiva sazia, appagata.
Ma la soddisfazione durò ben poco. L’uomo abbandonò la sua fica e l’imene squartato le tornò a vibrare di dolore scaraventandola in un mare di sofferenza.
“Allora troia” ghignò “sei stata brava e ti facciamo un regalo…scegli tu come farti scopare adesso…”
Sasha si riprese dal dolore, si sforzò di fare in modo che un sensuale sorriso apparisse sul suo viso. “A…a pecora” sussurrò “Scopatemi da dietro…”
E così dicendo, senza bisogno di essere ancora afferrata, si girò sensuale offrendo le sue natiche, e cominciò a guardarli in viso uno per uno mentre portava una mano dal basso verso la sua figa traboccante di sborra ed umori femminili.
Gli arabi non se lo fecero ripetere due volte. Il primo, seguito poi a ruota dagli altri, si assestò dietro di lei e con un colpo secco, tenendole i capelli, la impalò senza pietà con il suo cazzo.
“Così” gridò Sasha “scopami…fammi sentire quanto sei uomo…”
“Sì troia” gridò l’uomo tirandole i capelli “eccolo tutto, il cazzo che merita una cagna…”
Sasha riprese ad accompagnare i movimenti portando il bacino all’indietro. Nell’oscurità il suo corpo abbronzato, a quattro zampe, si muoveva sensuale e lascivo contro quello dell’arabo dietro di lei. Ed ancora una volta Sasha gemette e godette sentendosi la figa allagata dall’orgasmo del suo violentatore.
“…mmm….uuuhhh….siiii daiiiii…” mugulava l’arabo dietro di lei investendola di getti di sperma “Quanto mi fai godere cagna di un’ebrea…….prendilo tutto…sì…puttana…”
Sasha incurante degli insulti gemeva, ed offriva lo spettacolo dei suoi fianchi e del suo culo abbronzato muoversi sensuali contro il cazzo del violentatore, mentre quest’ultimo, rilassandosi dopo l’orgasmo, ma sempre restandole dietro, le accarezzava i seni morbidi. Sperma e sangue continuavano a colarle tra le cosce abbronzate e sode.
“Che cagna” commentavano gli uomini intorno “ce la stiamo proprio spassando con questa puttana……”.
Spossata dalla fatica, dal dolore mischiato al piacere, Sasha si accasciò su un fianco.
Ma l’arabo non aveva finito con lei. Le sue mani poderose afferrarono la vita della ragazza e la rivoltarono sulla pancia. Sasha si avvinghiò al pavimento del camion e cercò di strisciare via, ma due degli altri si affrettarono a farle mollare la presa. La ragazza tremava violentemente, il volto era pressato contro la lamiera del fondo e i bulloni le ferivano i seni e le ginocchia. L’arabo le sollevò i fianchi, smanacciando avidamente, per metterla nella posizione voluta.
“BRAVOOOOOO” urlavano i compagni di nuovo eccitati “FAGLIELA VEDERE A QUESTA ZOCCOLA, SPACCALAAA!!!”
L’arabo l’agguantò. “Bastarda di una cagna” le sussurrò nell’orecchio “Ora vedi cosa facciamo ad un’assassina del nostro popolo…”.
A queste parole i restanti palestinesi esplosero in risate, schiamazzi volgari e grida di gioia. Lo stupro fino a quel momento era stato divertente, ma l’ipotesi di viverlo in uno spirito di vendetta aveva acceso in loro nuova voglia di di godere delle sofferenze di Sasha. Essi erano infatti tutti cresciuti nei campi profughi, e la possibiità di farla pagare a quell’ebrea era quasi più eccitante dell’idea stessa di godere del suo corpo.
“SPACCALA QUESTA CAGNA CHE TANTO LE PIACEEE……”
Il viso della ragazza impallidì. Sasha aveva finalmente capito quale esecrabile oscenità stava per essere commessa su di lei. Il tremore non accennava a diminuire e tutto il suo corpo era adesso scosso dal terrore e dalla tensione. L’arabo le divaricò le natiche, scrutando avidamente nel solco umido e scuro.
Sasha lanciò grida acute e isteriche di vergogna e di ripugna per quel gesto che la violava nella sua intimità più riposta. Si sentiva aperta e oscenamente esposta agli sguardi lubrici che la frugavano avidamente.
Ascoltò il respiro affannato dell’arabo che stava spingendo la cappella contro il suo piccolo ano vergine. Il suo lamento pietoso si trasformò in un urlo disumano quando l’uomo spinse la cappella oltre lo sfintere serrato e contratto dalla paura. Sasha sentì l’ano allargarsi e pulsare come impazzito, era come se una forza immane la stesse squartando…
… serrava e disserrava spasmodicamente le mani mentre l’arabo, in preda a un’estasi oscena, affondava sempre più il cazzo che si faceva strada nel suo intestino. Lo stomaco le saliva sino in gola, contraendosi ad ogni colpo, le lacrime le scorrevano copiose sulle guance, le vennero i sudori freddi. E presto, capì, avrebbe vomitato.
I bulloni del pianale le scorticavano i seni, schiacciati contro il pavimento e le guance. Sasha non poteva muoversi, braccia muscolose la inchiodavano e tutt’attorno, gli occhi dei palestinesi seguivano con avidità animalesca lo spettacolo di quell’inculata, per loro certamente eccitante.
“COSI'” urlava l’uomo ad ogni spinta “URLA PURE PUTTANA CHE MI FAI GODERE DI PIU’……HAI GODUTO PRIMA VERO?” le strillava ad ogni spinta “PRENDI QUESTO” ed affondava il cazzo tutto nel culo di lei, afferrandole i capelli e scuotendole la testa. Lo spettacolo del suo culo sanguinante e per questo ancora più lubrificato lo eccitava da impazire; per la prima volta aveva un’ebrea e poteva farci ciò che volva.
Sasha singhiozzava istericamente, travolta dal dolore e dalla vergogna, mentre l’arabo, insensibile ai suoi lamenti e alle sue implorazioni, la sodomizzava con furia. L’uomo aveva incontrato notevoli difficoltà all’inizio e, poco soddisfatto di quell’inculata faticosa, estrasse il pene pulsante per spingerlo nuovamente dentro con violenza. Il sangue zampillò dal muscolo lacerato e prese a scorrere di nuovo per le cosce dell’ebrea.
Quel buco era così stretto che ci vollero tre colpi ben robusti per slabbrare definitivamente i muscoli sfinterici. Mentre la povera ragazza strillava come un’ossessa, l’arabo continuò a spingere nel suo culo con furia crescente.
Uno dei compagni si avvicinò a Sasha e, sollevatale la testa, inveì ancora contro di lei,che ormai aveva il volto tasformato in una maschera di lacrime.
“Peccato tuo padre non ti veda” le diceva scuotendola la testa tenuta dai capelli. Sasha pensò a lui, ai suoi genitori, ed i pianti divennero singhiozzi. “Gli sarebbe piaciuto, al vecchio porco vero? Vedere la figlia inculata per bene………vero?”
Sasha sapeva che risposta doveva dare. “S..sì…” sussurrò tra i singhiozzi.
“Brava troia” disse l’uomo lasciandola come un sacco vecchio. “Peccato non sia qui, gli avrei ordinato personalmente di mettertelo nel culo…non avrei neanche dovuto minacciarti secondo me……una figlia così puttana quanto te va scopata e basta…”.
Tornò da lei e le sferrò un calcio nello stomaco, non abbastanza forte da ribaltarla ma che la fece tossire. “Cazzo” rise l’arabo dietro Sasha “fai piano, così perdo il ritmo” ed esplose in una risata mentre continuò a pomparla.
“Allora troia?” aggiunse l’uomo. “Ti saresti fatta scopare da tuo padre o no?”
“S…sì…” mugulò Sasha “Tutto nel culo…per voi……glielo avrei succhiato……ma ora vi prego smettetelaaaaaa…”
lI retto di Sasha era in fiamme, dietro le palpebre serrate le si accendevano fiammelle di dolore che la trascinavano sull’orlo della pazzia.
L’atto sodomitico durò a lungo e la poveretta gridò e pianse per tutto il tempo che l’arabo la stantuffo instancabile nelle natiche contratte, finch&egrave ad un tratto l’uomo con un ultimo terrificante affondo si immobilizzò in fondo al suo culo.
Sasha mugolò forte e sentì ancora una volta il seme maschile zampillare dentro di lei, questa volta nel suo intestino. Il seme fiottava selvaggio nelle sue viscere e, ogni colpo di quel cazzo riversava getti di sborra che andavano a infiammarle le pareti del retto escoriate per la frizione. Il culo era ormai intasato dal bianco liquido maschile, le salì incontrollato un conato violento e vomitò sul pavimento del camion.

“COSIIIIIII” urlò l’arabo “TUTTO DENTROOOOOO…TROIAAAA…….GODI TROIA EBREA….GODIIII NEL CULOOO!!!
L’arabo, grugnendo di soddisfazione, di colpo estrasse il cazzo, facendo urlare la ragazza ancora scossa dai conati di vomito.
Ma non era ancora finita per la poveretta.
Mentre in tre la tenevano ferma uno dei suoi aguzzini afferrò un coltello. Dopo averlo mostrato alla ragazza urlante e scalciante cominciò, lento e senza pietà, ad inciderle la carne sulla pancia piatta e morbida, fra le urla ed i pianti di lei e le risate dei compagni. Lento ma inesorabile incise per diversi minuti, mentre il sangue sgorgava copioso. Alla fine si allontanò per ammirare la sua opera, mentre i compagni schiaffeggiavano l’ebrea per non farla svenire.
Incisa nella carne la scritta TROIA in ebraico, sanguinante e terribile, occupava buona parte della pancia della giovane soldatessa.
Nuda e sfregiata.
“Un avviso per i tuoi compagni, quando ritroveranno il tuo corpo!” sghignazzò l’uomo.
“Avanti” disse uno degli altri ridendo “tagliale i seni ed il clitoride…falla gridare questa cagna!”
Sasha urlava disperata e si dimenava, nuda, con i seni e le gambe al vento.
“Non c’&egrave tempo” disse l’uomo “ma con la prossima…chissà…”
I due che la tenevano per le braccia la sollevarono e la trascinarono, ancora bocconi, sull’orlo del pianale del camion. Un terzo uomo le sollevò all’indietro la testa afferrandola per i capelli,
“NOOO” urlò Sasha avendone capito le intenzioni “NON FARLOOO!!! NON UCCIDERMI!!! FARO’ QUELLO CHE VOLETE…SONO BRAVA VI PREGO” implorava “MI LASCIO SCOPARE!!!”
L’arabo rise. Si fermò un secondo e, per un’ultima volta, portò il cazzo alla bocca di Sasha. Benché lui le tenesse la testa per i capelli e la sovrastasse non ci fu bisogno di forzatura. Sasha, in automatico, ingoiò ancora il suo cazzo e cominciò a succhiare con impegno.
“Che cagna che sei” disse l’uomo ridendo. “Da puttana sei vissuta, e da puttana muori!!!” Così dicendo allungò ancora una volta la mano ad accarezzarle il corpo giovane e sodo, i seni abbondanti e la figa bagnata. La tocco lascivo, le infilò la mano nella figa e chiuse il pugno, poi la portò alla bocca e ne sentì per un’ultima volta il buon sapore, pensando che in fondo era sì, un peccato, non poter fare prigionieri. Sasha, dal canto suo, quando aveva sentito “da puttana muori” aveva provato a togliere la testa dal suo cazzo, ma la presa dell’arabo sui suoi capelli ebbe la meglio. Le sbatt&egrave due volte il viso sul pianale del camion, per stordirla, poi Sasha vide per un attimo brillare una lama nel chiarore lunare, poi l’uomo le tagliò la gola da un orecchio all’altro, recidendole la carotide, infine la gettarono giù dal camion.
“Muori, puttana” furono le sue ultime parole.
Sasha rotolò sulla strada polverosa, ma non sentiva nemmeno più il dolore dei sassi che la ferivano e le maciullavano le carni. Rotolò nuda sulla strada, scorticandosi e ferendosi mentre i lunghi capelli neri le coprivano il volto tumefatto ed in lacrime. Ristette infine immobile, con il culo morbido all’aria, mentre la vita defluiva da lei, ascoltando il rumore del grosso Uaz che si allontanava nella notte.
Mentre moriva l’ultimo suo pensiero fu per David, quando, sicuramente, avrebbe saputo come la sua promessa sposa si era comportata nelle ultime ore della sua vita.

commenti a CRISALIDEVILA73@HOTMAIL.COM Ho deciso di aggiungere questo capitolo per riportare su il racconto tra quelli + recenti.

Questo perché ho trovato sulla rete delle foto molto intriganti che si adattano perfettamente al tipo di racconto in questione! :)

Devo dre che la ragazza nelle foto &egrave esattamente come immaginavo Sasha quando ho concepito il racconto.

Purtropp sono stata costretta a ridurre le loro dimensioni per permetterne il caricamento, ma sono disposta a spedire le foto originali ai lettori che me ne faranno richiesta :-)

Ovviamente in cambio di un sincero commento, anche di critica, sul racconto.

La seconda foto mi aveva quasi convinta a cambiare le modalità dell’uccisione di Sasha da parte dei palestinesi: invece che tagliandole la gola avevo pensato che si poteva descrivere come i suoi aguzzini l’avessero prima tormentata infilandole la pistola nella vagina, e torturandola così. Successvamente parte il colpo, non mortale, che le distrugge le interiora, ferendola mortalmente.
A questo punto i palestinesi le mettono la pistola in bocca costringendola a leccarla come se stesse facendo un pompino, fino a quando le fanno partire il colpo mortale, gettando infine il corpo nudo via dal camion.

Alla fine ho ritenuto + sensuale l’uccisione tramite il taglio della gola, ed ho lasciato il racconto così come era!!!

L’immagine originale &egrave stata messa qui, per coloro che la preferivano

Ciao a tutti, il mio indirizzo che &egrave anche contatto messenger &egrave sempre il solito

crisalidevila73@hotmail.com

Astenersi maniaci e falsi moralisti!

Baci a tutti!

Sto lavorando ad una versione ancora + estrema di questo mio racconto……restate sintonizzati!

Grazie a tutti coloro che mi hanno scritto!

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