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Racconti di Dominazione

PadronVale ed una schiava all’Università

By 6 Giugno 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Padron Vale e una schiava all’Università
di Tom Tom2075@hotmail.it

Salve a tutti, il mio nome è Tatiana e frequento la facoltà di psicologia all’Università di XXXX. Sono una ragazza di appena ventiquattro anni, sono alta un metro e sessantotto, ho i capelli castani e gli occhi nocciola e sto scrivendo queste pagine per raccontarvi come sono diventata la schiava della mia compagna di studi, la divina Valentina. Il fatto è che tutti qui all’Università pensano che io e Lei ci odiamo a morte mentre questo è vero solo per metà, perché se la Padrona mi detesta da quando le ho sottratto il titolo di ‘ragazza più bella della facoltà’ io la amo tantissimo e volevo tanto frequentarla di più e diventare sua amica.
Anche Valentina è bellissima, secondo me anzi è la più bella. Però i ragazzi dicono che sono io la più affascinante. Questo la Padrona non me lo ha perdonato. Lei deve primeggiare in tutto, giustamente e non può farsi sorpassare da una comune mortale quale io sono.
Così, in un giorno qualunque, sono andata a trovarla a casa sua. So dove abita perché mi ci accompagnò una volta una strana ragazza di nome Alessandra, la schiava Alex disse lei, che ho visto qualche volta in facoltà accanto alla Padrona.
Ho suonato il campanello e dopo pochi secondi la mia Sovrana mi ha aperto.
Lì per lì dalla faccia che ha fatto quando mi ha vista ho pensato che mi avrebbe sbattuto la porta in faccia.
-‘Che cosa vuoi?’- ha chiesto bruscamente.
-‘Vorrei solo parlarti’-
-‘E di che, si può sapere?’-
-‘Non mi faresti entrare?’-
-‘Dimmelo sulla porta’-
Non voleva parlare con me, è evidente, ma io non potevo perdere quest’occasione. Sapevo che non le avessi confessato quel che provo verso di lei in quel pomeriggio non avrei più trovato il coraggio di farlo.
-‘E’ per quella storia del concorso di bellezza. Io non volevo’come dire’.’-
-‘Farmi fare una figuraccia’-
-‘Ma non hai fatto una figuraccia. Sei solo arrivata seconda’-
Mi ha fulminata con lo sguardo. Stava per chiudere la porta ma io sono stata più veloce di lei e ho fatto in tempo a infilarvi dentro una mano. La Padrona ha sbattuto l’uscio con tanta violenza che ho sentito le ossa delle dita che scricchiolavano. Io ho lanciato un urletto ma sono riuscita a impedire di essere lasciata fuori senza avere la possibilità di spiegare.
-‘Ma che fai?’- protesta la Padrona con voce carica d’ira, riaprendo l’uscio.
Io mi sono coperta la mano dolorante nell’altra mano e, a capo chino perchè ormai non mi restavano altre possibilità, le ho spiegato d’un fiato ogni cosa. Le ho confessato che l’ ho adorata fin dalla prima volta che l’ho vista, che vorrei essere sua amica, che farei di tutto per ottenere la sua considerazione.
A quel punto la Padrona ha cominciato a guardare dall’alto in basso, sapeva di avermi già in pugno. Mi ha scrutata come in cerca di un segnale. Mi ha agguantata per i miei lunghi capelli e mi ha tirata dentro, all’interno della casa, per poi chiudere la porta di colpo. Io mi sono ritrovata sbattuta contro il muro, la sua mano nei miei capelli mi costringe a tenere il capo abbassato e gli occhi rivolti ai suoi piedi. Noto solo in quel momento l’abbigliamento della Sovrana, pantaloni di jeans neri, maglietta anch’essa nera e ciabatte casalinghe senza tacco. Non indossa calzini. E stavo ancora studiando il suo modo di vestire (impeccabile) ed il suo modo di camminare (elegante e principesco anche con indosso delle semplici ciabatte) quando la Padrona mi ha assestato una ginocchiata alla bocca dello stomaco.
Mi sono piegata in avanti e mi sono accasciata sul pavimento.
-‘Beh, che c’è?’- mi ha chiesto Lei ”Non ti senti abbastanza considerata, ora?’-
-‘Io”-
Valentina mi ha costretta a strisciare in salotto tirandomi per i miei lunghi capelli (da nessun altra mi farei strappare i capelli). Giunte nella stanza Lei si è seduta comodamente sul divano (nel frattempo non mi ha mai mollata la criniera) e ha lasciato me in ginocchio per terra.
-‘Allora, sentiamo. Se non volevi rubarmi il titolo di ragazza più bella della facoltà perché hai partecipato al concorso?’- mi chiede.
-‘Ma io ero sicura che non avrei mai e poi mai raggiunto neppure il podio. Sei tu la più bella, fra noi!’-
Mi arriva uno schiaffo pazzesco in pieno volto.
‘Tu?’- domanda lei.
Sono rimasta imbambolata, un po’ per lo schiaffo, un po’ per la sorpresa
-‘Che vorrà dire quando mi domanda ‘tu’?’- mi sono domandata.
Un altro schiaffo. Me li da con la mano libera mentre con l’altra mi trattiene per i capelli.
Di nuovo ha domandato.
-‘Tu?’-
-‘Lei!’- esclamo io d’istinto. Voleva che le dessi del lei. Come sono stata stupida a non capirlo immediatamente!
Mi ha lasciati i capelli ed io mi sono allontanata un poco. Lei si è tolta le ciabatte e mi ha appoggiati entrambi i piedi sulle spalle, cingendomi il collo con le caviglie, poi con un colpo di reni mi ha torto le vertebre del medesimo causandomi un gran dolore.
-‘Riprendiamo da dove abbiamo lasciato. Così non volevi rubarmi il titolo’-
-‘No’-
Uno dei suoi piedi ha lasciato la mia spalla, la Padrona ha piegato la gamba per poi distenderla subito dopo di colpo, centrandomi col tallone in piena fronte. Subito il piede è tornato sulla mia spalla, andando a riprendere il posto che aveva prima e continuando a torcermi il collo come se nulla fosse successo. Il tutto sarà durato un secondo. I calci della Padrona sono così veloci che neppure Bruce Lee li vedrebbe arrivare.
-‘L’hai fatto, però’-
-‘Si’-
Questa volta il calcio mi è arrivato su di una guancia. Ho sentito un sapore acre e disgustoso di sangue sulle gengive.
-‘Perché non ti sei ritirata?’-
-‘Ecco, io”-
U calcio. Due. Tre. Prima con un piede e poi con l’altro e di nuovo col primo. Al terzo calcio mi si è offuscata la vista e sono crollata sul pavimento. Valentina ha appoggiato i piedi sulla mia testa. Io l’ho guardata da sotto. La faccia mi faceva male ma era bellissimo vederla dominare da quella posizione. Mi sono eccitata, forse mi stavo bagnando. I suoi piedi nel frattempo si muovevano sulla mia testa, la schiacciavano come si fa con un mozzicone di sigaretta gettato sul marciapiede.
-‘E dopo quello che mi hai fatto vorresti avere la mia considerazione?’-
-‘Si, è così. La supplico, non ce l’abbia con me’- ho piagnucolato, forse con un tono più lacrimevole di quanto non avrei voluto.
Lei si è alzata in piedi, si è rimessa le ciabatte ed ha iniziato a girarmi intorno.
-‘E’ bene che tu sappia che l’unica considerazione che potrei dare ad una come te è quella che si da ad un cane raccolto per la strada. Se vuoi frequentarmi va benissimo ma ricordati che non sarai mai mia amica, neppure come compagna di Università ti tratterò mai e tanto meno potrai considerarti una mia confidente. No, cara Tatiana, tu sarai la mia schiava e niente altro. Ora a te la scelta, se vuoi accettare le mie condizioni mettiti a quattro zampe e suggella il patto baciando i piedi della Padrona, cioè i miei. Se invece non te la senti vattene in questo stesso momento ma ricordati, ora so che mi ami. Non me l’hai detto, ma io l’ho capito ugualmente. Dopotutto siamo entrambe studentesse in psicologia, no? Sappi che da questo momento sfrutterò questa tua debolezza a mio vantaggio tutte le volte che potrò, non solo per ricavarne un utile personale ma anche e soprattutto per recare danno a te’-
Mi ha posto un piede sotto la faccia.
-‘Che cosa rispondi?’-
Che potevo rispondere? Questo era tutto ciò che avevo sempre desiderato, poi c’era la minaccia della ritorsione ma quella mi preoccupava già meno, potevo sempre cambiare facoltà o università.
Ma non vi furono altri pensieri che non fossero rivolti a Lei. Misi le mani sulle ciabattine della mia Dea, le tolsi dai suoi piedini perfetti e baciai questi ultimi. Lei mi fece mettere le mani sul pavimento e ci salì sopra con tutto il peso, perché le piante a contatto con le fredde mattonelle le procuravano un leggero fastidio.
Io sopportai volentieri il dolore causatomi dalla pressione dei talloni sulle falangi e delle piante sulle mani.
-‘Ora sturati bene le orecchie, cagna. Io sarò per sempre la Padrona della tua miserabile vita. Dovrai obbedire e non pensare ad altro, dovrai essermi grata pure quando ti farò male e non dovrai mai sottrarti ad un mio ordine’-
-‘Si, Padrona’.
-‘Bene, è il tipo di risposta che voglio sempre. Vedo con piacere che almeno impari in fretta’-
Valentina è scesa dalle mie mani e si è seduta comodamente sul divano.
-‘Baciami i piedi’-
Che bello poter baciare i piedi della mia Padrona! Di mia iniziativa ho iniziato pure a leccarli e Valentina mi ha generosamente lasciata fare. Le ho succhiato gli alluci ed ogni dito, ho insinuato la lingua sotto al tallone e fra le dita. Lei un po’ rideva e un po’ mi comandava
-‘Lecca più in giù’- oppure ”Lecca più lentamente’- e ancora ”Guarda che fortuna, pensavo di adottare un cane, invece tu mi risparmi la fatica’-
Quando la Padrona si è ritenuta soddisfatta mi ha allontanata in malo modo assestandomi due calci in faccia.
-‘Spostati, stupida’- ha detto ”Adesso vado in bagno e tu vieni con me’-
Giunte in bagno, io naturalmente seguivo Valentina a quattro zampe, Lei ha tirato fuori da un cassetto sotto al lavabo un imbuto di plastica bianco.
-‘Lo sai a cosa serve questo?’- mi ha chiesto.
Io lo immaginavo ma ho preferito non dire nulla.
-‘Sdraiati’-
Mi ha fatta stendere sul pavimento, mi ha infilato l’imbuto in bocca e si è accucciata su di me dopo essersi tolta i pantaloni e gli slip. Ha riversato nell’imbuto una cospicua quantità di orina e mi ha incitata a berla fino all’ultima goccia.
Io non avevo mai bevuto piscio fino a quel giorno ed in quella prima occasione debbo averne ingoiata per lo meno due bicchieri pieni fino al colmo.
Poi la Padrona si è alzata, mi ha tolto l’imbuto dalla bocca e si è seduta sulla tazza
-‘Resta lì’- ha detto ”Anzi no, sciacquati prima la bocca nel bidet’-
Ho fatto come mi ha ordinato ma mentre ero ancora intenta a ripulire il mio palato da quel sapore schifoso mi sono sentita tirare indietro per i capelli.
Valentina si è alzata in piedi, mi ha presa per la capigliatura e usando quest’ultima a mo’ di carta igienica si è accuratamente pulita il sedere.
Non contenta si è appoggiata al muro con una mano e mi ha ordinato di terminare la pulizia del suo divino fondoschiena col solo ausilio della mia lingua.
Ero veramente in difficoltà: non avrei mai creduto che la mia tanto agognata Padrona potesse ridurmi a così mal partito nel giro di pochi minuti. Così mi sono ritrovata con la lingua infilata nel suo ano, con un terribile sapore di piscio e merda in bocca ed i capelli tutti impiastricciati della sua cacca.
E tutti sanno quanto io tenga ai miei capelli, sono la mia parte più bella, dicono alcuni ed io li curo sempre con attenzione.
Ho impiegato qualche minuto a pulire il sedere di Valentina.
-‘Muoviti, troia’- mi diceva ogni due o tre leccate ”Sbrigati, vuoi che prenda freddo al sederino, per caso? E dacci dentro con quella lingua’-
Io intensificavo i miei sforzi e Lei ”Su, su, non senti che buon sapore ho? Muoviti, cagna’-
Infine mi ha allontanata, si è rimessa slip e pantaloni.
‘Sei la risposta perfetta alla noia di dovermi pulire il culetto da sola, cara la mia schiavetta. Ora metti la testa nella tazza’-
-‘Cosa?’-
-‘Non vorrai girarmi per casa con la testa piena di merda? Guarda che fai schifo!’-
-‘Si, Padrona’-
Ho messa la testa sulla verticale della tazza ma ho visto in quel momento che gli escrementi appena depositati dalla Padrona erano ancora lì. Valentina non si era degnata di tirare lo scarico dopo essersi alzata.
Mi sono fermata. La Padrona non ha detto nulla, si è limitata a posare un piede sulla mia schiena in modo da non sporcarsi con la cacca che impiastricciava i miei capelli, ora riversi verso il fondo del cesso.
Mi ha spinta giù, sempre più giù, finché la mia fronte non si è andata ad immergere nell’acqua marrone e mefitica del fondo. Ho visto due cilindretti di cacca andare alla deriva proprio a pochi centimetri dai miei occhi. Navigavano fra le ciocche della mia un tempo bella criniera, sfiorando insolentemente il mio naso ed i miei zigomi. La Padrona si è divertita a tenermi ferma per diversi minuti, a Lei di certo quella situazione non pesava. Anzi, ad un certo punto ho sentito la pressione del piede sulla mia schiena che veniva meno e quella del suo sedere che prendeva posto sulle mie spalle.
L’ho sentita sfogliare un giornale, io semiaffogata con la faccia nella sua merda e Lei che leggeva tranquillamente una rivista.
Quando pensavo di non farcela più, sentivo di essere in procinto di mettermi a urlare col rischio di ingoiare un pezzo di quella materia marrone, Valentina si è decisa a tirare lo sciacquone. Una tempesta d’acqua fredda come ghiaccio e ribollente mi ha schiaffeggiata in volto e mi è penetrata nella narici e nelle orecchie.
Valentina si è alzata e con un calcio nel mio fianco destro mi ha fatto intendere di dovermi alzare a mia volta. Ho cercato di obbedire ma le mie gambe erano malferme.
-‘Vieni qui’- ha ordinato.
L’ho seguita barcollando fino al bidet ed in quel momento ho capito perché mi aveva tenuta immobile tanto a lungo con la testa nel cesso. La Padrona stava riempiendo d’acqua il bidet e non mi ci è voluto molto a capire per quale motivo.
Con una spinta mi ha schiacciata la faccia nell’acqua, poi si è tolta entrambe le ciabatte ed è salita eretta sulle mie spalle. I bidet non sono molto alti, avete presente? Sono fatti a posta per starvi seduti sopra. Per cui ero costretta a stare a quattro zampe, anche lì.
-‘Ora rischiarati un po’ le idee’- ha infierito la Padrona, mettendomi un piede in testa e spingendomela sott’acqua. Io ho resistito un attimo, ho ceduto, ho bevuto, ho annaspato e tossito. Non c’era verso di sopraffare la pressione del piede di Valentina, mi ha sorpresa la sua forza e la sua destrezza nel restare in equilibrio su di una superficie scossa da fremiti incontrollati come la mia schiena.
Quando ha tolto il piede dalla mia testa ho tirato un profondo respiro ma ero ancora ansimante che la Padrona mi ha di nuovo spinta in acqua.
-‘Allora, come va?’- mi ha chiesto durante una delle brevi emersioni che mi concedeva.
Io non ho risposto, allora lei ha premuto i talloni sul mio collo.
-‘Come va, ho chiesto. Si risponde ad una Padrona’-
-‘B’bene, Padrona’-
E’ scesa. Ha abbassato la tavoletta del water e si è seduta su di essa.
-‘Asciugami i piedi’- mi ha ordinato.
Ho preso un asciugamano ed ho obbedito, poi Valentina si è fatta baciare i piedi e rimettere le ciabatte.
-‘Adesso sai com’è la mia linea’-
-‘Si, Padrona’-
-‘Accetti ancora di essere la mia schiava? Bada bene che quello che ti è accaduto oggi è solo una premessa di quello che ti farò passare tutti i giorni se rimarrai al mio servizio. Ma sei ancora in tempo per rifiutarti ed andare via, anche se in quel caso sai cosa diventerà la tua vita all’Università e forse anche fuori’-
-‘Si, Padrona’-
-‘Si, cosa?’-
-‘Accetto di diventare la sua schiava’-
-‘Bene’- ha sorriso Valentina. Non aveva dubitato per un attimo della mia risposta positiva.
-‘In questo caso datti da fare subito. C’è il pavimento del bagno da asciugare. Poi vai in cucina e preparami da mangiare. Prepara per due, anzi, stasera ho un’ospite a cena’-
-‘Si, Padrona. Posso chiederle di chi si tratta?’-
-‘Lo vedrai. Per ora ti dico che si chiama Silvia’- fa per uscire, si ferma sulla soglia della porta e rivolgendomi un ultimo sguardo malizioso mi dice ”e che ha degli splendidi piedini da adorare’-
Ride ed esce.
Io asciugo il bagno e corro in cucina a preparare da mangiare. Non sono una cuoca molto esperta ma preparo pasta al pomodoro e bistecca di manzo. Non faccio mancare neppure un buon contorno di patate arrosto e del vino d’annata.
Sono sicura che Valentina e la sua ospite lo apprezzeranno quando saranno a tavola. Magari mentre la mia lingua accarezzerà i loro piedini.

tom

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