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Racconti di DominazioneRacconti Erotici

Prigionia, Capitolo 5

By 17 Giugno 2021No Comments

Una secchiata di acqua gelata svegliò Evrilith da quel torpore in cui si era addormentata. Il Padrone era nella stanza, Krozan si era rivestito e stava dietro di lui guardandola storto. Non capiva cosa stava per succederle, ebbe paura. Torghul le lasciava sempre quel sentimento misto di soggezione e eccitamento.
Le piaceva venir guardata da lui, ma si sentiva anche scrutata, spogliata, più di quanto non fosse già in quel momento. Le piaceva da matti sentirsi cosi’, nuda e vuota davanti ad un uomo, anzi ad un elfo, che la metteva in soggezione.

“Alzati”

Il tono di Torghul era calmo ma estremamente deciso. Lei eseguì l’ordine. Non sapeva che l’effetto della pozione era svanito, non se ne rese nemmeno conto da tanto era assuefatta da quello sguardo, da quella forza. Quanto avrebbe desiderato sentirsi come lui. Quanto voleva poter sentire quella sicurezza e quello sguardo. No l’unica cosa che poteva fare era crogiolarsi e riuscire a sentirsi bene perché aveva vicino qualcuno che le dava quella certezza.

“Sai perché ho investito i miei soldi su di te?”

Evrilith aprì la bocca. Poi ricaccio indietro la voce, difficilmente avrebbe parlato nuovamente. Lo aveva sfidato poco tempo prima, era andata molto male. Le parve più prudente abbassare lo sguardo, mettere le mani giunte davanti a sé e restare in silenzio.

“Per questo motivo. Tu hai iniziato a lottare. Ma hai smesso non appena ti hanno forzato la figa e non hai avuto speranze di vincere quel combattimento. Pochi hanno notato quel particolare. Ma ti sei arresa dopo aver lottato!”

Se lo era detta, non avrebbe dovuto cedere. Ma oramai iniziava a rendersi conto che quel mago riusciva ad essere contorto. Aveva tessuto una tela nella sua mente che iniziava a far crepare il suo rigido addestramento etico e morale come un martello con un diamante. Rigido ma senza resistenza. Una volta penetrato e smontato sarebbe esploso in quello che ora stava iniziando a provare.

Evrilith nuovamente non aprì bocca. Quel maledetto mago oscuro probabilmente aveva ragione. Non sapeva esattamente come controbattere. Si rendeva conto poi di essersi comportata come una zoccola, lo sperma di Krozan stava lentamente inumidendo le sue cosce, era inutile provare a controbattere quel maledettissimo mago oscuro.

Aveva chiesto a sé stessa di non cedere.

Ma ora stava cedendo.

“Dimmi, come controbatteresti a questo, schiava? Come controbatti al fatto di esserti fatta scopare qualsiasi buco dal mio Educatore? Come controbatteresti al fatto che ora voglio che mi doni qualcosa anche tu dopo tutto quello che hai ricevuto?”

Il suo cuore ebbe un sussulto. Avrebbe dovuto dare qualcosa ad un mago oscuro. Alzò gli occhi, la paura si liquefò in un solo sguardo.
Avrebbe dovuto compiacerLo.

“Io…” Incespicò abbassando lo sguardo.

“Io… – disse la frase tutta d’un fiato senza alzare lo sguardo- sono a sua disposizione per tutto quello che desidera”.

Era passata al Lei.

Torghul sorrise.

“Ora mi dai del Lei schiava?”

Evrilith divento rossa, un rosso scarlatto, intenso, quasi quanto quella pozione malefica. Maledizione a lei, cosa le prendeva? Provava davvero piacere a lasciarsi andare in balia di quel maledetto Elfo nero? Lo odiava, lo odiava perché la stava portando in un sentiero di depravazione in cui lei non avrebbe mai pensato di tuffarsi. Non era colpa sua, avrebbe potuto uscirne se solo avesse trovato il modo.

Ma non voleva. La verità venne a galla con la risposta che le uscì naturale.

“Se Lo desiderate.”

Evrilith pianse. Forse di gioia per aver scoperto una parte di sé che aveva davvero paura a far uscire. Oppure per la paura di stare per cedere del tutto nelle mani di un mago oscuro, un elfo nero, un nemico che aveva imparato ad evitare perché estremamente pericoloso, temibile e terribile.

Torghul la scrutò lentamente.

Sorrise. Mettiti in ginocchio.

Lei eseguì. La prese per i capelli e con l’altra mano si abbassò lentamente i pantaloni fino a scoprire il suo cazzo. Lo puntò verso la bocca di Evrilith.

“Prendilo e fammi godere. Voglio che ora il tuo scopo sia farmi capire quanta voglia tu abbia di essere una umile schiava, una troia che soddisfa il tuo nuovo Padrone”.

Lei si sottomise. Aprì la bocca. Iniziò voracemente ma senza dar alcun fastidio al Padrone a succhiare quel cazzo che aveva desiderato da molto tempo. Torghul sorrise ansimando leggermente.

“Ora lo prendi tutto” E finita la frase iniziò a spingere il cazzo tutto nella bocca di quella docile schiava. Non era dotato come il mezz’orco ma Evrilith ebbe comunque difficoltà a prenderlo tutto.

Torghul non si fece alcun problema nel durare quanto voleva. E in quel caso, dopo qualche giorno di astinenza, venne piuttosto celermente imbrattandola di sperma fin nei capelli.

Quell’odore le piaceva.

Si sentiva marchiata.

Si sentiva un po’ puttana.

Si sentiva umiliata.

Si sentiva Sua.

“Ora che mi sono sfogato voglio e bisogna punirti schiava. Il culo lo hai bello rosso. Ora ti darò venti frustate. Non mi interessa se urli o piangi, se soffri o se collassi. Le subirai e lo farai per smacchiare i tuoi errori. Sei stata una pessima schiava con il tuo Educatore. Ora è il caso di rimediare a quanto appena successo.”

Si girò verso il Golem e bastò un: ”Prendila e fissala al muro” e l’automa si ridestò veloce come un fulmine tanto che, mentre Evrilith iniziava a tremare dalla paura indietreggiando, non ebbe quasi altro tempo per rendersi conto di essere nuovamente incatenata al muro. Sta volta dava le spalle al mago.

Il primo schiocco arrivò quando meno se lo aspettava. E fu terribile. I seguenti fecero meno male. Le fece contare i colpi e le disse che voleva anche che ringraziasse e che si scusasse. Arrivati al decimo Torghul ebbe un idea malefica.

La schiena era già ben segnata. E l’occhio gli casco su quelle forme perfette che il golem aveva già ben massacrato.

“Conta!” e la scudisciata seguente colpi la natica destra.

Un urlo strozzato e lacrime di dolore sgorgarono sul viso imbrattato della povera schiava. Dopo poco disse con molta fatica:

“Undici, grazie Padrone…Mi…Mi spiace per non essere stata la schiava che desideri.” E qui iniziò a piangere sommessamente. Si lasciò andare nella tristezza della situazione. Era disperata, soffriva, e in parte soffriva perché stava subendo delle angherie da parte di un uomo che, per quanto fosse un carnefice da odiare, era anche un uomo che le faceva provare emozioni contrastanti.

Le frustate non smisero ed Evrilith intorno alla sedicesima iniziò a scivolare non riuscendo a mantenere del tutto l’equilibrio.

La ventesima fu quella più terribile.

Evrilith biascicò solo un: “Grazie, scusa, Padrone.”. Ed abbassò il capo toccando il muro. Non aveva più nemmeno la forza di controbattere e di sorreggersi.
Torghul sorrise. Era stata brava.

“Sei stata brava, ora posso dire che sei una schiava, e che desidero che tu non faccia più sciocchezze. Voglio che tu faccia tutto quello che ti impongo. E voglio che, da oggi, tu ricominci una nuova vita. Sei mia. Vedo come ti piace. Smettila di comportarti in maniera sciocca.”

Evrilith colse quelle parole ma non ebbe la forza per rispondere. Dopo poco tempo svenne, devastata dal dolore, con troppe poche forze residue dopo un giorno e mezzo di digiuno. Svenne e l’ultima cosa che sentì furono due braccia che la sostenevano. Il Padrone si era avvicinato e l’aveva presa tra le braccia. Sorrise mentalmente, era il suo primo abbraccio con quel elfo.

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