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Racconti di Dominazione

Trattamenti – Parte 6

By 25 Luglio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

==Cap 6==

introduzione

La mia compagna si è adattata più in fretta di me. Forse ha visto come ero ridotto, come non offro resistenza e mi sta imitando. Anche la nostra padrona se ne è accorta e ormai ci tratta alla stessa maniera…

Stamattina la mia padrona mi ha portato a visitare una nuova stanza della casa. E’ larga, senza finestre, piuttosto scura. Ed è piena di nuovi strumenti…

Appena entrati due strutture di metallo ci aspettavano. Erano formate da tubi fissati tra loro a disegnare delle specie di parallelepipedi.
Alcuni tubi erano mobili, infatti la Padrona aprì il primo e fece entrare la mia compagna senza catene. Gabbie! Erano gabbie! Le sbarre le impedivano i movimenti, ma lascivano le braccia completamente libere. Tolse anche a me gli impedimenti e mi fece entrare nella mia gabbia. Il mio pene rispose alla libertà con una furiosa erezione, che svettava da un foro della gabbia. Le mie braccia invece erano bloccate.
Da un tavolo lì vicino prese due pinze. Con molta calma mi strinse i capezzoli in quelle selvagge tenaglie. Diedi un urlo forte, cercavo di dibattermi ma la gabbia mi teneva stretto. Pizzicavano tirando la pelle, mordendo con cattiveria. Attaccò a ognuna una corda, avendo cura di arrotolarle. Entrambe terminavano nello stesso anello. Iniziò a tirare.
La più piccola tensione faceva girare la corda, torcendo i miei capezzoli, strizzandoli e tirandoli! Urlavo e mi dimenavo, gli occhi dovevano già essermi diventati lucidi e sentivo di stare per farmela addosso.
Tirò le mani della ragazza in alto, le ammanettò e ci attaccò l’anello delle mie pinze. A quella distanza se la mia compagna teneva le braccia tese, le pinze non mi tiravano minimamente. Ma appena le abbassava…

Quella era la mia punizione per non aver trattenuto un fiotto di piscio che era finito in faccia alla Padrona.
Le gabbie costringevano noi prigionieri a guardarci in faccia. Vedevo gli occhi della mia compagna tremare, cercare una via di uscita inesistente. Era evidente che faceva già fatica a resistere.
Pensavo di essere già in una brutta situazione ma…

La Padrona prese dal tavolo lì vicino un dischetto, simile a un preservativo. Mi scoprì la cappella e lo applicò lungo l’asta. Oltre la cappella il preservativo continuava con un corto tubicino. Gli giuntò un lungo tubo che sfociava in una borsa. E appese la borsa alle manette della ragazza.

Lì cosi immobilizato e inerme iniziai a piangere. Non era il dolore, ma la paura del dolore. La paura che mi stava facendo perdere il controllo.
La Padrona prese un corto frusrtino di cuoio. -Mi hai pisciato in faccia!- urlò facendo schioccare la frusta contro il mio culo.
-Hai approffittato di essere senza gabbia!- seguì un altro schiocco.
-Mi dispiace padrona!-risposi gridando.
Un altro colpo.
-Perdono! Mi dispiace! Vi prego, perdono!- Non riuscivo a trattenere le lacrime, come la ragazza che tremava al limite delle forze.
La padrona prese una lunga asta di metallo flessibile. Vedendola capii che non avevo ancora subito niente. Persi il controllo iniziando a singhiozzare: -Perdono, non volevo!!- mi fece scorrere la punta lungo la schiena. -NOOOOOO!- I singhiozzi mi scuotevano il petto facendomi dolorare i capezzoli.
Mi accorsi di stare pisciando solo quando il sacchetto iniziò a riempirsi. Le braccia della ragazza si abbassavano di pari passo. Ogni grammo in più era come una tonnellata per lei.
Le pinze tiravano, torcevano… e le sue mani continuavano a scendere.
Tentava di lottare, dava strattoni con la testa, inarcava la schiena, ma le braccia cadevano inesorabili.

Alla fine, quando ero io a tenere le sue braccia, la Padrona tolse le morse. Fuori dalla gabbia mi accasciai singhiozzando.
Tolse il catetere dalla borsa e fece inginocchiare la ragazza. -Apri la bocca…- con uno scroscìo riversò il mio piscio nella sua bocca, tanto che non faceva in tempo a deglutire. Seguii un rivolo sfuggito alle labbra lungo il collo sottile, i seni, giù dal ventre a sgocciolare dalla fighetta. -Ferma- Disse a un tratto -Fagli sentire il suo sapore-
Lei si avvicinò in ginocchio, le braccia strette al petto dovevano dolergli come l’inferno. Si abbassò, liberando la sua bocca nella mia.
Erano la prima volta che posavo le labbra su quelle di una ragazza.

E-mail at: silvershine4milu@yahoo.it

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