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Racconti di Dominazione

Suocera e schiava

By 28 Aprile 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Sgangherata, spossata e usata da una decina di uomini come una sputacchiera per cazzi, l’alba mi riaccompagnava a casa, distrutta ma soddisfatta della nottata appena trascorsa.
Mi sentivo come un puttanone di strada dopo una nottata di lavoro, l’unica differenza che tremavo ancora dai tantissimi orgasmi che avevo ricevuto.
Giacomo che guidava la macchina era soddisfatto della mia esibizione e con un sorrisetto ironico, si complimentava della mia troiaggine, era fiero di me, la sua puttana, sempre pronta ad obbedire come una cagna.
Il mio corpo è suo e può farne ciò che vuole, anche punirmi inchiodandomi per le tette ad un trave, sono totalmente sua e sottomessa ai suoi vizi e ai suoi piaceri, anche umiliarmi, lasciando che altri uomini mi usino riempiendomi del loro sperma.
Avevo il viso ricoperto di sborra che lentamente mi si stava seccando addosso, ma il mio padrone non aveva voluto che mi ripulissi, non c’era centimetro di pelle, che quella notte non ne avesse preso almeno uno schizzo, con i buchi ancora completamente aperti dai tanti cazzi più volte ricevuti, alcuni dei quali, devo dire fuori dal comune, dei bastoni di carne paurosi, grossi e lunghi, comunque scelti dal mio padrone perché gli procurassi piacere con la bocca, in modo particolare con il culo che dovevo farmi sfondare, la figa era un optional di poco conto, ma disponibile a stimolare tutte quelle verghe e le loro voglie.
Indossavo soltanto un impermeabile e sotto ero completamente nuda, solo le autoreggenti e le scarpe dal tacco alto, con al collo un collare in cuoio robusto con un grosso anello, a cui era attaccato il guinzaglio, una catena penzoloni a sottolineare il mio stato di sottomissione.
La mia unica preoccupazione era il rientro nel condominio, per come ero conciata, la paura che qualcuno mi vedesse, capisse ma, alla fin fine, ero felice di soddisfare il mio padrone, l’unica e vera ragione importante.
Mi chiamo Iolanda e Giacomo è mio genero, ho 56 anni e mi sento ancora una bella donna, capace di suscitare l’interesse di molti uomini.
Sono leggermente sovrappeso, robustella ma, ho un bel viso e due magnifici occhi azzurri, due bei tettoni che non sfidano più le leggi di gravità ma, vi garantisco che con una bella sesta piena, lo faccio rizzare anche a tanti adolescenti, il culo pur grosso e tondo non è certo il mio vanto, gli anni li sente tutti, diciamo che è un po’ molliccio e cellulite e qualche vistosa smagliatura, fanno del mio pacco non del tutto gradevole, comunque nonostante tutta la sua abbondanza mi viene naturale farlo sculettare in modo sexy e non vi dico i commenti di ammirazione più che coloriti mi giungono alle orecchie.
Da circa tre anni, dopo la morte di mio marito vivo a casa di mia figlia Chiara, ha insistito tanto perché mi trasferissi da loro, sin che non è riuscita a convincermi.
Con Giacomo vado molto d’accordo, ironicamente, mi dice sempre che sono la sua suocera preferita e non ho avuto nessuna remora a traslocare la mia roba da loro, anche se avevo paura di arrecare disturbo e soprattutto perché avrei dovuto cambiare le mie abitudini, visto che in casa non ero più sola e certo non potevo permettermi di girare nuda o seminuda.
La mia sottomissione, una sera, per caso, un gioco che mi ha trasformato in schiava, in una cagna docile ed obbediente.
Chiara è medico ospedaliero e almeno due volte alla settimana, fa il notturno al pronto soccorso, quindi sono io che devo pensare a Giacomo, stirargli la camicia per il giorno dopo, preparargli la cena e rassettare per tenere in ordine la casa.
Una sera, mio genero, era seduto sul divano davanti al televisore, assorto da un programma che lo stava particolarmente interessando, mi pare fosse un documentario sugli antichi egizi, piramidi e faraoni, come sempre stavo riordinando dopo la cena e probabilmente i rumori provenienti dalla cucina lo disturbavano, gentilmente mi chiese di fare meno rumore ma, forse la mia premura di finire velocemente, anch’io volevo gustarmi mezzora di tranquillità che ho continuato il mio lavoro casalingo, infischiandomene della sua richiesta.
Un suo scatto d’ira mi ha colto impreparata ‘Sei peggio di una bambina, meriti di essere sculacciata, vieni qua’ Il tono della voce era quello di chi è incazzato, non osavo guardarlo, avevo lo sguardo rivolto verso il basso, rossa in viso e pentita di averlo disturbato, si mi sentivo in colpa.
Ho cercato di scusarmi, balbettavo, ‘i i i io no no non volevo’ Lui si è accorto di essere stato scortese e con tono canzonatorio ed un bel sorriso, mi invitava ad appoggiarmi sulle ginocchia, che mi avrebbe sculacciato.
Non so cosa mi sia preso ma ho fatto il gesto di inchinarmi su di lui ‘Ehi, ehi, le bambine cattive si tirano su la gonna e si abbassano le mutandine, con quel culone non sentiresti niente’ Sono avvampata, il suo tono di voce era scherzoso ma, non so cosa sia capitato nei meandri del mio cervello, le sue parole risuonavano come un ordine, avevo disatteso la sua richiesta, dovevo essere punita, anche se contrario alla mia volontà, ho ubbidito, mi sono sollevata la gonna oltre la vita e mi sono abbassata le mutandine assieme ai collant, fermandoli a metà coscia.
Rossa come non mi era mai capitato, ferita nella dignità e con il cespuglio della passera davanti al suo viso, in mostra come una puttana, dinanzi allo sguardo severo di mio genero.
Mi ha tirato sulle sue gambe, ha deglutito non si aspettava che fossi così remissiva, era emozionato e anche lui non sapeva come comportarsi.
Con le mani per terra e il bacino sulle sue ginocchia, le mie chiappe non solo erano completamente in mostra ma, così alte da essere vulnerabili e pronte per una sonora sculacciata.
Che umiliazione, mi accarezzava le natiche, le artigliava con la mano che saggiavano dove abbattersi, tremavo, ero impaurita e tacevo, sapevo che con l’eccitazione mi avrebbe colpito sempre più selvaggiamente e dolorosamente.
Al primo ceffone ho irrigidito i glutei, era timido, indolore ma tremendamente mortificante, come indecisi gli schiaffi sul culo che seguirono, dopo ogni colpo mi accarezzava e mi palpava ma, lentamente, ne aumentò progressivamente la forza e la frequenza, le natiche si arrossavano gli scapaccioni si facevano sempre più veloci e violenti, manate e manate sul culo, il mio corpo è scosso da convulsioni, scalcio mi divincolo, sto singhiozzando dal dolore, Giacomo non può vedere i lacrimoni che mi solcano il viso, ma non mi arrendo, non gli do la soddisfazione di sentirsi supplicare perché la smetta, sento la pelle gonfiarsi, devo avere il culo viola, come quello di una scimmia, livido dai colpi inflitti, ogni tanto mi accarezza, la sua mano scivola anche sulla figa, mi trova bagnata, ‘Sei una troia. Io ti punisco e tu sbrodi’ Sembra un battipanni, mi colpisce con la mano piena, la sento pesante, una sfilza di sculaccioni che sulle natiche dolenti percepisco come legnate, ormai non c’è la faccio più, mi irrigidisco, mi contorco tutta, sto per cedere e chiedere perdono, supplicare la sua benevolenza, quando smise di sculacciarmi, forse gli facevano male le mani o solo aveva deciso che poteva bastarmi.
No, non aveva finito con la punizione, ora mi sarebbe toccata quella più dolorosa, la più degradante, mi ha insultata, derisa, offesa nell’orgoglio, privata della dignità, trattata come una bestia da addomesticare, solamente una cosa nelle sue mani, senza anima, senza mente.
‘A quattro zampe, vai tra i divani e non muoverti sin che non te lo ordino’
Mi sento vinta e mansueta come una cagnetta da educare, sono con il viso per terra, il culo per aria, come vuole lui, con le gambe larghe, mi vergogno da morie, messa in castigo come una bambina monella, con le mie parti intime esposte al suo sguardo, che umiliazione ma, docile ubbidivo, senza avere la forza di sottrarmi al suo volere.
Non so per quanto tempo mi abbia tenuto li immobile, continuavo a piangere, mi ero arresa e senza ribellarmi, singhiozzavo a voce alta e non osavo muovermi, quando la sua voce mi entra nel cervello, ‘Sarai la mia schiava’
La sua voce è pacata, sensuale, mi parla dolcemente quasi a consolarmi ma, è tremendamente ferma, autoritaria, continua elencando cosa si aspetta da me, come mi vuole ed io ascoltavo in rispettoso silenzio lasciando che dettasse le condizioni per essere la sua schiava perfetta.
Cosa mi stava capitando, mi sembrava tutto così assurdo, una situazione da cui sarei voluta scappare ma, ero li immobile con le natiche doloranti che bruciavano da morire, eppure la figa grondava, il suo latte fuoriusciva abbondante e come non mi era mai successo ho schizzato come una fontana bagnando il pavimento.
Da me pretendeva ubbidienza, devozione, docilità, ‘Mi chiamerai padrone’
Ero terrorizzata, senza saperlo mi piaceva il dolore? Mi piaceva essere umiliata, soggiogata? Sentivo il suo dominio, una cosa in suo possesso, le sue parole erano ordini ‘Tutto quel pelo nella figa non mi piace, toglilo’ Per la prima volta gli ho risposto con un filo di voce ‘Si padrone’
Il gioco era finito, stava facendo sul serio ed io stavo subendo senza ribellarmi, singhiozzavo ma ascoltavo attentamente.
Tutte le volte che Chiara era di turno in ospedale sarei stata la sua schiava, il suo sacco di merda, una cosa che valeva meno del suo accendino usa e getta, mi avrebbe punito ed umiliato, oltretutto io dovevo procurargli gli attrezzi necessari alla mia punizione, una cinta, uno scudiscio, tutto ciò che poteva farmi soffrire o che poteva essere doloroso.
Mai con l’intimo, tassativamente mi era proibito, ne mutande ne reggiseno, solo calze autoreggenti e scarpe con il tacco a spillo vertiginoso, ‘ voglio vederti sculettare come una zoccola’
Solo alla fine mi disse ‘Solo se tu lo vorrai io sarò il tuo Padrone’ avrei dovuto decidere come volevo essere trattata, se la prossima volta non mi fossi presentata a lui come voleva, avrebbe capito e tutto sarebbe ritornato come prima ma, sapeva benissimo che prima o poi sarei stata sua .
‘Ora vieni qui e fammi sborrare con la bocca’ a quattro zampe mi sono avvicinata e sbottonata la patta gli ho afferrato il cazzo e l’ho messo in bocca.
Non era molto grosso ma tremendamente duro, un bel bastone nodoso, bitorzoluto, con una cappella bella larga, spariva nella mia bocca e avidamente lo succhiavo, da troppi anni non assaporavo un cazzo e non mi importava se era un pompino incestuoso, fatto al marito di mia figlia.
Gli palpavo le palle mentre con la lingua gli solleticavo il glande e percorrevo freneticamente quell’asta da cima a fondo, quando mi ha afferrato per i capelli e me l’ha schiaffato in gola, scopandomi in bocca.
Mi ha riempito di sborra riversandomi gli schizzi direttamente in gola, raffiche abbondanti che ho inghiottito con difficoltà, non riuscivo a respirare, stavo affogando tra la sborra e la nerchia che pigiava sulle corde vocali ma, ho lasciato che si svuotasse i coglioni come gli piaceva.
Mi ha mandato via ‘Per stasera non voglio più vederti, vattene a letto’ mesta e a quattro zampe con il sapore del suo sperma ancora in bocca e una voglia matta di farmi trombare, piano, piano, mi sono levata dai coglioni.
Quella notte non ho dormito, ho continuato a piangere per delle ore, nessuno sino ad allora mi aveva trattato come una puttana, mi aveva umiliato, punita e ne ero tremendamente attratta, quell’uomo esercitava su di me dei sentimenti contrastanti, timore, paura, riverenza, amore.
I giorni che seguirono, avevo ancora la mente offuscata, ripensavo a quello che mi era successo e non sapevo darmi una spiegazione, so solo che mi sono tolta il cespuglio dalla passera, dicendomi che era più presentabile, mi sono data allo shopping sfrenato alla ricerca di scarpe dal tacco esageratamente alto e fine come uno spillo, alle calze dall’elastico alto, ricamato o colorato ma sempre con la scusa che mi sarei sentita più sexy e seducente, mai ho pensato che gli appartenevo ed eseguivo i suoi desideri, i suoi ordini.
La mia mente lottava contro se stessa, se da una parte sentivo un attrazione bestiale per quell’uomo e il suo modo di fare, dall’altra, la mia depravazione mi faceva impazzire di terrore, era incomprensibile la mia sessualità deviata ed il piacere che avevo provato in un rapporto sadomaso, la mia sottomissione era inconcepibile e non potevo essere così remissiva nei suoi confronti e ogni volta che ripensavo a quei momenti, entravo nel panico per come avevo manifestato il mio piacere.
Dolore, sottomissione, sentirmi in suo possesso, era quello che realmente desideravo? Me lo sono chiesto tantissime volte ma, la logica, mi impediva di esprimere la mia sessualità, stretta in una morsa tra angoscia e smarrimento, sono scappata e per un mesetto tutte le volte che Chiara era assente, con Giacomo ho sempre fatto finta di niente.
Da quella sera di delirio, il comportamento tra noi non aveva preso altre pieghe, nessun cambiamento, lui era il solito Giacomo di sempre, io tra virgolette, la sua suocera preferita, mai un cenno alla sculacciata o al pompino con ingoio, però, il subbuglio che si era creato nella mia mente, era fuori da ogni controllo e dalla mia natura.
Non so perché né come mai, dopo le tante esitazioni una sera, non ho resistito ma, la cosa peggiore era la consapevolezza di avviarmi verso il degrado e l’umiliazione, con la paura di scoprire che il dolore può provocare piacere, mostrandomi ai suoi occhi come mi aveva chiesto.
Mi sono tolta l’intimo, via il reggiseno, via le mutandine, ho controllato la bernarda, era liscia e vellutata come se l’aspettava, mi sono inguainata le gambe con delle autoreggenti nere, velatissime e ho calzato le scarpe come nei suoi desideri con il tacco vertiginosamente alto, addosso solo un maglioncino e una gonna larga.
Mi sentivo una vacca con le mammelle che mi ritrovo, senza reggiseno non solo erano penzoloni ma ad ogni passo andavano da una parte all’altra, di sicuro era ben visibile che fossi senza nessun sostegno e non solo, i tacchi alti non li avevo mai messi, avrebbe capito subito che avevo preso la mia decisione.
Mi ha squadrato da cima a fondo, ora sapeva che gli appartenevo e in quel momento mi sentivo come una spiga di grano piegata dal vento, completamente in suo potere, avrei ubbidito e appagato ogni suo desiderio.
‘Spogliati’ Sono arrossita immediatamente, sprofondando nella vergogna, il mio pudore mi impediva di mostrarmi a lui nuda, pur sapendo che del mio corpo poteva farne quello che voleva e che il sesso tra noi sarebbe stato estremo.
Ho levato il maglione e le tette sono schizzate fuori, con i capezzoli già turgidi, duri come chiodi e quando mi sono chinata per sfilarmi la gonna, grossi e pesanti, ciondolavano liberi, sballottando come quelli di una vacca da mungere.
Mi girò intorno, osservando il mio corpo, mi sentivo una puttana, come quelle esposte in vetrina, non osavo guardarlo e con gli occhi bassi, aspettavo un suo ordine.
Mi ha strizzato le tette, ritorto i capezzoli schiacciandoli tra i polpastrelli, mi sono morsicata il labbro per non strillare, sapevo che mi avrebbe punito, per troppo tempo sono stata lontano da lui e ho preparato su un vassoio tutto quello che avevo trovato in casa che poteva servire per un’adeguata punizione, un robusta cinta da jeans, il piumino per spolverare dal lungo manico in bambù, mestoli di cucina e tante altre cosette.
Tremavo, la paura si era impossessata del mio corpo della mia mente, avrei sopportato il dolore? Sarei riuscita ad essere remissiva ed ubbidiente e a non ribellarmi? Allo stesso tempo la mia fica grondava copiosamente con uno strano piacere che mi attraversava la spina dorsale.
Mi aspettavo cinghiate su tutto il corpo, o almeno qualcosa di molto doloroso, senza sapere che invece, mi aveva riservato un altro trattamento, tremendamente umiliante.
‘Sai che devo punirti’
‘Si padrone’
‘Mettiti a quattro zampe’
In quella posizione le mie mammelle si allungano paurosamente, andando a sfiorare il pavimento e mi ha fatto camminare osservando le mie carni tremule.
Da un cassetto ne ha levato un pacchetto, ‘Questo è un regalo per te’ era un guizaglio, mi ha fatto avvicinare a lui e mi ha aiutato ad agganciarlo.
Mi ha stretto il collare al collo, con il dito sull’anello ha strattonato per sentire se era ben allacciato e ho sentito il moschettone del guinzaglio scattare legandomi come una cagna.
Non sapevo quali erano i suoi progetti, ma ho dovuto indossare l’impermeabile e strattonandomi con il guinzaglio mi ha trascinato sino alla macchina.
Dopo un quarto d’ora, di cammino, mi ritrovai in uno stanzone piuttosto spoglio, solo due grandi materassi buttati per terra, mi ci ha fatto inginocchiare e mi ha bendato.
Il buio mi circondava, ferma, in attesa, ma di cosa? ‘Pigliatela come volete ma la prima volta, dovrete venirgli nel culo’ Chi c’era in quella stanza, in quanti erano? dal più piccolo al più grande, tutti dovevano godere del mio culo.
Qualcuno si avvicina, mi picchia il cazzo in faccia, me lo sbatte sulle labbra, tiro fuori la lingua, apro la bocca, si infila e comincio a succhiarlo, allungo la mano lo stringo nel pugno, dal suo diametro potrebbe essere Giacomo, ciuccio muovendo la testa con veemenza, su e giu con la mano,
mi ferma, acchiappandomi per i capelli e mi molla un ceffone, mi arriva sul viso, forte, con la mano piena, mi scoppia nel cervello, capisco al volo, non vuole venire subito e me lo dice ‘Troia, vacci piano, vuoi farmi venire Subito?’
Lecco la cappella, muovo la lingua su quel pezzo di carne su e giù, dalla punta ai coglioni cercando di eccitarlo ma senza farlo sborrare.
Qualcuno mi è dietro, con le mani, mi apre la chiappe e sento una cappella che pigia sul mio culetto puntandola sullo sfintere anale, sono vergine non mi sono mai fatta sodomizzare neanche da mio marito e il mio istinto è quello di stringere il culo per non farlo entrare.
Mi ha preso con cattiveria, spingendomelo tutto dentro in un solo colpo, penetrandomi senza tanti complimenti, grido, la sua cappella è enorme, fuori misura per il mio buchino, è troppo piccolo e stretto, ma continua a spingere, il culo si apre lasciando che varcasse l’anello anale, su e giu, su e giu, mi sposto cercando di sfuggirgli, il dolore è lancinante ma mi tiene stretta per i fianchi e il suo cazzone si conficca sempre di più, grido più forte ma, le mie urla sembrano incitarlo e mi sbatte con foga, mi ha impalato completamente e affonda con virilità ha l’irruenza di un toro, finalmente il mio culo dilaniato da non meno di trenta centimetri di nerchia si sta abituando ed inizio a godere, il dolore va via, o almeno l’eccitazione prende il sopravvento lasciando posto al piacere.
Ho paura a gemere, quella è una punizione, non sono li per godere e fare sentire come sono arrapata ma, la figa mi tradisce, è una fontana, sto sborrando come un uomo e mi bagno infradiciandomi le cosce, il materasso.
I cazzi in bocca si alternano, dalle loro dimensioni, dal loro sapore capisco che sono in molti, ne succhio di grossi ma quello che mi sta pompando il culo è un bestione, di sicuro il più grande.
Dalle contrazioni che sento, sta per venire e difatti con delle bordate mi sborra nel culo piantandomi sino ai coglioni quella nerchia paurosa.
Mi hanno sbendato, intorno a me solo cazzi in tiro, una decina pronti ad usarmi, a riempirmi di sborra in tutti i miei buchi.
Quando ho visto le dimensioni di quel cazzo, che mi aveva rotto il culo, mi sono ingrifata da schifo, un bastone sui 30 centimetri dalla cappella enorme.
Vogliosa come una puttana, ho cominciato ad accarezzarlo e leccarlo percorrendo tutta l’asta, baciandogli la cappella e portandomela in bocca, cercando di farne entrare il più possibile, cosa non del tutto facile.
Non solo non riuscivo a stringerlo nella mano, ma a bocca completamente spalancata, non riuscivo che ad infilarmi la sola cappella e mi dovevo accontentare di percorrerlo a colpi di lingua e a slinguazzargli il glande come fosse un lecca, lecca, avanti indietro, risucchiando tutto lo sperma e assaporando i miei umori anali.
Ormai ero ben lubrificata, da qualche litro di sborra econ il culo sfondato, tutti quei cazzi se pur grossi, entravano con estrema facilità, li volevo tutti e non aspettavo altro che essere trombata da ognuno di loro.
Gli orgasmi si susseguivano uno appresso all’altro, ne avevo perso il conto, con delle nerchie fantastiche che si muovevano dentro il mio povero culetto con furia, avanti indietro, senza tregua, se uno sborrava, cedeva immediatamente il posto ad un altro cazzo.
Il mio viso era una maschera di sborra, con la bocca aperta come un forno, accettavo profondamente anche i cazzi più grossi, lasciando che mi arrivassero in gola.
Come una bestia ferita, scalciavo, mi contorcevo e ululavo, urla continue dal tono sempre più alto di piacere, presa con una ferocia mai provata, dimeno il culo, mi spingo su di loro per sentire i coglioni che si spiaccicano sulle chiappe, godo e non finiscono mai di sborrarmi in faccia e su tutto il corpo.
Solo all’alba si fermano appagati, sono rivestita di sperma, mi hanno sborrato anche sulla pianta dei piedi, penso di non avere un centimetro di pelle pulita, mi hanno realmente rotto il culo, eppure sono felice, ho goduto da grande vacca, come voleva il mio padrone.
Voleva vedere la sua puttana sottomessa, presa da tanti cazzi, sono stata brava ubbidiente e non mi sono fermata sin che non mi è stato ordinato.
Oggi godo nel culo come nella figa, se devo essere sincera l’orgasmo che provo con un bel cazzo piantato nel mio deretano è di un intensità impressionante, che mi porta ad un passo dallo svenimento.

Felice di ricevere i vostri commenti, gio23@hotmail.it
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Gio

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