Skip to main content
Racconti di DominazioneRacconti Erotici

Prigionia, Capitolo 6

By 17 Giugno 2021No Comments

Evrilith il giorno dopo si ridestò all’alba, Krozan la stava già fissando da fuori l’inferiata che divideva il castello da quella che lei poteva definire la sua camera.
“Oggi servirai al castello come inserviente, il Padrone ha deciso che devi imparare anche ad essere una buona domestica, mettiti questi abiti.” E fu l’unica cosa che Krozan le disse prima di intrecciare le braccia
“Signore oggi vedrò il Padrone?” Sussurrò Evrilith in un impeto di coraggio.
“No, è fuori dal castello. Tornerà quando ne avrà voglia.”
Evrilith a quelle parole si rattristò. Lo aveva visto così poco, eppure non riusciva quasi a farne a meno. Era questo che la lasciava completamente distrutta. Lo odiava eppure non poteva fare a meno di crogiolarsi in quelle nuove sensazioni che mai nessuno le aveva fatto provare. Il Padrone era forse una figura così potente nella vita di quella giovanissima elfa che pur essendo un inizio di una cometa sarebbe presto diventato il suo sole su cui far ruotare i pianeti della sua esistenza.

Torghul era uscito per andare al mercato. Non si vedeva spesso in città ed era costretto ad uscire con il golem e con una scorta armata “Invisibile” che lo seguiva a debita distanza ma che non lo perdeva mai di vista. Quel giorno si doveva recare al palazzo centrale dove risiedeva il maggiorente della città che aveva indetto la solita inutile e pomposa riunione con le cariche cittadine. E poi sarebbe andato al mercato, era scontento del fatto di non aver potuto portare Evrilith e di venir accumunato a quella banda di idioti che non portavano mai in giro ciò che possedevano ed era loro di diritto.
Il mago poi voleva andare a comprare componenti alchemiche di cui aveva bisogno per gli esperimenti diurni di magia ed era anche intenzionato a prendere vari oggetti presso il negozio del divertimento, come il popolo chiamava la bottega di Neprius.

La bottega di Neprius, un satiro piuttosto convincente ma caduto in disgrazia per aver fecondato la principessa sbagliata, era una baracca ricostruita e messa a nuovo in cui lui, Neprius, e il suo amico Dargar, costruivano e vendevano diavolerie varie. Principalmente per torturare e interrogare persone, ma, se usati con accortezza, per scopi ludici di persone sadiche e in parte per quelle masochiste.

Entrato nella bottega Torghul fu subito accolto da un fin troppo adorante satiro che gli venne in contro:”Padron Torghul, in cosa La posso servire? Deve torturare qualche sciocco nuovo prigioniero che è caduto nelle sue grinfie? Ha bisogno di un nuovo collare per quella sua nuova schiava?”

E a quelle parole Torghul si girò di scatto fulminando il satiro senza però dare cenni di rabbia, lo fulminò con uno sguardo glaciale, freddo, come se stesse guardando qualcosa dietro di lui e non esistesse. “Ho voglia di fare un giro per questa bottega. Solo. In pace.”

Ed oltrepassato un satiro granitico, l’elfo, con passi decisi, si avvicinò ad uno degli espositori dove erano esposti vari plug di metallo.

Torghul era un mago, ogni mago che si rispetti sa cosa vuole, e pianifica tutto in anticipo. Non aveva alcuna volontà nel perdere del tempo in quella bottega, aveva già una lista pronta da dare al satiro con tutto quello che desiderava. Aggiunse alla lista solo qualche dettaglio per specificare i particolari e poi consegnò la lista al satiro.

“Sai a chi mandare il conto, sai che verrai pagato, sai dove mandare gli oggetti che desidero. Sai che se sta sera non li ho domani torno. E dopo aver comprato questo…Porcile, rado al suolo te e il folletto che fa finta di battere sull’incudine.”

“Oh Padron Torghul, è sempre un piacere immenso poterLa servire!” Biascicò quella creatura bizzarra. Aveva sbagliato soltanto una volta a non rispondere correttamente ad un membro del consiglio cittadino e, anzi, a dargli contro. Un anno da schiavo era stato sufficiente a fargli capire chi doveva rispettare. Il suo vecchio Padrone lo faceva partecipare ogni sera ad un’orgia, da legato e senza poter fare nulla, e passare il resto del giorno venendo frustato, umiliato e distrutto nell’animo un pezzo alla volta. Ormai non era un satiro in esilio. Era una creatura distrutta a servizio di sadici ricchi e potenti.

Torghul poi riprese la sua giornata. Il consiglio cittadino lo mandò come sempre in bestia. Era stato saggio svolgerlo in un campo anti magia e con troppe guardie che scattavano in piedi non appena qualcuno cercava di prendere a pugni o di sgozzare altri membri. Diciamo che non solo non era un posto amichevole, ma ognuno cercava di fare i propri interessi. E quasi mai nessuno cercava di far prosperare la città facendola tornare ad essere un vecchio impero.

Come sempre Torghul tornò insoddisfatto a casa, indispettito e terribilmente frustrato da una giornata che gli era sembrata perdersi tra le dita. Entrato nel castello vide Evrilith quasi subito all’entrata. Lo aspettava in ginocchio, nella posizione corretta, con Krozan da dietro che con le braccia intrecciate sul petto la controllava. La guardò di sfuggita, era molto bella, e lui era troppo arrabbiato per darle attenzioni. Si girò verso Krozan, al castello aveva varie funzioni, tra cui quella di accompagnare spesso Torghul e servirlo aiutandolo con la servitù.

“Fai preparare un bagno per me, e fai preparare la cena, ho fame. L’elfa continuerà il suo servizio.”

Evrilith aveva aspettato tutto il giorno quel momento, era in estasi nell’attendere il suo Padrone. E la risposta che ricevette fu un misero cenno di assenso come a constatare che aveva eseguito quello che voleva Lui per poi scomparire nelle sue stanze. Aveva lavorato tutto il giorno, era stata impeccabile. E poi…Poi niente, si era sentita dimenticata dopo che se ne era andato dal castello per un giorno intero. Evrilith ebbe un moto di gelosia, e qui iniziò quello che lei avrebbe scoperto come uno degli errori più sciocchi che una schiava può fare. Non rendersi conto che anche il Padrone può avere grilli per la testa.

Torghul riuscì a rilassare un po’ i nervi durante un bagno bollente, si calmò quel tanto che bastava per non essere più glaciale come era stato non appena entrato a casa.

Si vestì con un elegante tunica nera ed oro, valorizzava la sua pelle argentea e gli occhi viola. Quel uomo sapeva come vestire, e scese dalle sue stanze con un eleganza regale.

A tavola con lui sedeva Krozan ed un suo apprendista, dopo qualche minuto in cui si accertò che gli esperimenti alchemici e magici procedevano si girò verso Krozan. Mentre parlava con lui entrò Evrilith che dovette servire a tavola.

“Quindi la schiava ha svolto tutte le sue mansioni, Krozan?”

“Si Padrone, è stata attenta ad ascoltarmi e ad eseguire tutto, non ho dovuto punirla e ha saputo servire a tavola a pranzo, il Suo apprendista ne è testimone.” Disse fiero Krozan, Evrilith invece non aveva colto quel tono nella voce dell’orco. Era troppo presa a rimuginare sul fatto che non era stata nemmeno guardata.

“Maestro devo dire che ha ancora da diventare aggrazziata ma ha eseguito tutti i compiti che le sono stati chiesti” Aggiunse l’apprendista.

“Bene, finalmente hai deciso il tuo posto.” E detto questo Torghul guardò Evrilith. Lei si sentì gli occhi del Padrone addosso, ma prevalse la rabbia. Dopo una giornata di sforzi era quello che meritava? Un po’ di accondiscendenza? Avrebbe desiderato venir distrutta, scopata, massacrata. Invece aveva fatto la domestica. Era stata dimenticata, e lei stessa dimenticò il suo posto, quello che ormai era e non poteva sfuggire. Si ribellò, si ribellò ad uno dei maghi più potenti della città, senza sapere a cosa andava in contro.

E qui decise di trasgredire. Non pensò nemmeno che sarebbe stata punita. Non ricordò che pochi giorni prima era libera ed ora voleva andare contro ad una persona che odiava e che la teneva prigioniera contro la sua volontà. Evrilith aveva dimenticato che aveva una vita fuori da quel castello, ora era arrabbiata con quella persona che le aveva fatto provare così tanto in così poco tempo.

Invece che servire la prima porzione di cibo nel piatto fece una mossa piuttosto goffa, volontariamente, che l’elfo colse in tempo, schivandosi celermente, ma non riuscì a salvare dal disastro sia la tovaglia finemente ricamata, sia lo scranno su cui sedeva e che era foderato e ricamato, sia i bicchieri di cristallo che cadderò a terra sbriciolandosi.

Torghul non disse nulla, guardò il disastro, fulminò Krozan che, con una faccia veramente buffissima era rimasto a bocca aperta e temeva di venir impiccato assieme all’apprendista; poi L’elfo nero guardò la schiava. Non era rammaricata, non aveva paura. Lo aveva fatto apposta.

“Perchè hai combinato questo casino?!” Disse glaciale Torghul

“Io…” Evrilith si rese conto di cosa aveva fatto. Ora era tardi ed ebbe paura. Paura di quello che aveva combinato e delle conseguenze.

“Io…Padrone io…” E poggiata la ciotola da cui stava servendo iniziò a singhiozzare. Pensò di mettersi in ginocchio, magari sarebbe bastato a calmare Torghul. Poi prevalse il terrore, un terrore che saliva bloccandole il petto, le braccia ed infine il resto del corpo. Un peso la schiacciava e la faceva ansimare di paura…

“Perchè mi devi far arrabbiare anche tu? Vuoi vedermi arrabbiato? Vuoi fare i capricci?”

Evrilith non mosse un muscolo, non parlò, non ne ebbe il coraggio.

“Ah adesso taci e stai zitta? Sai che dovrei ammazare sia Krozan che ti ha lodata sia Lui?”

Evrilith tacque. Non sapeva cosa rispondere. Non trovava una risposta sensata da darGli. E probabilmente non c’è ne una che possa davvero dare un senso a quanto era appena successo.

“Hai deciso di farmi capire quanto ti abbia dato fastidio non ricevere le mie attenzioni? E per farmelo notare hai deciso di rovinare una tovaglia e la mia cena. Beh mi sembra una scelta degna di essere ricordata no Krozan?”

Il volto di Krozan si rigò con una lacrima. Evrilith la vide, tremò ed ebbe ancora più paura. Un’orco che piange…

“Padrone, anche io?” Disse Krozan. Era l’unico a quel tavolo che sapeva. Torghul era semplice e non cambiava toppo le punizioni. Un errore veniva ricordato per sempre secondo il mago. E Krozan sapeva che “Per sempre” equivaleva a morire, a perdere un pezzo del corpo o ad avere un tatuaggio, col fuoco e con la magia.

“Si tutti e tre.” disse girandosi Torghul.

E quegli occhi viola furono l’ultima cosa che Krozan vide prima di iniziare ad avere gli occhi sfocati dalle lacrime. Con la testa china e le spalle incurvate prese per i capelli Evrilith, la trascinò fuori e la portò nelle segrete facendole sentire ogni scanalatura nella pietra, ogni scalino che dovevano calpestare per arrivare nel luogo in cui sarebbero stati torturati, dilaniati e o uccisi. Quello che Krozan non sapeva ancora è che il mago provava quello che si può definire amore sia per lui che per quell’essere tanto bello quanto ingenuo che l’orco teneva per i capelli. Quello che Krozan non avrebbe scoperto mai è che Lui era il migliore amico di quell’anima nera, e probabilmente la sua unica famiglia.

Leave a Reply