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Racconti di Dominazione

Niente accade per caso…

By 30 Marzo 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi chiamo Lorenza, 34 anni, capelli sulle spalle, leggermente mossi, color castano chiaro, viso dolce e rotondo, occhi nocciola e profondi, 3 di seno, alta circa 170 centimetri per una taglia 42, una che a sentire i commenti del piccolo paese dove vivo credo non passi spesso inosservata.

Sono sempre stata fedele a mio marito, anche se le occasioni per mettergli le corna non mi sono mancate, non sono il tipo da avventure, non ne avverto la necessità, sono soddisfatta da lui in tutti i sensi, anche sessualmente, io lo amo più della mia stessa vita e così anche lui ama me, per il resto posso dire di essere un tipo tranquillo, mi faccio sempre i cazzi miei e non mi piace troppo mostrarmi, anzi al contrario se potessi mi nasconderei a volte anche per evitare certa gente, mi considero una persona seria, rispettosa dei valori che mi hanno insegnato i genitori, la famiglia viene prima di tutto, rispetto e serietà.

Sono sposata da ormai 14 anni con Stefano, 3 anni più vecchio di me, un bell’uomo, io però son di parte, ma posso dire che &egrave un gran lavoratore ed una bellissima e buonissima persona sempre pronto e disponibile con tutti.

Con Stefano siamo praticamente cresciuti insieme, ci conosciamo dalle elementari, a 14 anni già stavamo insieme e quando ho compiuto 20 anni ci siamo sposati, 5 anni dopo &egrave nato Andrea, uno splendido bambino cercato e voluto, che adoriamo e forse viziamo un po’ troppo.

Abitiamo in un piccolo paese, dove siamo abbastanza conosciuti forse anche per il lavoro che facciamo, gestiamo un bar/trattoria in una delle due strade principali del paese, luogo frequentato un po’ da tutti in zona e non, un contributo importante alla nostra notorietà sono la presenza di numerose fabbriche nei dintorni, si mangia bene e si spende poco. infatti tra i nostri clienti si possono trovare e dai lavoratori mattinieri, agli operai per il pranzo, ai pensionati che vengono a giocare a scala 40, ma anche da giovani la sera, visto che Stefano lo tiene spesso aperto fino a tardi &egrave anche un luogo di ritrovo.

Il bar ci ha permesso di vivere onestamente e abbastanza agiatamente nel corso degli anni anche se senza troppi lussi, ma dove c’&egrave benessere e felicità c’&egrave anche invidia…e noi non facciamo eccezione, la gente chiacchiera e mormora inventando storie sulla qualsiasi, storie che noi non abbiamo mai dato adito a credibilità.

Il quell’attività avevamo investito tutti i nostri risparmi per una ristrutturazione totale, per stare a passo coi tempi qualche anno fa, della quale ancora stiamo pagando un finanziamento ma purtroppo anche noi non siamo sfuggiti alla crisi economica.

Col passare del tempo ci accorgemmo che i clienti diminuivano anche per colpa delle fabbriche che continuavano a chiudere, i profitti calavano settimana dopo settimana ed a stento riuscivamo ad arrivare a fine mese, avevamo un mutuo da pagare per altri 15 anni, il finanziamento per la ristrutturazione, e facevamo veramente fatica a sopravvivere, i fornitori ci stavano col fiato sul collo minacciando anche azioni legali per la riscossione delle fatture arretrate, abbiamo pensato anche di chiudere l’attività ma era l’unica fonte di reddito che avevamo e con un lavoro normale seppur impossibile da trovare non saremmo mai riusciti a pagare nemmeno i debiti, figuriamoci tirare a campare, provammo a chiedere un altro prestito in banca almeno per pagare i fornitori, ma ci fu negato in quanto avevamo un mutuo aperto ed un oneroso finanziamento in corso con poche garanzie da offrire, così anche le finanziarie che facemmo visita, ci davano tutti la stessa risposta.

Passarono i mesi senza poter adempiere al pagamento dei debiti, non riuscivamo più a pagare tutte le spettanze, le tasse, il finanziamento, la scuola di nostro figlio Andrea, eravamo sull’orlo della disperazione, non sapevamo come uscirne.

Sembrava una sera come tante altre, eravamo al bar, era tardi, stavamo quasi per chiudere, discutevo con Stefano sui nostri problemi economici cercando di venirne a capo, quando entrò Franco, un nostro cliente abituale da anni, un uomo sui 50, un operaio di una delle fabbriche della zona, una di quelle che ancora stava sopravvivendo alla crisi, single, una bestia, io lo chiamavo così, forse anche per quello che non si era mai sposato, alto almeno 190/195 centimetri, per almeno 120/130 chili, capelli quelli rimasti completamente bianchi, ed anche un po’ trasandato ma sempre serio e rispettoso nei nostri confronti, ci disse di non aver potuto fare a meno di ascoltare la nostra discussione e qualora avessimo voluto avrebbe potuto farci conoscere una persona che forse avrebbe potuto risolvere i nostri problemi o quantomeno alleviarli un po’, rifiutammo senza pensarci, non volevamo altri guai oltre a quelli che avevamo già e con tutto quello che si sente in giro.

Qualche giorno dopo per concludere arrivò anche l’assistente sociale mandato dalla scuola di nostro figlio, dicendo che noi non stavamo più pagando la mensa scolastica ed il bambino sembrava trascurato, di metterci in riga o avrebbe avviato un istanza contro di noi, mi si gel’ il sangue, solo pensare che avrebbero potuto togliermi il bambino, sarei morta piuttosto che stare lontano da mio figlio, fu così che ci convincemmo a parlare con l’amico di Franco.

A Franco ero sempre piaciuta, glielo si leggeva in faccia ogni volta che mi vedeva, forse era anche per questo che era solito passare quasi ogni giorno dal bar, passò anche la sera successiva e quando lo vidi arrivare dopo aver preso le sigarette e offertogli il caff&egrave gli chiesi se era ancora valida la proposta della sera prima, certo rispose, per voi questo ed altro rispose, ci disse che ci avrebbe messo in contatto con lui in poco tempo.

Il giorno dopo ci avvisò che se per noi andava bene passava col suo amico alla chiusura, tra me e me pensai che ci stavamo inguaiando ancora di più, più debiti più guai, mia madre me lo diceva sempre, ma per adesso non vedevamo altre soluzioni possibili.

Furono puntuali alle 22:30 arrivano al bar, era socchiuso, visto che li stavamo aspettando, non c’era nessuno dentro oltre me e Stefano, li vidi scendere da un grosso suv bianco, c’&egrave lo present’ col nome di Luciano, un uomo sui 60/65 anni, era brutto come la fame, non altissimo, sui 170 centimetri non di più, con una pancia pronunciata, il naso da topo e le orecchie da elefante, il tutto su un viso butterato, odorava di sigari andati a male, ma a parte questo, si mostrò molto cordiale e sembrò colpito dai nostri problemi, il resto a noi non interessava minimamente.

Ci spiegò che lui insieme ad altri 2 soci avevano diverse finanziarie, ma lui era il socio di maggioranza col 50% gli altri due si dividevano le restanti quote in parti uguali, che c’era da studiare una soluzione che facesse al caso nostro e che non era affatto semplice, ma ci fece capire che siccome eravamo amici di Franco avrebbero avuto un occhio di riguardo, ci concedammo con la promessa di risentirci quanto prima.

Fu di parola, il signor Luciano ci chiamò al telefono per fissare un appuntamento nella loro sede, giovedì era la chiusura settimanale del bar e lui non fece obiezione per riceverci quel giorno.

Arrivammo puntuali all’appuntamento, in un paese poco fuori il nostro, ma molto più grande, facemmo i due piani di scale che ci separavano a piedi, anche lui era stato puntuale, ci ricevette con un sorriso smagliante, trovammo anche Mario, uno degli altri due soci, un uomo dalle stesse sembianze fisiche più o meno ed anche l’età sembrava giù di li, il signor Luciano era seduto su una grande sedia di pelle nera dietro una grande scrivania dove c’erano tante cartellette e fogli vari, ci offrì da bere ma rifiutammo con garbo, allora prese la parola, vengo subito al dunque disse, vedete il vostro problema non &egrave semplice, vi servono parecchi soldi e voi non avete abbastanza garanzie da offrire, non metto in dubbio che siate brave ed oneste persone ed anche gran lavoratori però col mio lavoro non posso espormi per così tanti soldi, cercheremo di fare una eccezione per voi vista l’amicizia col nostro caro amico Franco, abbiamo già parlato con la vostra banca e questa &egrave la nostra proposta, noi, intendo come società, rileveremo tutti i vostri debiti, il mutuo ed il finanziamento intero, vi daremmo anche 10 mila euro per ripartire con l’attività, dal canto vostro come garanzia ci date la vostra casa e appunto la vostra attività con qualche cambiale a lungo termine in bianco, praticamente continuerete ad abitare nella vostra casa, ad avere il vostro bar e ci ripagherete in base al vostro guadagno con un piccolo interesse del 4% sempre meno di quello che vi farebbero le banche, qualora trovaste quella disposta a finanziarvi caso molto difficile, mi spiego meglio: ci fate il rogito della vostra casa e della vostra attività e la firma di cambiali in bianco a lungo termine per l’importo della rimanenza, ci restituirete ogni mese metà dell’incasso del bar più un 4%, sarebbe solo una garanzia, cercate di capire anche la nostra posizione, solo in via fittizia saremmo noi i proprietari dei vostri beni fino al ripianamento del debito, che siano 10 anni 20 anni o 100 non ci interessa, voi continuerete a goderveli come se fossero ancora vostri l’unico problema &egrave che non avete molto tempo per decidere, dovete farlo adesso non tornate domani perché non vi faremmo la stessa offerta, se accettate il nostro notaio ci sta aspettando per fare il tutto.

Io e Stefano ci guardammo negli occhi per qualche istante con un gesto di assenso quasi in contemporanea dicemmo si va bene.

Facemmo tutto in giornata e tornammo a casa col nostro assegno di 10 mila euro, eravamo felici per aver tamponato una situazione disperata

Con quei soldi saldammo tutti i fornitori e i piccoli debiti che avevamo in giro compresi quelli per la scuola di nostro figlio, e ci rimase anche qualcosa, il bar ci faceva sopravvivere, ed ogni mese pagavamo la nostra quota ricevendo in cambio una cambiale con l’importo pagato.

Era passato più di un anno e Franco continuava ad essere nostro cliente abituale, ma Luciano e Mario, non li avevamo più visti, a riscuotere le rate del debito venivano sempre persone diverse per conto loro.

Alla riscossione di una delle tante scadenze che ancora avevamo da pagare ci invitarono a passare dall’agenzia il giovedì seguente, giovedì non a caso era la chiusura del bar così per avere modo di parlare con più calma.

Arrivammo come sempre puntuali, c’era un via vai di persone nel loro ufficio, operai per lo più extracomunitari, almeno così mi sono sembrati, l’appartamento era in ristrutturazione, trovammo ad attenderci il signor Luciano, scusandosi per il casino degli operai ci invit’ a seguirlo nella stanza adiacente.

La stanza era divisa una tenda, arrangiata per i lavori, era un pezzo di plastica rigida trasparente dove si poteva benissimo vedere attraverso, dentro passeggiava con le mani in tasca il signor Mario, ci salutò a stento alla nostra entrata, era un ufficio accomodato con un tavolo di plastica tipo pic nic e un paio di sedie sempre di plastica, il signor Luciano si scusò anche per questo e dopo tutte le riverenze ci fece presente il motivo della convocazione, per un anno e oltre abbiamo cercato di venirmi incontro, ma gli introiti del bar sono sotto le peggiori aspettative immaginate ai tempi della stipula, ci siamo esposti con voi per un capitale molto grosso, e dopo esserci consultati, io e gli altri soci, siamo venuti a punto che non riuscireste mai a risarcire l’intero importo nemmeno campando duecento anni, noi abbiamo una società e dobbiamo pensare al bene di essa, quindi? Esclamò Stefano!!! Quindi siamo costretti a mettere in vendita il vostro appartamento rilevare l’attivata e mettere all’incasso le vostre spettanze entro lunedì, Stefano stupefatto si alzò di scatto in piedi, ma cosa dice così ci manda in rovina, lo sa benissimo che non abbiamo tutti i soldi e il bar &egrave l’unica fonte di reddito che abbiamo, siamo sempre stati regolari coi pagamenti, siamo persone serie e oneste adempiremo a tutte le spettanze in tempo, si calmi replicò il signor Luciano da parte sua, non c’&egrave la farete mai, mi creda, lo sapete anche voi che con questa crisi anche il valore dell’appartamento si &egrave notevolmente abbassato e con tutte le tasse che si pagano chi prenderebbe in gestione un bar? Già saremo in perdita anche vendendo tutto oggi.

Io stavo zitta ma ero nel panico, non mi aspettavo tutto questo quando siamo partiti da casa, all’improvviso sentimmo il signor Mario quasi sussurrare una frase: almeno che!!! Almeno che cosa replicò d’istinto Stefano, almeno che non offra come ulteriore garanzia anche sua moglie lo sovrastò il signor Luciano con voce sicura, mi alzai di scatto sbattendo i pugni su quel già debole tavolo, COME VI PERMETTETE BRUTTI MAIALI SCHIFOSI, PENSATE FORSE SIA UNA PUTTANA? Stefano mi prese la mano e ci avviammo verso l’uscita, il signor Luciano non si scompose e con voce di scherno replicò, prima di andarvene vorrei ricordarvi di preparare i bagagli, perché aspettare a lunedì per incassare i crediti quando possiamo farlo domani, venerdì le banche sono aperte o sbaglio signora De Sciglio? Ah dimenticavo quel signore che avete conosciuto tempo fa, l’assistente sociale &egrave il nostro terzo socio quello che ancora non avete conosciuto, e adesso se volete andatevene pure.

Non sapevo se piangere urlare o prenderli a pugni quei due brutti bastardi ci avevano teso una trappola, ci avevano messo in gabbia, non riuscivo a parlare, ne a pensare ero sconvolta, così messi davanti all’evidenza prese la parola Stefano, mi spieghi meglio cosa intendeva con le sue parole, avere mia moglie come garanzia!!! il signor Luciano non si scompose, sapeva di averci in pugno oramai: beh caro signor De Sciglio o posso chiamarti confidenzialmente Stefano, se decideste di accettare la nostra proposta, potrò disporre a mio più assoluto piacimento di sua moglie, a mio volere, come quando e qualunque esso sia.

Sapevamo che uscire da quella stanza avrebbe significato per noi finire in mezzo ad una strada, segnati per tutta la vita, protestati e forse ci avrebbero portato via nostro figlio avendo un socio assistente sociale, ma allo stesso modo accettare chissà fino a quale abisso saremmo scesi, in un attimo di lucidità piangendo, vidi Stefano nello sconforto, con le mani al viso, incapace di reagire così cercai di impietosire il signor Luciano: non può farci questo, per favore siamo brava gente, onesta, abbiamo un bambino piccolo, ebbi come risposta:, dateci i nostri soldi e finisce tutto qua ognuno per la propria strada, non vorrei passare per un ricattatore o un usuraio, vogliamo solo rientrare dei nostri crediti, quella che vi abbiamo fatto &egrave solo una proposta per venirvi ulteriormente incontro, anzi abbiamo perso anche troppo tempo già decidetevi sto già perdendo la pazienza!!!! prendere o lasciare non avete altro tempo per pensarci!!! Guardai Stefano negli occhi, oramai la risposta era quella, c’&egrave l’avevamo letta nella mente, l’avevamo percepita, anche senza fiatare avevamo deciso, ok accettiamo dissi ma una sola condizione per favore: mio figlio, non dovrà mai subire niente dovete garantirmi il suo benessere e provvedere voi qualora non fossimo nelle condizioni.

Il signor Mario assisteva dal fondo della stanza muto, sembrava quasi non ci fosse, stava zitto e si godeva il suo spettacolo continuando a passeggiare avanti e indietro, vedete cari signori De Sciglio rispose il signor Luciano, non siete in grado di porre condizioni ma voglio venirvi ulteriormente incontro, prima di firmare il contratto però vorremmo vedere la merce, lei &egrave sempre così imbacuccata, mai un vestito sexy o quant’altro possa fare immaginare le sue fattezze, sempre con questa aria da donna per bene, la teniamo d’occhio da un po’ crede che siete capitati per caso da noi? La merce però deve valere lo scambio, ed &egrave sicura che lei possa valere l’intera somma? Ci metterebbe la mano sul fuoco?

Stefano oramai era in catalessi non rispondeva più non parlava più era rassegnato alla situazione, piangevo e il signor Luciano continuava ad infierire, si alzò dalla sua poltrona e mi venne vicino con aria scazzata di fronte alla mia titubanza mi prese per un braccio e gridò: andate via mi avete rotto la michia già, mi state facendo solo perdere tempo, non preoccupatevi rientrerò lo stesso dei miei soldi, aspetti aspetti dissi con quel filo di voce che mi rimaneva, va bene faccia pure quello che vuole, controlli la sua merce, fu così che scoppiò a ridere, brava la nostra Lorenza vedo che comincia a capire, intanto per cominciare smetta di piagnucolare, porgendomi dei fazzoletti di carta, si asciughi su, mi sta sul cazzo la gente che piange e poi le lacrime rovinano il suo bel viso, noi non vorremmo vedere che il piacere sulla sua faccia, cominci a denudarsi, ma qui davanti a tutti chiesi con oramai aria rassegnata, quella specie di tenda che avete messo &egrave trasparente e di la ci sono gli operai, non si preoccupi per questo signora Lorenza, vuol dire che per oggi avranno il loro premio.

Avrei dovuto compiacerli, a saperlo mi sarei preparata meglio, non avevo nemmeno l’intimo coordinato, non potevamo mai immaginare una situazione del genere, rossa dalla vergogna e dall’umiliazione più grande della mia vita che stavo per subire, feci dei passi indietro su indicazione sua, il signor Mario si portò accanto al signor Luciano davanti alla scrivania, Stefano in un angolo della stanza seduto su quella sedia di plastica bianca alzò lo sguardo verso di me restando immobile, tolsi io cappotto e lo poggia sulla sedia dove qualche minuto prima stavo seduta, poi toccò agli stivali, seguirono il dolcevita e i jeans, il signor Mario faceva segni con la mano di continuare, tolsi anche la canotta, ora ero in reggiseno mutandine e collant, quando mi fu indicato di tirare via anche quelli, tra le risa di scherno dei due, mi sentii tremare le gambe e come se un pugno mi fosse arrivato allo stomaco, proseguì col mio spogliarello, fino a rimanere completamente nuda.

Il signor Luciano si avvicinò girandomi in torno e scrutando ogni centimetro del mio corpo, io ero li immobile e rossa dalla vergogna, palesemente in imbarazzo anche se cercavo di nasconderlo, tutti mi guardavano, sentivo i commenti degli operai al di la della tenda, immaginate voi quali potessero essere, questo aumentava il mio disagio, il signor Luciano mi prese le tette tra le mani e cominciò a strizzarle, prima lentamente poi sempre più forte fino a tirarmi i capezzoli, cercavo di rimanere immobile per quanto possibile, mi invitò a poggiare le mani sul tavolo, frugò tra le mie natiche, ogni suo tocco procurava in me come una scossa, si una scossa di adrenalina molto forte che arrivava fino al cervello, mi faceva schifo lui e tutto questo, rivolgendosi a Mario disse: cosa ne pensi con aria apparentemente dubbiosa, il signor Mario si avvicinò per avere la sua parte di umiliazione nei miei confronti, mi perlustrò anche lui, mi sentivo le sue mani ovunque, sentivo le sue grossa dita passare tra le natiche e sfiorarmi l’ano, beh la signora ha del potenziale ma c’&egrave da lavorarci sopra. Rimasi in quella posizione, con le mani appoggiate sul tavolo e le gambe divaricate per diversi minuti che a me sembrarono anni, il signor Luciano e il signor Mario continuavano a discutere a voce alta, lo facevano apposta per fare accrescere la nostra umiliazione, beh quella foresta in mezzo alle gambe &egrave da potare e poi ha una mutanda bianca con un reggiseno rosso non ha gusto, c’&egrave molto da fare che ne pensi? Ne vale la pena?
Il signor Luciano si girò verso di noi e disse: ABBIAMO DECISO, anche se con riserva sottolineò, ci sarebbero tanti aspetti da migliorare cari coniugi De Sciglio !!! Se per voi va bene firmeremo un nuovo contratto adesso, che ne dite?
Anche se non avrà valore legale avrà almeno valore morale non si sa mai che vi venissero in mente certe idee strane, si avvicini anche lei signor Stefano De Sciglio, non se ne stia in disparte.

Contratto? Pensai nella mia mente, cosa avranno in mente questi due pazzi? Ma oramai non potevamo rifiutare, non eravamo nelle condizioni, annuimmo col capo, orami eravamo caduti nella loro tela, era un complotto ben organizzato contro di noi, e c’eravamo caduti in pieno come due idioti, fosse stato solo per me, sarei potuta finire anche in mezzo ad una strada non me ne sarebbe importato niente pur di non sottostare ai desideri perversi di quei due maiali, ma perdere mio figlio, fargli passare le pene dell’inferno questo no, non lo potevo sopportare, era questo che mi frenava, avevo troppa paura del collega assistente sociale.

Rivolgendosi a me il signor Luciano disse: si sieda anche lei signora Lorenza o preferisce rimanere in piedi, così mi avvicinai alla sedia dove avevo poggiato i miei vestiti, cercai di rivestirmi ma subito venni ripresa dal signor Mario, signora ma cosa fa? Guardi che l’abbiamo invitata a sedersi non a rivestirsi, oramai ero sottomessa a loro, ero un automa, raccolsi tutti gli abiti e li spostai su un altra sedia a lato così mi sedetti, ero in evidente imbarazzo, provavo tanta vergogna, stare li completamente nuda davanti a quegli esseri ripugnanti mi metteva angoscia ansia e paura, non era nella mia natura stare nuda davanti a sconosciuti.

Le parole del signor Luciano mi distolsero dai miei cupi pensieri fecendomi tornare alla cruda realtà, per ogni contratto che si rispetti, specie come questi servono dei testimoni che non noi abbiamo, però oltre la parete c’&egrave ne sarebbero tanti, &egrave d’accordo signor Stefano De Sciglio? Potrebbe andarli a scegliere personalmente suo marito che dice signora Lorenza? Ne basterebbero due o più faccia lei, Stefano fu scosso da quelle parole, anche al mio amore toccava la sua parte di umiliazione, tentennò per qualche istante ma poi si diresse verso l’altra stanza, nel frattempo prepariamo l’occorrente.

Cominciò a tirare fuori dei fogli da una cartelletta che aveva sul tavolo, dietro di lui c’era un armadietto in ferro tipo quelli eh si trovano nelle scuole o nei magazzini, il signor Mario tirò fuori un treppiede ed una videocamera che avvitò a esso in pochi istanti, e rivolgendosi a me disse: sa noi non lasciamo niente al caso &egrave solo per essere precisi, nel frattempo Stefano tornò con due uomini, mi guardò negli occhi come se volesse scusarsi, gli lessi dentro tutta la rabbia e la vergogna che provava, in fondo lo sapevo che non era colpa sua, erano due operai non italiani questo era sicuro, sui 40 anni non di più credo, parlavano un italiano stentato, erano sporchi, pieni di intonaco, erano due operai edili, ma almeno non erano di orribile aspetto come i nostri aguzzini, anche se trasandati, il lavoro edile gli aveva formato il fisico, erano muscolosi, il signor Luciano gli chiese come si chiamassero e da dove venissero, Bogdan e sono rumeno rispose il primo mentre l’altro mi chiamo Saphir e sono Algeria disse, cosa ne pensate della signora Lorenza gli chiese il signor Luciano, bella donna signore signore rispose Bogdan, e tu invece chiese a Saphir ” bella figa signore”, ho visto nuda prima dietro tenda, il signor Stefano vi ha già spiegato credo quello che dovete fare, si signore, poi rivolgendosi a noi ci chiese un documento di riconoscimento, non capivo a cosa potesse servirgli ma presi la borsa e gli diedi la carta di identità e così anche Stefano fece lo stesso, allora vi spiego, faremo un piccolo video, lei signora Lorenza mostrerà il suo documento alla telecamera, che sia ben visibile, lo metterà vicino al suo volto possibilmente faccia anche un bel sorriso e cerchi di sembrare quanto più spontanea possibile, anche lei signor De Sciglio, successivamente leggerà ad alta voce un testo che io le darò signora Lorenza, dovrete sembrare entusiasti di quello che fate, ricordatevi che non avrete un altra possibilità, o il nostro rapporto potrà considerarsi chiuso e domani andremo in banca e poi quello che sapete già compresa la visita del nostro amico socio, mi sono spiegato bene ribadì il signor Luciano, e adesso cominciamo che &egrave tardi.

Il signor Mario fece partire la videocamera, cominciò a riprendere un po’ tutti i presenti ed il luogo dove ci trovavamo, quando toccò a me presi la carta di identità, tra lo stupore dei presenti mi alzai in piedi e feci qualche passo indietro così da farmi inquadrare per intero, e la portai vicino al volto cercando di fare un sorriso quanto più spontaneo possibile e di far vedere bene la carta di identità, così fece anche Stefano, avevo paura di sbagliare e farli arrabbiare.

Il signor Luciano dall’espressione sembrava fosse stato colpito positivamente da questo mio gesto, mi passò un foglio che cominciai a leggere anche se ignoravo il testo:

In data odierna 13/03/2014 io sottoscritta Lorenza Maria Morelli, con l’approvazione del qui presente marito Stefano De Sciglio, e davanti al signor Mario Rotella socio del signor Luciano Calabresi e due testimoni il signor Bogdan Culianu e il signor Saphir Madjer operai edili della ditta xxxx consensualmente accettati come tali, nelle mie piene facoltà di intendere e volere e senza nessuna costrizione altrui mi offro volontariamente come pegno al signor Luciano Calabresi, a fronte dei debiti che io &egrave mio marito abbiamo contratto nei suoi confronti e dispongo quanto segue:

1) Il signor LUCIANO CALABRESI potrà disporre della mia persona a suo volere e piacimento come e quando lo riterrà opportuno.

2) Il signor LUCIANO CALABRESI potrà farmi fotografie o videoriprese in qualsiasi situazione lui ritesse più opportuna e disporre del materiale a suo piacimento.

3) accetterò volontariamente e con piacere qualunque pratica sessuale volesse impormi ed io mi impegnerò nel dargli quanto più piacere possibile a lui o chi per lui.

4) Il signor LUCIANO CALABRESI potrà esibirmi nell’abbigliamento che riterrà più consono per me, senza limiti di depravazione.

5) Il signor LUCIANO CALABRESI potrà umiliarmi a suo piacimento accettando tutte le depravazioni che saprà inventare lui o chi per lui nei miei confronti.

Inoltre aggiungo che:

Ogni disobbedienza da parte mia o dal mio coniuge verrà considerata come rottura del contratto con le conseguenze concordate in precedenze, perché io signora Lorenza Maria Morelli sono una troia e come tale devo essere trattata.

Letto e accettato

FIRMA:
Lorenza Maria Morelli
Stefano De Sciglio
Luciano Calabresi
Mario Rotella
Bogdan Culianu
Saphir Madjer Non potevo credere alle parole che avevo appena pronunciato, si &egrave vero le avevo lette sotto costrizione, ma questo non lo sapeva nessuno, era la nostra parola contro la loro, e poi c’era il video una prova inconfutabile, come lo avrei mai potuto spiegare, io che ridendo mostravo chiaramente un mio documento di riconoscimento con tanto di foto che nuda leggevo quelle frasi, chi avrebbe potuto crederci, come avrei potuto giustificarmi, e poi se si sapesse in giro, in paese non aspettano altro, tutte domande a cui non sapevo dare una risposta, questo atto aveva segnato la nostra definitiva resa nei loro confronti.

Un ghigno malefico vidi negli occhi dei nostri carnefici, avevano su quell’aria di vittoria, si c’erano riusciti, avevano messo in gabbia la donna irraggiungibile seria e per bene, loro brutti come il peccato potevano disporre di lei a loro piacimento senza ricevere nessuna opposizione, era l’inizio di un brutto incubo? O mi stavo facendo troppe paranoie?

Ero nuda davanti a loro assorta nei miei pensieri, completamente immobile, lo sguardo immerso nel vuoto, dall’altra parte della tenda avevano assistito a tutto lo show gli altri operai, il signor Luciano mi riportò ancora una volta alla realtà, si alzò dalla sedia e cominciò a battere le mani, BRAVA LA NOSTRA SIGNORA, mi ha sorpreso positivamente, vedo che &egrave piena di risorse, faremo grandi cose insieme, glielo garantisco, e voi signor Bogdan e signor Saphir potete tornare al vostro lavoro la signora Lorenza avrà modo di ringraziarvi in futuro per la vostra disponibilità, anche noi adesso abbiamo delle cose da fare.

Rivolgendosi a noi il signor Luciano disse…: vedete noi non siamo così malvagi come lei sta pensando adesso, signora Lorenza, noi aiutiamo persone, facciamo anche del bene, lo sa questo…???
Qualche anno fa abbiamo finanziato per intero la costruzione di una casa famiglia fuori città, ci sono tante persone disagiate in giro, noi cerchiamo di recuperare quelle che possiamo e per questo vogliamo darvi un ulteriore aiuto visto che la signora d’ora in poi sarà più impegnata, vi manderemo qualcuno ad aiutarvi nell’attività, ovviamente non dovete preoccuparvi di nulla provvederemo noi a tutto anche al vostro stipendio, da ora in poi riscuoteremo per intero l’incasso del bar e vi manterremo con un sussidio, non preoccupatavi sarà abbastanza da permettervi di stare bene, almeno che non decideste di rompere il nostro contratto con le conseguenze che sapete già.

Lei signora Lorenza adesso dovrà essere disponibile 24 ore su 24, tutte le volte che la contatteremo dovrà rispondere, non accettiamo rifiuti, si munisca di uno smartphone di ultima generazione e si accerti che sia sempre acceso e abbia abbastanza segnale da poterla seguire e verificare via webcam se sta eseguendo i compiti, e adesso visto che &egrave ancora presto e non abbiamo niente da fare ne approfitteremo per portarci avanti col trattamento che ne dite?????…..Veramente dovremmo andare a prendere nostro figlio dissi tremante…, non si preoccupi signora Lorenza per questo ci penserà suo marito a noi per il momento interessa solo lei domani avrà a disposizione anche una baby sitter che possa badare a suo figlio per tutta la giornata, si rivesta adesso signora Lorenza, non perdiamo altro tempo…e lei signor De Sciglio può anche andare a riprendere il pargolo, gliela riporteremo noi sua moglie non si preoccupi.

Stefano si avviò verso l’uscita sconsolato e senza voltarsi, io lo seguì con lo sguardo, finché non scomparì dalla mia vista, nonostante tutto mi sentivo più sicura con lui accanto, si rivesta che &egrave tardi mi ricordò il signor Luciano, gli faremo conoscere la nostra assistente che si prenderà cura di lei, si sbrighi che ci sta aspettando.

Mi rivestì velocemente aggiustandomi quanto meglio possibile, il signor Luciano nel frattempo raccolse le sue cose chiudendole nella sua 24 ore di pelle nera compresa la memory card della videocamera dove era registrato il video, e il contratto che avavamo firmato, li seguii a testa bassa.

Passammo attraverso una schiera di operai, mi sentivo osservata da tutti, era come se mi stessero violentando con gli occhi, mi guardavano come un branco di lupi guarda un agnellino indifeso.
Salimmo sul suv bianco del signor Luciano che però guidò il signor Mario, io mi sedetti dietro, non sapevo dove mi stavano portando fino a quando non scendemmo davanti ad un portone di una casa indipendente fuori paese, ci accolse una donna, me la presentarono come loro assistente, si chiamava Angelina, era una donna non altissima, sui 160 centimetri, più di 50 anni ma meno di 60, con un po’ di chili di troppo anche se non obesa, aveva i capelli corti, a caschetto e profonde occhiaie, vestita in modo elegante ma sobrio, mi lasciarono con lei dicendomi che avrebbe provveduto a me e di ascoltarla come se fosse stato il signor Luciano e se ne andarono.
Angelina non mi fece nemmeno entrare in casa, che subito mi prese per mano e ci avviammo verso la sua auto, facemmo un bel po’ di chilometri, lei non parlava, non disse una parola per tutto il tragitto, avevo tanta paura, avevo paura di quello che mi sarebbe accaduto da li in avanti, avevo paura di cosa avrebbero fatto di me, avevo paura di non essere all’altezza delle loro aspettative, avevo paura di cosa sarebbe successo se mi fossi opposta a qualche loro richiesta, i dubbi mi assillavano, la testa mi scoppiava.
Arrivammo in città, parcheggiò l’auto e mi fece segno di seguirla, entrammo in un salone di bellezza, era molto grande e raffinato, ci accolse una donna, credo sia stata la responsabile, solito trattamento gli disse Angelina, da quella frase intesi che già si conoscevano, la donna annuì e mi portò in un altra stanza, mi lasciò con un altra ragazza, non ero una donna trascurata o trasandata, anzi ci ho tenuto sempre molto all’aspetto non immaginavo perché ci trovavamo li.
Qualche ora dopo uscii dalla stanza che non avevo nemmeno un pelo addosso, avevo solo un piccolo rettangolino verticale sul monte di venere, avevo le unghia dei piedi e delle mani pittate di rosso, un rosso acceso, rosso fuoco, un leggero trucco, non vistoso, anzi, però mi dava quell’aria di donna curata, mi avevano anche cambiato il taglio dei capelli, completamente lisci un po’ più chiari del mio colore naturale, scalati ai lati e più lunghi dietro fino alle spalle, mi incorniciavano il viso, però ero molto più appariscente con quel taglio ma non mi dispiaceva troppo quella modifica, Angelina pagò il conto ed entrammo in un negozio di biancheria intima poco distante, comprammo una miriade di capi, completini intimi di vario tipo, alcuni anche osceni, direi tanti anche estremamente osceni, tutti in pizzo però ma di vari colori, poi anche corsetti, body, guepiere, sottovesti, baby-doll, autoreggenti e altro ancora, infine toccò al negozio di abbigliamento, rifaremo per intero il tuo guardaroba, quello che indossi non va bene lo daremo in beneficenza alla casa famiglia del signor Luciano, io non mi opponevo anche se non sapere cosa gli passasse per la mente mi uccideva, il negozio si trovava qualche isolato più in la, quando fummo arrivati li Angelina salutò il proprietario e da come lo fece supposi che si conoscevano bene.
Apparentemente sembrava un normale negozio di abbigliamento ma sul retro c’era un altro mondo perverso, sembrava un sexy shop, in vetrina in bella mostra tutti vestiti alla moda, nel retro nascosti tutti abiti che forse nemmeno una prostituta avrebbe indossato.
Il proprietario mi chiese che taglia portassi e il numero di piede, non potetti fare a meno di obiettare: ” ma dovrei indossare quella roba?” “Non ci penso proprio”, Angelina accanto a me mi colpì un inatteso e fortissimo ceffone in pieno viso che sentii rimbombare fino al cervello, e disse pure: stai zitta puttana nessuno ti ha autorizzato a fare domande, e rivolgendosi al proprietario invece: non preoccuparti &egrave la nuova cagna del signor Luciano, il proprietario senza scomporsi mi rifece la domanda, risposi subito questa volta, porto la taglia 42 e il 39 di piede, qualche minuto dopo tornò carico di vestiti, scarpe e quant’altro, Angelina mi invitò a provarne qualcuno, tremavo, mi feci forza e presi due capi a caso, chiesi dove fossero i camerini ma scoppiarono a ridere, io non capivo, provali qua non ti vergognerai del signor Fabrizio? Abbassai il capo ed eseguii gli ordini, non volevo prendere altre botte, mi spogliai e indossai quello che avevo scelto prima, mi vergognavo solo a tenerli in mano quei capi, avevo preso un gonnellino tipo kilt scozzese ma che a stento copriva il culo, arrivava poco sotto l’attaccatura delle cosce, sopra una camicia, bianca ma traspariva tutti e niente lasciava all’immaginazione visto che ero stata costretta a levare anche l’intimo, la signora Angelina mi passò anche delle calze autoreggenti color carne con una riga dietro, e un paio di stivali con tacco 10 meno male che almeno non erano a spillo, indossai le calze autoreggenti per la prima volta in vita mia, mi accorsi però che si vedeva il bordo con quella minuscola minigonna, tentai di tirarla giù ercando di nasconderlo il più possibile ma non avevo molto margine, tirai fino al limite però vidi che se avessi fatto qualche movimento insolito si sarebbe notato lo stesso, mentre cercavo di finire di provare quella roba oscena, sentii il signor Fabrizio parlottare con Angelina e dire: “questa &egrave veramente bella, secondo me &egrave la più bella di tutte c’ha un culo perfetto e due tette poi, ha delle cosce fantastiche”.
Li sentivo anche se erano più in la a scegliere qualche altra diavoleria per le loro perversioni, mi diedero anche una strana collana con un pendente e un braccialetto, che misi subito, Angelina mi guardò, su suo ordine feci una piroetta, mi fissò per qualche secondo e mi porse un pellicciotto, era corto, non arrivava a coprire il sedere e non si abbottonava, mi sentivo una sguattera, mi vergognavo di me stessa, ecco adesso possiamo andare adesso disse Angelina, mi accinsi a raccogliere i miei vestiti ed ancora una volta ricevetti un ceffone in piena faccia, facevano male le sue sberle, ai tuoi vestiti ci penserà il signor Fabrizio tu stai bene così disse.
Non volli obiettare per non ricevere ancora sberle, ancora mi faceva male la faccia per quelle di prima, mi vergognavo però, mi vergognavo tanto tanto, volevo piangere scappare volevo reagire, ma poi pensavo alle conseguenze e soccombevo, avevo paura di mostrami a sconosciuti così, forse la fuori ci poteva essere qualcuno che avrebbe potuto riconoscermi, mi avviai dietro lei verso l’uscita, si fece segnare anche questi sul conto del signor Luciano e uscimmo.
Se prima nell’ufficio del signor Luciano mi ero sentita osservata da quegli operai, adesso ero nel panico, non c’era nessuno nelle vicinanze però mi sentivo addosso gli occhi di tutti, mi sentivo una troia, una squillo, mi avviai verso la macchina più in fretta che potevo ed in modo cauto per cercare di farmi notare il meno possibile, anche se una vestita così non sarebbe di certo stata ignorata, Angelina aprì col telecomando il bagagliaio e ripose gli altri acquisti, ma da bastarda quale era mi disse: ho voglia di un aperitivo accompagnami al bar qui di fronte.
Diedi una sguardo veloce all’interno, c’era abbastanza gente da farmi sprofondare dalla vergogna, Angelina vedendomi pensierosa si girò verso di me dicendo che c’&egrave vuoi altre botte? Lo dirò al signor Luciano tutto questo, te la farà pagare, ebbi terrore nel sentirle pronunciare quelle frasi, cosa mi avrebbero fatto ancora? Lei camminava avanti ed io la seguivo, cercavo di camminare lentamente per evitare di far salire la mini, una volta dentro Angelina ordinò anche per me senza chiedere, due campari soda per favore, c’&egrave li porta al tavolo per piacere? Il barista mi guardò e rispose: ma certo non si preoccupi arrivano subito, apposta mi fece sedere in un tavolo in bella vista dietro la vetrina, non portavo l’intimo quindi accavallai le gambe ma così facendo non potetti fare a meno di scoprire il bordo delle calze, Angelina ci sguazzava nel vedermi vergognare, voleva umiliarmi e ci stava riuscendo, finimmo l’aperitivo e tornammo verso l’auto ma questa volta prendemmo la via del ritorno. Oramai era buio, sentii il cellulare squillare, era Stefano, guardai Angelina prima di rispondere, avevo paura di lei dopo il pomeriggio passato insieme, aspettai un suo cenno che non si fece attendere, premetti il tasto verde di risposta gli spiegai alla meglio cosa mi era successo, la chiamata non durò molto, Angelina come mi aveva concesso di rispondere così mi aveva interrotta, ma prima di chiudere feci in tempo a dirgli che lo amavo tanto e di dare un bacio da parte mia a nostro figlio Andrea e ricordargli che la mamma gli vuole tanto bene.
Mi stavo convincendo che la giornata con Angelina stesse giungendo al termine quando la vidi addentrarsi verso una strada sterrata nelle periferie di un paese vicino al mio, oddio pensai tra me, vorranno uccidermi adesso? Cosa ci facciamo qua? Cosa vorranno farmi? Nei momenti di panico si fanno anche pensieri assurdi, irreali.
Lo sterrato proseguiva ma noi ci fermammo dopo qualche chilometro nei pressi di una cascina in mezzo alla campagna, c’erano delle auto parcheggiate davanti e le luci dentro l’abitazione erano accese, Angelina si accostò accanto alle auto e scendemmo, tra le macchine riconobbi il suv bianco del signor Luciano.
Ci avviammo verso l’ingresso di quella enorme casa, all’entrata c’era un grande stanzone con al centro un tavolo rotondo, alle pareti dei quadri di scarso gusto e valore, due credenze grandi, una di fronte al’altra che contenevano piatti, stoviglie e cose varie, un lettino sulla parete vuota in fondo, la cucina era in pietra come quella che usavano i miei nonni ai loro tempi, con dei bracieri sotto accesi che oltre a scaldare i mattoni per cucinare fungevano anche da camino, era fine di marzo ma specie in aperta campagna faceva ancora freddo, si vedeva che la casa non era vissuta ma solo di accomodo magari per qualche banchetto saltuario.
Trovammo ad attenderci il signor Luciano, il signor Mario e il signor Bernardo, il signor Bernardo era l’altro socio, l’assistente sociale, quello che avevamo conosciuto tempo fa senza sapere, a differenza degli altri due era magro, forse esageratamente ma in comune l’essere brutto e puzzolente, più giovane di loro, sui 50 anni, era alto sui 180 centimetri e portava degli occhiali da vista molto spessi, aveva una vistosa calvizia al centro del capo.
Il signor Luciano con aria sarcastica ci presentò: signora Lorenza, questo &egrave il signor Bernardo Pagani un nostro socio ma credo già vi conosciate, vede quest’uomo ha il potere di fare scomparire vostro figlio se solo lo volesse, potrebbe farlo portare in qualche orfanotrofio e farlo dare in adozione all’estero chissà dove ed a chi, ma questo lo sa già vero signora Lorenza??? Istintivamente cominciai a piangere, mi misi in ginocchio davanti a lui: perché mi fa questo??? Perché ??? Cosa vi ho fatto di male??? Il signor Luciano mi ricordò che trovava alquanto irritabili le persone che piangevano, non le sopportava, quindi mi consigliò di smettere, ancora una volta mi feci forza e mi tirai su, vede signora Lorenza, continuò il signor Luciano, &egrave per colpa di gente come lei che ci sono persone come noi, lei la fighetta della scuola, del paese, sempre pronta a snobbare e far deridere tutti con le sue scenate di fedeltà, sempre a tirarsela, per avere un po’ di attennzione da parte sua o sei ricco sfondato o sei figo come suo marito, forse non si ricorda neanche più di un ragazzotto che lei umiliò davanti a tutti con conseguenti percosse da parte di suo marito solo per essersi permesso di fargli qualche ingenuo apprezzamento, certo chissà quanto volte lo avrete fatto nella vostra vita che avete perso il conto, con questo non voglio dire che lei dovesse fare la puttana e avere rapporti con tutti quelli che la desiderano, ma ci sono modi e modi di dire le cose, signora Lorenza quel ragazzo era mio nipote, da quella volta &egrave rimasto diciamo traumatizzato, era già ai tempi un tipo un po’ particolare, adesso &egrave peggiorato, lo posso capire cosa ha passato il ragazzo, come anche i miei soci, cosa si prova nell’essere emarginati per il proprio aspetto, ad essere derisi davanti a tutti, però nel corso della nostra vita non potendo contare sul nostro fascino abbiamo accumulato abbastanza ricchezza per poterci vendicare di gente come lei, anche se adesso starà pensando che stiamo sbagliando persona che lei &egrave sempre stata gentile con tutti posso garantirle che non &egrave così, sono più grande si lei ed ho molta più esperienza.
Quell’uomo sembrava sempre anticipare i miei pensieri, sembrava mi leggesse la mente, ed ora cari amici accomodiamoci che ho fame disse, mi sono permesso di portare delle pizze e del buon vino vista la situazione, li vidi prendere posto attorno al tavolo, così feci anche io, lei no replicò il signor Luciano senza guardarmi, lei starà in piedi e ci servirà, sgranai gli occhi a quelle parole, mi sentivo una cameriera in un nightclub vestita in quel modo.
Quando ebbero finito di saziarsi mi chiese se gradissi qualcosa da mangiare, dopo tutto quello che avevo passato figuriamoci se avevo voglia di mangiare, anzi avevo proprio lo stomaco chiuso, me lo chiese però con gli occhi pieni di cattiveria che ebbi paura a dire di no, bene disse, mangia gli avanzi, raccoglili tutti e mangiali come fanno le cagne, rabbrividii, mi faceva schifo, mi facevano schifo loro e figuriamoci i loro avanzi, nelle scatole davanti a loro c’erano solo le croste della pizza che avevano scartato e solo Angelina aveva lasciato un pezzo dentro, raccolsi tutti gli scarti in una sola scatola e mi sedetti al tavolo, non puoi mangiare con noi disse Luciano, vai più in la e mangia tutto che dopo controllo, mi allontanai con la scatola in mano fino al punto indicatomi, disgustata mangiai tutto senza pensarci troppo o avrei vomitato, nella mia mente continuavo a chiedermi il perché di tutta questa crudeltà, cercavo di capire come venirne fuori, ma non trovavo le risposte.
Bene disse Luciano adesso spogliati ed avvicinati, lo feci subito e gli andai incontro, quando fui davanti a lui mi palpò le tette, mi tastò il culo, mi fece mettere a pecorina con bella mostra agli spettatori del mio buchetto e della mia passera e voltandosi verso di loro chiese: che ne dite? Secondo me le cosce e il culo vanno bene, belle e sode le gambe ed il culo &egrave bello liscio e carnoso come piace a me, aggiungiamo che non c’&egrave cellulite, qualche misura in più al seno non mi dispiacerebbe; gli altri annuirono, continuò facendomi sedere sulle sue gambe.
In questi giorni ti prenderemo un appuntamento col nostro amico chirurgo che ti consiglierà, non preoccuparti non ti metterà delle protesi, esistono modi alternativi per fare crescere di qualche misura il seno, metodi non invasivi e poi non preoccuparti saranno tutte spese caricate sul tuo conto, adesso facci vedere come sei brava coi cazzi!!!… siete tutti pazzi dissi, cosa volete da me non vi ho fatto niente, perché? Perch&egrave? Io sono una mamma, ho un bambino piccolo…
stia calma disse il signor Luciano, nessuno la obbliga si rivesta che Angelina la riporterà a casa, lei ha firmato un contratto che in questo momento lei ha rotto, vada via, vada via.
Queste furono le parole del signor Luciano, per un attimo avevo dimenticato il motivo per il quale mi trovavo in quel posto, nuda a farmi palpare da un vecchio bavoso, capii di essere all’inizio di un tunnel, di non potermi permettere queste reazioni, andarmene avrebbe sancito la rottura del contratto con tutte le conseguenze che avrebbe portato, chiesi perdono, chiesi scusa umilmente a capo chino, il signor Luciano si alzò così dalla sua sedia e mi venne incontro.

” Allora bella signora… A te la scelta..
Abbiamo creato anche prove e documentazione che hai truffato e anche spacciato stupefacenti nel tuo locale . Abbiamo anche la testimonianza di Hamed un nostro collaboratore nigeriano che ci ha dichiarato di fronte a un avvocato che tu hai favorito l’immigrazione clandestina e che hai organizzato la prostituzione di giovani immigrate..Quindi sei diventata una delinquente cara…ora a te la scelta… O diventi la nostra schiava del sesso come e con chi vogliamo noi… Oppure diventerai schiava del sesso in qualche casa circondariale femminile dove diventerai la miss del mese tra le grinfie di puttane navigate, spacciatrici, assassine. Con la fame di sesso che hanno ti ridurranno ad uno straccio e poi.,,,carina come sei… sarai il giocattolo di qualche matrona mafiosa…hai 10 minuti per pensarci e pensaci bene perché non si torna indietro”.
Io Lorenza. perché?
Intanto dentro la mia mente cominciava a girare un tarlo…si ero una bella donna…ma come me e’ pieno il mondo…tutto questo era una vendetta, una ripicca di qualche potente spasimante respinto…se lo avessi saputo da subito a cosa andavo incontro mi sarei concessa…magari sarebbe stato anche piacevole! Piacevole? Piacevole? Ma io non sono una puttana una troia … O forse lo sono anche io? Adesso mio malgrado lo diventerò? “Forse &egrave meglio lasciarmi andare e cercare il meno peggio, tentare di rendere passabile o minimamente piacevole quello che sta per accadermi”, avevo questo conflitto mentale e contemporaneamente sentivo anche la mia passerina bagnarsi, cosa mi stava succedendo? In fondo quei maschi laidi mi desideravano… Avevano fatto carte false per possedermi…dovevo forse essere loro riconoscente? Ero sola in quella stanza ma non sapevo di essere osservata e filmata.
Feci un errore madornale, marchiano…portai la mia mano in mezzo alle cosce ed iniziai meccanicamente ad accarezzarmi.
La mia mano correva veloce e godevo, godevo nel sentirmi zoccola, non potevo crederci.
Ma fu solo un attimo.
Si aprì la porta sbattendo come un tuono.
Angelina entro’ come una furia…” Come ti permetti stronza? Te lo diciamo noi quando devi godere o no! Lo vuoi capire che sei di nostra proprietà animale che non si altro ” e poi si susseguirono schiaffi senza limite di continuità. Crollai a terra e le mi prese a calci. Poi girandomi su a sedere per i capelli mi ordino’ di denudarmi completamente. Le mie cosce tremavano dalla paura, la donna prese un collare simile a quello dei cani e me lo strinse al collo, aveva una lunga catena e con questa mi strattonava, contemporaneamente mi dava dei calci sui glutei, non erano forti ma umilianti, mi tiro’ come un animale..” Cammina troia! andiamo in macelleria che hai bisogno di qualche spiedo di ciccia…rideva come se tutto questo fosse stato per lei come una festa.
Entrammo in una stanza che era differente a tutto l’ambiente intorno, era una camera da letto molto ampia con tutti i comfort, il letto gigante era disposto ad un lato mentre due altre porte dividevano la stanza da altri ambienti. La stanza aveva un infinita’ di attrezzi dei quali non capivo l’uso e un divano dove attendevano due uomini. Erano amici di Luciano, li conoscevo di vista, due tipi vecchi, orribili…che giravano sempre insieme, qualcuno diceva di loro come di perfidi usurai…gente senza scrupoli.
Una volta mentre passai vicino a loro avevo sentito chiaramente la frase “che bocca da pompinara, glielo sbatterei fino in gola tappandole il naso…” .
Spesso negli esercizi pubblici sentivo frasi del genere ma ora ricordandomi dell’accaduto mi vennero i brividi.
Loro erano vestiti con abiti dozzinali e volgari ed uno dei due il più grasso fumava un puzzolente sigaro…Angelina mi strattonò con la catena, “saluta i tuoi fidanzatini puttana…vedi di fare tutto quello che ti ordinano altrimenti sai cosa ti aspetta”, detto questo mi rifilò una sculacciata fortissima e mi spinse sopra il grande letto.
La catena mi penzolava dal collo, l’uomo più magro, si spogliò in un attimo mostrando un pene turgido e piuttosto grosso, se lo teneva in mano mentre con l’altra mano si strizzava lo scroto, avrà avuto almeno settant’anni ma la cosa più orripilante era che la sua schiena era deforme…era gobbo.
Angelina si sedette su una poltrona a controllare che tutto procedesse bene, era come un avvoltoio.
Il vecchio grasso si spogliò con calma, dispose accuratamente i sui vestiti…e spense il sigaro, la sua età era indefinibile tra i 60 e gli 80…possente e peloso senza un capello in testa, il suo pene era a riposo piccolo con due palle che sembravano due arance…
Allora cosa abbiamo questa sera come trastullo…ohhhh ma qui c’&egrave quella ficona della ex signora Lorenza Maria Morelli…bene bene…Che di dici Anselmo le troviamo un nuovo nome?… Secondo me le starebbe bene Capretta con quel bel culo che si ritrova….Proprio come una capretta da montare…” Dette queste parole mi sollevò tirando la catena e girandomi per le spalle e un braccio enorme intorno alla vita mi schiaccio contro di lui.
La sua grossa mano mi arpionò la figa strizzandola fino a farmi male, sentii il pene diventare grande e grosso…” bene a noi piace l’ arte del teatro, adesso ci fai un bello spettacolo, forza sali sul letto ed esegui quello che ti ordiniamo “… Non melo feci dire due volte pur di scappare da lui…” bene mettiti a quattro zampe come una capretta e poi appoggia la faccia sulle coperte e tieni le braccia larghe e il culo in su…”
Improvvisamente mi arrivò una scudisciata sulle chiappe… era la sua cintura che per il colpo aveva sfiorato il mio buchino.

Bene adesso muovi il culo sue giù … Forza! Immagina di cavalcare il cazzo di tuo marito!
” Vogliamo vedere come ti muovi. ”

Cercai di essere il più realista possibile.

No no no non va bene, girati a pancia in su ed allarga le cosce… Adesso muovi il bacino come per prenderlo meglio su su forza!
Un’ altra scudisciata mi fece tremare tanta fu la sua precisione. Mi colpì la spaccatura della vagina con precisione chirurgica colpendomi il clitoride facendomi godere in modo mai provato prima, mossi il culo su e giù come una folle, lui mi arpiono’ la figa con la sua mano grossa infilandomi due dita che si impiastricciarono del mio succo, le tolse e me le penetrò in bocca soffocandomi.

Poi mi prese per i capelli e mi costrinse a succhiargli il pene, non avevo scelta dato che mi aveva tappato le narici, era grosso e corto,
mi riempiva, ma era morbido e quasi piacevole da succhiare.

Come se mi avesse letto nel pensiero chiamo’ il suo socio,: “Anselmo vieni vediamo se la capra con te sa fare di meglio, le brave capre devono essere brave a brucare… Lei e’ per ora solo una capretta ma quando i montoni l’ avranno sfondata per bene vedrai come ci ciuccera’ bene i piselloni”.

Il gobbo mi prese per i capelli e mi costrinse a leccargli le palle, io ero sdraiata sul letto, la mia testa oltre il bordo…” Puttana, Luciano ci ha detto che potevano farti di tutto culo compreso…ma che la tua passera dovevamo lasciartela in pace perché voleva essere lui il primo a sfondartela con il suo pugno chiuso. Ha detto che poi dopo avresti goduto solo da calibri grossi come bottiglie…pertanto goditi la nostra tenerezza bambola, intervenne Angelina: si ma ho delle deroghe, sono ammessi cazzi finti e vibratori e poi disponiamo anche di una macchina fottitrice automatica il tutto gentilmente offerto dalla casa…lei non e’ la prima allieva della palestra come voi sapete bene”…e non sarà nemmeno l’ultima.

Mentre il gobbo mi fotteva fino in gola allegramente ridendo e bestemmiando il grassone mi fustigava sulle tette e tra le cosce, Angelina cercò di forzarmi il culo con un grosso aggeggio di plastica nera.

Cercavo di sfuggirle ma lei mi dava pugni sul ventre e colpi sulla cosce.

Ero travolta da tre invasati.

Poi l’ano cedette e mi trovai completamente allargata.

L’atto mi fece aprire la bocca per urlare e il gobbo ne approfitto’ per arrivare con suo cazzo fino al mio esofago, mi venne l’istinto di vomitare ma un deciso colpo di Angelina contro il mio culo mi fece perdere i sensi… Mi riportarono alla realtà a suon di ceffoni… ” la stronza soffre pure di mancamenti..”

Il ciccione mi stacco’ dal cazzo del gobbo, mi prese per le orecchie e mi penetrò in bocca brutalmente, non mi fu risparmiato alcun insulto.

Mentre l’altro mostro inizio’ ad incularmi dopo aver tolto il grosso vibratore di plastica.

Non potevo credere a me stessa ma stavo godendo sempre di più.

Mi sentivo umiliata e puttana..,dimenticai chi ero e la mia vita, volevo solo che quei cazzi mi facessero godere, più mi umiliavano e più godevo.

Mugolavo urlavo ….Angelina rideva sguaiatamente…” Lasciatene un po’ anche per la mia vecchia fica.. Che dopo la faccio leccare come una cagnetta da lecca”…

Vennero insieme, sentii un fiotto caldo nel ventre e mentre un enormità di disgustoso liquido caldo mi arrivo’ in gola e non potei fare altro che inghiottire, loro urlarono cose terribili contro di me ed io venni per l’ennesima volta.

Non so ne come ne perché, però mi svegliai nel mio lettone il giorno dopo, ero tutta indolenzita e priva di forze, non riuscivo a muovere nemmeno un muscolo, non ricordo come sono arrivata nel mio letto, ma quello che era successo prima lo ricordavo perfettamente purtroppo anche se avrei piuttosto preferito dimenticare quello, si lo avrei voluto maledettamente dimenticare, avevo goduto, non ero io, come &egrave potuto accadere? Me lo chiedo ancora, godere di quei due laidi malati di mente, non potevo essere io, prima ero costretta, ma godere coscientemente era tradire volontariamente mio marito…no no potevo accettarlo…quella persona non posso essere stata io…mi sentivo sporca.

Ma Lorenza cosa ti succede? Mi chiedevo tra me e me…

Ero frastornata, avevo la testa confusa, stavo impazzendo, e per lo più il mio sedere ancora non era tornato alla normalità, era ancora piuttosto dilatato dal trattamento ricevuto, mi vergognavo di me stessa, di quello che stavo diventando.

Guardai l’orologio erano le due del pomeriggio quasi, cazzo quanto avevo dormito, e non avevo ancora visto nemmeno il mio bimbo, pensai come prima cosa di chiamare Stefano, il quale mi rincuorò dicendomi che era al bar, di avermi lasciata dormire visto che la notte avevo fatto tardi ed ero stravolta, chiesi dove fosse Andrea, nostro figlio, mi disse che aveva chiesto alla nostra amica Elisa se poteva tenerlo perch&egrave io non stavo molto bene, Elisa era una mia cara amica di infanzia, praticamente due sorelle e gestiva insieme al marito un negozio di abbigliamento in centro al paese.

Rassicurata da mio marito cercai di raccogliere tutte le mie forze e mi avviai verso il bagno per farmi una doccia, mi sentivo sporca dentro, speravo che il trattamento ricevuto da quei laidi e Angelina non si ripetesse più non so se sarei riuscita a resistere ancora…NON SONO UNA PUTTANA…e non mi ci sento, continuavo a ripetermi, sono una persona seria, quasi come a discolparmi per quanto successo, non ho mai fatto male a nessuno, come &egrave potuto succedere…strani pensieri mi giravano per la testa…rimasi nella doccia per un tempo indefinito, ma quando uscì mi sembr’ di rivivere la giornata passata, Angelina era seduta sulla poltrona della mia sala, rimasi sbigottita, “cosa ci fai qui? E chi ti ha fatto entrare poi? Chiesi,
” Angelina non si scompose, mi ricordò che quella non era più casa mia ma di proprietà del signor Luciano che noi occupavamo e che se non ci stava bene potevamo benissimo andarcene con le conseguenze che il gesto avesse portato, anzi mi ricordò che quella sarebbe stata l’ultima volta che io avrei fatto domande eusato quel tono oppure avrebbero agito perché già il signor Luciano si stava stancando di noi, mi ricordò che dovevo sempre stare zitta e parlare sono se interpellata.

Ero impietrita davanti a lei, ero in accappatoio ed avevo una asciugamani arrotolata sui capelli, ero ferma immobile davanti a lei, ma con la sua solita aggressività che la contrastingueva disse: ” che cazzo fai li impalata inginocchiati e baciami i piedi “, nella mia testa pensai: ” cosa? “… E muoviti continuò…

Avevo paura di lei come anche degli altri due, mi incutevano terrore nella sola presenza, Angelina faceva schifo figuriamoci i suoi piedi, aveva l’alluce valgo, una grossa e schifosissma cipolla spuntava sulla pianta del piede tutto quanto faceva ribrezzo, ma pensando a quello che avevo passato il giorno prima cercai di farmi forza anche se non ne avevo tante, mi avvicinai a lei e i suoi piedi n’&egrave presi uno in mano chiusi gli occhi e cominciai a leccarglielo ma non avevo molte forze in corpo ancora, cercai di fare del mio meglio, Angelina capì che ero molto debole e si staccò dalla mia bocca riempiendomi di insulti come solo lei sapeva fare…si alzò in piedi avviandosi verso l’armadio in camera da letto, “sono venuta a fare il cambio del guardaroba” disse, non avevo idea, cominciò a tirar giù tutti i miei vestiti, tutti tutti, maglie jeans pantaloni, svuotò tutto anche l’intimo riversandoli tutti sul letto, oramai rassegnati ora &egrave il signor Luciano che decide per te, hai anche firmato un accordo con tanto di video, in dei grossi sacchi di plastica riversò tutta la mia roba, ” li daremo alla casa di accoglienza del signor Luciano” ne faranno buon uso, in salotto ci sono i tuoi nuovi vestiti, a partire da adesso dovrai solo usare quelli non vogliamo beccarti mai con altra roba addosso, per colpa della tua testa di cazzo hai esaurito tutti i tuoi bonus, più tardi verranno a prendere le borse, ti arriveranno anche altri vestiti ma ti consiglio di risposare che domani sarà una giornata faticosa per te…

Misi da parte i sacchi con tutta la mia roba, una fitta al cuore mi pervase ancora, nell’altra stanza c’erano tutti i vestiti comprati al sexy shop che cominciai a ordinare nella mia parte di armadio, mi vergognavo anche a toccarli, a guardarli, non so se ce l’avrei mai fatta ad indossarli ne tantomeno farmi vedere così sconcia in giro, la tanto seria Lorenza adesso come stava mutando anche se non per sua volontà.

Quando ebbi finito di tutto mi sdraiai sul letto, ancora ero tutta un dolore, cercai di non pensare a niente, mi addormentai di nuovo fino a quando non rientr’ Stefano col bambino la sera tardi, io ero ancora in accappatoio, appena vidi Andrea, nostro figlio, lo abbracciai quasi a soffocarlo, lo amavo come solo una mamma sa fare e pensai che quello che stavo facendo era solo per lui, Stefano mi raccont’ che erano passati anche dal bar a portare due nuovi aiutanti, una coppia rumena giovane che si sarebbero occupati del bar e del bambino, io piangendo gli raccontai di Angelina e del guardaroba nuovo, chiacchierammo un po’ nello sconforto totale cercando di non far capire nulla a nostro figlio e poi ci addormentammo…

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