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Racconti di Dominazione

Seduzione è potere (2)

By 11 Aprile 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Verso le 10 arrivai con comodo in ufficio (ormai i miei orari erano’come dire’. molto flessibili.
Mi dovevo preparare a puntino. Dovevo chiedere il secondo raddoppio di stipendio in neppure 3 mesi’.. Decisi di puntare su un look molto aggressivo. Minigonna cortissima in vera pelle. Aderentissima ma con un piccolo spacco sulla coscia destra, per non stringere sulle mie fantastiche curve. Sotto, contrariamente al solito, indossai dei collant, con sopra un tanga in cotone ben stretto dentro le chiappe perché mi piace che il tutto sia come una seconda pelle. Quindi il bel paio di stivali in pelle nera ‘i miei preferiti- stretti fino a sotto il ginocchio, appuntiti, e con tacco a spillo da 13 cm. Sopra, un reggiseno che esaltava le mie tonde e sode bocce rifatte, avvicinandole fino a sfiorarsi nel mezzo. Quindi una camicetta di pizzo elasticizzato bianca, già bella slacciata per esibire sfacciatamente le poppe. Niente soprabito. Arrivai in ufficio.
Gli uomini mi aspettavano con ansia come ogni giorno. Chi mi offriva la colazione, chi mi portava fiori, chi mi infilava soldi nella borsetta (solo pezzi grossi da minimo 100 euro, altrimenti, lo sapevano, mi sarei offesa e arrabbiata, e sarebbero stati guai seri).
Mi diressi subito verso la stanza del mio capo. Quando mi vide arrivare, si mise subito a mia disposizione, come sempre. Tacchi altissimi a spillo, la gonnellina tesissima sulle chiappe, corta fin sotto la passera. Camminai lentamente verso la finestra, permettendogli di vedermi in tutta la mia sensualità, e con le dita tirando giù bene il lembo della minigonna, non perché si fosse alzata troppo (era perfetta) ma per dimostrare di non concedergli comunque nulla. Ti piace il mio culo? Chiesi. Lui iniziò una lunga poetica dissertazione sulle mie divine natiche. Poi mi avvicinai a lui. Era sull’attenti, come al solito. Lo invitai a sedersi sulla scrivania. Così seduto, si trovava le mie bocce proprio all’altezza del suo naso. Quindi mi avvicinai ad un palmo da lui. I suoi occhi erano ipnotizzati dalle mie rotondità esibite da quel balconcino in pizzo con push-up. Balbettava, e annusava il mio profumo (avevo esagerato un po’ per stordirlo a dovere). Ti piacerebbe toccarti il cazzo? Chiesi. Non desidero altro da mesi, rispose. Bene, allora posso concederti di tenerlo in mano quando mi guardi, ma voglio il raddoppio dello stipendio’. Poiché volevo andare a colpo sicuro, mi premurai anche di fare un passo indietro, di appoggiare suola e tacco del mio stivale sui suoi genitali, schiacciandoli dolcemente. Accettò, anche se lo vidi un po’ preoccupato per i bilanci aziendali”
Punto della situazione: ormai guadagnavo 4.800 euro al mese in busta, oltre a telefonino, auto aziendale (una AUDI Q8 SUV gigantesca e potentissima), e assicurazioni su praticamente tutto. Non ero dirigente (in questo modo nessuno avrebbe mai potuto licenziarmi). Percepivo mance e regalie per almeno 1.000 euro al giorno, ed era questo il vero guadagno (circa 30.000 euro al mese). Non pagavo nulla (palestra, cinema, affitto’.NULLA).
Stavo diventando ricca e ‘.SENZA PROSTITUIRMI.
I soldi ormai non erano più un problema: gli uomini facevano a gara per darmene.
La mia attenzione si andava dunque concentrando verso il potere, e la soddisfazione sadica.
Volevo prevalere, prevaricare, irridere, dominare, umiliare il prossimo, e rubare la scena a tutti e a tutte.
Presi di mira, per prime, le mie colleghe sposate. Iniziai da Carla, una donna di bell’aspetto sulla quarantina, tutta casa e ufficio, che mi ha sempre odiato da quando ho monopolizzato l’ufficio. Probabilmente mi reputa una poco di buono. Non sa che sono felice, ho 21 anni, tante amiche (quelle che si sono arrese e non competono con me), e tanti amici, soprattutto gay. La vita sentimentale? E’ un po’ presto’.non trovate’.?
Torniamo a Carla. Mi sono informata sul marito. Lavora come agente di commercio. Ho preso un appuntamento presso la sua agenzia, con lui in persona, fingendomi interessata come potenziale cliente. Per l’occasione ho indossato un tailleur bianco, un po’ tanto striminzito (una taglia in meno). Ho quindi apportato una piccola modifica alla gonna, accorciandola in modo clamoroso. Sotto la giacchetta corta e stretta, che a fatica chiudevo, un reggiseno a balconcino in pizzo bianco, che come sempre esaltava le mie grosse bocce, ben in vista, e che si sfioravano appena nel centro. Poi un paio di stivali bianco-panna, in pelle, stretti fin sotto il ginocchio, e col tacco a spillo da 13 cm. Niente calze, niente mutande. Entrai in agenzia. Notai che uno dei collaboratori iniziò a fissarmi, e mi fece accomodare e sedere. Non vi dico il resto’.Mi spogliava con gli occhi. Era in delirio. Finalmente il boss mi accoglie, e mi fa accomodare. Noto subito un rossore sulle sue gote.
E’ imbarazzatissimo. Sono seduta davanti a lui. Non riesce a scrutare le mie gambe per via della scrivania ingombrante, ma fortunatamente vede molto bene i miei seni prosperosi che si fanno largo tra i lembi della piccola giacchetta. Lui non sa più dove guardarmi, se negli occhi (tra parentesi porto un paio di occhiali scuri a mascherina, di quelli alla moda ‘) o tra le tette, e comincia a fare battute patetiche per ammiccare. Non devo perdere di vista l’obiettivo: umiliare la mia collega.
Gli dico in modo molto diretto che può tranquillamente guardarmi le tette, a patto che contemporaneamente mi dica cosa ne pensa, in modo poetico e umile. Non se lo lascia dire 2 volte: mi stampa lo sguardo fisso sulle bocce, e comincia a narrarne la beltà, l’abbondanza, e il modo seducente in cui le esibisco. E’ completamente preso da me e dal suo stesso delirio. Mi confessa di essere eccitato e di volermi. Quindi mi alzo in piedi, mi porto vicino a lui, col lembo della mini all’altezza del suo sguardo. Gli concedo di guardare, annusare e masturbarsi. Così, concentrato sulla gonnellina del mio tailleur, tesa tesa, corta corta, estrae il suo pene ormai gigantesco, e inizia a masturbarsi. Noto, poco sopra il suo pisello, tre piccoli nei, tutti in fila. E’ fatta. Ho gli elementi per umiliare la mia collega. Prima ancora che lui possa raggiungere l’orgasmo, lo pianto in asso e me ne vado. Nel pomeriggio vado in ufficio, e incontro lei. Le sbatto in faccia il particolare dei tre nei del marito, facendole intendere che me lo sono scopato. Lei scoppia in lacrime e lo chiama, dicendogliene di tutti i colori. Il resto potete immaginarlo’.un gran casino.
Avevo ristabilito le gerarchie, e il tutto era servito da esempio per le altre.
Ora, oltre alla devozione degli uomini, avevo ottenuto il rispetto delle donne.

E’ in arrivo il week-end.
Adoro fare shopping. Sto a Milano, mi piace fare compere nei centri commerciali.
Ho diversi servi che in settimana si occupano anche di fare le spese di cui ho bisogno, e senza neppure volere i soldi indietro, ma il piacere dello shopping non me lo toglie nessuno, specie se si tratta di indumenti, non fosse altro perché devo provarli!!!!
Cerco delle camicette come sotto-giacca per il lavoro. Avendo il seno rifatto, potrei permettermi tranquillamente di indossare una camicia di cotone aderentissima ed elasticizzata senza reggiseno. Però adoro i reggiseno, dunque &egrave un bel dilemma. Non mi resta che farmi consigliare dalla commessa. Così prendo una camicia nera aderente in cotone elastico, con i bottoncini automatici, e la provo appunto sulla pelle nuda. Nel camerino mi attardo un po’, perché fatico ad agganciare i bottoni e a contenere le bocce, grosse e tonde. Comunque riesco ad allacciare almeno qualche bottone. Poi mi mostro alla commessa, che elogia le mie doti, e mi fa notare che la camicia mi fa anche da reggiseno, per quanto &egrave stretta, e che le bocce si sfiorano delicatamente nel centro. Percepisco un interesse eccessivo, quasi una attrazione da parte sua. La vedo sottomessa, umile e rispettosa di cotanta esplosività. Il padrone del negozio nota che la commessa si sta dilungando, si avvicina e mi vede. Quindi pensa bene di allontanare la commessa, dicendo che di me si occuperà direttamente lui.

E’ già manifesto il suo interesse nei miei confronti. Quindi decido di cuocerlo a puntino. Gli chiedo di farmi provare, con la camicetta, anche una bella minigonna in cotone, nera, aderente, con ina bella cintura appariscente. Me la porta, e la indosso. E’ talmente corta che resta scoperto, in alcune posizioni, il reggicalze. Poi chiedo un paio di scarpe di cuoio, nere, con tacco affilato a spillo, altissimo. Sono molto eleganti e sexy. Inizio a guardarmi allo specchio, e ad ancheggiare su e giù per il negozio. Gli chiedo in modo superbo e provocatorio di dirmi se sto bene, se pensa che sono troppo scoperta oppure no, e lui si dilunga in complimenti e apprezzamenti. Poi mi siedo su una poltroncina. La mini sale. Accavallo le gambe. Il reggicalze &egrave ormai palese. Il titolare, fingendo di volermi aggiustare la calzatura, si inginocchia davanti a me e inizia ad adorarmi con lo sguardo. Il suo cazzo &egrave gonfio e riempie i calzoni. E’ decisamente ai miei piedi. Con la punta della scarpa, fingendo che sia del tutto casuale, intercetto quel grosso pisello, e ci giochicchio. Lui &egrave in delirio. Gli chiedo di provare un altro paio di scarpe, stessa forma, ma di vernice nere. Lui subito si adopera, efficiente e sottomesso. Mi cambia le scarpe. Scavallo le cosce per agevolarlo. Lui sbircia nel mezzo. Sono senza mutandine (le ho lasciate in camerino). Gli metto la suola della scarpa in faccia. Lui accetta di buon grado l’umiliazione, quindi mi alzo portandogli la testa al pavimento, sotto la mia scarpa. Il servetto &egrave sottomesso. Gli ordino di far accomodare clienti e dipendenti fuori dal negozio. Lui esegue e chiude il negozio. Gli ordino di spogliarsi nudo e di masturbarsi davanti a me. Lui inizia a menarselo all’inverosimile, mentre io sculetto e mi sbatto qua e là nel negozio, con malizia, e mi rimetto le mutandine. Mentre se lo mena, lo saluto ed esco, lasciandolo arrapato, nudo e deluso nel suo negozio, e portandomi via, addosso quel bell’abbigliamento

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