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Racconti di DominazioneRacconti Erotici

Prigionia, Capitolo 4

By 17 Giugno 2021No Comments

Evrilith era con le gambe aperte, in balia delle forti emozioni che stava provando. Era tesa, impaurita ma soprattutto dannatamente eccitata. Stava letteralmente colando, desiderava venir usata, penetrata, perpetrata in qualsiasi atto impudico che i suoi carnefici desiderassero.

Era un fuoco, un fuoco di piacere che voleva esplodere.

“Pensa se ora ti lasciassi legata ad osservare il mio cazzo tutto il giorno, finché la pozione non smette il suo effetto!”

Evrilith ebbe un momento di disperazione, stava per urlare un “No ti prego!”. Ma si fermò appena si rese conto che sarebbe stato ancora peggio. Ricordò che aveva detto qualcosa sul non cedere. Ma non ricordava cosa voleva, ora voleva altro.

“Krozan vorresti lasciare questa figa tutta sola?” E con tutto l’ardore che quel liquido le dette si mise a quattro zampe mettendo in mostra il culo e, leggermente le labbra gonfie della sua figa.

Krozan dovette ricordarsi l’addestramento e ciò che il Padrone gli aveva ordinato per non fiondarsi subito a scopare qualsiasi cosa di quell’elfa. Da quel seno pieno e abbondante, al sedere sodo, per non parlare di quella figa che stava letteralmente colando.
Il mezz’orco si girò verso il golem e gli ordinò:” Dalle da bere o rischiamo che stia male dopo.”

Il golem si tolse dalla schiena, senza alcuna fatica, un barile di acqua. Era talmente enorme che quel barile sembrava una borraccia poco più grande di quanto sarebbe dovuta essere. Perfino Evrilith si rese conto di non aver notato il particolare sul Golem.

In maniera meccanica il Golem porse ad Evrilith un otre d’acqua che aveva riempito dal barile.

“NO!”

“Il Padrone vuole che lei resti o in ginocchio o a quattro zampe, lasciala cosi’, e imboccala.”

Il golem non aveva alcuna volontà, prima si bloccò istantaneamente, infine fece bere Evrilith come se fosse una bambina o un animale ferito. Ed Evrilith non si oppose, anzi, sentì una fitta di piacere nel compiacere entrambi, Krozan ma soprattutto il Padrone.

“Ora iniziamo la punizione. Sculacciala fino a che non le fai delle abrasioni sul culo. Poi dopo è mia”.

Evrilith ebbe un tremito.

Il golem la prese di peso per i capelli, Lei non lo sapeva, ma lui era stato creato per vari scopi, tra cui anche il punire senza sosta gli schiavi. E con un ritmo cadenzato, come se fosse un pendolo, iniziò a colpirla. Il problema dei colpi del golem era che erano di ferro. E che quindi non solo facevano più male di quello che aveva provato fino ad allora, ma la mano era cava e sembrava molto flessibile pur essendo metallo. L’acciaio era armonico e il colpo la faceva tremare sempre più fortemente.

Le piaceva. Era incredibile.

Ma le piaceva, i primi urletti di dolore stavano diventando degli incitamenti.

Evrilith era appesa per i capelli e stava urlando di piacere.
Il golem dopo poco la afferrò per un braccio, era solito cambiare posizione se doveva continuare per più di dieci minuti con le sculacciate. Evrilith godeva del trattamento. Scalciava e si dibatteva chiedendone ancora. Era fuori di sé, e non sapeva che due occhi stavano guardando da dietro alla porta. E avrebbero ricordato tutto.

Il golem continuò giusto per darle le ultime sculacciate. Poi la fece cadere a terra in malo modo. Una voce metallica sembrò uscire da quell’affare tutto ferro:

“Signore la schiava sembra gradire. Eh. Eh. Eh. Se vuole posso continuare, gambe, tette, schiena.”

Evrilith ebbe un brivido di sincera paura quando il golem aveva riso. Quel eh eh eh meccanico e quasi finto era devastante per la sua psiche. Una macchina l’aveva punita e si stava divertendo con lei. Ebbe ancora più caldo, guardò Krozan. Un ricordo sbiadito le diceva che Lui era un essere abominevole. Ma la sua figa…

La sua figa pensava altro.

Si rimise a quattro zampe, e sporse il culo verso Krozan.
“Mettiti nell’angolo, controlla che nessuno ci disturbi, può entrare solo Il Padrone”.

Il golem non disse nulla, si girò e fece vari passi verso un angolo girandosi poi verso la porta, per controllarla.

Krozan si strappò i pantaloni di dosso. Aveva visto troppo senza fare nulla, e aveva talmente tanta voglia che non solo avrebbe scopato direttamente Evrilith. Ma lo fece.

La prese nuovamente per i capelli, si verso dell’olio sulla punta del cazzo e le penetrò il culo. Senza mezzi termini. Senza pietà. Senza remore.

Evrilith non urlò. Le piaceva. Le piacque anche quando Krozan arrivo fino alla fine e le diede un colpo sui segni che stavano diventando lividi.

Le piacque anche quando inizio a cavalcarla, tanto che iniziò a tremare. Prima poco.

Poi iniziò a spingere anche lei verso di Lui.

Infine iniziò a gemere talmente tanto forte da urlare un:”Vengooooo” che non sapeva nemmeno Lei da dove le fosse uscito.

Krozan in tutto questo la scopava concentrato nel godersi il momento, nel godersi tutto quello che faceva e diceva quella che, fino a pochissimo tempo prima, diceva di essere un’elfa per bene. Un’elfa addestrata con una condotta di vita integerrima. Ora invece sembrava essere una zoccola da quattro soldi che, assuefatta dal lavoro, godeva in tutti i modi possibili.

Quando lei esplose nel primo orgasmo lui le sussurrò qualcosa come: ”Non hai avuto il permesso, il Padrone ti punirà ancora di più”.

A questa frase Evrilith ebbe ancora una vampata di calore. Era una punizione tremenda, il suo cervello stava andando in panico perché la sua figa continuava a godere. Krozan cambiò buco, e, senza smettere di tenerla per i capelli, inizio a leccarle il collo con la sua lingua ruvida.

“Non ho nemmeno bisogno di istigarti, sei già sul punto di cedere nuovamente. Più godi più verrai punita”

E poco dopo aver sentito quelle parole ricominciò a tremare.

“Io…Non…Non riesco!” E si lasciò andare nuovamente ad un gemito fortissimo. Allo stesso momento iniziò prima a colare, poi si lasciò andare e fece una leggera fontanella facendo sgranare gli occhi il mezz’orco.

Quella schiava godeva talmente tanto da riuscire ad essere un vulcano di piacere.

E mentre questo pensiero usciva dalla sua mente lui venne riempiendo nuovamente la docile elfa.

Evrilith crollò spossata a terra. Era in preda all’ultimo orgasmo che era stato fortissimo, e probabilmente era stato il primo di una serie di ulteriori orgasmi che assomigliavano alle scosse d’assestamento dei terremoti. Gradualmente sempre meno forti ma comunque intensi quasi quanto il primo.

Krozan si ricompose rivestendosi, i pantaloni era rovinati ma riuscivano a coprirlo. Li avrebbe dovuti cambiare. Guardò la schiava invece, era bellissima in quella sua posa oscena:

Il sedere era leggermente rialzato ed era cosparso di chiazze violacee e rosse, il golem era stato veramente un maestro nel torturarle il sedere. E la figa era sempre leggermente gonfia, anche se molto meno di prima, ma bagnata tanto quanto. Le gambe subito sotto, poi, erano imperlate dei suoi umori. Che sicuramente avevano lasciato un segno tangibile del momento che avevano appena vissuto assieme Krozan e Evrilith.

Mentre guardava e pensava al fatto che gli sarebbe piaciuto avere una schiava tutta per lui, entrò Torghul dalla porta. Il golem si mosse per un secondo per poi fermarsi. Si inginocchiò e disse un meccanico: ”Padrone”.

Torghul sorrise e gli fece cenno di restare nell’angolo. Anche per queste piccolezze l’elfo nero aveva programmato quell’automa per essere sottomesso a Lui. Il suo castello sembrava una sorta di parco divertimenti di sottomissione. In cui tutti erano, più o meno docilmente, delle sue creature che eseguivano il suo volere.

“Hai fatto un ottimo lavoro Krozan. E sembra che ti sia piaciuto parecchio farlo!” Torghul sorrise arcigno, stava punzecchiando il mezz’orco. Si stava rendendo conto che Krozan era un po’ troppo legato a questa elfa. D’altro canto era la prima che addestrava nella sua breve vita ed era probabilmente quanto di più bello avesse visto. E anche scopato.

“Padrone, servirVi è il mio piacere più grande, Lo sapete! Voi mi avete salvato!” E dette queste parole il gigante abbassò il capo. Era vero. Ma questa è una storia che verrà raccontata in un altro momento.

“Stai attento a non farmi pentire di averti dato il ruolo di Educatore Krozan.” Torghul lo fulminò con quel fuoco viola che faceva capire chi era davvero il capo all’interno della sala.

“Si Signore.” Krozan lo disse dispiaciuto. Torghul aveva ragione, e non poteva permettersi di farsi condizionare da un fisico mozzafiato. Quella “donna-elfo”, come la chiamva lui stesso nella sua lingua natia, lo stava ammaliando fin troppo.

“Svegliamola. E’ tempo che mi diverta anche io!”

E detto ciò si girò verso il Golem.

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