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Racconti di Dominazione

Perchè è ciò che desideri

By 1 Dicembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Chiara

Mi sveglio, ho la testa che mi scoppia, sento i muscoli delle braccia tirare, le gambe molli. Sono frastornata, come se fossi ubriaca, non capisco dove sono, ne cosa stia succedendo. Tengo ancora gli occhi semichiusi, il bagliore del fuoco del camino, di fronte a me, emana una luce per me a ancora a stento sopportabile.
Sento improvvisamente un gelido getto d’acqua sul mio viso. Finalmente mi sveglio, tossendo.
Non faccio in tempo a razionalizzare la situazione in cui mi trovo, che sento una scarica di adrenalina attraversarmi il corpo. Sono completamente nuda, le braccia allargate ed alzate sono legate strette ad una sbarra posta ad una discreta altezza dal pavimento. I piedi non hanno uno stabile appoggio, a stento le punte riescono a toccar terra.
Provo a muovermi, con scarsi risultati. ad ogni movimento i muscoli delle braccia tirano all’inverosimile e sento più volte l’articolazione scapolo omerale sul punto di lussarsi.
Alzo il capo a fatica, il collo urla dolore, provo a mettere a fuoco. Una stanza enorme, vuota, finestre, tante finestre, spalancate, dalle quali entra un vento gelido. L’unica fonte di calore e luce in quella stanza è un enorme camino acceso, posto a poca distanza da me, impedendomi di morire di freddo. Fuori è notte, e non vedo luci oltre le finestre, ne rumore alcuno.
“Dove mi trovo?” chiedo. Non ottengo risposta. Sento soltanto qualcuno muoversi a passi veloci verso di me. Altro scoscio d’acqua, questa volta bollente, sulla schiena. Per quanto mi è possibile, istintivamente mi allontano, portando il busto in avanti. Non ho la forza di voltarmi, e forse ho perfino paura di farlo. Sento il vento gelido proveniente dalla finestra soffiare sul mio corpo bagnato.. ho un brivido. Non penso di aver mai sentito così freddo in vita mia.
“Ti prego… chiunque tu sia, non farmi del male”. Silenzio.
“Dove sono?” riprovo a domandare. Niente, anche questa volta.
Provo a voltarmi, lentamente, nonostante il dolore ed il timore, ma una mano sblocca veloce il mio viso.
“Chi sei? Rispondi, ti supplico!”. Nulla.
Sento soltanto un fruscio di stoffa. Le sue mani si portano avanti, reggendo una benda nera tra le dita. Sono mani da uomo. La poggiano sugli occhi, legandola dietro la testa.
“No, no, ti prego no!!” Urlo. La mia ansia raggiunge il parossismo, non riesco a muovermi, ne a vedere ciò che succede.
Piango, di dolore, di rabbia, nervosismo.
“Chiamami Morpheus” sussurra una voce, vicina al mio orecchio.
Tiro un sospiro di sollievo, un immotivato sospiro di sollievo.
“Cosa vuoi da me? Perchè mi trovo qui?”.
Lo sento ridere. “Perchè è ciò che desideri!”
Mi sento confusa. Non capisco… Non..
Sbarro gli occhi, consapevole.
Adesso lo sento allontanarsi per qualche secondo, per portarsi di nuovo verso di me. Sento le sue mani, caldissime, poggiarsi sui fianchi, e scendere, seguendo la forma delle gambe, fino alle caviglie. Comincia a legare la prima, tirando la gamba lateralmente, e consentendomi di reggere il peso soltanto con una gamba, finchè, anche qon questa non ripete l’operazione. Un dolore atroce parte dalla spalla, e si porta sulle braccia, sul collo, sul seno. Sento muscoli e pelle tirare, quasi sul punto dsi lacerarsi.
Gemo, inutile pregarlo di slegarmi, non lo farebbe mai. Adesso si sposta, davanti a me. Sento il suo respiro sul mio viso. Le bende scure mi consentono soltanto di intravederne la forma. E’ alto, molto più alto di me.
Resta fermo qualche minuto, sento i suoi occhi sul mio corpo, e quindi le sue mani. Afferra la spalle, stringendole.
Grido, il dolore è insopportabile. Arriva il primo schiaffo, talmente forte da farmi voltare il capo, aggiungendo dolore a dolore.
“Non urlare, puttanella. Non farlo più. O te ne pentirai.. ogni volta di più”
Obbedisco. Ripete l’operazione, stringendo nuovamente le spalle. Non urlo, serro le labbra, digrigno i denti e provo a soffocare il fisiologico urlo.
“Brava, cosi mi piaci”.
Le sue mani adesso si spostano, carezzano il mio corpo, mani, braccia, seno, pancia. Sfiorano il monte di venere, e risalgono immediatamente.
Prende qualcosa, dalla tasca presumibilmente. Sento soltanto un tintinnio metallico. Sento il sangue raggelarmi nelle vene. Non vedo, cazzo, non riesco a vedere da dove provenga quel fastidiosissimo rumore. Con ambo le mani afferra nuovemente il seno, stringendo violentemente tra due dita i capezzoli, girandoli.
Ansimo. Ma non urlo. Tremo, intuendo adesso da dove provenga quel tintinnio.
Ne ho la conferma, sentendo una dolorosissima e freddissima morsa cominciare a stringere i capezzoli. Due pinzette metalliche, legate da una breve catenella. Morpheus la afferra, tirandola verso di se, sento i seni tirare avanti, ed i capezzoli dolere tremendamente.
“Ti piace? So che ti piace..” sussurra Morpheus.
“No, Morpheus.. mi fa male. Ti prego smettila”
“Ti fa male? Solo questo ti fa male?” ride.
Si sposta velocemente, portandosi da un lato dell’enorme stanza. Lo sento avvicinarsi a me, a passi svelti, da dietro. Giunge a pochi metri, si ferma.
Sento lo spostamento d’aria, il freddo rumore dello schiocco, e la pelle della frusta colpirmi, a guisa di tagliente lingua che da dietro, si porta avanti e si alza, fino alla pancia.
Grido, la pelle mi brucia, il tormento è insopportabile.
“Morpheus, nooo! Ti supplico, ti scongiuro fermati”.
Preghiere inutili. colpo, dopo colpo, dopo colpo. Sento la mia pelle tagliarsi sotto il colpo di quegli schioppi. Si ferma, quando ormai i miei lamenti sono finiti, e subisco, rassegnata le sue voglie… E le mie voglie.
La schiena duole tremendamente, la sento tirata, e caldissima, così come le grandi labbra. Ma è il basso ventre che ha subito i danni peggiori, perchè è proprio esso che la punta della frusta colpiva, con la sua piccola estremità metallica.
“Adesso ti fa male?” chiede Morpheus.
Annuisco.
Lo sento sorridere.
Si avvicina, afferra il mio viso, portandolo vicino al suo.
“Ne vuoi ancora?”
“Si” sospiro.
“Benda” dice Morpheus.
“Cosa?” Non capisco..
“Benda. E’ la parola di sicurezza. Se vuoi fermarmi”
Non ho una grande esperienza in proposito, non avevo mai sentito parlare di una parola di sicurezza.
Faccio su e giù con la testa.. in segno di assenso.

Morpheus

Lo sento muoversi e poi un leggero rumore metallico. Finalmente sento di riuscire ad appoggiare il peso sui piedi e poi di stare dritta.
Le sue mani decise mi muovono come una marionetta, sento che mi spinge a mettermi seduta. La sedia dev’essere di metallo perché è gelida sulla pelle.
Mi sistema le mani legate dietro e poi le caviglie ai piedi della sedia, coi piedi dietro, costringendomi ad aprire le cosce.
Sono seduta e aperta oscenamente, offerta a lui inerme.
Resto sorpresa di avvertire la sua presenza accanto a me poi le sue mani enormi mi tolgono la benda. Resto un momento abbagliata e stropiccio gli occhi finché la sua sagoma non si definisce davanti ai miei occhi. E’ talmente alto e grosso da sembrare un orco. Il suo volto, che mi interesserebbe guardare, è coperto da una mezza maschera rigida, vedo solo la sua bocca che è chiusa in un espressione seria e concentrata, sta sistemando una grossa valigia su un cavalletto.
Oltre la maschera indossa solo un pantaloncino nero, che non nasconde la sua eccitazione, ho un moto di orgoglio per riuscire a destare il suo desiderio, per riuscire a compiacerlo permettendogli di usare il mio corpo.
Come prima cosa accende due candele, poi mette un pentolino su un fornelletto. Estrae una corta catena dalla valigia e si volta verso di me, la calma dei suoi gesti mi infonde tranquillità anche se fremo in attesa di scoprire cosa ne farà di me.
Aggancia la catenina a quella che unisce i miei capezzoli e da li mi aggancia una caviglia, mi piego in avanti per far si che non tiri, mentre lui mi gira attorno.
Ora non lo vedo, ma sento distintamente lo schiocco della frusta un attimo prima che la pelle si accenda di dolore incandescente. Urlo e la schiena si piega all’indietro automaticamente, questo tende le catene e fa si che i morsetti mi tirino i capezzoli allo spasmo. Altro dolore, altro grido e mi piego in avanti per sottrarmi alla tortura. Il secondo colpo mi sorprende e io replico la contorsione dolorosa e le urla di dolore.
-Strilli e ti agiti troppo. sembra quasi che non ti piaccia.- Mi apostrofa
-P… Perdono- Gli chiedo.
Non finisco di dirlo che mi colpisce nuovamente, resisto all’istinto di gemere e di piegare la schiena. Taccio e godo del fuoco che mi brucia la pelle, dove la frusta mi ha sferzato.
-Bene.- Dice, e colpisce ancora.
Immagino la lingua di rosso vivo sulla mia pelle bianca unirsi alle tre gemelle che già segnano la mia schiena. Mi inebrio del bruciore e lo lascio spandersi nella pelle, senza emettere un suono.
Sento che getta la frusta a terra, rifiutata. Uno strumento che ho sconfitto e sento un fremito percorrermi la spina dorsale, un piacere perverso nel sapere che dovrà alzare il livello da questo momento.
Mi libera dalla catena che collega alla caviglia e, molto lentamente, tira in fuori quella che mi unisce i capezzoli. I morsetti tirano e mi tormentano, fa malissimo, i miei occhi si spalancano di dolore e fissano i suoi dietro la maschera, imploranti. Cerco, mi sforzo, di non urlare ma è impossibile. I capezzoli sono tesi all’inverosimile e i morsetti scattano all’improvviso, graffiandomi, liberandomi al prezzo di un dolore sordo e intenso.
Con le lacrime agli occhi lo guardo togliere ciò che aveva messo a bollire. Riconosco un vasetto per ceretta, mi chiedo cosa intenda fare e per tutta risposta lui versa il liquido vischioso e caldo sul mio pube. La mia figa è curata e poco pelosa, mi è sempre piaciuto portare i miei pochi peli curati ma evidentemente lui non è dello stesso parere e applica due strisce depilatorie. Capisco che non è pratico, capisco che mi farà male e quando lui strappa la prima striscia salto sulla sedia. Lui sorride calmo e strappa la seconda, lasciandomi con un irritazione bruciante su tutta la zona inguinale.
Con cura e calma lo vedo passare una lametta usa e getta su punti delicatissimi, sudo freddo ma lui, questa volta, esegue con perizia ed il risultato è che ora sono liscia come una pesca.
Lui continua ad armeggiare con gli oggetti nella valigia e ne emerge con una giarrettiera che mi allaccia alla coscia. Subito ci aggancia un piccolo oggettino rosa con una levetta e delle tacche che vanno da 0 a 3. Da li fa partire un filo che mi assicura alla pelle con piccoli pezzetti di garza adesiva. Di colpo le sue dita aprono le labbra della mia figa, è un contatto rude e inaspettato che mi spiazza, sento il suo pollice roteare sul clitoride che ovviamente si inturgidisce strappandomi un gemito. Con un altro pezzetto di garza assicura il minuscolo ovulo all’apice del filo al mio clitoride poi muove la levetta sull’uno e l’ovulo comincia a vibrare. E’ una stimolazione troppo diretta, troppo intensa, per risultare piacevole tutto il mio corpo comincia a fremere.
Lui si sposta ancora e raccoglie le due candele che aveva acceso prima. Con calma le avvicina ai miei seni e le inclina con perizia, facendo finire un paio di gocce di cera su ogni capezzolo.
Il dolore è fulmineo e intenso, la cera bollente mi ustiona per una frazione di secondo poi la cera è già fredda sulla pelle. Ripete ancora e ancora il gesto, strappandomi gemiti, finché i miei seni sono coperti di una sottile patina di cera. Sudo freddo e l’ovulo continua a torturarmi.
Con serafica calma sposta l’interruttore sul due, raddoppiando la vibrazione e la mia tortura, poi comincia strizzarmi le tette, sgretolando la cera e passando le dita sulla pelle arrossata.
Quando si piega sui miei seni, avvicinando le labbra ai capezzoli, mi sembra un gesto troppo dolce, troppo sensuale vista la situazione, mi spiazza, mi sorprende e la sua lingua che passa dolcemente sulle ustioni mi da un sollievo erotico dolcissimo. Poi i suoi denti e un nuovo, intenso, dolore che mi squassa dalla testa ai piedi. Sono ad un passo dallo stillargli la famosa parola di sicurezza quando lui si ferma di colpo, lasciandomi ansimante, dolorante e sudata.
Alzo lo sguardo quando sento la sua assenza per qualche secondo e lo vedo con in mano una gigantesca siringa che culmina in un sottile tubo e, nell’altra mano un piccolo dildo a forma di picca. La siringa è piena dell’acqua che aveva scaldato per farmi la ceretta.
Si inginocchia davanti a me e mi fa spostare sul bordo della sedia, non mi è chiaro ciò che vuole fare ma ormai è chiaro che non sarà niente volto al mio piacere. Sono solo un oggetto nelle sue mani, niente di diverso da tutti quei giocattoli che tiene in valigia. Tutto quello che fa lo fa per il suo piacere, io devo godere di essere usata da lui, è un gioco nuovo, strano, a cui mi sto lentamente abituando e ora sono curiosa di capire che cosa farà di me.
Lo guardo infilare il tubicino nel mio culetto e capisco di colpo che cosa sta facendo. Preme il pistone con una certa violenza ed un fiume caldo irrompe nel mio culo facendo da subito cominciare un terremoto di contrazioni interne che possono portare ad un solo risultato. Cerco di trattenermi, perché sono sicura che non vuole che mi lasci andare. E’ una fatica immane che non può avere successo a lungo, comincio a fremere e quando lui sposta la levetta sul tre sento di essere sul punto di esplodere e allora lui infila in un colpo solo il piccolo dildo, tappandomi letteralmente.
Sono preda di convulsioni fortissime sia sul clitoride che nell’intestino mentre lui mi slega e poi mi getta a terra, obbligandomi a restare giù, a quattro zampe.
Ora mi sta mettendo qualcosa in bocca, è una specie di mascherina che si lega dietro la testa e che tramite un cerchietto di gomma mi obbliga a tenere la bocca aperta. Una mascherina che trasforma la mia bocca in un semplice buco, un buco che potrà usare a suo piacimento. Un giocattolo che toglie alla donna il controllo del gesto di maggiore potere che ha su un uomo, il pompino.
Finalmente libera la sua eccitazione dalle costrizioni dell’indumento. Ha un cazzo normale, che però sul suo corpo enorme appare perfino piccolo. Si avvicina con lentezza esasperante mentre io fremo, oltre che per tutto quello che mi sta succedendo la sotto, anche per l’irrazionale voglia che si sbrighi a ficcarmi il suo cazzo nel buco che ho qui, sulla faccia, pronto ad accoglierlo.
Le sue mani enormi mi circondano la testa e lui punta l’uccello all’ingresso di plastica della mascherina. Affonda rapido e violento nella mia bocca. Ora capisco il vero scopo di questo giocattolo, non si riuscirebbe ad accettare un intrusione così violenta e così profonda senza contrazione involontaria della mascella. Lui mi scopa la bocca, obbligandomi a sbavare come una cagna e ad assorbire i colpi col collo e con le spalle, per far si che tutto quel liquido nella mia pancia non si agiti troppo. Intanto quel maledetto ovulo continua a devastarmi il clitoride.
Non riesco a spiegarmi come, ma mentre lui mi usa come una bambola, mentre l’ovulo mi devasta il clitoride e sono preda di convulsioni intestinali dolorosissime, godo. Mi sento invasa da una strana sensazione di compiutezza, come se essere un oggetto nelle mani di un padrone fosse da sempre la mia ragione di essere.
E’ un piacere mentale, diverso dall’orgasmo fisico, che è ancora lontano e che nemmeno so se mi sarà concesso di provare.
Quando smette di usare la mia bocca sono piena di bava, di lacrime e sempre preda di forti contrazioni, respiro a pieni polmoni. Lui si sposta lungo il mio corpo e all’improvviso toglie il dildo dal mio culo. Immediatamente sento un terremoto di convulsioni che mi stimolano dall’interno, gemo e sono pronta ad esplodere, quando lui in un unico, deciso, colpo secco mi penetra. L’ano si contrae per l’intrusione e i muscoli subiscono la sua penetrazione come una nuova e devastante stimolazione, sento l’urgenza di liberarmi e spingo, favorendolo nella penetrazione. Lui mette tutto il suo peso nei colpi e mi scopa con rapidità e violenza fortunatamente senza dolore, grazie a tutti quei liquidi che mi lubrificano anche più del necessario. Accelera i colpi e comincia a grugnire, io sento lo sciaquettio dentro di me ad ogni suo colpo e stranamente comincio a goderne.
Ogni suo movimento mi porta a nuove vette di piacere, mi sento un vulcano pronto ad eruttare e, quando lui viene dentro il mio culo, ogni goccia de suo seme è un aggiunta ad un fiume di lava che è già oltre il suo limite massimo. Ricevo, grata, il suo orgasmo dentro di me e aspetto che i suoi movimenti si facciano più lenti e stanchi, poi lui si toglie da me e si sposta in modo che io possa vedere che mi guarda. Immediatamente erutto il contenuto della pancia, venendo come una pazza, mentre fiotti su fiotti di liquido caldo sgorgano dal mio corpo, svuotandomi completamente e lasciandomi sconvolta e stremata ancora a quattro zampe sul pavimento.
L’espressione delle sue labbra denota soddisfazione e io sono subito felice di averlo compiaciuto.
Si china su di me, mi libera le mani e mi toglie la mascherina, poi poggia le labbra sulle mie, senza baciarmi veramente.
-I tuoi vestiti sono di là, in bagno, c’e una doccia e un asciugamano.-
Lo vedo riporre gli attrezzi nella valigia e richiuderla. Non so se ho la forza di alzarmi ma qualcosa mi dice che devo restare così finché lui non se ne è andato. E allora io aspetto, a quattro zampe, nella pozza delle mie stesse schifezze, umiliata, usata e finalmente completa.

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