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Racconti di Dominazione

Tombeur de femme

By 14 Gennaio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Se fosse nato a Parigi, Gianluca si sarebbe potuto definire esattamente così.
Lui però, essendo nato in una cittadina dell’interno della Toscana, ed avendo trascorso tutta la sua vita tra Firenze e Pisa, probabilmente ignorava il significato di quelle parole francesi.
Gianluca era bello, attraente, spigliato e simpatico.
Al tempo del liceo aveva scoperto di piacere molto alle donne.
Le sue compagne di scuola gli morivano letteralmente dietro e, visto, che anche a lui le ragazze piacevano molto, non si era certo lasciato pregare.
Se ne era scopate un bel po’ e, per quattro o cinque di loro, aveva anche provveduto alla ‘inizializzazione’.
Prima della maturità aveva anche avuto una breve relazione con una giovane insegnante della sua scuola, ma aveva deciso che preferiva le coetanee.
Ora vivacchiava all’università, dando un esame ogni tanto, ma in compenso continuava a darsi da fare.
Una volta, parlando con Cesare, il suo amico più caro, gli aveva detto ridendo che il suo uccello svolazzava di continuo da una passera all’altra.
Ormai era convinto che poteva avere più o meno tutte le donne che voleva, però ‘ non tutte insieme.
Tre mesi prima aveva commesso un errore.
Stava da tempo con Laura, una ragazza bellissima, intelligente ed anche molto innamorata di lui.
Laura era andata, per il fine settimana, a trovare i genitori e lui, per ingannare l’attesa, aveva pensato ben di far svolazzare il suo uccello.
La sua ragazza era tornata in anticipo, per fargli una sorpresa, invece la sorpresa l’aveva avuta lei, quando l’aveva trovato nel loro letto, con l’uccello piantato tra le chiappe di una biondina del secondo anno.
Essendo innamorata, l’aveva presa molto male, facendo immediatamente le valigie.
Così Gianluca aveva ripreso a far svolazzare liberamente il suo uccello.
Una sera, chiacchierando con Cesare, dopo diverse birre, era venuta fuori l’idea folle della scommessa.
Cesare avrebbe scelto una ragazza e Gianluca, tempo due settimane, se la sarebbe dovuta scopare.
Uniche condizioni, non doveva essere una grassona da un quintale e neanche una vecchia cadente.
La mattina dopo si era svegliato con un bel cerchio alla testa e neanche ricordava la faccenda della scommessa, quando aveva squillato il telefono.
‘Ciao Gianluca, l’ho scelta.’
‘Scelta chi?’
‘La passera sui cui si dovrà posare il tuo uccellino. Già ti sei dimenticato?
è Rina.’
Il suo amico era stato cattivo, perché Rina era veramente un osso duro.
Era l’amica del cuore della sua ex, e quindi era sicuramente maldisposta nei suoi confronti, dopo la faccenda della biondina.
Probabilmente era al corrente dei suoi svolazzamenti e poi non gli era mai piaciuta.
Alta e secca, con il culo troppo stretto e le spalle troppo larghe (almeno per i suoi gusti), un viso duro ed affilato, con i capelli neri e lisci e lo sguardo sempre corrucciato.
Aveva un caratteraccio, ombroso e collerico e sembrava una delle poche a risultare immune al suo fascino.
Gianluca cominciò subito a lavorarsela ma i giorni passavano e non vedeva alcun risultato.
Aveva anche il dubbio che fosse lesbica.
Una volta, mesi prima, lo aveva accennato a Laura, ma lei si era messa a ridere.
‘Sei completamente fuori strada’, Gli aveva detto con un sorrisetto ironico.
Mancavano solo due giorni al termine e lui le aveva provate tutte, ma Rina lo teneva sempre a distanza ed evitava con cura di rimanere sola con lui.
Ma forse aveva trovato la chiave per aprire quella cassaforte che sembrava inattaccabile.
Rina era appassionata di pallacanestro, perché anni prima aveva giocato a lungo, arrivando fino alla serie C.
Quando gli mostrò due biglietti per una importante finale dei play off, per la prima volta vide, per un attimo, un sorriso sul suo viso.
I biglietti erano esauriti da tempo, e forse gli sarebbe convenuto pagare la scommessa a Cesare, ma era una questione di principio, e così aveva dato un mucchio di soldi a quel bagarino.
Andarono in treno a Bologna e lei fu stranamente gentile con lui, probabilmente iniziava a sciogliersi.
Tornati a Firenze cenarono in una trattoria e Rina, per la prima volta, accettò di bere del vino, anzi, ne trangugiò diversi bicchieri.
In genere non faceva bere le ragazze prima di scoparsele, un po’ perché non ne aveva bisogno ma soprattutto perché gli sembrava poco corretto, ma con lei, data la situazione difficile, fece uno strappo alla regola, nel tentativo disperato di ammorbidirla.
Dava l’impressione di essere abbastanza cotta, infatti, usciti dalla trattoria camminava traballando e, un paio volte, la sua testa si poggiò alla spalla di Gianluca.
è fatta, pensò lui, basta che ora mi faccia salire su da lei e poi sarà un gioco da ragazzi.
Nessuno dei due disse nulla e, arrivati davanti al portone, la seguì senza che lei trovasse nulla da ridire.
Una volta giunti in casa lei sembrò essersi un po’ rianimata ed insistette per bere ancora qualcosa.
Tirò fuori una bottiglia di Whisky e riempì due bicchieri, poi andò in cucina per metterci il ghiaccio.
Mentre, seduto sul divano, sorseggiava il liquore, osservò le gambe di Rina, magre ed un po’ ossute.
Certo, il suo uccello aveva svolazzato su passere migliori, ma, tutto sommato, si poteva fare, purché lei, che aveva bevuto parecchio, non gli si addormentasse sul più bello.
Beh, veramente neanche lui era in forma splendida, eppure aveva sempre retto bene l’alcool.
Le mani della ragazza gli aprirono dolcemente le dita e presero il bicchiere di Whisky ormai vuoto.
Rina lo guardava e sorrideva dolcemente, almeno a lui sembrava così.
Il bicchiere ora era poggiato sul tavolinetto basso, vicino al divano, a fianco a quello di lei, ancora pieno a metà, e lui si stava addormentando.
Avrebbe perso la scommessa solo per colpa sua, Gianluca il grande conquistatore, che si addormentava davanti ad una ragazza pronta a farsi scopare.
Che figura del cazzo.

Si risvegliò nel letto.
Non era il suo letto.
Una stanza piccola, con le pareti dipinte di rosa e, di fronte al letto, una poltrona piena di pupazzi di peluche.
Sicuramente era la stanza da letto di Rina.
Non ricordava di essere arrivato lì, e non riusciva proprio ad immaginare quella ragazza magra che si caricava sulla spalle un uomo alto e robusto come lui.
Beh, ora mi alzo e cerco di rimediare un po’ ‘
Solo in quel momento si rese conto di non potersi muovere.
Il letto aveva le testate di ottone, con delle barre verticali, e qualcuno lo aveva legato mani e piedi, con del robusto spago.
Era lì, immobile ed inerme, con le braccia e le gambe allargate e poteva solo aspettare.
Entrò Rina.
Sembrava essersi perfettamente ripresa dalla sbronza, chissà, forse aveva simulato tutto, e magari reggeva benissimo l’alcool, mentre lui ‘
Non poteva essere, non era mai partito così di colpo, con solo mezzo bicchiere di whisky.
Lei era andata in cucina per mettere il ghiaccio nei bicchieri e, ‘ ma certo, quando lui non poteva vedere, ci aveva messo dentro del sonnifero.
Ora era tutto chiaro.
La ragazza teneva in mano in lungo paio di forbici e si avvicinò a Gianluca.
Quando era addormentato doveva avergli tolto la giacca, perché ora indossava soltanto la camicia.
Lei infilò le forbici sotto la stoffa della camicia e cominciò a tagliare.
‘Sei impazzita, cosa vuoi fare?’
‘Voglio solo un po’ divertirmi con il tuo uccellino che ora non può più volare.’
Continuava a sorridere e solo in quel momento, Gianluca comprese che si stava preparando per lui qualcosa di spiacevole.
Ripensò a quello che si era detto con Cesare. Possibile che il suo amico avesse spiattellato tutto alla ragazza?
‘Due settimane fa c’erano due ragazzi seduti in un pub. Avevano bevuto un po’ troppo e parlavano a voce alta, troppo alta. Ad un tavolo vicino c’era un gruppo di ragazze, ma loro non si erano accorti di nulla, perché troppo intenti a vantarsi e parlare dei loro uccelli.’
Aveva finito di aprirgli completamente la camicia e le sue dita lunghe e secche gli stavano carezzando il torace largo e peloso.
‘Qui non sei affatto male, ora vediamo il resto.’
Gianluca sussultò quando lei gli aprì i pantaloni.
Aveva posato le forbici sul letto ed ora, dopo avergli infilato le mani nello slip, glie lo stava massaggiando con molto impegno.
‘Ho sentito perfettamente il vostro discorso sulla scommessa, e, quando tu, nei giorni successivi, hai cominciato a corteggiarmi, ho capito quale era la posta in palio.
Il tuo tempo è quasi scaduto, vero?’
Intanto il suo uccello aveva raggiunto la piena erezione e la ragazza lo aveva liberato abbassandogli lo slip.
‘Laura aveva ragione. Si presenta bene. Ora vediamo se oltre all’aspetto c’è anche la sostanza.’
Rina salì sul letto, mettendosi in ginocchio sopra di lui, a gambe larghe.
Sotto il vestito nero, corto ed attillato, era nuda e si vedeva nettamente la fessura rossa semiaperta del suo sesso, in mezzo ai folti peli neri.
Si abbassò e, aiutandosi con una mano, se lo ficcò dentro, con un mugolio di soddisfazione.
Ora si muoveva sopra di lui, mentre con le mani si teneva aggrappata ad i peli del suo torace.
Gianluca venne quasi subito e Rina gli lanciò uno sguardo di disapprovazione.
Continuò a muoversi, cercando di raggiungere l’orgasmo, finché non fu costretta a desistere, perché si era ammosciato.
‘Sei durato un po’ troppo poco per i miei gusti, ma avrai diverse occasioni per fare meglio, visto che dovrai tirare avanti per tutta la notte, se non vuoi tornare a casa con il tuo aggeggio in tasca, dentro una busta di plastica.’
Per rafforzare il senso delle sue parole gli indicò il comodino dove aveva poggiato un tagliere di legno ed un grosso coltello da cucina.
Fu preso dal terrore, ma non c’era troppo tempo per riflettere.
‘Ora pensa a finire con la bocca e con la lingua quello che non hai saputo fare con il tuo uccello.’
Gli avvicinò la fica alla faccia e lui non poté fare altro che ficcarle la lingua dentro.
Era calda, bagnata e, soprattutto, piena del suo sperma, cosa che non gli faceva particolarmente piacere, ma la presenza minacciosa del coltello sul comodino lo convinse a non fare questioni.
Era nelle mani di una pazza ninfomane che non avrebbe esitato ad evirarlo, se non fosse rimasta soddisfatta delle sue prestazioni sessuali.
Rina venne rumorosamente, lanciando alte grida, mentre gli piantava le unghie nelle spalle e gli spruzzava la faccia al punto quasi di soffocarlo.
‘Ecco, ora va un po’ meglio.
Oh, ma che vedo, il tuo uccellino ha tirato su la testa di nuovo.
Ora, per evitare che spari troppo presto, gli faccio un bel giochino.’
Aveva preso a masturbarlo con vigore e, ogni tanto, si fermava e lo succhiava un po’, poi riprendeva con la mano.
A volte se lo strofinava sulla fica, completamente aperta e fradicia, mugolando di gioia.
Si fermò solo quando vide lo sperma zampillare e ricadere sul torace nudo di Gianluca.
Lo lasciò riposare cinque minuti e ne approfittò per spogliarsi completamente.
Non era bellissima, ma quel corpo magro, con i seni piccoli ed i capezzoli scuri e sporgenti, aveva il suo fascino.
Gli si buttò addosso e prese a strofinarsi sul suo torace. Sentiva i suoi capezzoli duri che gli premevano sul petto, mentre la sua fica si strusciava contro i testicoli.
Ripensò a quando aveva detto a Laura che forse la sua amica era lesbica.
Ora capiva la stupore della sua ex: Rina era una lupa affamata di sesso, che gli avrebbe succhiato ogni energia, per tutta la notte.
Era tornato di nuovo su e lei se lo infilò subito dentro.
Questa volta andò meglio. Lei alla fine gli fece pure i complimenti.
Cominciava ad essere stanco, ma lei lo fece riposare solo una decina di minuti, e poi ricominciò.
Gli aveva abbassato i pantaloni fino alle ginocchia ed iniziò leccandogli le cosce.
Saliva lentamente, carezzando con la lingua la sua pelle. Centimetro dopo centimetro si avvicinava al suo uccello che aveva ripreso vita.
Quando arrivò a passargli la lingua sulle palle era già pronto, in completa erezione.
Pensò che sarebbe stato meglio non succedesse una cosa simile, poi si ricordò del coltello sul tagliere.
Prese a leccarglielo voluttuosamente e infine, quando gli sembrò sufficientemente duro se lo mise in bocca.
‘Ti piace, vero?
Ti piacerebbe farti fare un bel pompino e poi spararmi tutto in gola, vero?
Invece te lo succhierò solo un po’, per fartelo diventare il più duro possibile.’
Aprì la bocca e si rimise in ginocchio, a gambe larghe, sopra di lui.
Non dovette neanche aiutarsi con le mani, perché la sua fica era ormai talmente dilatata, che il suo uccello, sparì dentro di lei in un lampo.
Quella donna sembrava instancabile, si dimenava sopra di lui e raggiunse l’orgasmo un paio di volte prima che lui riuscisse, con fatica, a venirle dentro.
‘Puliscimela bene, dai datti da fare, fammi venire ancora.’
Glie l’aveva piazzata di nuovo davanti alla faccia e qualche goccia di sperma cadde sul suo mento.
No. non avrebbe aperto la bocca, non l’avrebbe più assecondata.
Rina si era alzata dal letto. Lui aveva chiuso gli occhi per la stanchezza e la sentì armeggiare sul comodino.
Si sentì sollevare l’uccello con due dita, per la pelle.
Allora riaprì gli occhi e guardò davanti a sé.
Il suo arnese ora poggiava, lungo e disteso, sul tagliere di legno e lei brandiva il coltello.
‘Allora, hai deciso di finire qui la tua carriera di maschietto? Che peccato.’
‘No, ferma, aspetta! Non puoi fare questo!
Va bene, va bene, farò tutto quello che mi chiedi.
Per favore, posa il coltello e torna qui.’
Rina rimise a posto il coltello e, con aria trionfante, riguadagnò la sua posizione sul letto.
Gianluca eseguì con cura quanto lei gli aveva richiesto e si rese conto che, nonostante lo spavento subito, la cosa non gli dispiaceva affatto.
‘Ora proviamo qualche altra cosina.’
Stava in piedi, di spalle, chinata in avanti, e si stava spalmando una crema nel buco del culo.
Le sua chiappe piccole e magre, erano ben distanziate tra di loro e sopra la sua fica, rossa e dilatata, si vedeva bene l’orifizio roseo.
Le sue dita si muovevano agili, lubrificando con cura dentro e fuori.
‘Ti piace il mio culetto? Sono sicura che non vedi l’ora di ficcarlo dentro.
Prima però bisogna far rinvenire il tuo uccellino.’
Riprese a succhiarglielo e insistette finché non tornò duro e dritto.
Cominciava a sentire dolore, era secco ed arrossato e pensò che si sarebbe fatto male quando sarebbe entrato nel suo culo.
Invece andò meglio del previsto.
Fino ad ora aveva inculato molte ragazze e per diverse di loro era stata la prima volta.
Anche con Laura aveva dovute faticare all’inizio. Ricordava che lei aveva protestato, dicendo che le faceva male.
Con Rina invece andò tutto liscio, evidentemente il suo orifizio era ben sperimentato e lei sapeva il fatto suo.
Incontrò solo un po’ di resistenza quando lei si abbassò lentamente ma con decisione.
Se lo ficcò tutto dentro e poi cominciò a muoversi.
Sentiva il suo uccello che entrava ed usciva, mentre lei si eccitava sempre di più.
Ora gli faceva veramente male, ma non poteva assolutamente dirle di smettere.
Tutta la faccenda gli sembrò durare un’eternità, temette di non riuscirci e che lei avrebbe messo in atto la terribile minaccia del coltello.
Poi invece, con un ultimo sforzo, il suo uccello riuscì a sparare nuovamente.
La ragazza si sollevò agilmente, tenendosi una mano sulle chiappe ed indietreggiò ginocchioni sul letto.
Tolse la mano solo quando fu esattamente sopra la sua testa, facendo colare lo sperma sopra la faccia di lui.
‘Dai, da bravo, lecca per bene anche qui’, disse allargandosi le chiappe con le mani.
All’inizio fu difficile ma poi lentamente si abituò al sapore spiacevole e visto che ci si trovava, dopo averle pulito per bene l’ano, spostò la lingua più in basso.
‘Ah, bravo! Vedo che cominci ad imparare. Continua così.’
Stava diventando una specie di cagnolino servizievole, pronto ad esaudire ogni desiderio della sua padroncina.
Quando l’ebbe soddisfatta per l’ennesima volta, lei per premio gli diede un bacio sulla fronte.
Si rese conto che doveva andare in bagno.
‘Mi dispiace ma non posso ancora liberarti, la pipì dovrai farla qui.’
Gli tirò su i pantaloni e gli richiuse la lampo.
‘Dovrai fartela dentro i pantaloni, così non mi bagni il letto.’
‘Ma sei impazzita, non posso …’
‘Mi dispiace, o così o niente.’
Gianluca si accorse quanto fosse difficile farsela addosso di proposito, c’era qualcosa in lui che gli impediva di fare una cosa del genere, ma alla fine ci riuscì.
Gli bastò sentirsi bagnato per riuscire poi a liberarsi completamente.
Rina gli abbassò nuovamente i pantaloni, ora zuppi, e lo asciugò con un asciugamano che aveva preparato sulla testata del letto, poi riprese a masturbarlo.
‘Beh, ora che hai fatto pipì, possiamo ricominciare.’
Gli veniva da piangere, per stanchezza, la rabbia e la frustrazione, ma non c’era niente da fare.
La mano di Rina si muoveva agile ed instancabile ed il suo uccello tornava su, per l’ennesima volta, pronto, nonostante tutto, a soddisfare le voglie sfrenate di quella donna.

Quando la mattina dopo, verso l’alba, Gianluca tornò a casa sua, si augurò di non incontrare nessuno che conosceva.
Nello specchio dell’ascensore vide una faccia stanca e stravolta, l’odore di piscio che saliva dai suoi pantaloni macchiati ed ancora umidi gli dava il voltastomaco.
Aveva solo voglia di buttarsi sul letto e dormire.

Dopo una settimana gli arrivò a casa un pacchetto, piccolo, ma abbastanza pesante.
Dentro c’erano quattro paia di manette luccicanti ed un biglietto:

ti aspetto stasera

Rina

P.S. portale con te

Senza neanche rendersene conto, si infilò le manette nelle tasche della giacca ed uscì di casa.
Aveva un appuntamento assolutamente irrinunciabile.

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