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Primo compito per Lucrezia

By 19 Maggio 2024No Comments

Ciao zorrogatto.
Non capivo a cosa servissero i 7 metri di corda che mi avevi fatto comprare.
Quando poi ieri sera sul tardi mi hai mandato le istruzioni -con un chiaro disegno illustrativo delle varie fasi- ho realizzato: mai, neppure nelle più remote fantasie!, avrei immaginato si potesse fare un uso così perversamente alternativo di una corda, sei stato diabolico a farmi conoscere le tecniche dell’autobondage.
Questa mattina non potevo indossarla senza che mio marito me la vedesse addosso e perciò sono stata costretta a dirgli che sarei andata al lavoro più tardi, rinunciando così al passaggio in auto che mi dà di solito.
Appena lui è uscito, ho dovuto fare in fretta: le istruzioni erano chiare, ma il lavoro un po’ complesso e mi sono sentita una schiava; ho provato una certa umiliazione vedendo la mia immagine riflessa nello specchio, con la corda che dopo un giro del collo, percorreva tutto il mio corpo, passando dal centro dei seni giù fino alla vagina per poi girare nel solco delle natiche e ritornare fino al collo, non senza aver fatto un doppio giro sulle mie mammelle, contenendole nella parte alta e in quella bassa.
Ho dovuto fare in fretta a vestirmi: intimo, una camicetta e un tailleur gonna e giacca perchè se avessi indossato i pantaloni si sarebbe notata la corda che mi girava in messo le gambe.
Ma dalla camicetta si vedeva ancora la corda intorno al collo, per cui ho dovuto indossare uno stupido foulard, come se avessi mal di gola.
Però non era facile muoversi, così costretta dai vari giri di corda: dovevo stare sempre eretta come una modella durante una sfilata; ogni movimento, ogni piegamento, erano una sofferenza.
Sono uscita ma era già tardi ed ho preso il bus, che purtroppo a quell’ora è sempre troppo pieno.
Ma, come dicevo, era tardi e sono stata costretta a salire in mezzo a quella folla.
Non riuscivo ad arrivare al palo dove sostenermi, anche se ero pressata dalla moltitudine che affollava il mezzo pubblico e quindi non correvo il rischio di cadere, ma i movimenti dell’autobus mi facevano lo stesso perdere un poco l’equilibrio e gli scossoni stiravano ora qua ora là la corda, infliggendomi stilettate di dolore dovute al brusco sfregamento.
Sono stata a disagio, il mio corpo schiacciato da quello di una moltitudine di estranei, subendo in continuazione contatti involontari dovuti alla situazione… ma anche qualche sfioramento cercato, che non potevo prevedere nè evitare.
Arrivata in ufficio ero già stanca e provata: il viaggio non era stato brevissimo, ero accaldata e sudata e la corda, oltre a procurarmi dolore, stava irritando le mie sensibili mucose, provocandomi un leggero, continuo stato di eccitazione.
Eccitazione che cresceva di ora in ora durante la giornata, fino a diventare insopportabile.
Ero in imbarazzo continuo, mi sembrava che tutti guardassero me e potessero vedere attraverso i miei vestiti, potessero ammirare il mio corpo nudo e legato (ma probabilmente era la mia postura rigida e impettita che attirava gli sguardi!).
A metà giornata tette, figa e tutto il solco dei glutei mi facevano male per l’irritazione: a peggiorare le cose erano i succhi della mia vagina così oscenamente stimolata, che contribuivano ad aumentare il rossore e il gonfiore in quella zona.
Anche la mia mente cominciava a vacillare: avevo voglia di sfogarmi, avevo bisogno di godere: se qualcuno mi avesse trascinato nel bagno per scoparmi, non avrei opposto resistenza e lo avrei anzi ringraziato.
Il tempo non passava più, il dolore e la tensione sessuale crescevano senza sosta, io ero sempre più eccitata e imbarazzata, goffa nei movimenti e questo attirava attenzione su di me, facendo aumentare vergogna ed eccitazione, un circolo vizioso.
Quando finalmente ho potuto tornare verso casa, speravo disperatamente in cuor mio di ritrovare l’autobus pieno come all’andata, in modo da placare in parte i miei sensi, attraverso quei contatti che ora invece desideravo ardentemente e che non avrei certo evitato, ma anzi favorito e incoraggiato.
Ma non è stato così: l’autobus non era molto affollato e non ci sono stati -purtroppo-contatti proibiti.
Appena arrivata a casa sono corsa in bagno, mi sono denudata e mi sono infine liberata della corda.
Mi sono ispezionata e le mie condizioni mi hanno scioccato: profondi segni sui miei martoriati e dolenti seni.
Non ho potuto vedere bene dietro ma il solco anale bruciava da morire, la mia vulva era di un colorito violaceo e gonfia come se fosse stata imbottita di silicone.
Non ho mai provato un’esperienza del genere ma a guardarmi avrei detto che per essere ridotta così avrei dovuto essere stata abusata in tutti i buchi da almeno una cinquantina di ragazzi arrapati.
Ma il mio senso d’urgenza andava soddisfatto ed ho iniziato a masturbarmi.
Il tocco delle dita, anche se delicato, era fastidioso, bruciava tutto ma al tempo stesso il mio corpo reclamava il completamento del climax e quella sensazione di dolore veniva assorbita e andava a far parte della mia eccitazione.
Le mie dita si sono fatte più audaci, veloci e violente, soffrivo e godevo e in pochi minuti sono venuta con un gemito liberatorio che non sono riuscita a contenere.
Tanto che mio marito ha bussato alla porta chiedendomi se stavo bene.
Gli ho detto che sì, che era tutto a posto, ma poi sono uscita con le gambe di gelatina, ancora sconvolta dal potente orgasmo appena provato…

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