Skip to main content
Racconti di Dominazione

Mia sorella giuseppina 50.2 Venerdi sera

By 30 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Giuseppina, così bella, così innocente, commette un errore. Pensa che tutto sia finito, ma è in agguato il fato..
Lui vede subito la possibilità di poter trarne vantaggio.
La storia si divincola nei giorni che si susseguono. La piccola giovane Giuseppina non sa cosa le accadrà..
Leggete e scoprirete..

i miei racconti
https://raccontimilu.com/viewuser.php?uid=843

Leggete il capitolo precedente facente parte della stessa giornata.
https://raccontimilu.com/viewstory.php?sid=14034

Nota:

… …. …. …. …. … Mi scuso per l’enorme ritardo con cui posto il racconto. Era già ‘pronto’ ma pignolo come sono, mancavano alcune parti.
A causa della frattura al gomito sono rimasto fermo per 30 giorni immobile e ora eccone il risultato.
Dopo una attenta valutazione questo racconto è stato tagliato e modificato a causa delle vicende nazionali cui si parla troppo intensamente.
Avrei potuto cancellare una parte e modificare scrivendo -zingaro- per cavalcare l’odio nazionale, ma ho voluto espressamente lasciarlo così come era stato scritto fin dall’inizio.
http://iltempo.ilsole24ore.com/adnkronos/?q=YToxOntzOjEyOiJ4bWxfZmlsZW5hbWUiO3M6MjE6IkFETjIwMDkwMTI3MTc1NTUxLnhtbCI7fQ==
http://www.gexplorer.net/notizie/2009/01/stupro-guidonia-fermati-6-rumeni-la-gente-bastardi/
Resta il fatto che questo è, e resta un racconto di fantasia e diniego ogni aspetto doloroso e forzoso cui è costretta la protagonista del racconto. Tanto come nella vita reale.
Ogni fatto è puramente di fantasia e non ha nulla di veritiero.
Buona lettura.
Maxtaxi

Mia sorella Giuseppina 50.2 venerdì sera.

‘Indossando la minigonna rossa e il top bianco, prenderai il pullman della linea 1 alle 20:30 e scenderai alla fermata successiva dell’.IpermercatO. camminerai lentamente lungo la statale per 500 metri e riprenderai l’autobus per tornare in città alle 21:15.’

Le parole scritte nella mail, sono ancora vive nella testa. Aveva letto per l’ennesima volta cosa le veniva richiesto e ancora non ci poteva credere. Si sentiva in panico e osservandosi allo specchio, tremava tutta vistosamente. Non poteva credere che si era preparata per assolvere alle richieste del SIG.X. A quell’ora della sera, la zona era notoriamente conosciuta perché frequentata dalle prostitute. Scuote la testa incredula e appoggia la fronte disperata contro la fredda superficie dello specchio. La mail proseguiva:

‘…Sarai gentile e cordiale con tutti, tanto sul pullman che in strada. Ti siederai al solito posto, come quando vai a scuola. Alle 21:40 sarai a casa di Tonino e farai esattamente quello che ti verrà chiesto e che ti sarà ordinato di fare. Solo una lamentela e una certa cassetta con nuove immagini oltre che con le vecchie, sarà inviata al ristorante…’

Il SIG.X voleva umiliarla. Era certa e, quelle parole che ritornavano nella testa, non lasciavano dubbi. Lui voleva che si comportasse come una puttana di strada.

Indossa le scarpe e si chiede cosa potrebbe dire se un giorno sua madre scoprisse nel fondo dell’armadio le scarpe rosse con il tacco alto. Scuote la testa e dopo un sospiro profondo, si osserva allo specchio ed esce dal portone di casa per avviarsi all’appuntamento.

Camminare indossando le scarpe coi tacchi, le è venuto abituale e anche se si vergogna per come è vestita, le piace con un tocco di civetteria essere guardata. A volte si vergogna per come la guardano, ma molte altre, si inorgoglisce al pensiero e allo sguardo voglioso di alcuni. Arrivata alla fermata dell’autobus, si siede come di consueto, ma l’attesa è lunga e le macchine che passano dopo averla notata, suonano il clacson ripetutamente. Con sorpresa, è riuscita a riconoscere alcune auto, segno che hanno fatto inversione di marcia per poterla vedere. Quando finalmente arriva l’autobus, sale e si siede come di consueto.

Sorride, pensando a come è abituata a fare sempre la stessa azione. ‘Sempre gli stessi movimenti.’ Si dice fra se e se. ‘Quanti anni? Otto in totale. Sempre lo stesso mezzo. Sempre lo stesso posto per andare a scuola. In palestra. Al ristorante e in paese o al mare.’
‘Sono diventata un robot.’ Si dice a se stessa riflessa dal vetro, sorridendo.

Più il tempo passava, più si avvicinava alla meta e più diveniva nervosa. La gamba si muoveva ritmicamente facendo toccare il tacco a terra rumorosamente e rendendola ancor più nervosa. Stringe i pugni e cerca di respirare profondamente. Superato l’ingresso dei grandi magazzini, schiaccia il tasto del campanello della fermata e le poche persone che vi sono, la guardano. Il bus si muove e lei cammina incerta con le gambe che le tremano.

Giuseppina non vuole incrociare i loro sguardi, ma riesce a vederli quasi tutti. La vecchietta che la guarda schifata. I due signori anziani che girano la testa per osservarla compiaciuti. Un ragazzo seduto vicino all’uscita che si tocca l’inguine con fare volgare, mentre le sorride vistosamente.
Si sente in panico. Stringe forte le mani contro il tubo, mentre il pullman rallenta e si ferma. Le porte si aprono e dopo qualche attimo di incertezza scende i pochi scalini con difficoltà.

Rimasta sola. Si aggiusta la mini e il top per poi incrociare le braccia davanti a se a causa del freddo e della paura. Non si immaginava che la sera fosse ancora così fredda. Riflette e pensa che durante il giorno la temperatura era calda e piacevole. Si guarda attorno e osserva il pullman che si allontana e lentamente si avvia lungo la strada.

Muovere i primi passi sono stati i più difficili. Mette un piede davanti all’altro studiando con attenzione dove appoggiare i passi. Si stringe le braccia contro al petto e trema. Non è solo freddo, è anche paura. Cammina restando sul bordo della riga bianca cercando di evitare gli avvallamenti. Il suo modo incerto di camminare non ha nulla a che fare con il fatto che trema. Ha la pelle d’oca per il freddo e lo stomaco stretto dalla paura.

Non ha fatto molti metri che già le prime macchine la notano. Rallentano per osservarla meglio e, mentre alcune le suonano il clacson, altri aperti i finestrini, la insultano.
La prima volta Giuseppina si è voltata impaurita e dopo aver sentito le parole che le hanno urlato contro, mortificata ha continuato a camminare. Le volte successive, ha cercato di non distrarsi dalla strada anche se le auto le sfrecciavano pericolosamente vicino.

‘Puttana! Cosa fai quà! Vattene!’
Giuseppina si ferma immobile impaurita. Da uno spiazzo laterale una figura minacciosa la guarda La guarda e riconosce certamente se stessa. Identico trucco vistosamente pesante, stessi vestiti, stesso posto.
‘All’ora!?! Mi hai sentito?’ Le si avvicina con fare minaccioso e Giuseppina impaurita si allontana con passo svelto.

‘Vai! Vai o saranno guai per te!’

Continua a camminare sempre più velocemente, incurante delle buche o del rischio di ferirsi le caviglie e di cadere. Ha paura più della prostituta che la possa picchiare o peggio, che il suo protettore la possa rincorrere e sfregiarle il viso come aveva sentito spesso al telegiornale.

Con il respiro affannoso, il top le da fastidio, l’aveva legato troppo stretto perché non le scivolasse e non fosse costretta ad aggiustarselo continuamente. Diversamente, se lo allentava le scappava ma non riusciva a respirare. Si ferma e slaccia leggermente i lacci per poter respirare liberamente per qualche attimo. Continua a guardare indietro, che non sia inseguita e si guarda attorno che non ci sia qualche malintenzionato.

Al di là della strada, vede la pensilina e le torna in mente la mail ricevuta. ‘…camminerai lentamente lungo la statale per 500 metri e riprenderai l’autobus per tornare in città alle 21:15.’

Continua a guardarsi attorno e riflette che se corre e taglia la strada, può riuscire a scavalcare il Guard Rail agevolmente in quel punto o è costretta a camminare a lungo fino al successivo by pass pedonale.

Osserva con attenzione il movimento delle auto e alla opportunità propizia attraversa la strada di corsa. Giunta al centro della carreggiata, scavalca il Guar Rail, ma ha male calcolato l’altezza e si ritrova ansante seduta a cavalcioni sul freddo acciaio. Si guarda in basso e scorge che un seno è fuoriuscito dal top, ma resta immobile a respirare. Il contatto diretto con la calda figa le ha tolto il respiro e si ritrova in bilico seduta fra le due corsie. Alcune auto le passano accanto suonando e può distinguere chiaramente lo stupore nei loro sguardi.

Alla prima occasione scende dal freddo acciaio e termina di attraversare la strada di corsa cercando di sorreggere il top e coprirsi al contempo il nudo seno. Ansante e impaurita, si aggiusta abbassando la minigonna e ricomponendo il top allacciandolo il più stretto che può.

‘…Sarai gentile e cordiale con tutti, tanto sul pullman che in strada. Ti siederai al solito posto, come quando vai a scuola. Alle 21:40 sarai…’ Ansante ricorda la mail inviata dal SIG.X. Lo odia per quello che le ha costretto a fare. Ora che si stava calmando, l’aria pungente incominciava a farsi sentire. Il freddo acciaio e la temperatura le avevano portato ad avere la pelle d’oca e i capezzoli duri. Questi spuntavano dal leggero tessuto attirando maggiormente l’attenzione degli autisti che le passavano accanto.

In attesa del pullman e presa dai propri pensieri, non si accorge quasi che si ferma una macchina davanti a lei.
‘Ciao bella. Quanto?’

Incredula, guarda il signore dimenticandosi di respirare. Trema e si scuote come l’ho sconosciuto le rinnova la domanda.
Con la gola secca cerca di rispondere, ma le parole le escono con un sottile filo di voce. Stizzito questi si allontana accelerando bruscamente e solo quando la macchina è lontana, Giuseppina si ricorda della mail.
‘Maledetto Signor X. Vuole farmi diventare come una prostituta.’ Trema per la paura e per il freddo cui cerca di muoversi un poco per scaldarsi. Osserva la tabella degli orari di passaggio del bus quando le si ferma di fianco un’altra macchina.
Cercando di deglutire quel poco di saliva che ha, si avvicina al finestrino abbassato e risponde con cordialità, declinando l’invito e spiegando che attende l’autobus. Pur sorridente, la paura le resta e trema…

Odia il Signor X con tutte le sue forze e stringendo i pugni, ripete le stesse parole ogni volta che una macchina le si ferma vicino. Ogni volta ha paura che possa essere qualcuno che la conosce o peggio, la polizia. Vede il bus e si sporge per indicare di fermarsi alzando il braccio. Si sente sollevata e le torna in mente la mail. ‘…Sarai gentile e cordiale con tutti, tanto sul pullman che in strada. Ti siederai al solito posto, come quando vai a scuola. Alle 21:40 sarai a casa di Tonino…’

Osserva l’ora e ne rimane stupita. Il Sig.X aveva programmato tutto alla perfezione. Fermatosi finalmente il bus, si precipita dentro, salendo gli scalini di corsa come se volesse allontanarsi il più velocemente possibile da quel luogo. I fischi che sente le fanno gelare il sangue e volta la testa offesa e impaurita.

Presa dalla frenesia di scappare da quel luogo freddo e buio, non ha posto la dovuta attenzione. La mini le si è sollevata sui fianchi mostrando ai spettatori stupefatti e increduli, il taglio della figa. Il top attira maggiormente gli sguardi avidi degli uomini. Le aureole brune si possono scorgere distintamente dal leggero tessuto e i capezzoli duri spiccano distintamente.

Nell’approssimarsi alla fermata l’avevano vista e non potevano credere alla loro fortuna. Ora la stavano circondando e potevano bearsi di quella ragazza stupenda in piedi vicino a loro.

Giuseppina è in completo panico. Non sa cosa fare e come il pullman si muove, lei percorre il corridoio seguita dai fischi e dal loro vociare chiassoso. Si siede al solito posto come era abituata a fare e si aggiusta il top e la mini. Non poteva credere alla sua sfortuna. Era circondata da una banda di nordafricani e non sapeva cosa fare. L’avevano circondata e oltre a lei c’era solo l’autista. Si sforza di non guardarli e osserva la strada al di fuori del finestrino e mai come ora, avrebbe voluto scappare e correre lontano.

Non capisce cosa dicono, salvo le loro risate e le poche poche parole dette in italiano che le fanno gelare il sangue. Ha l’impressione che la stiano sfottendo chiamandola distintamente e più volte troia in un italiano stentato frammischiate alla loro lingua fra una risata chiassosa e l’altra. Uno di loro si siede sul sedile di fianco a Giuseppina, mentre lei cerca di farsi piccina, piccina contro il vetro. Ha una tale paura che il cuore le batte impazzito nel petto. Una mano dello sconosciuto le cinge le spalle mentre l’altra le accarezza il braccio. Nel divincolarsi Giuseppina porta il braccio lontano verso il vetro, ma così facendo ora la mano del nord-africano è sotto al seno cui accarezza vistosamente usando le nocche. Cerca di divincolarsi in qualche modo dall’abbraccio non voluto, ma un’altra mano le accarezza la testa e il collo da dietro, mentre un’altro davanti a lei, ha allungato la mano cercando di tirare il cordino che tiene legati i lembi del top.

‘Lasciatemi! Lasciatemi scendere!’ Urla Giuseppina in affanno e in panico, mentre cerca di divincolarsi e allontanare le mani che le sono addosso.

Quello che sta subendo è un vero e proprio assalto di mani e lei piange, mentre i suoi aguzzini continuano a molestarla imperterriti. Non le vede, ma sente chiaramente che le loro mani le toccano e palpano i seni. Cerca di divincolarsi e toglierle e, come sente posare una mano sulla coscia, stringe spasmodicamente le gambe. Non riesce a vedere chiaramente e a mettere a fuoco a causa delle lacrime. Distingue chiaramente che una mano le si è infilata all’interno del top e ora le sta palpando fortemente un seno e una mano le accarezza il pube dopo averle sollevato la minigonna.

Non capisce cosa si dicono fra di loro se non le risate e l’unica parola in italiano che riesce a capire: ‘Troia.’
Sente una mano farsi largo dolorosamente fra le gambe, pur avendole strette spasmodicamente e raggiungere a contatto della piccola e indifesa figa. Lei imperterrita cerca di divincolarsi allontanando le loro mani, ma come riesce ad afferrarne una, un’altra coppia si presenta su di lei. Presa con entrambe le mani dallo straniero seduto di fianco, le avvicina la testa con forza alla sua e la bacia. Sorpresa per un tale vile atto, abbandona ogni lotta contro le mani e facendo ricorso a tutte le forze, riesce ad allontanarlo e a divincolarsi dalla sua forte morsa.

L’uomo davanti a lei, è riuscito a slegare e ad abbassarle il top. Le tette nude sono preda delle mani dei due uomini seduti dietro a lei cui le torcono i capezzoli facendole mancare il respiro per qualche attimo. Una mano è riuscita a raggiungere le calde labbra vaginali e cerca di insinuare un dito in lei in modo rozzo e doloroso. Sconvolta e presa dalla disperazione, in un’ultima disperata difesa cerca di alzarsi, ma viene tenuta seduta fortemente. La mano che aveva fra le cosce è scivolata ora sotto al sedere e la mini si è sollevata mostrando il pube depilato.

Sente la mano sotto di lei muoversi e sgranando gli occhi percepisce un dito farsi largo nel piccolo buchetto anale. Prima che potesse dire qualcosa. Il dito era tutto sprofondato in lei. Non aveva più coraggio di muoversi, mentre le tette e i capezzoli continuano a venire martoriati dagli sconosciuti. ‘Donna. Just relax e tu sentirsi bene. Pensate di avere divertimento e tu sorridi. Just relax “.

Non poteva. Era in panico. Il cuore le martellava fortemente e aveva il fiato corto. Il clitoride era sollecitato dal polso dello sconosciuto e questo la infastidiva maggiormente. Non voleva fargli vedere che stava provando piacere. Non voleva dar loro nessun pretesto di continuare. La mano dell’uomo si ritrae e il dito ora viene accompagnato da un secondo che si ferma quando la penetrazione le arriva alle nocche.

Giuseppina voleva piangere e le lacrime le scendevano. Voleva urlare, ma ne era bloccata. La mano e le dita andavano avanti e indietro dentro di lei e non sentiva piacere, ma solo fastidio e dolore. Il tempo passava inesorabile con loro che ridevano e le martirizzavano i capezzoli e le tette. Fra di loro parlavano nella loro lingua e lei non capiva nulla. Sperava che tutto potesse finire presto e pregava che qualcuno corresse in suo aiuto.
Il pullman si ferma e alcune persone salgono. Finalmente gli stupratori si fermano e lei riesce ha ricomporsi alla meglio. Le persone guardavano nella loro direzione in modo severo e schifato. Era certa che la stessero giudicando e pensavano che fosse la peggiore prostituta che ci fosse sulla terra. Una giovane donna bianca in compagnia di brutti ceffi chiassosi e di colore.

Il tempo passa e la meta si avvicina sempre più. Gli uomini attorno a lei non tendono a lasciarla sola. Si limitano a sorriderle e a parlare fra di loro. Si avvicina la sua meta e cerca di attirare l’attenzione dell’uomo al suo fianco.
‘Avrei bisogno di passare. Dovrei scendere.’

Lui si alza e con fare galante le allunga la mano. Stizzita non la prende e aggiustata la mini, si alza. Suona il campanello della fermata e si porta davanti alla porta.

Lui non le dice nulla. Si limita a guardarla e con fare di sfregio, le passa le dita lungo la guancia e sulle labbra in quello che potrebbe essere una carezza.

Giuseppina si sente premere sui denti le dita che presume erano quelle che le avevano violato il sedere e con aria di sfida lo guarda, apre la bocca e le morde. Più forte stringe i denti e più intensamente l’uomo la guarda. Gli occhi neri la fissano intensamente. Le porte si aprono e lei come può senza dare ulteriore spettacolo scende dal bus. Fatti alcuni passi li sente ridere e voltatasi si sente gelare il sangue e il volto sbiancare.

Uno la cinge per le spalle, mentre il gruppo la circonda. ‘Cis… Now ora noi finire divertire.’ Le dice il nord africano, mentre la guarda sorridente.

Con le braccia strette sul petto, trema dalla paura incontrollatamente.

Un’altro la cinge per la vita e con i due uomini di fianco, viene guidata poco lontano e spinta dietro ai bidoni dell’immondizia.
In mezzo a loro Giuseppina trema sempre più vistosamente. Vorrebbe gridare, ma non riesce. Si sente bloccata.
‘Tu ora relax… Noi solo divertire…’

Qualcuno alle sue spalle inizia ad accarezzarle la pelle nuda. Lei è immobile. Pietrificata dalla paura. Qualcuno le alza la minigonna e il pube depilato viene osservato attentamente da tutti fra risate e nel loro linguaggio che non comprende salvo la parola: ‘Troia.’
Cerca di abbassare il piccolo indumento, ma altre mani le abbassano il top denudando le tette.

‘La… Lasciatemi.’ Cerca di urlare Giuseppina nel panico più totale. Le mani cercano di coprire il pube e i seni. Le gira la testa e si sente male. Lo stomaco torna a darle fastidio. L’uomo le si avvicina. ‘Tu donna. Relax. Noi solo giocare.’

Vuoi per la paura, vuoi per il viaggio sul pullman, Giuseppina ha un conato di vomito che non riesce a trattenere come le sta capitando da alcuni giorni e rigetta addosso all’uomo davanti a lei.

Urla risate e imprecazioni dette nella lingua degli stranieri cui Giuseppina non capisce e non comprende.
Appoggiata in avanti al bidone dell’immondizia, Giuseppina continua a rigettare, mentre uno del gruppo le si avvicina. Da tergo. Le palpa il sedere ancora esposto e le da una forte sberla sul sedere.
Una mano l’afferra per i capelli e la tiene schiacciata contro il cassonetto sporco e maleodorante. La mano l’accarezza ancora il sedere e scende lungo il taglio della figa fermandosi al clitoride. La masturba per qualche attimo e due dita sforzano lo sfintere facendola gemere di dolore.

‘Io non chiedo che si sentiva come.- Ha detto in uno stentato italiano il nord africano.- Ho potuto sentire nel tuo culo. Sei uno caldo ragazza.’

Giuseppina piange, in preda al panico e con la bocca impastata dal vomito.

“Io passare di nuovo dopo te.”

‘Stai andando avere. Hai avuto me ancora a guardare e dopo io indovinando essere è più che mai bravo e conoscere te.’

Le dita da dentro a lei escono e geme di soddisfazione e terrore. Paf. Uno schiaffo atterra su una chiappa. Paf e nuovamente la mano pesante dell’uomo atterra nello stesso punto colpito precedentemente.

‘Questo è il modo.- Ha detto lo straniero.- Facciamo che bello culo rosso.’

La sculacciata è durata a lungo con lei che geme e piange. Il sedere le faceva male e desiderava scappare via del quel posto da quel luogo. Ogni schiaffo che riceveva malediceva il SIGNOR X. Malediceva la cassa. Malediceva se stessa per essere l’unica responsabile di quello che le stava accadendo.

‘Noi ora avere tuo nome. Indirizzo.- Le dice l’uomo gettandole in faccia la carta di identità.- Noi tornare visitare te. Tu brava e calda. Troia. Tu puttana.’

Poco distante. Tonino ha continuato a filmare i 5 nordafricani che si incamminano lasciando sola la povera Giuseppina. Voleva reagire ed era pronto in ogni istante a chiamare la polizia, ma voleva vedere fin dove si fossero spinti. Soddisfatto la vede poco dopo camminare come se fosse ubriaca e sedersi sulla panchina poco distante. Se fosse stata più illuminata l’area, avrebbe poteva vederle la figa nuda. La vede entrare in un bar cui erano prossimi alla chiusura e qualche minuto dopo uscire con in mano una bottiglietta di coca cola. Chiaramente ha potuto vedere che si era rifatta il trucco e si era rimessa a posto.

Maxtaxi

Aiutatemi a migliorare. Aspetto le vostre critiche.
Sono in attesa delle vostre proposte e suggerimenti da inserire nei prossimi capitoli’

taximassimo@yahoo.it ‘ mail e msg nelle poche volte che sono collegato.

Questo romanzo non deve essere riprodotto elettronicamente o a mezzo stampa senza la mia autorizzazione scritta.
This novel should not be reproduced electronically or in print with out my written permission.

Leave a Reply