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Racconti di DominazioneRacconti Erotici

Prigionia, Capitolo 7

By 17 Giugno 2021No Comments

Krozan era legato, immobile su un altare, i muscoli tesi dalla paura, gli occhi bendati, tappi alle orecchie. Prima di iniziare ad urlare sentì solo una fredda lama che gli tagliava la pelle ed una sensazione come di qualche forza che ricucisse sopra ai tagli la pelle. E poi un dolore lancinante, come se i muscoli al di sotto non venissero ricuciti.

Thorgul aveva preparato tutto. Aveva preso ciò di cui aveva bisogno e aveva tenuto il suo apprendista al suo fianco, come a rassicurarlo che era indispensabile e che non lo avrebbe punito come quei “plebei”. Quel piccolo mago non aveva ancora capito la malizia dell’elfo nero. Non era facile leggere le emozioni dei drow, le loro sfaccettature e i loro modi di agire e pensare. Thorgul sorrise compiaciuto, si sarebbe sbarazzato presto di quella nullità per tornare poi a fare ciò che era per lui importante.

“Sai, devo dire che non sei il più brillante degli apprendisti che io abbia avuto” Iniziò Torghul per poi guardare in faccia quel povero mago inesperto. Il giovane mago sbiancò, pensava di averla fatta franca, non sapeva a cosa stava per andare incontro.

“Ho detto che ti avrei punito, pensavi non lo avrei fatto?!” E detta questa frase si mise in posizione da duello. Non era una posizione come nelle arti marziali, era bensì una sorta di posizione rituale simile a quella dei monaci, in modo tale che il corpo fosse pronto a compiere qualsiasi movimento per poter lanciare un incantesimo o utilizzare un oggetto magico.

L’apprendista copiò il Maestro. In questo fu rapido. Era il suo primo duello magico, e stava per affrontare uno dei maghi più potenti della città, e probabilmente quello che aveva più esperienza nei duelli e nei combattimenti di ogni tipo.

Torghul sapeva che il suo apprendista non avrebbe iniziato con un offensiva. Ma si sarebbe difeso, così lui stesso fece la stessa cosa. Ma la fece molto meglio. Aveva armi e difese più potenti.

Lanciati i primi incantesimi i due maghi si guardarono in silenzio. Torghul con estrema lentezza disse:”Se riesci a penetrare la barriera hai vinto. Se non ci riesci…” E qui ghignò compiaciuto.

I sucessivi due minuti furono un flebile tentativo da parte di un mago con troppa poca esperienza, di incanalare tutto il suo potenziale offensivo contro una barriera invisibile che proteggeva l’elfo nero. Ci furono fiamme, acido, mostri, urla…Di tutto si infranse contro la barriera di Torghul. Ma nulla la penetrò.

“Hai fallito.

Ora…

Ora tocca a me.”

Torghul mosse una mano verso l’apprendista, un fascio di luce lo colpì dal basso verso l’alto facendolo atterrare carponi. Con un movimento fluido ruotò poi le mani davanti al petto, stese il braccio destro e abbassò il braccio all’altezza dell’ombelico. Stesa completamente la mano apparì un mano argentea sotto al giovane ragazzo, che ancora non aveva capito cosa fosse successo. La mano poi iniziò a muoversi seguendo quella del mago, che alzatala mimò il gesto di afferrare qualcosa nel nulla.

Il giovane apprendista era sospeso a mezz’aria completamente bloccato senza poter muovere alcun muscolo se non per le gambe. Quella mano era un’invenzione di torghul e bloccava i maghi dal poter muovere le mani, escludendo moltissimi incantesimi dal loro repertorio.

La mossa successiva di torghul fu quella di lanciare un incantesimo debilitante addosso al mago. I muscoli di quest’ultimo si rinsecchirono, ed ora non poteva davvero più muovere nulla. Lo lasciò franare al suolo. Il povero mago non potè nemmeno urlare. Respirava a fatica.

Schioccate poi le dita aprì un armatura in ferro che era presente nella stanza. Usando la magia lo sollevò e lo inserì nell’armatura, dovette solo lanciare un altro incantesimo per dare al suo morente apprendista un lento e dolorosissimo colpo di grazia. Gli spuntoni lo avrebbero fatto soffrire abbastanza e sopratutto a lungo. Convocò un servo.

“Tra qualche ora apri l’armatura e porta quello che resta del mago alla sua famiglia. Di loro che ha fallito l’apprendistato. Ora levati, ho da fare.”

La creatura mugolò un apprezzamento e scomparì tanto veloce quanto era comparso.

Evrilith aveva visto tutto. Aveva delle lacrime secche sugli occhi. Aveva paura. Si ricordò di quello che le avevano detto sugli elfi scuri, su quelli potenti e che meritavano rispetto, delle leggende per i bambini e di quelle dei suoi antenati che avevano ricacciato nel sottosuolo quelle belve nere. Ora aveva capito perchè avevano definito degli elfi delle belve. Erano perfino più perfidi è malvagi dei loro cugini che vivevano alla luce del sole.

“schiava, ora tocca a voi due.”

E detta questa frase fece uscire dalle vesti da una tasca nascosta, un pugnale cesellato con la lama in argento e rune dorate incise su tutta la costa della lama.

“Immagino tu non sappia cosa sia quest’arma. In pratica richiude la pelle sopra alla ferita, in modo che solo la magia possa guarire le ferite. Inoltre una volta che inizi a ferire qualcuno il pugnale lo porta al limite tra la vita e la morte, e se lo lasci fare risucchia la forza vitale di una creatura. Ora, conficcherò il pugnale nel petto di Krozan. Hai due possibilità, lo lasci morire guardandolo, oppure prendi il pugnale estraendolo dal suo petto, e vediamo se riesci a resistere alla volontà di questa arma magica e non uccidi il povero Krozan. D’altro canto è solo un orco, voi elfi alti li odiate, non è vero?” E detto questo sorrise compiaciuto. Evrilith era una maschera di terrore.

In confusione totale l’elfa non sapeva cosa fare né cosa dire. Restò impalata come il peggiore dei gargoyles.

Torghul non voleva assolutamente perdere Krozan, voleva solo impartire ad entrambi una terribile punizione. Iniziò a preoccuparsi quando dopo aver contato circa cinque secondi Evrilith era immobile.

“Prendi quel pugnale o ti ammazzo usandolo. Sono certo che non aneli la morte.” sibilò Torghul.

A quelle parole Evrilith si mosse, strinse il pugnale. E qui avvenne una cosa che l’elfa non aveva mai provato. Il pugnale iniziò a voler muovere i suoi muscoli, le iniziò a mandare immagini dell’orco squartato, tagliato, devastato…

In poco tempo vinse il pugnale. Evrilith piangeva, piangeva perchè vedeva quello che faceva e sentiva l’orco. Estratto il pugnale si mosse per ferire tutto il braccio destro. Sembrava metodica, come se il pugnale la spingesse a tagliare muscolo dopo muscolo senza ledere le zone vitali. Le carni sotto alla pelle facevano uscire sangue, Krozan stava diventando violaceo. Il tormento che provava era terribile. Ad un certo punto smise di lamentarsi, svenne. Qui evrilith ebbe un sussultò, e iniziò a riprendere coscienza di quello che stava facendo. Si ridesto ed iniziò a lottare con la coscienza del pugnale.

Non voleva più fare del male a quella creatura. Lei non amava né uccidere né far soffrire. Gli occhi gonfi, le lacrime che le avevano nuovamente rigato il viso mentre era un pupazzo nelle mani di un nuovo carnefice.

Lasciò cadere il pugnale a terrà, crollo in ginocchio mettendosi a piangere come una disperata.

Torghul stava controllando da vicino senza dire nulla. Krozan era ancora vivo, ne era certo. Senza che la schiava se ne fosse accorta aveva fatto degli incantesimi per mitigare i danni di quell’arma in modo tale da non uccidere il servo che rappresentava così tanto per Lui.

Controllato Krozan si abbassò all’altezza di Evrilith. Le alzò il mento e i loro occhi si unirono in uno sguardo forte, profondo.

“Non lo farai mai più. Da oggi tu sei mia, e non mi obbligherai a punirti perchè decidi di sbagliare volontariamente. Hai capito o devo ripetere?” disse Krozan senza smettere di guardare fisso negli occhi la schiava.

“Mi dispiace, sono stata…” Altre lacrime rigarono il volot di Evrilith, cercò di abbassare lo sguardò ma non ci riuscì. Il dito di Torghul la bloccava.

“Mi hai fatto soffrire. Voglio una schiava, se non ti comporterai come tale la prossima volta farò decidere a Krozan chi merita di vivere, e ti terrò desta fino a che la vita non ti abbandonerà in mezzo a mille sofferenze usando lo stesso pugnale che ti ho fatto usare su Krozan. Sono stato chiaro?”

Evrilith mosse il capo come ad asserire un timido si.

“Ora tocca a te subire fisicamente. Voglio che ti metti di schiena in posizione con le mani sulla testa. Se abbassi le mani ricominciamo. Puoi cadere in ginocchio ma non spostare mai le mani dalla testa”.

Evrilith pianse ancora, era in uno stato confusionale, abbassò la testa, si alzò meccanicmanete e si mise in posizione come Krozan le aveva insegnato.

Il mago le scuarciò il vestito che portava lungo tutta l’altezza della schiena. E poi prese un gatto a nove code. Alla fine del cordicelle in cuoi però c’erano delle teste di serpente, appena afferrata l’arma le teste iniziarono a muoversi e a sibilare.

“Conta!” Intimò l’elfo alla schiava.

Le corde si mosserò velocissime e le teste dei serpenti saettarono verso la carne, mordendola.

Evrilith urlò un “uno” in preda al dolore, e quando Torghul staccò a forza i nove piccoli serpentelli dalla schiena di Evrilith lei abbassò le braccia dalla testa per girarsi e proteggersi. Appena si accorse di quello che aveva fatto e guardando negli occhi Torghul abbassò subito lo sguardo. Senza che dovesse dire nulla si girò, si rimise in posizione e chiese scusa.

La volontà di Evrilith era piegata, si sentiva distrutta, non era più la stessa elfa. Se solo ora l’avessero vista, se solo ora gli altri avessero saputo…Pianse, pianse per il dolore e contò fino a dieci.

Dopo l’ultimo colpo e il relativo strappo torghul corse a sostenerla lasciando quell’arma infernale a terra.

“Non deludermi mai più, sei la schiava più ubbidiente che io abbia mai posseduto, dimostrami quello che mi hai dimostrato gli scorsi giorni. Ricordati che sei mia.”

E sostenendola torghul le concesse uno dei suoi rari sorrisi.

La punizione era terminata per tutti e tre, anche Torghul sentì un sollievo interno che non provava da tempo. Tutto era andato secondo i piani. E Torghul era pronto per ritornare ad avere l’obbedienza che voleva avere sotto il tetto del suo castello.

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