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Racconti di Dominazione

…Perché io scoperò il tuo corpo e fotterò la tua mente.

By 10 Giugno 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Preparati, alle 8 hai una cena’ la informò con voce suadente e tranquilla dal telefono del suo ufficio.
‘Usciamo a cena anche questa sera?’ rispose lei cercando di regolare la respirazione resa affannosa dalla mezzora trascorsa sull’ellittica.
Con una mano si sciolse la lunga treccia in previsione della doccia calda che l’attendeva.
Non aveva voglia di uscire. Avrebbe dovuto lavarsi i capelli e trascorrere un’ora sotto il getto caldo del Phon per poterli asciugare e stirare a dovere.
‘No, in realtà io e te non usciamo a cena. Ti ho ‘come dire’.beh! non so come dirtelo. Ho avuto un problema piuttosto grosso ‘. sì’sai un problema di denaro’.insomma’ con voce tremante’ non so come dirtelo’.’

Lei cercava di decifrare il farfugliamento di suo marito, ma proprio non capiva dove volesse arrivare.
Ascoltò con più attenzione perché quell’agitazione non era normale ‘Cosa vuoi dirmi? Dai non può essere così grave’ mentre sentiva nascere un nodo in gola in attesa di una brutta notizia.

‘Ecco’lui ha insistito così tanto’cerca di capire, non potevo ‘davvero non potevo dirgli di no!’

‘Ha insistito cosa? Lui? Insomma mi dici di cosa si tratta!’

‘LUI manderà un taxi a prenderti per condurti al ristorante. E’ solo una cena. Ha letto i tuoi racconti e vuole conoscerti a tutti i costi’
‘Lui chi?!! Sei diventato matto?! Non sono mica una escort!! Hai fatto leggere i miei racconti erotici ad uno sconosciuto?’ la voce indignata le si era alzata di due tonalità, rendendola più acuta di quanto avesse voluto.

‘Cara, scusami ‘perdonami. Ma non ho potuto fare altrimenti! Dai! E’ solo una cena! Vedrai che magari ti divertirai!’

‘TI DIVERTIRAI?!? Ma sei diventato matto! Mi costringi ad andare a cena con uno sconosciuto e mi dici anche che mi divertirò!!’

‘E dai! Non &egrave mica la fine del mondo! E’ solo una cena!’

Il tono tranquillo di suo marito la imbestialiva e si sentiva umiliata. Il fatto che suo marito avesse già deciso, senza chiederle un’opinione la fece davvero incazzare.

Non volendo comunque sembrare sconfitta e dargli la soddisfazione di averla umiliata, scandendo le parole e pronunciandole con una studiata enfasi, replicò ‘Come vuoi tu, TESORO! sarò pronta per le 8!!’

Rimise il cordless nel suo sostegno e si rese conto di aver fatto una cazzata.

– Non ci posso credere! si disse mentre si gettava di peso sul divano.
– Stronza che non sei altro! E fai pure la spavalda!’.come vuoi tesoro’sarò pronta per le otto!’ ripeté con voce stridula.
– Stronza! Stronza! E ancora stronza!’
– E ora che faccio!?

– Sarà meglio che ti prepari ‘ le disse una vocina

Si avviò verso il bagno mentre mille pensieri turbinavano veloci nella sua testa.
– Da quant’&egrave che ci stava pensando suo marito? E chi cavolo sarà questo tizio? Oddio speriamo che almeno sia decente!
Le tremavano le gambe, sia per lo sforzo dell’ellittica, che per la rabbia. Ma non si sarebbe tirata indietro. Lei così sicura di se e spavalda. No! Sarebbe andata in fondo a questa cosa. E poi’si trattava solo di una cena! Qualche convenevole e poi si sarebbe fatta riaccompagnare a casa.

Il getto caldo della doccia massaggiò la sua pelle, ridandole un po’ di coraggio.

– Un incontro al buio. Ma che cavolo ci diremo tutta la sera! Non ci conosciamo nemmeno! Finiremo per parlare del tempo e dell’ultimo libro di Vespa!’..mentre lui penserà’ma tu non sei quella che ha scritto’–Adesso ti spacco il culo!!–‘. Che seratina emozionante!!

Si accorse, suo malgrado, che il fatto di andare a cena con uno sconosciuto la intrigava, anche se la situazione le pareva quanto meno assurda. Cosa aveva detto suo marito? Che voleva conoscerla a tutti i costi? E perché mai? Per i suoi racconti?

Il diffusore della doccia veniva spostato meccanicamente da una spalla all’altra per assaporare lo sciogliersi languido dei muscoli a contatto con il getto caldo; lo direzionò sul ventre piatto e lo fece poi scendere più in basso alla ricerca di uno stimolo più piacevole.
La mano, coperta di schiuma soffice, scese a massaggiare il monte di venere mentre i peli scuri e cortissimi erano stati resi morbidi dal sapone.
Indirizzò il getto dell’acqua proprio sul clitoride, avvicinandolo per gustare maggiormente quella sensazione di piacere.
Ormai i pensieri erano stati spazzati via. Le piaceva raggiungere il massimo dell’eccitamento con calma, gustando ogni momento, ogni sensazione e, in una sorta di masochismo, negarsi il piacere sino all’ultimo per poi lasciarsi andare ad un piacevole e fortissimo orgasmo.
Decise che non sarebbe venuta.
Decise di controllarsi’di lasciare di proposito quella fame inappagata.

Quando venne il momento di decidere cosa indossare pensò ad un abbigliamento sportivo, ma subito dopo le venne in mente: magari ti divertirai!
La rabbia offuscò i suoi pensieri ed una forte e incontenibile voglia di vendetta prese il sopravvento.

‘E così mi dovrei divertire! Ebbene! Vediamo di divertirci davvero! Ti faccio vedere che se giochi con il fuoco poi ti scotti!’ disse lanciando con rabbia fuori dal cassetto perizomi e vari reggiseni. Gliela avrebbe fatta pagare per quello scherzetto!
Seduta sul letto srotolò lentamente un collant a rete finissima su piede, salendo poi verso la caviglia e fasciando tutta la gamba. Il movimento lento come se uno spettatore invisibile fosse lì a godere di quello spettacolo. Uno specie di rituale erotico che preannunciava sempre una serata speciale.
Quei collants glieli aveva regalati suo marito, così come il bellissimo perizoma di pizzo nero bordato di sottili strass argentati.
Avevo poi indossato un reggiseno nero a balconcino, un maglioncino blu notte aderente con un’ampia scollatura ed una lunga gonna nera con lo spacco anteriore.

Le luci artificiali del ristorante avrebbero fatto risaltare le ciocche bionde dei suoi lunghi e lisci capelli lunghi, in contrasto con i capelli più scuri.
Due gocce di essenza al muschio bianco e si sentiva pronta per la serata.

– Pronta &egrave una parola grossa!
Esprimendo il pensiero ad alta voce

Il taxi bianco la stava già aspettando fuori dal cancello e lei, salendo, cominciò a sentire un ansia latente che ribolliva silenziosa.
Era nervosa ed arrabbiata con suo marito, che era di certo rimasto di proposito al lavoro per non doverla incontrare.

Durante il percorso, i suoi occhi guardavano le luci della città scorrere veloci al di là del finestrino, ma la sua mente era lontana. Cercava argomenti che sarebbero risultati interessanti da snocciolare al misterioso uomo che si accingeva ad incontrare e nello stesso tempo scuse da poter tirar fuori all’ultimo minuto per svincolarsi da quell’assurda situazione.

Il taxi si fermò di fronte alla poco appariscente insegna del Wild Nights.
– Sembra più il nome di un bordello che di un ristorante ‘ pensò mentre scendeva dal taxi porgendo i 30 euro per la corsa.
‘Tenga il resto’ disse distrattamente.
Non conosceva quel locale e si sorprese nel trovare un ambiente molto lussuoso e raffinato.
Le luci soffuse erano regolate affinché ci si potesse guardare negli occhi, lasciando i tavoli avvolti in una penombra discreta.
Un uomo gentile, basso e calvo e con un forte atteggiamento effeminato, l’accolse tendendogli le mani.

– Oddio! Spero che non sia lui!!

‘Vuole dare a me la giacca?’ Per fortuna era solo l’host del ristorante. ‘E’ attesa?’
‘Sì’ sussurrò con evidente imbarazzo ‘ma non conosco il mio ospite’ guardandosi attorno per cercare l’uomo misterioso.
‘Venga. Il signore in fondo alla sala l’attende’ disse l’host riponendo la giacca nel guardaroba alle sue spalle.

Camminava cercando nell’oscurità di sembrare il più disinvolta possibile. Una donna sicura di se, che non ha paura.

– Ma come diavolo cammina una sicura di sé?!
– Sciolta’sciolta’.fai finta che non esistano! Un bel respiro! E cerca di non inciampare!

L’unico uomo solo era seduto ad un tavolo in fondo alla sala.

– Ma che fa?’.sbaglio o sta leggendo un giornale!?
– Questo sì che &egrave davvero bizzarro.

Quando lei giunse accanto al tavolo si aspettava da lui un gesto per farla accomodare; teoricamente, secondo le regole del galateo, si sarebbe dovuto alzare per spostargli la sedia.
E così attese, ferma , qualche secondo.
Evidentemente lui se ne sbatteva altamente del galateo.
Alzò gli occhi al di sopra del giornale. La guardò, anzi la trafisse con uno sguardo severo. ‘Siediti! Non vorrai rimanertene lì impalata per tutta la sera!’ per poi riabbassare gli occhi verso il giornale.

– Iniziamo bene!- Pensò.

E poi stizzita, ad alta voce, quasi sperando che le persone sedute ai tavoli accanto potessero sentire:
‘ Sa che lei &egrave un bastardo?’
‘Dammi pure del tu. La forma di cortesia e bastardo insieme sono uno strano connubio’

Non era esattamente quello che si aspettava. Certo che no! Si aspettava un invito galante, magari qualche gesto romantico come una rosa rossa sul tavolo. In fondo era lui che aveva insistito per conoscerla!
E allora perché quel tono? Perché quegli ordini e quella frase per ferirla?

Rimase ancora immobile, incerta sul da farsi.
Lo guardava dall’alto. Lui immerso nella lettura come se lei non esistesse.
Si spazientì. Decise che quell’uomo era davvero un gran bastardo. Sospirò rumorosamente e fece un piccolissimo passo indietro per avvisarlo che se ne stava andando.

‘Puoi andartene’ fece una pausa e alzò di nuovo lo sguardo su di lei ”..se vuoi’
Su quelle due ultime parole lui mise un’enfasi tale che a lei vennero dei dubbi.
Voleva davvero andarsene?
Nonostante tutto quell’uomo aveva attirato la sua attenzione.
Il suo sguardo era penetrante. La voce diretta. Un magnetismo tutto particolare.
O forse era solo il desiderio di rivalsa verso suo marito che la spingeva a vedere in uno sconosciuto segni di attrazione ed interesse?

Al di là di ogni sua aspettativa, fece una cosa che la sorprese: si sedette.

‘Bene!’ disse l’uomo ripiegando il giornale e riponendolo sulla sedia accanto ‘ sono felice che tu abbia deciso di rimanere!’

Eccomi qui, seduta al tavolo di un ristorante con un perfetto sconosciuto che però sa che posso scrivere parole del tipo ‘ ‘sono la tua troia!’

– Certo che ha un bel vantaggio!

I suoi occhi erano magnetici e lei cominciò a fissarli chiedendosi quante donne avessero già sottomesso al loro volere.
Non capiva perché ma sapeva che lui era un ‘Dominatore’
Studiava il suo viso, non riuscendo a dargli un’età definita.
Sembrava giovane, ma lo sguardo era di un uomo che aveva conosciuto e fatto sue innumerevoli esperienze.
La guardò dritta negli occhi ‘Ho letto tutti i tuoi racconti’
Nessuno dei due abbassava lo sguardo. I loro occhi fissi in quelli dell’altro. Divenne una sfida. Lei avevo imparato a farlo in un corso, ma a lui veniva naturale.

‘Sì va bene, e allora?’ replicò versandosi nervosamente un bicchiere di vino rosso.

– Non avresti dovuto farlo! Lo sai! Lo avevi imparato. Cercare negli oggetti un supporto &egrave segno di debolezza.

– Cazzo! Vero! ma la situazione &egrave così assurda!

‘Perché mi trovo qui?’ domandò diretta.

– Bene! Riprendi in mano la situazione. Fai tu le domande. Conduci tu il gioco!

‘Tuo marito ha un debito con me. Per saldare il debito ho chiesto te in cambio. Tutto qui. Merce di scambio.’

‘Un debito? Che genere di debito?’ chiese mentre i pensieri sfrecciavano e rimbalzavano veloci cercando di trovare una risposta.

‘Debito di gioco? Di lavoro? E perché non me l’ha detto?’

– Merce di scambio? E’ così che l’aveva chiamata!

Non riusciva a crederci.

‘Se tuo marito non te l’ha detto, perché dovrei farlo io? E poi volevo conoscere chi c’era dietro a quei racconti.’
Il volto disteso, nemmeno una ruga di espressione. La voce profonda e tranquilla. Una melodia dai toni bassi. La calma in persona.
Ma chi era quell’uomo?

‘Ordiniamo qualcosa da mangiare e poi tu mi spiegherai meglio i tuoi racconti. Tutti. Tutti quelli che hai sparpagliato con i tuoi vari nicknames.’
‘Cosa vuoi sapere di preciso? Perché li scrivo? Cosa &egrave vero e cosa non lo &egrave? E perché dovrei dirtelo?’ la sua voce divenne cadenzata, seguendo l’atteggiamento del suo interlocutore. Aveva già cominciato a modificarsi. Come un tassello di un puzzle, come una massa di plastilina, si adattava e si incastrava perfettamente con la persona che aveva di fronte.

‘Me lo dirai semplicemente perché io VOGLIO saperlo. Magari non oggi, ma me lo dirai. Puoi starne certa’ disse quasi recitando da un copione.
Eppure il suo fare non era arrogante. Era semplicemente sicuro di sé. Troppo sicuro di se.

La cena divenne una specie di gioco. Si stavano studiando. E lei, sempre a chiedersi come sarebbe finita la cena. L’avrebbe inviata a casa sua? Sino a che punto era considerata merce di scambio? Avrebbe dovuto aprire le gambe e farsi sbattere? E suo marito che ruolo aveva in tutto questo?
No! Non lo avrebbe permesso. Era comunque una donna adulta e la sua volontà forte, quindi non avrebbe ottenuto ciò che voleva tanto facilmente.

– Quindi significa che alla fine l’avrebbe ottenuto? Ma che gli avresti dato del filo da torcere?
– No!!! Non l’avrebbe ottenuto e basta! Guarda te! se mi devo giustificare anche con i miei pensieri!

E quando giunsero quasi alla fine di quella che tutto sommato era stata una piacevole serata pensò:

‘ Eccoci! Siamo arrivati al capolinea! Ora vedremo chi &egrave il più forte’quando gli dirò che me ne torno a casa!

‘Hai messo il reggicalze per l’occasione?’ le domandò con estrema calma e senza mostrare un’eccessiva curiosità.
‘No. Collants normalissimi’ Rispose cercando di assumere un aria provocatoria ‘Perché mai avrei dovuto indossare le autoreggenti o un reggicalze? mica stavo andando ad incontrare un amante o un possibile tale’.

Mantenere la calma!

‘E’se ti chiedessi di fare una piccola cosa. Molto semplice. Niente di che. La faresti per me? Poi ti assicuro che non ti chiederò altro per questa sera.’
‘Prima sentiamo la richiesta e poi avrai la risposta’
‘No! Questa &egrave una clausola ferma. Mi devi dire se lo farai o non lo farai. Tutto qui.’

– Cosa accidenti vorrà chiedermi? Siamo in un luogo pubblico; non credo che oserà chiedermi qualcosa che metta in imbarazzo anche lui. Sì, ma quale sarà per lui il limite dell’imbarazzo?
Oddio che faccio?! Se gli dico di sì, ho salvato il resto della serata. E se gli dico di no, che mi chiederà di fare dopo?

‘Va bene! Farò quello che mi chiedi’
Sbagliava o aveva sentito nel suo stesso tono di voce una sorta di compiacimento?
Lui sembrò aver avuto il suo stesso pensiero e sorrise soddisfatto.

‘Bene. Vai in bagno, sfilati i collants. Porti il perizoma?’
‘Sì’
‘Bene. Allora toglitelo e indossa di nuovo i collant’
‘Ora?’ chiese prendendo solo un po’ di tempo per riflettere su quella richiesta.
‘Nooooo’.. domani mattina. Certo. Adesso!’ la sua voce, sempre tranquilla, divenne un ordine perentorio.

Non pronunciò nemmeno una sillaba. Lo sfidò con gli occhi socchiusi e, posando con stizza il tovagliolo sul tavolo, s’incamminò verso la toilette.

Il bagno era perfettamente pulito. Si chiuse dentro e fece quanto le aveva richiesto. Mise il tanga nella borsetta e indossò di nuovo i collants. La superficie del pube sfregava piacevolmente contro il soffice nylon ed il clitoride riceveva un massaggio eccitante dalla cucitura dei collants.
Tornare verso di lui, passando attraverso i tavoli, con la consapevolezza che lui era partecipe della sua nudità, accese in lei un desiderio strano.
Le piaceva dividere quel piccolo segreto con quell’uomo che la guardava ammirato raggiungerlo al tavolo.

‘Prendi il tanga ed appoggialo sul tavolo, per favore’ le chiese non appena si sedette.

Si guardò intorno sconcertata al pensiero che qualcuno potesse vederla.

Con la stessa voce decisa di prima le ribadì il concetto ‘Per favore.’

Mentre estraeva dalla borsetta quell’indumento intimo si accorse che il desiderio si stava trasformando in eccitazione. Il collant si stava inumidendo ed accavallò le gambe per sentirlo sfregare maggiormente sulle labbra e sul clitoride. Stava cercando di masturbarsi lì, seduta a quel tavolo.
Il cuore aveva accelerato notevolmente e aveva l’impressione che avessero acceso il riscaldamento in quella stanza.
Era tormentata dal dubbio. Non voleva dargliela vinta, ma nello stesso tempo tutto quello la eccitava da morire.

Appoggiò sul tavolo, con evidente imbarazzo, il tanga che teneva appallottolato nella mano.
Gli strass riflettevano vistosamente le luci delle lampade, luccicando come a voler attirare l’attenzione.
Lui lo prese con un coltello lo sollevò un po’, rimanendo qualche istante in quella posizione prima di farlo sparire nella tasca della giacca.
Lei si guardò intorno ed incontrò gli occhi dell’uomo seduto al tavolo accanto. La sua bella compagna gli stava parlando, ma lui era rimasto ipnotizzato da quella scena.

Quando il tanga scomparve nella tasca dell’uomo lei notò che il suo accompagnatore si stava rivolgendo allo sconosciuto del tavolo accanto con un sorriso di compiacimento.

‘Sei stata brava. Ora andiamo’ disse alzandosi e spostando la sua sedia per aiutarla ad uscire.

‘Ti chiamo un taxi per riaccompagnarti a casa’ le sussurrò all’orecchio mentre l’aiutava ad indossare la giacca.
Le sue labbra erano così vicine che le sembrò quasi un lieve bacio. Le vennero i brividi.

Non era una domanda o una frase con una mezza illusione. Era proprio un affermazione.

Era più alto di lei di una ventina di centimetri ed abbastanza muscoloso. Un bell’uomo.

Era contenta ed insieme delusa. Avrebbe comunque sperato di dover combattere per difendere la propria dignità ed invece lui la rispediva a casa così, con il dubbio di non piacergli abbastanza da valere nemmeno una sveltina.

Uscirono dal ristorante e si avvicinarono alla macchina dell’uomo.
‘Non mi puoi riaccompagnare a casa?’
‘No, mi spiace. Ho un impegno’ appoggiandosi al cofano.
‘Un impegno tanto urgente?’
‘Devo incontrare una donna.’ Il suo sorriso le fece capire che la stava sfidando, che stava giocando con lei.
‘Beh! Non vorrei trattenerti oltre!’ un leggero senso di astio fece tremare per un secondo le sue corde vocali, rendendo la voce leggermente più acuta.

Lui la fece girare di colpo, mise una mano sul suo collo intrappolandola e tirandole i lunghi capelli. La spinse in avanti con forza, sino a che il petto non fu schiacciato contro il freddo metallo dell’auto.
Con l’altra mano le aprì le gambe.

‘Cambierò questo tuo atteggiamento. Il tuo tono. Ti addomesticherò, vedrai!’

Il suo primo pensiero fu – E se ci vede qualcuno? E se esce qualcuno dal ristorante e mi vede così, con le gambe aperte e la testa tenuta premuta sul cofano. Penserebbe certamente ad una rapina o uno stupro!
Dio! Fa che non ci veda nessuno. Non riuscirei a sostenere la vergogna!

Lui intanto le alzò la gonna e la toccò in mezzo alle gambe. Doveva per forza aver sentito che i collant erano bagnantissimi.

‘Sei una piccola e tenera cagna in calore, come avevo previsto!’
Così dicendo le strappò i collants, lacerandoli in prossimità della figa.
Ed entrò deciso con due dita.

‘Ahh’sìììììììì’ sospirò di piacere mentre le dita aprivano quel buco per entrare con forza nella sua intimità. Le sentiva muoversi e, dimenticatasi completamente del luogo e della situazione, cominciò a gemere.

‘mhhhhhhhh’sììì’

‘Zitta! Non vorrai farti sentire. Non vorrai che vedano questa scenetta?’

Le mano che la teneva la testa schiacciata verso il basso esercitava una forza a cui non poteva sottrarsi e quelle dite infilate dentro di lei, la obbligavano a lanciare gemiti di piacere in quel silenzioso parcheggio. Vedeva le macchine che sfilavano veloci lungo la strada adiacente, ma il suo pensiero era solo rivolto a quelle due dita dentro di lei.

‘ Ti piace!’ sussurrò al suo orecchio, mentre le faceva sentire il peso del suo corpo ed il cazzo duro intrappolato nei pantaloni che premeva contro la sua coscia.
‘Sì’
‘Vuoi che continui?’
‘Sì’ti prego!’

‘Ma se sino a un ora fa mi chiamavi bastardo! Perché ora dovrei farti godere!?’ disse mentre spingeva le dita al massimo della profondità , andando a premere le nocche della mano contro l’entrata.

– Certo non ha tutti i torti!

Quando le sentii uscire fu travolta da una delusione che le parole non riescono a descrivere, ma nel suo intimo sperò che lui si slacciasse i pantaloni e le facesse sentire la durezza del suo cazzo.
Essere presa lì’.in un parcheggio, con il timore che potessero esser visti, la eccitava.
Le figa, ormai bagnatissima, era pronta e aspettava di godere.

Era arrivato il taxi.

‘Ricomponiti Sigyn! Non vorrai farti vedere così!’
Lui non la chiamava con il suo vero nome. Usava il nick che lei utilizzava per i suoi racconti!

Lui aprì il portafoglio.

– Che fa ora? Mi dà dei soldi? Magari per il taxi?

Estrasse un biglietto da visita e glielo porse.
‘A prestissimo mia cara!’
Salì in macchina e partì.

Il taxista le sorrise dallo specchietto retrovisore quando si accomodò sul sedile posteriore ‘Serata eccitante?’
– Stronzo! Pensò

‘Pensi a guidare. Via dei Tigli 43’

Per tutto il tragitto rigirò quel biglietto da visita tra le dita e quando arrivò a casa lo lanciò sul mobile vicino alle chiavi della macchina. Perché tenerlo nascosto? in fondo era stato suo marito ad organizzare il tutto.
Non era arrabbiata con lui e quando si distese a letto al suo fianco, spense la luce e si girò dall’altra parte; ma solo perché voleva pensare a quanto le era accaduto in quella strana serata.
Sapeva che non ne avrebbero mai parlato.

– Mi ha dato il biglietto per poterlo chiamare? E perché dovrei chiamarlo? Il debito &egrave stato pagato ed il nostro ‘contratto’ &egrave finito qui.
Certo che non lo chiamerò!. Figurati! Un uomo così arrogante e pieno di sé!

Si addormentò con il pensiero e l’immagine dei suoi occhi socchiusi, la sua testa schiacciata contro il metallo grigio e freddo di quel cofano e le dita di quell’uomo lucide dei suoi umori, illuminate dalla luce dei lampioni, che entravano ed uscivano da quel buco che chiedeva di essere riempito.
Si ricordò i suoi gemiti e la sensazione di piacere. In quel momento desiderava rivederlo.

I giorni successivi trascorsero segnati da un’apparente tranquillità. Tutto era tornato normale, abitudinario come sempre.
Il biglietto da visita finì nella sua borsa insieme a numerosi altri oggetti.
Ma la sua voce la perseguitava ‘Ti piace!’ Due parole. E non era nemmeno una domanda. Era quasi un ordine.
Si chiedeva se lui desiderasse rivederla. Si domandava se lui la pensasse ogni tanto. Voleva credere che lui la pensasse.

Una notte, a casa da sola, decise di chiamarlo.
Fece il numero del suo cellulare. Esitò. Riappese. Lo ricompose. Camminava su e giù per il salotto cercando di ricordare quale frase aveva scelto e provato per iniziare la conversazione.
Nessuna era plausibile. Come poter dire ‘ Mi piacerebbe rivederti ‘ senza sembrare eccessivamente interessati.
Impossibile. Appena lui avesse sentito la sua voce avrebbe capito che era caduta nella sua rete.

L’amo era stato lanciato. La preda aveva abboccato.

Nessun discorso, seppure ben fatto, avrebbe cambiato questo stato delle cose.
– Rassegnati mia cara. Capirà immediatamente che ti interessa
– Ok! Chissene frega!! Lo capisca pure. Questo non significa che poi andrò avanti
– Seee! Ma chi vuoi prendere in giro!?

‘Ciao!’
Mi riconoscerà? Dovrò dirgli chi sono e dove ci siamo incontrati? Sai’quella a cui hai infilato due dita dentro, nel bel mezzo di un parcheggio!
Sperò ardentemente di no.

‘Ce ne hai messo? Cosa vuoi?’

– Cominciamo male. Molto male. Cosa voglio? Cosa voglio?
– E diglielo no? Digli che hai voglia di risentire quelle dita. Digli che vuoi sentire il suo cazzo duro che entra

‘Ti devo una cena. Volevo ricambiare’
– Banale! Banale!!

‘Non sai fare di meglio? Intendo dire’come scusa &egrave un po’ banale!’

– Appunto! Glielo avevo appena detto

‘Beh! Sì ..forse &egrave stato un errore. Scusa non volevo disturbarti. Sei occupato?’
‘Ormai mi ha disturbato. C’&egrave una deliziosa signorina che si sta prendendo cura del mio uccello con la sua bocca’

Aveva capito bene? Lui stava parlando al telefono con lei mentre una donna gli stava facendo un pompino?
Riattaccò immediatamente, confusa e con il cuore che sembrava voler scoppiare.

Il telefono squillò. Era lui. Rispose.

‘ Non farlo mai più! Non riattaccarmi mai più il telefono in faccia!’
Non era arrabbiato. Solo e sempre quella voce calma e decisa. Un ordine dolce, lo avrebbe definito.

‘Ci vediamo domani. Alle 12.30 nel mio ufficio. E sii puntuale. Ah!’ vestiti da troia’

Riappese e lei rimase con l’immagine che si era fatta di lui. Nudo, magari disteso sul letto mentre una testa si abbassava e si alzava lungo il suo membro duro. La sua mano che afferrava i capelli di lei per impartirle il ritmo. Ma come poteva rimanere così freddo e distaccato in un tale momento. Ed era gelosa!

-Vestiti da troia! Che cosa dovrei fare? Mettermi reggicalze e minigonna e presentarmi al suo ufficio conciata così!

Il giorno seguente indossò un vestitino leggero e molto corto, autoreggenti, scarpe alte e
si diresse al suo ufficio. Dopotutto si era vestita da troia.
L’abbigliamento e le curve attentamente fasciate per farle risaltare maggiormente attiravano certamente gli sguardi dei passanti. E si sentiva frizzante e carica di energia.

Arrivata al suo ufficio, la receptionist le indicò la strada. Passò accanto a diversi uffici tutti uguali, con le pareti superiori di vetro, fatti in modo che dall’esterno si potesse vedere chi ci fosse dentro e cosa stesse facendo.
Solo all’interno di un paio di quelle gabbie trasparenti vide delle persone intente a svolgere una mansione così importante da dover sacrificare il pranzo per poterle portare a termine.

– Stakanovisti!! Pensò

Raggiunto il suo ufficio, lo vide chiaramente dietro una scrivania stile moderno. Bussò e lui alzò la testa, sorridendole come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto. Le fece cenno di accomodarsi, mentre si alzava per andare ad accoglierla.
Vide un maglione sportivo portato con disinvoltura sui jeans.
Doveva ammetterlo. Le piaceva. Le piaceva quello sguardo da duro che aveva senza dubbio irretito molte donne e che contrastava con il sorriso aperto e gioviale che aveva conosciuto durante la cena.
Lui chiuse la porta dietro alle sue spalle e le accarezzò il viso con una delicatezza inaspettata. Quel gesto fu tanto imprevedibile quanto la fulminea mossa seguente.

L’afferrò per i capelli e portò le labbra contro le sue mentre si girava andando ad appoggiarsi alla porta.
La sua lingua calda entrò nella sua bocca mentre lei ancora stava cercando di capire cosa fosse successo. Ma il bacio fu dolce, come quello di un innamorato la cui mancanza ha reso irrefrenabile la voglia di toccare l’amato.
E lei si lasciò semplicemente trasportare lontano da quella sensazione. Sentiva le sue braccia intorno al suo corpo e le labbra morbide sulle sue. Il suo profumo di spezie tropicali e cacao le riempiva le narici e la sua bocca calda la fece sospirare di piacere.

Le mani dell’uomo si portarono sulle sue spalle.

‘Inginocchiati ora!’ la voce ferma come uno scoglio che nemmeno la più temibile delle onde può smuovere.
Rimase stordita da quel cambiamento improvviso: estrema dolcezza seguita da ordini duri.

– Ma come? Non capisco. Lo guardò negli occhi cercando una risposta.
– Vuole che m’inginocchi?
– Vuole un pompino? Qui? Adesso? Se passa qualcuno mi vedrà!
– Possibile che l’uomo così dolce sino ad un attimo fa sia lo stesso che ora mi ordina di inginocchiarmi? No! Mi rifiuto! Non sono mica la prima squaldrinella che non vede l’ora di aprire la bocca! Se lo faccia fare da quella dell’altra sera!

‘Non lo farò!’ disse con rabbia, fissandolo negli occhi in segno di sfida.
‘Bene! Nessuno ti obbliga. Puoi andartene quando vuoi. Anzi adesso sono io che voglio che te ne vada!’ si staccò da lei senza interrompere quel contatto visivo.
Lei, nonostante tutto, non voleva andarsene. Voleva rimanere, godere dei suoi baci, delle sue carezze e della sua presenza
‘Ti prego Gi’.’
‘Taci! D’ora in poi per te sarò solo Padrone!’
‘Ascoltami bene!’ sussurrò prendendole il mento con le dita e costringendola a guardarlo negli occhi ‘adesso tu ti inginocchi davanti a me!’. La sua voce non ammetteva repliche o dinieghi. Il solito ordine gentile che avevo avuto già modo di conoscere. ‘e fai esattamente quello che ti dico’
‘Adesso TU ti inginocchi davanti a me!!’
E, come privata momentaneamente della sua volontà, lei sentì le ginocchia piegarsi e scendere sino a toccare il pavimento di legno.
I suoi occhi bassi a testimoniare la sconfitta.

‘Guardami! Voglio che mi guardi sempre negli occhi. Solo le cagne impaurite abbassano lo sguardo. E tu non lo sei, vero? Sei una cagna, ma non sei impaurita!’

Non sapeva dove volesse arrivare, ma lo guardò dritto negli occhi riprendendosi una parte della sua volontà.

Lui aprì la zip dei pantaloni e tirò fuori il suo membro. ‘E adesso succhiamelo!’

Lei era lì, in ginocchio sul pavimento, a pochi centimetri dal suo uccello ancora molle. Avrebbe avuto il coraggio di continuare. Avrebbe potuto infilarselo in bocca e cedere a quegli ordini? Con il costante timore che qualcuno da fuori avrebbe potuto vedere quello che stava facendo?
Avrebbe potuto piegare la sua volontà di fronte a quegli ordini, a quell’umiliazione?-

I suoi occhi si alternavano veloci ora negli occhi di lui, ora sul suo uccello.
Che fare?
E con lo sguardo fisso nel suo, aprì la bocca e vi fece entrare tutto quel membro ancora molle.
Lui fece un segno di dissenso con la testa, squotendola leggermente da parte a parte :
‘Prima le palle, mia cara!’
E mentre sentiva che il suo membro, profumato come se fosse appena uscito dalla doccia, si inturgidiva all’uscita dalla sua bocca, lasciò che le sue parole guidassero i suoi gesti.

‘Leccale e succhiale dentro la tua calda bocca. Voglio che diventino lucide della tua saliva.’

Si abbassò maggiormente per poter arrivare alla base del suo membro e cominciò a imperlare le sue palle con la sua saliva. I peli infastidivano la lingua e le solleticavano il mento. Prese una palla e la mise completamente in bocca, succhiandola e stuzzicandola con la lingua. Fece lo stesso con l’altra, mentre quel membro era cresciuto e lei poteva ammirarlo a pochi centimetri dai suoi occhi. Alla vista di quel cazzo così teso, cominciò ad eccitarsi ed un mugolio di piacere accompagnò quella pratica, mentre la voglia di poter appoggiare le sue labbra su quella cappella divenne così grande che i suoi umori cominciarono a bagnarle il perizoma.

– Per quanto tempo dovrò continuare? Posso prenderglielo in bocca ora?

Si rese conto che il non poter decidere, il rimettersi alla volontà di quell’uomo la faceva eccitare.

In quel momento vide, con la coda dell’occhio, un uomo passare nel corridoio ed ebbe un attimo di esitazione. Si fermò quasi che questo bastasse a non farsi scorgere in quella imbarazzante posizione.

L’uomo tirò dritto senza voltarsi, ma lui la prese per i capelli ‘Perché ti sei fermata?’ e portò quel membro duro all’entrata della sua bocca, spingendolo dentro in un solo colpo.

Quando arrivò a colpirle l’epiglottide ebbe un conato di vomito e lui si ritrasse un po’.
Si fermò e lei si ritrovò con quel cazzo infilato dentro alla bocca senza possibilità alcuna di potersi ritrarre.
I capelli tiravano ed il membro piantato così infondo alla sua gola le rendeva difficile la possibilità deglutire.
‘Attenta ai denti’ minacciò lui prima di iniziare a muovere il bacino avanti ed indietro, tenendo la sua testa sempre ben salda.
‘Voglio che tu sia il mio giocattolo. Ti voglio umiliare. Voglio farti sentire che non sei altro che una cagna!’

– Mi sta scopando la bocca! Pensò lei mentre quell’uccello entrava ed usciva con un ritmo costante. E lei cercava solo di fare attenzione a non fargli male con i denti.
La stava usando. E, al contrario di quanto avesse mai potuto immaginare, questo suo controllo verso di lei la eccitava sempre di più.
Gli avrebbe lasciato fare tutto quello che desiderava in quel momento.

‘Guardami!’
Alzò gli occhi e lo vide godere del suo sguardo, del suo essere in ginocchio davanti a lui e del suo lasciarsi usare.

‘Non ti lascerò andare. Voglio che tu sia mia. Arriverai a desiderarmi in ogni momento della giornata’ la voce tranquilla e melodiosa di sempre giungeva come da un luogo lontano’nella sua mente ‘perché io scoperò il tuo corpo e fotterò la tua mente’

E si accorse quanto lo desiderava.

Le labbra chiuse attorno a quell’uccello seguivano il movimento da lui impartito aprendosi per accoglierlo tutto quando lo spingeva avanti e chiudendosi quando si ritraeva.
La testa mantenuta salda per evitare che fuggisse.

‘Volevo solo constatare quanto fossi ubbidiente!’ così dicendo sfilò il suo cazzo dalla bocca e, pur con qualche sforzo, lo rimise nei pantaloni.
La sagoma di quel cazzo duro che spingeva contro la stoffa la eccitò ulteriormente, ma la ferì. Nonostante tutto avrebbe preferito sentirlo venire’.magari nella sua bocca, ma così si sentiva solo ferita, umiliata.

L’aiutò ad alzarsi. Quando i loro volti furono vicini, la baciò.
Ed il suo bacio le fece dimenticare l’umiliazione, perché era un bacio d’amore.

‘Perché? Perché tutto questo? Perché non chiedi, ma ordini?’

Lui la guardò con soddisfazione ‘Sarai una schiava perfetta!’

– Una SCHIAVA pensò. E’ questo quello che vuole da me? Ma certo! Come ho fatto a non capirlo! No! Non voglio! Io non sono così! No mi sottometterò mai a lui!

Lui riprese immediatamente quel fare arrogante, come se quel bacio fosse stato una parentesi non voluta, quasi a leggerle i pensieri.
‘Se non ti piace, sei libera di andartene. Nessuno ti trattiene.’ Annunciò come se fosse una verità scontata. ‘Ma’..ti prego siediti un minuto’ indicando una poltrona di fronte alla sua scrivania.
‘Vedi, avendo letto i tuoi racconti ho voluto verificare sino a che punto saresti arrivata nella realtà e sino a dove ti puoi spingere. Vuoi seguirmi sino a dove voglio portarti?’
‘E se non volessi o se non ci riuscissi?’
‘Quanto meno potrai conoscere i tuoi limiti.’ Disse aprendo le braccia con fare amichevole e molto, molto intrigante.
Rimase qualche istante a pensare a quelle parole ed alle conseguenze della sua decisione di seguirlo. Certamente trovava il tutto molto eccitante. Ma davvero, quanto poteva spingersi oltre?

‘Togliti il perizoma, per favore’ chiese senza attendere la sua risposta.

Lei si alzò lentamente, prese la borsa e fece qualche passo in mezzo alla stanza, in direzione della porta.

Gli uffici si stavano lentamente popolando dei loro frenetici abitanti.
Qualcuno di loro volgeva per qualche istante lo sguardo nella loro direzione.

‘E così hai deciso?’ disse l’uomo rivolgendosi ormai alla sua figura girata di spalle.

Lei si portò al centro della stanza e si girò verso di lui. Lo guardò a lungo negli occhi e fece scendere il perizoma lungo le gambe.
Si chinò a raccoglierlo.
Era bagnato; testimone del suo piacere.
Lo appoggiò sulla sua scrivania e gli sorrise.

– Farà una collezione! pensò

Il gioco era cominciato.
Si girò e se ne andò, lanciandogli un ultima occhiata al di là del vetro e scorgendo un sorriso su quel viso attraente. Ricambiò il sorriso mentre lui alzava in alto il perizoma e la salutava con esso.

I giorni seguenti li trascorse guardando freneticamente e costantemente il cellulare per verificare la possibilità che le avesse telefonato o mandato un messaggio.
Uno qualsiasi.
Ma lo schermo del telefono le porgeva sempre e solo ora e data. Niente di interessante. Ogni volta che la suoneria annunciava una chiamata, nel suo intimo sperava fosse lui.

– Beh! Gli hai fatto un pompino. E neanche tanto speciale! Pensi di esserti aggiudicata il diritto di un altro incontro? Ammettilo che ti piace! E chiamalo tu!

Non voleva chiamarlo. Non voleva fargli sentire che il suo desiderio per lui era arrivato al punto da sentire la necessità della sua presenza.

Lui la precedette. Quella sera era a casa da sola ed il telefono squillò.
Non il cellulare. Il telefono di casa.

‘Pronto’
‘Ciao Sigyn!’
‘Ciao’..’ si ricordò quello che le aveva detto e abbassando il tono di voce continuò ”.Padrone’

‘Brava. Impari presto. Non avrò bisogno di tante lezioni con te.’

Lei non sapeva come interpretare quelle parole. Sembravano una lode, ma nascondevano un significato che la spaventava.
Le piaceva ascoltarle, ma ne aveva paura.
‘Sei sola, vero?’
‘Sì Padrone, sono sola’
‘Bene’vai in cucina.’
Lei ubbidì facendo quei pochi passi che la separavano dalla stanza adiacente. Intanto pensava a cosa lui avesse in mente.
‘Ci sono’ Padrone’
‘Prendi un coltello’
Lei presi il primo coltello che le capitò.
‘Com’&egrave? Descrivimelo’
‘Ha la lama con i dentini e”
‘No. Non va bene. Trovane uno senza’.
Lei cercò trai i vari coltelli da cucina e ne trovò uno, molto lungo.
La lama superava i 25 centimetri ed il manico in plastica nera risultava affusolato ed irregolare.
‘Adesso vai in camera da letto’

Lei non sapeva esattamente cosa lui le avrebbe chiesto di fare. Non aveva paura. Il coltello era nella sua mano e, come tutte le volte in cui aveva avuto un arma in mano, sentì la potenza di quell’oggetto.

‘Spogliati!’
Lei ubbidì. Si tolse i pantaloni della tuta e, riposto il telefono, si tolse anche la felpa.
La giornata era fredda e sentì i brividi che le percorsero il corpo.
Afferrò il telefono ed attese.
Attese gli ordini che le sarebbero impartiti dal suo nuovo’dal suo primo ed unico Padrone.

‘Va bene. Ora metti la punta della lama sullo sterno ed inizia a scendere’
La voce del suo Padrone divenne più calma, più bassa.
La fredda lama del coltello graffiò la sua carne e mentre scendeva verso l’ombelico si trovò a farla entrare sempre di più.
La carne si ripiegava attorno alla lama, obbedendo alla pressione della sua mano.
‘E’ fredda!’ disse lei”La punta graffia’
‘Bene! Ora passa il coltello sulle cosce. All’interno delle cosce. Porta le ginocchia al petto e fai scorrere la lama sulla pianta del piede.’

Voleva farle conoscere la lama’.voleva che entrassero in confidenza.
Un giorno a quella lama avrebbe dato del – Tu ‘ chiamandola amica.
Ma, al momento, vederla scorrere sulla sua pelle le dava una strana sensazione.

Il contrasto tra la lunga e luccicante lama, così forte e potente, con la sua pelle delicata facevano nascere un’emozione di contrasto: eccitazione e timore.

‘Afferra il coltello dalla parte della lama e mettiti il manico dentro’
Il manico aveva una conformazione strana, ma lei voleva ubbidire.
Avrebbe eseguito ad ogni suo ordine.
La figa bagnata di umori, eccitata da quello strano gioco.
Afferrò la lama con la mano.
Fortunatamente non era così affilata da tagliarla al solo contatto.
Si sarebbe tagliata solo se vi avesse stretto forte la mano attorno alla lama.
Mise la punta del manico all’entrata della figa e lo spinse dentro tutto.
‘Ah!’ gemette al telefono mentre il manico si era completamente infilato nella sua figa.
Vedeva la lama che spuntava e quella scena le fece impressione.
Non era lei.
Si era trasformata.
Cosa stava diventando?
La mano, ancora serrata attorno alla lama, faceva scorrere dentro e fuori il manico.
Il suo Padrone, dall’altro capo del telefono, era lì’poteva sentire i suoi sospiri’i suoi gemiti ‘era certo che lei avesse fatto quanto ordinato.

‘Se spingo ancora, entra la lama!’
Disse piano al suo Padrone.

‘Provaci! Spingilo ancora dentro.’
L’eccitazione dell’uomo la avvolgeva.
Provò a spingere la lama dentro, ma si fermò.
‘Ho paura di farmi male!’

Voleva venire ‘voleva godere e glielo disse.
‘Va bene. Mettiti a pancia sotto. E muovi il coltello verso l’alto e verso il basso. Se ci fossi io lì te lo spingerei dentro più a fondo. Saresti sulla schiena, le gambe oscenamente aperte ed una lama che spunta dalla tua figa. Ti darei un sberla e ti verrei in faccia’

‘Ah! Sììììì!!’ Le sue parole la eccitavano. Il coltello si muoveva nella sua figa bagnata ‘ Sììì’parlami Padrone’

‘Sei una troia. La mia cagna. Godi troia!’
Poteva immaginare quel coltello infilato nella sua figa e la lunga lama che spuntava tra le sue cosce.

Un orgasmo violento la percosse e i suoi gemiti divennero piccoli acuti urlati al telefono.

‘Vengooooo. Sìììì’
‘Grazie Padrone’ sospirò mentre le ultime scosse di quell’orgasmo le pervadevano il corpo.

‘Sì brava!’troia! Adesso girati di nuovo’
‘Ora passa la punta sul clitoride’
La sua voce’i suoi sospiri’la spingevano a fare quello che chiedeva.
Sapeva che la sua mano saliva e scendeva sul suo cazzo duro.
Non lo vedeva’ma lo sentiva.
Lui voleva spingerla al limite.
Voleva sentire quel limite per godere di lei.

‘Fai scorrere la lama sulle labbra della figa!’ disse ansimando leggermente.

La lama era fredda.
‘mhhh’
Il contrasto tra la sua figa calda, bagnata e quella lama le creava una strana sensazione.
Voleva smettere.
Voleva continuare per lui.

‘Sì’Padrone. Sto facendo quello che mi chiedi. La lama sulle labbra. La pelle &egrave più sensibile lì. Si sente di più’

‘Schiaccia di più!’

Lei fece come le venne ordinato. Esercitò maggiore pressione sulla lama.
Cominciò a sentire dolore.
‘Se premo di più mi taglio!’

‘Oh sììì! Premi di più!’

‘Non posso! Ho paura! Farà troppo male!’
‘Schiaccia ho detto!’
Lei voleva ubbidire’voleva eseguire quegli ordini, ma aveva troppo paura.
Paura del dolore..paura di soffrire
‘Sì! Premo più forte! Più forte Padrone!’
Lo fece ma si fermò non appena sentì la lama che cominciava ad incidere la carne
‘Non ce la faccio!’
‘Fallo! Tagliati!’ la sua voce si trasformò completamente. Sembrava che vi fosse un altro uomo al telefono
‘Tagliati troia! Tagliati!!’ urlò mentre veniva.
E quelle parole’.quel tono di voce la fecero tremare dall’eccitazione.

Click.

Quella notte ripensò a quella telefonata e ‘ Sentirlo venire così! Era eccitata.. La sua voce riecheggiava nella mente, sferzandole il ventre con scariche di desidero

Il giorno seguente, mentre era al lavoro:

– Un messaggio! E’ lui!

Vieni questa sera a casa mia. Conosci l’indirizzo. Vieni nuda.

Come nuda? Cosa intendeva dire? Nuda sotto al vestito o nuda’nuda?
No!! Non poteva voler intendere nuda ‘nuda!

Le venne da ridere al pensiero di se’nuda, seduta al volante mentre lo raggiungeva.

E se invece intendeva proprio questo?
E se volesse mettermi alla prova per verificare sino a che punto ho il coraggio di spingermi?
Potrei aspettare che faccia buio. Non ha detto a che ora trovarmi là.
Nahhh! Non può volere questo da me!
Sembra un racconto!
E succede solo nei racconti!
Magari potrei indossare un soprabito lungo.
Beh..ma nuda’vuol dire nuda!!
No…non posso.

Quella sera telefonò a suo marito e gli disse che sarebbe andata da un’amica. Si depilò completamente.
Si guardò allo specchio.
Sandali neri aperti, gambe senza collant ed una lunga giacca nera. Era nuda e si sentiva nuda. Quella sensazione era forte. Un misto di eccitazione ed imbarazzo.
Una vocina le diceva di non farlo. L’altra che la incitava ad andare avanti senza pensarci su troppo.

Rimase lì a lungo, imprigionata nella trance ipnotica dell’indecisione.

Chiuse la giacca per timore di essere vista da qualcuno mentre usciva.
Il tragitto in macchina fu tormentato da domande e dubbi.

– Perché mi ritrovo a fare tutto quello che mi chiede?
– Perché esercita questa strana attrazione su di me?
– Cosa potrei dire a mio marito se ora avessi un incidente? Come giustificare tutto questo?
– I miei limiti. Ma quali sono veramente?
– Forse &egrave meglio che me ne torni a casa. Meglio rientrare nella mia vita ‘normale’, senza imprevisti o delusioni.

Ma, mentre si stava pentendo di esser arrivata sino a lì, sentiva quel particolare solletico, quella particolare eccitazione che la spingeva a premere sull’acceleratore per non farlo attendere.
Arrestò la macchina di fronte ad un grazioso cancello di una bella villetta leggermente isolata.

Rimase immobile, indecisa , sapendo che avrebbe ancora potuto tornare indietro, quasi percependo che quel momento poteva definirsi -Il punto del non ritorno ‘
Temeva che, dopo di allora, non avrebbe potuto più fare a meno di lui.

Scese dall’auto sapendo di dover decidere cosa farne della giacca.

– Posso lasciarla indosso. In fondo &egrave solo una giacca. Sotto sono completamente nuda!
– Ti ha detto NUDA! Obbedisci!

Girò intorno all’auto calcolando così che i passi sino al cancelletto sarebbero stati pochi e la possibilità che passasse qualcuno in quei pochi attimi molto limitata.
Tolse la giacca, la buttò sul sedile ed azionò l’antifurto.

– Tre passi’solo tre passi. Coraggio!

Suonò il campanello e la luce del video citofono si accese.
Nessuna risposta.
Suonò di nuovo.
Il tempo si stava dilatando ‘ Dai! Rispondi!!! ‘ i suoi occhi scrutavano la strada. Il suo corpo nudo pronto ad uno scatto verso la portiera nel caso avesse scorto qualcuno.
Suonò per la terza volta. Il dito le fece male a causa della pressione esercitata.

– Ma come! Mi dà un appuntamento e poi non c’&egrave! Che stupida che sono!

Fece per andarsene quando sentì il click del cancello che veniva aperto.

– Che bastardo! Era lì a fissarmi tutto il tempo! Ma adesso m’incazzo!

Non appena aperta la porta lei dimenticò tutto di fronte a quel sorriso ed il bacio che ricevette fu profondo, passionale’un vero bacio!

Il tragitto dalla porta alla camera da letto fu immerso in un buco nero di amnesia.
Come era arrivata al letto? Lui l’aveva presa in braccio, baciata e coccolata.
E come mai si trovava con le gambe e le braccia divaricate?
Cercò di sollevare un braccio, ma si accorse che questo movimento produceva uno stiramento dell’altro braccio.
Provò con le gambe. Lo stesso effetto.
La corda che le legava i polsi e le caviglie passava sotto il materasso, quindi ogni movimento per liberarsi avrebbe provocato dolore a se stessa.

Alzò lo sguardo e lo vide.
Di fronte a se’nudo’..con il cazzo duro.

Era venuta lì per questo no?
Per farsi scopare!
Ma ora, legata a quel letto, i pensieri erano troppi.

PAURA!

La prima parola che le veniva in mente era paura.
Paura di quello che lui avrebbe potuto farle.
Ma un’altra parola aleggiava nel sottofondo dei suoi pensieri: VOGLIA
Voglia di lasciarsi andare.
Voglia di sperimentare.
Voglia di farsi possedere.

Lui si insinuò tra le su gambe andando a leccare di sfuggita il clitoride. Salì sino ai suoi capezzoli e se strinse uno tra i denti.
‘Ahiiiiiiiii. Fa male!’

Lei poteva sentire il suo membro duro sul ventre e godeva di quella sensazione.

‘Vuoi che ti scopi?’ sussurrò guadandola negli occhi.

Sentiva che l’eccitazione cresceva e le contrazioni interne della vagina le dicevano ‘SIIII’

‘E se invece io fossi sono un sadico bastardo che gode semplicemente torturando il tuo corpo?’

La paura tornò di nuovo a dilatarle le pupille e cercò nel suo sguardo una conferma alle sue parole.

– Oddio! Pensò – sono qui legata ad un letto con uno sconosciuto che potrebbe davvero torturarmi!

Lui prese dal comodino una benda e le chiuse gli occhi.

‘No, Padrone. Ti prego non bendarmi. Voglio vedere!’
Vedere cosa le sarebbe accaduto sarebbe davvero stata la scelta migliore?
Lui la bendò senza far caso alle sue preghiere.
Era cieca.
Conosceva quel tipo di gioco, non perché lo avesse mai sperimentato sulla sua pelle, ma perché frutto delle sue fantasie e dei racconti letti sul sito.

Ma non conosceva lui.

Aveva paura. Paura vera.

– Ma in che situazioni vado a cacciarmi!!! ‘ pensò

Sentì i passi allontanarsi dalla stanza.
Rimase immobile cercando di cogliere tutti i rumori. Si aspettava qualcosa di doloroso. Lo sapeva. Il corpo era teso. I muscoli rigidi pronti a ricevere una frustata o un colpo o qualsiasi cosa di doloroso.

Non lo voleva’.ma lo desiderava.

E attendeva. L’attesa era snervante. Meglio sapere, che stare lì ad aspettare.

Ma lui la lasciò lì a lungo. Lei sentiva fruisci e passi.
Tremava.
Per il freddo e perché aveva paura.

‘Sei mia Sigyn. A mia disposizione. Il tuo corpo &egrave il mio giocattolo. La tua mente lo scrigno dei miei desideri.’

Percepì il peso di qualcuno che si stava sedendo sul bordo del letto.

La maschera le venne tolta e lei vide quel volto sorridente, benevolo, con in mano una candela accesa!

‘NO!!!! Nooooo’Ti prego!! Non farlo!’ sapendo già a cosa sarebbe servita.
La voce strozzata dalla paura.

Si dimenò nel letto cercando una via di fuga, mentre le lacrime riempirono i suoi occhi.
Voleva davvero torturarla.
Così!

‘Stai ferma. Non ti servirà a niente muoverti. Facciamo così. Se arriverai al limite’se senti che quello che ti sto facendo &egrave troppo per te mi dirai una parola magica. Una parola che farà cessare ogni gioco. Sarai tu a decidere. Va bene?’

Annui, ancora troppo sconvolta per rispondere.

‘Bene. Scegli la parola. Una parola estranea al contesto’

Pensò’.e le venne in mente”.. ‘Pioggia’

‘Ok! E pioggia sia!’

‘Ora voglio che guardi. Voglio che osservi tutto. Guarda i miei movimenti. E guarda il mio cazzo duro per te’

Lei lo guardava con un misto di rabbia, paura, eccitazione.

La mano di lui si abbassò sino a far appoggiare la base della candela sul ventre.
Era una candela rossa, piuttosto lunga e grossa.
Le fece scorrere sul suo corpo, lentamente.
Sembrava essere stata unta perché nel tragitto lasciava lunghe scie oleose.
A quella distanza non poteva percepire il calore di quella fiammella danzante che lei guardava ipnotizzata.
Lui le aprì le labbra della vagina e vi infilò un dito, poi due.
Inarcò le dita verso la parete superiore e lei gemette.

‘mhhhh’ i sensi avevano preso il sopravvento.
La paura dimenticata.
‘Non chiudere gli occhi! Per favore. Guardami!’
I suoi ordini dolci. Impossibile rifiutarsi.
‘Chi sono io?’
‘Il mio Padrone’rispose mentre lievi gemiti di piacere smorzavano le parole.

‘Brava. E tu cosa sei?

Pensò a quella domanda. Sapeva cosa lui intendesse, ma non riusciva a pronunciare quelle parole.

Lui avvicinò la fiamma alla sua coscia.
Lei cominciò a sentire il calore sulla sua pelle.
Si ritrasse un po’, ma le corde non le permisero di sfuggire a quel calore.
‘Dimmi Sigyn. Dimmi cosa sei tu per me?’
Quando la fiamma fu a pochi millimetri dalla sua pelle, urlò : ‘La tua schiava!’
‘Brava Sigyn. E non dimenticarlo mai! D’ora in poi tu sarai la mia schiava. Farai quello che ti chiederò di fare senza replicare. Il tuo corpo &egrave mio. Per il mio piacere. Potrò usarti come vorrò. Potrò usare tutti i tuoi buchi come mi piacerà.’

Lei capì che quelle parole aumentavano il godimento del suo Padrone e, contemporaneamente, eccitavano lei a dismisura; chiuse gli occhi per sentire maggiormente la sensazione di quelle due dita che l’aprivano quasi fosse un’ispezione corporale.
‘Guardami Sigyn!’
Non riusciva a godere e tenere gli occhi aperti, ma fece uno sforzo.
Vide la candela che veniva spostata verso il basso, le labbra della figa vennero divaricate’.il suo buchetto dilatato e la sentì entrare.
Si sentì penetrare da quella candela.

‘Ohh sììì’
Iniziò a gemere, mentre la candela veniva spinta sempre più in profondità.
Entrava senza incontrare resistenza.
Essere scopata con una candela le faceva uno strano effetto.
Non poteva vedere, ma immaginava quel corpo estraneo e rosso che apriva il suo buchino, dilatato per accoglierlo.
Iniziò allora a sentirne il calore.
La fiamma si avvicinava paurosamente al clitoride, alle labbra, alla sua carne delicata.

Paura!
La paura riprese il sopravvento.

Un turbine di pensieri.

– Mi brucerà! Dolore! Scappa! Pioggia!

Ma la fiamma non arrivò a toccare la sua pelle. Si fermò. Sentiva il calore, ma non bruciava.

‘Vuoi che vada avanti? Dimmi!’ le disse mentre posizionava sotto i suoi glutei un cuscino.

‘No! non voglio! Perché mi fai tutto questo? Lasciami andare. Sei un bastardo! Che strano gioco &egrave questo?’.
Le pupille dilatate dalla paura, la voce increspata dalla voglia di piangere.

‘Devi fidarti di me. Io sono qui per te. Sono qui solo per educarti. E’ per questo che devi fidarti di me. Ti fidi?’

Lei lo guardò negli occhi ‘Sì, mi fido’.
Nonostante tutto gli credeva. E sentiva che la situazione era comunque eccitante.

Intanto alcune gocce di cera scorrevano lente lungo la candela sino ad arrivare a scivolare sulla sua pelle.
‘Brucia! Lasciami andare!’ disse divincolandosi senza successo.
Le gocce scendevano sino al suo ano, solidificandosi nel percorso.

‘Ti lascio qui Sigyn, così. Vado nell’altra stanza. Tornerò quando sentirò le tue urla. Quando la fiamma inizierà a bruciare vicino alla tua carne. Imparerai che io sono il Padrone del tuo corpo e della tua mente’

Così dicendo si alzò e lasciò la stanza.

‘NOOOOO!!! Ti prego torna qui! Non lasciarmi così!’ gridò mentre alzò la testa per guardare quella fiamma accesa tra le gambe. Cercò di soffiare per spegnerla, ma era troppo lontana.

Chiuse gli occhi e si calmò nel tentativo di trovare una soluzione.
Intanto si accorse che il bruciore provocato dalle gocce era attenuato.
L’avrebbe davvero lasciata lì sino a che la fiamma non l’avesse ustionata?

Si doveva fidare.

‘ Ti prego Padrone. Farò quello che tu desideri!’ sapendo che la sua voce doveva certamente arrivare sino alla stanza accanto.

Vide il suo corpo dall’alto. Legato, torturato da quelle gocce incandescenti. Chiuse gli occhi.
E capì.
Lei era lì in funzione di lui. Il suo dolore e la sua volontà erano un omaggio al suo Padrone.
Cominciò a sentire quel corpo estraneo.
Ne prese coscienza. Sentì le pareti della sua figa strette attorno a quell’intruso e cominciò a muoversi piano per cercare piacere.
Si muoveva piano, spingendo in basso ed in alto il bacino, di modo che la candela andasse a toccare maggiormente le pareti interne della vagna.
Cominciò a gemere piano.
Quando aprì gli occhi lo vide appoggiato allo stipite della porta. Le braccia incrociate ed un sorriso aperto.

‘Sei proprio una troia’

Lui si avvicinò, ed estrasse la candela.
La portò sopra al suo ventre e la inclinò.

‘Ti prego! Non farlo! Non farlo! Padrone ti prego’ implorò guardando la candela che assumeva sempre più l’aspetto di uno strumento di tortura.

‘Non farà male’.non molto almeno. Devi fidarti di me. Impara a trarre piacere dal dolore. ‘

Nonostante la sua mente volesse fidarsi, il suo corpo reagiva in direzione opposta.
I talloni piantati sul letto spingevano per farla fuggire.
Vide la goccia formarsi sul bordo e, come in una scena al rallentatore, ne seguì il percorso sino a quando esplose il suo calore sulla sua pelle.
Il muscolo si contrasse e lei fece una smorfia di dolore.
Ma il dolore non era stato poi così tanto.
La pelle, sotto alla sottile goccia di cera che andava solidificandosi, bruciava ma non eccessivamente.
Evidentemente lui sapeva cosa faceva.
Sapeva che ad una distanza inferiore la goccia di cera non avrebbe avuto abbastanza tempo per raffreddarsi quel tanto che bastava per non ustionarla.

Un’altra goccia rossa sulla sua pelle. E poi un’altra.
Ad ogni goccia lei tratteneva il respiro, pronta a ricevere un po’ di quel bruciore.

Ma la cosa che più la sconvolgeva era trarre eccitazione dallo sguardo di lui. Uno sguardo di piacere.
Lui si stava completamente dedicando a lei, al suo corpo; e nonostante provasse dolore era affascinata da quella dedizione, da quell’attenzione.
Stava facendo tutto questo per lei, per lui, per godere di ogni goccia di dolore.
E questo le dava piacere.

La bendò di nuovo ed uscì dalla stanza.
Quando rientrò si sedette accanto a lei.

Lei sentì un rumore strano’.liquido’.nel momento stesso in cui il suo corpo si contrasse alla sensazione di freddo causata da una goccia sul suo seno.

‘Fuoco’ghiaccio’.gli opposti’come io e te’ sussurrò lui.

Il brivido divenne freddo intenso mentre qualcosa di ghiacciato veniva fatto scorrere sul suo ventre sino al monte di venere.
Gocce fredde scivolavano tra le pieghe delle labbra e raggiungevano l’ano.
Brividi’brividi’.freddo.

‘Basta! Smettila!’

Sentì qualcosa intorno al suo capezzolo. Era freddo.
Lui lo stava legando e stringendo con una piccola corda di cotone.

I suoi capezzoli, così delicati, non avevano mai conosciuto il dolore.
Dopo aver legato un capezzolo, fece passare la corda dietro alla sua testa ed iniziò con l’altro.
I movimenti della testa producevano una tensione alla corda e, se non fosse stata perfettamente immobile, si sarebbe inferta dolore da sola.

Lui fece scorrere il ghiaccio sulla corda e l’acqua gelata colpiva i capezzoli, mentre le sembrava che quelle legature stringessero sempre di più.

Ricordò la parola ‘pioggia!
Usala e tutto sarà finito.

E la parola magica rimaneva incastrata tra le labbra. Era lì’ma non voleva uscire.
Voleva smettere.
Voleva continuare.

Pioggia!! Pioggia!! Pioggia!!

L’ho detto ‘fermati!

Ma si accorse che le labbra erano rimaste serrate.
Le urla erano solo nella sua mente.

Lentamente il dolore divenne più sopportabile.
Il corpo si adatta
Il corpo si adatta.
Ripeteva tra se, recitando quel mantra.

Un cubetto di ghiaccio fu fatto scorrere di nuovo verso il basso.
I capezzoli indolenziti.
Si fermò sul clitoride e rimase in quella posizione per qualche secondo.

‘Brucia!’ disse divincolandosi per quanto i lacci le permettevano.
Il freddo era intenso’troppo intenso per quella parte così delicata.
Le grandi labbra furono aperte dal ghiaccio che fu sospinto sino all’entrata della sua figa.

La sensazione di freddo si contrappose a quella di caldo quando la bocca di lui risucchiò dolcemente il clitoride al suo interno.
Una vampata di calore la percorse. Un brivido estremo.
Quella bocca riportò la temperatura a livelli non dolorosi.

E lei gemette.
Alzò il bacino per avvicinarlo alla sua bocca.

Il ghiaccio intanto era stato appoggiato su buchetto tenero della sua figa e lei ebbe un sussulto mentre sentì che il ghiaccio la stava penetrando.
Si divincolò di nuovo, questa volta più forte.
La corda intorno al collo su strattonata a causa di quel movimento improvviso e lei urlò di puro dolore ‘Ahiiiiiiiiiii’.

Il ghiaccio, spinto dentro la sua intimità più nascosta, bruciava. Era fuoco vivo!
Ma quel dolore era piacevole.
E la sensazione di freddo venne annullata da qualcosa che l’apriva.

Lui le tolse la benda, mentre la punta del suo cazzo si faceva strada dentro di lei.
Le pareti si dilatarono per accoglierlo e quella contrapposizione di freddo e caldo la fecero gemere di un piacere incredibile.

‘Sìììììììì’Ti prego!’

Aveva atteso tanto per quel cazzo ed ora la faceva gemere di piacere.
Mugolava di piacere.

‘Sì! Voglio sentire come gemi. Voglio sentirti mugolare mentre il mio cazzo ti apre. Sei la mia schiava. Sei la mia troia personale’

Il suo membro duro e caldo arrivò sino in fondo.
Lui si fermò.

‘Ma’.Non posso scoparti! Non sei ancora pronta! Lo capisci questo?’
Disse mentre usciva da lei.

‘NO! Non lo capisco!!!’ piagnucolò con la voce rotta da un pianto che stava arrivando ‘Ho fatto tutto questo. COSA VUOI DI PIU’!!’

‘Voglio la tua mente prima del tuo corpo. Voglio la tua obbedienza incondizionata’

La baciò di nuovo e lei non era sicura di aver capito, ma raccolse quel bacio che sapeva non le sarebbe bastato.

Lui si mise a cavalcioni sopra il suo corpo ed iniziò a masturbarsi.

‘Ti prego padrone. Ti prego! Rimettimelo dentro! Scopami!’
Aveva voglia di venire. Sentiva la tensione dolorosa di un piacere negato.

Ma lui, guardandola negli occhi le disse ‘Devi imparare ad adorare il mio cazzo. Non &egrave qualcosa che ti verrà dato con tanta facilità . Lo riceverai come premio solo quando avrai imparato ad essere totalmente la mia schiava!’

Lei lo guardava mentre la sua mano si muoveva sul suo cazzo e anche se privata dal godimento fisico, provava piacere nel vederlo così, sopra di lei.
Rimase in attesa di ricevere il suo sperma. Rimase in attesa di vederlo godere.
E dopo qualche minuto lui venne sulla sua faccia; passò una mano sullo sperma e lo cosparse su tutto il viso.

‘Sei mia!’

Così dicendo la slegò, ma non le tolse la corda che stringeva i capezzoli. La fece alzare.
Prese poi uno strano oggetto riposto sul comodino.
Lei lo riconobbe.
Era un morso.

‘Apri la bocca’ disse sorridendo.

In quel momento lei volle credere, volle sperare che era solo un suo trucco per sfinirla maggiormente. Pensò che avrebbe continuato con lei. Pensò che avrebbe avuto quel piacere tanto atteso.
Pensò che si trattasse di un’altra prova. Pensò che poi l’avrebbe scopata o che le avesse concesso l’orgasmo.
Aprì la bocca e si fece mettere il morso.
Lui le prese un polso e vi serrò intorno una manetta.

La condusse sino ad una parete della stanza la fece sedere accanto al termosifone, fece scorrere le manette attorno al tubo e andò ad imprigionare anche l’altro polso.
Lei rimase lì, incatenata al termosifone, nuda, con un morso in bocca ed i capezzoli torturati da una corda.

Lo guardò perplessa.

Uscì e rientrò completamente rivestito qualche minuto dopo.

Aveva in mano un piccolo bicchiere.

‘Lascio la porta aperta.’ Disse mentre depositava a terra, accanto a lei, quello strano contenitore.

Cosa aveva di strano? C’era qualcosa dentro.

‘Voglio che tu sia mia’.in ogni momento! Scoparti non &egrave la mia prima priorità. Capisci cosa voglio da te? Sei stata brava oggi! Ma io voglio la tua totale dedizione. Quindi questo &egrave solo l’inizio.’

‘Ah!!Ho chiamato tuo marito e gli ho detto di venire qui per parlare di affari. Spero che il ghiaccio si sia sciolto prima del suo arrivo’ disse mentre usciva dalla stanza.

Ghiaccio? Quale ghiaccio?
Raggiunse con la mano il piccolo bicchiere e vide che incastonata nel ghiaccio c’era la chiave delle manette.

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