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OrgiaRacconti di Dominazione

Un coinquilino stallone.

By 15 Novembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Era diventata un ossessione. Ovunque andassi c’era qualcosa che mi faceva pensare al sesso. E purtroppo Elena, la mia fidanzata, non mi era di grande aiuto. Continuava a dichiararsi fedele alla sua idea di rimanere vergine fino al matrimonio. Per tenermi buono mi faceva delle seghe, e devo dire che con la pratica era diventata anche molto brava, ma le seghe, come già vi ho detto, non mi bastavano più. E allora avevo cominciato a dare di matto. Mercedes mi era stata molto utile, ma non mi era bastato. Ovunque andassi c’era una ragazza con una minigonna molto corta o uno scollo tremendamente osceno che mi facevano venire voglia di sborrare. Neppure a casa ero tranquillo, e adesso vi spiego il motivo. Innanzitutto devo dirvi che non abitavo più con i miei genitori; siccome a lavoro mi avevano trasferito in un’altra sede, ovvero la cucina di un ospedale, avevo sentito il bisogno di trasferirmi per avvicinarmi al posto di lavoro. Se non avessi fatto così mi ci sarebbe voluta un’ora per raggiungere l’ospedale. Invece, in questo modo, mi ci volevano solo cinque minuti per arrivare a lavoro. L’appartamento che avevo preso in affitto infatti era a cinquanta metri dall’ospedale.
Avevo preso in affitto la casa insieme ad un collega, cio&egrave il magazziniere della cucina, un certo Rocki, il quale anche lui veniva da molto lontano e quindi aveva sentito il bisogno di trovare casa vicino al posto di lavoro. Ci eravamo quindi messi d’accordo e avevamo deciso di prendere un appartamento insieme. Il punto &egrave che, cari lettori, Rocki era un trombatore da competizione, uno stallone da monta di razza, un vero maschio alpha, e ogni volta che rientravo a casa lo trovavo in soggiorno, oppure in cucina, o anche in bagno, che si stava scopando una puledra fresca fresca di rimorchio. Ce ne aveva una diversa ogni giorno, riusciva a rimorchiare con la stessa facilità con cui avrebbe bevuto un bicchiere d’acqua. Rocki non era molto bello; a dirla tutta aveva un viso davvero poco raccomandabile da narcotrafficante, però aveva un corpo che avrebbe fatto perdere la testa ad ogni donna. Era tutto duro, aveva muscoli d’acciaio, e soprattutto aveva un cazzo pauroso. Non era semplicemente lungo, era anche grosso, cio&egrave grosso di diametro. Era una vera bestia, e le donne ci perdevano la brocca quando lo vedevano.
Ebbene, vedere Rocki montarsi quelle grandissime maiale mi faceva stare male, perché sarebbe piaciuto anche a me averne una, e invece io rimanevo sempre a bocca asciutta. Dovevo sempre accontentarmi delle seghe, mentre lui si montava il meglio del meglio delle maialine in circolazione. Che poi se le scopava senza ritegno, cio&egrave voglio dire non &egrave che se ne andava in camera sua a sbattersele, ma se le ingroppava ovunque, come già ho detto poco fa, nel soggiorno, nel bagno, in cucina, tutti posti dove potevo vederlo. Certe volte pareva che lo faceva apposta, quasi come se ci godesse del fatto che io potessi vederlo mentre si fotteva la puledra di turno. Inoltre Rocki non faceva discriminazioni razziali: indiane, cinesi, bulgare, rumene, russe, francesi, coreane, africane. E non faceva nemmeno discriminazioni di ceto: popolane o benestanti, Rocki appena vedeva una figa la riempiva.
Le prime volte che rientravo a casa e lo trovavo intento nella sua nobile arte della monta mi imbarazzavo da morire, chiedevo scusa e me ne andavo in camera e mi barricavo dentro. Poi cominciai a prenderci gusto, e allora me ne andavo nella mia stanza ma senza chiudere la porta, ma restando sulla soglia a spiarlo mentre si faceva la maialina di turno, e mi facevo una colossale sega. Una volta però si accorse che lo spiavo, ma la cosa non gli diede particolarmente fastidio, anzi, mi fece l’occhiolino, quasi a dire: ‘ti sta piacendo lo spettacolo?’. E allora lì capii che la mia presenza lo eccitava; cio&egrave, non &egrave che ero io a eccitarlo, ma il fatto che ci fosse qualcuno a guardare. Le ragazze che si montava invece non facevano neppure caso alla mia presenza; era tanto il piacere che traevano dal grosso cazzo di Rocki che neppure si accorgevano di me. Io per loro, in confronto a Rocki, ero una nullità, ed era come se ai loro occhi neppure esistessi. In principio questa cosa mi stava pure bene, perché avevo modo di godermi lo spettacolo senza che nessuno mi dicesse niente. Ma poi capii che non era proprio una cosa bella che le ragazze mi considerassero in quel modo. Non volevo che mi guardassero come un inutile segaiolo. Anche io c’avevo voglia di scopare, e invece non potevo fare altro che restarmene lì a spiare. Era questo il mio ruolo. Nessuna di loro mi vedeva come un potenziale scopatore, piuttosto come il coinquilino smanettone a cui piace guardare una coppia che fa l’amore.
Nell’ospedale Rocki praticamente se l’era passate tutte: infermiere, portantine e ragazze delle pulizie. Non importava se erano sposate o fidanzate o quanti anni avevano, Rocki le portava a casa e se le fotteva senza alcun freno, in posizioni spesso anche impensabili, e alla fine ad ognuna lasciava un bel ricordino sulla faccia, cio&egrave una serie di schizzi di sborra calda. Una volta ero ritornato a casa e lo trovai che si stava scopando Romina, una ragazza rumena che faceva le pulizie nei reparti. La cosa mi fece molto male, perché da qualche giorno le andavo dietro, ma lei non mi si inculava di striscio. La vedevo nei corridoi con i suoi pantaloni bianchi che aderivano porcamente alle sue belle chiappone burrose, e il tessuto leggero di quei pantaloni lasciava intravedere il perizoma nero che portava sotto. Quel suo culo mi aveva fatto perdere la testa, e allora tentavo invano di avere un dialogo con lei, nell’intenzione di invitarla a casa e farle quel suo delizioso culetto. Ma lei non sembrava per niente attratta da me. E invece a Rocki era bastato poco e subito era riuscito a portarla a casa. E quando la vidi che si stava facendo montare il culo da lui mi salì il sangue alla testa. A lui il culo glielo dai, però! Pensai. Puttana.
E come se glielo dava! Vidi Rocki incularsela con decisione, con maestria, in una posizione di sottomissione, lei a novanta gradi sul tavolo del soggiorno e lui dietro che le teneva la coda di cavallo e la strattonava di tanto in tanto per farle tenere la testa verso l’alto. Rocki era un vero stallone da monta a cui le donne non potevano dire di no.
Ebbene, vederlo ogni giorno ingropparsi una puledra diversa non mi faceva affatto bene. Anzi, peggiorava la mia condizione di eterno arrapato.

Continua…

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2016/11/un-coinquilino-stallone.html Glielo dicevo spesso a Rocki che era molto fortunato. E lui mi chiedeva: perché? E io allora gli rispondevo perché era molto bravo con le donne. E allora lui mi rispondeva che anche io a modo mio ero molto fortunato, perché io avevo una donna fissa che mi amava. E questo, diceva, era certamente meglio che avere una donna diversa ogni giorno. Poteva anche darsi, anzi, sicuramente aveva ragione, però Rocki non sapeva che con Elena non avevo mai fatto l’amore, perché lei voleva conservarsi per il matrimonio. Quando glielo dissi lui stentava a crederci.
‘Se vuoi posso cercare di farle cambiare idea. Portala qui da noi, ci penso io’.
‘No, lascia stare’ risposi divertito. ‘Non lascio Elena nelle tue mani. Morto di figa sì, ma anche cornuto no. Grazie comunque del pensiero’.
‘Figurati. Per un amico questo e altro. Se dovessi ripensarci non esitare. So io come far cambiare idea alla tua fidanzata’.
‘Sì ne sono sicuro, ma forse &egrave meglio di no’.
Rocki comunque cercò di venirmi incontro e una sera mi fece una bella sorpresa. Tornai a casa e questa volta non lo trovai che stava scopando con una gnocca fresca fresca di rimorchio, ma lo trovai con ben due gnocche. Stavano nel salotto di casa seduti sul sofà a bere vino; le due ragazze erano fantastiche ma diverse. Una era una maggiorata, probabilmente aveva una quarta di seno, e aveva un vestito rosso con uno scollo che metteva in risalto ciò che madre natura le aveva regalato, ovvero le sue belle tettone. Per certi versi mi ricordavano quelle di mia madre. Ma in verità la ragazza, tette a parte, era molto diversa da mia madre.
L’altra invece era piuttosto piatta, ma molto carina. Anche lei indossava un vestito, ma nero e molto più corto dell’altra, così corto che da seduta le si vedeva il perizoma che portava sotto. Si chiamavano rispettivamente Giada e Marta, e dagli atteggiamenti disinibiti sembravano intenzionate a farsi ingroppare al più presto da Rocki.
‘Rocco!’ esultò Rocki. ‘Finalmente sei arrivato. Guarda qui chi ho portato a casa. Due maialine che non vedono l’ora di essere montate’.
Le ragazze risero, poi mi feci avanti e loro mi baciarono le guance presentandosi. A quel punto feci come per allontanarmi per lasciarli soli, ma Rocki mi fermò.
‘No aspetta, dove vai? Resta con noi. Intrattieni Marta, mentre io mi dedico a queste tette fantastiche’ disse.
Così mi misi a sedere accanto a Marta mentre Rocki partiva all’attacco con la maggiorata, infilandole la lingua in bocca e afferrandole le sue colossali tette con entrambe le mani. Iniziarono a limonare senza ritegno, mentre io e Marta, un po’ spaesati ci limitavamo a guardare la scena. Ogni tanto lei mi guardava e mi sorrideva; era in imbarazzo quanto me. Era ovvio che dovevamo fare qualcosa anche noi, metterci a limonare per esempio. Forse lei stava aspettando che prendessi l’iniziativa, ma ero troppo terrorizzato a farlo, in parte perché avrei fatto la figura del cretino in confronto a quello che era capace di fare Rocki, e poi perché Marta la conoscevo appena. Chi me lo diceva che effettivamente si sarebbe lasciata baciare e toccare da me?
‘E quindi” dissi, non sapevo cosa dire, lei mi guardò ancora e mi sorrise. Intanto Rocki aveva tirato fuori le tette di Giada dal suo scollo e aveva cominciato a succhiargli i capezzoli.
‘Quindi cosa?’ mi chiese Marta.
‘Quindi forse dovremmo fare quello che stanno facendo loro’ risposi.
‘Sì, forse sì’ Marta non mi sembrava così disinibita come l’altra. Mi dava l’impressione di una ragazza per bene, che si era trovata lì per caso, e che a dirla tutta era la prima volta che si trovava in una situazione del genere. In questo eravamo uguali. Ecco, una cosa in comune ce l’avevamo.
‘Ma solo se lo vuoi davvero’ dissi. ‘Se non vuoi farlo per me va bene lo stesso’.
‘No no, per me va bene’ rispose lei. ‘Sai, per me &egrave un po’ strano. &egrave la prima volta che faccio una cosa a quattro’.
‘Beh, se ti fa sentire meglio, anche per me &egrave la prima volta’.
A quel punto mi avvicinai a lei e cominciai a baciarla, e lei mi si concesse quasi passivamente lasciandomi fare tutto a me. Con la lingua cercai la sua mentre con una mano cominciai ad accarezzarle le gambe, poi mano mano cominciai a salire su, mi infilai sotto il suo vestitino e le toccai la figa e iniziai a massaggiarla da sopra il tessuto del perizoma. Poi spostai un lembo e toccai le sue labbra depilate. Le aprii e iniziai a massaggiarle il clitoride; lei smise di baciarmi e aprì la bocca cominciando a respirare affannosamente. Le piaceva un casino e iniziò a bagnarsi in fretta. Guardai in direzione di Rocki, il quale aveva già tirato fuori il cazzo duro come la pietra, e Giada aveva preso a fargli una colossale spagnola. Era brava con le tette, ci sapeva fare.
Marta invece più che darsi da fare sembrava intenta a lasciarsi completamente nelle mie mani. Io la sgrillettavo furiosamente e lei era in estasi, e nel frattempo continuavo a baciarla, ma lei non rispondeva più ai miei colpi di lingua, perché se ne stava lì con la bocca aperta e gli occhi chiusi, e allora le spostai la spallina del vestitino mettendole a nudo un seno e iniziai a succhiarglielo. Come già vi ho detto era piuttosto piatta ma aveva dei bei capezzoli duri.
Intanto Giada si era messa in ginocchio in mezzo alle gambe di Rocki e aveva cominciato a sbocchinarlo. Marta, aprendo gli occhi e accorgendosi di quello che stava facendo la sua amica, si era forse sentita in obbligo di dover fare lo stesso con me.
‘Vuoi godere anche tu con la bocca?’ mi domandò.
‘No dai, forse non &egrave il caso’ risposi, perché ero così arrapato che avevo paura di venire subito.
‘Perché no? Vedrai, sono molto brava a fare pompini’.
‘Non lo metto in dubbio, ma”.
Marta non mi fece continuare e si mise nella stessa posizione della sua amica, cio&egrave in ginocchio tra le mie gambe. Mi tirò giù la lampo dei pantaloni e infilò la mano dentro. Afferrò il mio cazzo e lo tirò fuori. Era duro da far paura.
‘Ah però!’ disse divertita. ‘Che bel cazzetto!’.
Avvicinò la bocca al glande e iniziò a succhiare. Aveva ragione era bravissima. Sicuramente aveva fatto molta pratica. Era così brava che le bastò un minuto per farmi raggiungere l’orgasmo, e lei lo capì e allora lo fece uscire dalla bocca un attimo prima che iniziassi a schizzare. Mi guardò eiaculare con uno sguardo incredulo; non poteva credere che già stessi venendo, e questo la fece divertire molto, e fece divertire molto anche Rocki e la sua maggiorata che si fermarono per guardarmi sborrare. Un fiotto finì sui capelli di Marta, gli altri invece mi finirono sulla maglietta che indossavo.
‘Non ci posso credere’ mi disse. ‘Sei già venuto?’.
‘Mi dispiace Marta, non so cosa mi &egrave preso’.
‘Rocco!’ disse Rocki. ‘Ma cosa mi combini?’.
‘Che mezzasega!’ sentenziò la maggiorata.
Ero mortificato. Non sapevo cosa dire. L’unica cosa che potevo fare era farmi da parte e lasciare che la povera Marta si divertisse con un vero maschio alpha, e cio&egrave Rocki. Quindi mi alzai e rimisi il cazzo nei pantaloni. Marta invece era rimasta in ginocchio a guardarmi incredula.
‘Non mi era mai capitata una cosa del genere’ mi disse.
‘Mi dispiace Marta, sono una frana con le donne’.
A quel punto si alzò anche lei e andò verso Rocki e Giada.
‘Ho capito và. C’&egrave un po’ di spazio anche per me?’ domandò.
‘Certo!’ rispose Giada. ‘C’&egrave tutto lo spazio che vuoi. Guarda qui che palo!’.
A quel punto Marta cominciò a leccare Rocki insieme all’amica, e io mi defilai lasciandoli divertire da soli.
‘Che segaiolo’ disse la maggiorata riferendosi a me e alle mie deludenti prestazioni, e scoppiarono tutti e tre in una sonora risata.

Continua…

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http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2016/11/una-sorpresa-per-me.html
Mi ero messo a letto in mutande a guardare il soffitto e a pensare a quello che era successo. Che figuraccia. Adesso più che mai era stato appurato chi era il vero maschio della casa, e cio&egrave Rocki, che intanto era rimasto in soggiorno a montarsi le due ragazze, Giada e Marta. Le aveva messe l’una sull’altra e lui dietro e se le stava scopando alternando i buchi. Le sentivo godere come se fossero lì, accanto a me. Poi ad un certo punto smisero e ci fu un gran silenzio. Mi chiedevo cosa stesse succedendo. In ogni modo io ero stato escluso dal gioco, quindi non avrei potuto saperlo. Non meritavo di prendere parte a quell’orgia di sensi, non ne ero all’altezza. Ma cosa stavano facendo? Perché le ragazze non ansimavano più?
Dopo un po’ sentii bussare alla porta della mia stanza. Mi chiesi cosa volessero da me. Cosa potevo mai offrirgli se non la mia mediocre presenza di guardone? Andai ad aprire un po’ controvoglia; fuori c’era Marta, la ragazza che mi aveva fatto venire con la bocca. Era tutta nuda, un corpo snello, slanciato, ma essenzialmente piatta, ma nonostante questo era un capolavoro. Mi sorrise e poi mi guardò in basso; vedendola tutta nuda il mio cazzo aveva ricominciato a ritornare su. Mi chiese se mi andava di ritornare a giocare con loro. Notai che Marta nascondeva le mani dietro la schiena, quasi come se avesse qualcosa che non dovevo vedere, o perlomeno non ancora.
‘Non so se &egrave il caso che io mi unisca a voi’ risposi. ‘Non vorrei deludervi ulteriormente’.
‘Non ti preoccupare’ mi disse. ‘Questa volta non ci deluderai. Adesso abbiamo capito che tipo di uomo sei, e quindi questa volta andrà molto meglio’.
‘Va bene. Cercherò di fare del mio meglio’.
‘Però prima devi toglierti le mutande e chiudere gli occhi’.
‘Perché?’ domandai divertito.
‘Perché sì. Forza. Tira giù quei cazzo di slip e chiudi gli occhi’ il tono della voce di Marta cambiò radicalmente e diventò rude e sgarbato. Ma pensai che stesse solo scherzando, e allora le sorrisi e tirai giù le mutande e il mio cazzo, che ormai era ritornato fieramente in erezione, schizzò fuori pronto per la sua rivincita.
‘Che cazzo hai da ridere?’ mi domandò, e dal soggiorno sentii Rocki e la maggiorata che ridevano. Probabilmente stavano ascoltando la nostra conversazione, e anche loro trovavano divertente quel cambiamento di atteggiamento di Marta. ‘Adesso chiudi gli occhi’.
Chiusi gli occhi e sentii Marta venirmi dietro. Sentivo il calore del suo corpo contro la mia schiena, la delicatezza della sua fighetta glabra contro i miei glutei, poi qualcosa contro il mio collo che si chiudeva con uno scatto. A quel punto mi disse di aprire gli occhi e vidi che mi aveva messo un guinzaglio e lei teneva il cordino e mi strattonò per farmi capire cosa stava succedendo.
‘Accuccia, mezza sega’ mi ordinò.
‘Ma cosa’?’ non sapevo come comportarmi.
‘Ho detto accuccia!’ urlò e mi diede una bella sculacciata, a quel punto mi misi a terra a quattro zampe per non farla spazientire ulteriormente. ‘E ora andiamo nel soggiorno, forza!’ e si mise a cavalcioni su di me. Sentivo la sua figa calda premuta contro la mia schiena. A quel punto avrei dovuto portarla di là, ma mi vergognavo da morire, e lei mi diede un’altra sculacciata. ‘Forza!’.
Marta mi stava dominando e decisi di assecondarla. In fin dei conti la dominazione era una pratica del sesso che mi aveva sempre intrigato, anche se era la prima volta che mi capitava una cosa del genere. L’unica cosa che mi seccava un po’ era farmi vedere da Rocki in quel modo. Ma mi feci coraggio e andai nel soggiorno, dove c’era la maggiorata che stava facendo una spagnola a Rocki, ma quando mi videro si fermarono e scoppiarono a ridere.
‘Marta, sei fenomenale!’ disse la maggiorata.
‘Rocco, ma che mi combini?’ domandò lui divertito. ‘Ti fai mettere i piedi in testa così?’.
Non sapevo cosa fare, ma mi venne una specie di scatto di orgoglio e cercai di ribaltare la situazione disarcionando Marta, ma lei non ne volle sapere e mi afferrò per i capelli.
‘Che cazzo stai cercando di fare, segaiolo?’ poi mi strattonò con il cordino e allora abbandonai l’idea. Era meglio se me ne stavo buono.
Rocki e la maggiorata avevano smesso di guardarci e cominciarono a scopare di brutto, con lei messa a cavalcioni del poggiatesta del divano e lui dietro a farle il culo. Intanto Marta era scesa dalla mia schiena e mi diceva di guardare bene come si fa a far godere una donna.
‘Ecco, vedi? Lui &egrave un uomo. Non tu. Guarda bene come si fa, magari impari qualcosa’.
Guardavo, sì. E mi rendevo conto che Rocki era un vero professionista a montarsi le donne. Nel frattempo sentivo Marta armeggiare dietro di me. Aveva lasciato il guinzaglio ed era impegnata a fare qualcos’altro, cio&egrave allacciarsi uno strap-on intorno alla vita. A quel punto allargò le gambe mettendosi dietro di me, mi afferrò per i fianchi e iniziò a penetrarmi. Ogni tanto mi sculacciava a mi diceva che ero la sua zoccola. E devo dire che mi stava piacendo moltissimo, e il piacere di essere penetrato mi inebriò completamente, mi sentivo come se fossi ubriaco a tal punto da perdere la sensazione di vergogna che mi attanagliava all’inizio, quando ero entrato nel soggiorno con Marta a cavalcioni su di me. E sentivo come se stessi per venire di nuovo, ma poi non venivo mai.
‘Chi &egrave la tua padrona, pisciasotto?’ mi chiese, ma io non risposi, stavo godendo troppo per poterlo fare, e allora lei gridò: ‘chi &egrave la tua padrona? Rispondi!’.
‘Sei tu la mia padrona’ risposi con un filo di voce.
La maggiorata scoppiò a ridere; era divertita da quello che mi stava facendo Marta, che intanto mi montava come una furia, e più spingeva più sentivo che stavo per sborrare. Poi ad un certo punto uscì dal mio condotto anale e si tolse lo strap-on. Non capivo più niente. Ero in estasi e quindi non fecevo neppure caso al fatto che eravamo in quattro nel soggiorno. Era come se fossimo solo io e Marta.
In ogni caso si tolse lo strap-on e con un piede mi fece ribaltare con la pancia all’aria, e allargò le cosce davanti al mio viso e si abbassò su di me sedendosi letteralmente sulla mia bocca. Avevo il suo orifizio anale premuto contro le labbra, quasi come se volesse soffocarmi. Vi ripeto, era completamente seduta, come se io fossi il suo sgabello, e intanto guardava Rocki e Giada che facevano l’amore, i quali ormai stavano quasi per venire. Dopo qualche minuto Marta si alzò dal mio viso, per fortuna, altrimenti sarei soffocato. Ma fu solo per farmi riprendere fiato, poi si rimise a sedere e ripiombai di nuovo nel buio. Non so con precisione cos’&egrave che mi fece schizzare; forse la situazione del tutto nuova, forse la sensazione di soffocamento o forse l’odore dell’orifizio anale di Marta. So solo che cominciai a schizzare. Poi Marta si alzò e mi lasciò libero di respirare.
‘Marta, noi andiamo a fare una doccia’ disse Rocki. ‘Vuoi unirti a noi?’.
‘E di lui cosa ne faccio?’ chiese lei riferendosi a me, che intanto ero rimasto sul pavimento quasi privo di forze.
‘Mi sa che non c’&egrave spazio per tutti e quattro nel box doccia’.
‘Ok, lasciamolo qui il verme’ rispose Marta e poi con un balzo raggiunse i due con i quali entrò nel bagno e poi nella doccia.
L’acqua iniziò a scrosciare e le ragazze ridevano divertite. Sicuramente Rocki era ripartito all’attacco e a breve se le sarebbe chiavate entrambe di nuovo. Io non appena ripresi le forze mi rialzai e me ne tornai in camera mia. Avevo proprio bisogno di riposarmi. Marta mi aveva sfiancato. Mi aveva proprio montato a dovere. Avevo il condotto anale in fiamme.

Continua…

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2016/11/sottomesso.html Ancora facevo fatica a capire se quello che era successo mi era piaciuto o meno. Ora che tutto era finito e che ero ritornato nella mia stanza la sensazione che provavo era di imbarazzo. Ero imbarazzato per essere stato dominato e inculato con uno strap-on da Marta; non so perché gliel’avevo lasciato fare. Forse perché avevo avuto paura di Marta. Qualcuno di voi potrebbe suggerire che avrei potuto fare la voce grossa e usare le maniere forti per ribaltare la situazione, e quindi farle capire chi &egrave che comandava. Ci avevo pensato, cosa che credete, ma non ne ero stato capace. Non sono mai stato capace a farmi rispettare, fin da quando ero bambino ed ero preso di mira dai bulletti del quartiere. E Marta si era comportata proprio come uno di quei bulletti. Mi aveva dominato, anche se lei lo aveva fatto sessualmente, con uno strap-on legato alla vita.
Non ci riuscivo a fare il bullo, lo ammetto. A Marta era bastato fare la voce grossa per mettermi in posizione di sottomissione, un paio di sculacciate ed ero diventato suo, il suo giocattolo. Rocki, lui sì che era capace di sottomettere le donne. Lui non era certo un uomo che come me si faceva mettere sotto. E infatti si era scopato sia Marta che la sua amica maggiorata. Mentre io quello a cui potevo aspirare con una donna era solo un ruolo di sottomissione.
Quando ero piccolo ricordo che a difendermi dai bulli c’era sempre mia sorella Moana. Non smetterò mai di ringraziarla per questo. Ogni volta che mi trovavo in difficoltà, che magari c’era un bulletto che mi aveva preso di mira, compariva mia sorella e ristabiliva l’ordine, e spesso gonfiava di botte il bullo. Insomma, era la mia supergirl. Non aveva mai avuto paura di niente e di nessuno, aveva sempre avuto un coraggio da leone. Non si era mai lasciata mettere sotto da nessuno. Nonostante questo Moana era sempre stata l’idolo di tutti i maschietti del quartiere; tutti morivano dalla voglia di averla. E spesso i bulli mi prendevano in giro dicendomi che si scopavano mia sorella, che con lei praticavano le posizioni più impensabili, ma non era niente vero. Lo dicevano solo per farmi morire dalla collera. Una volta uno di questi aveva iniziato a strattonarmi e mi diceva cose del tipo: ‘lo sai, mi scopo tua sorella. Glielo metto nel culo, e poi in figa, e poi le sborro in faccia, e a lei piace tantissimo’. Il caso volle che Moana stesse passando di lì e ci vide. Si mise dietro alle spalle del bullo e gli disse: ‘da te non mi farei toccare nemmeno con un dito’ e poi cominciò a riempirlo di botte. Da quel giorno il bullo in questione non mi diede più fastidio. Insomma, Moana si era sempre fatta rispettare. Non era mai stata una ragazza facile da dominare. Io invece al contrario ero sempre stato una preda facile per i dominatori.
Mentre pensavo a quelle cose qualcuno bussò alla porta della mia stanza. Senza alzarmi dal letto chiesi chi era.
‘Sono io’ era Marta.
Non avevo una gran voglia di rivederla. Anche perché erano le quattro del mattino, era ora di andare a dormire. Basta giocare. E soprattutto basta giochi di dominazione. Le dissi che non aveva voglia di aprirle, ma lei mi rispose che voleva soltanto chiedermi scusa per come si era comportata. Allora mi alzai e andai ad aprire la porta. Io ero in mutande, lei invece era nuda come prima. Dio, quanto era bella! Nonostante non avesse grandi forme era comunque uno spettacolo vederla nuda. Aveva un corpo che sembrava una statua, tipo quelle statue di marmo che ritraggono corpi perfetti, con i muscoli ben delineati e tutti i particolari anatomici scolpiti con una precisione maniacale.
‘Scusami, sono stata un po’ stronza’ mi disse sorridendomi.
‘Non ti preoccupare. Infondo se te l’ho lasciato fare &egrave perché ero anche io a volerlo’ risposi, ma mentivo, e lei lo sapevo. Gliel’avevo lasciato fare perché Marta si era calata così bene nella parte della tiranna da mettermi paura.
‘Comunque ho un po’ esagerato, lo ammetto’ disse. ‘Potrai mai perdonarmi?’.
Non risposi, mi limitai semplicemente ad abbassare la testa.
‘Facciamo così’ Marta allargò le braccia per mostrarmi meglio il suo corpo. ‘Tutto questo per stanotte &egrave tuo. Puoi farne ciò che vuoi. Così dopo saremo pari’.
A quel punto Marta entrò nella mia stanza e si mise sul letto, con la gambe e le braccia aperte, senza la minima voglia di ribellarsi per quello che avrei potuto farle. Intanto nel vederla così il cazzo mi era ritornato dritto, così mi sfilai gli slip e andai verso di lei. Le presi le caviglie e le allargai ulteriormente le gambe. Avvicinai la punta del cazzo alla sua fighetta glabra e mi feci strada dentro. Iniziai a chiavarmela e lei non sembrava avere alcuna intenzione di voler partecipare. Si lasciava penetrare con una sconvolgente freddezza, come se non le facesse né caldo né freddo.
‘Tutto qui? Ti offro l’opportunità di vendicarti e tutto quello che fai &egrave di scoparmi la vagina?’.
‘Ma io non voglio vendicarmi Marta. Non voglio farti del male. Non ne sarei capace’.
A quel punto alzò la testa e mi guardò con curiosità.
‘Va bene. Se vuoi soltanto fare su e giù nella mia figa fai pure. Ma poi non venirmi a dire che non ti ho dato l’opportunità di prenderti una rivincita su di me’.
Mi abbassai su di lei e iniziai a tempestarla di baci, dal collo fino alle sue piccole tette. Lei non sembrava proprio intenzionata a partecipare attivamente a quella scopata, piuttosto si lasciava fare tutto quello che volevo. Nel frattempo continuavo a pensare a mia sorella Moana e a tutte le volte che mi aveva difeso. Tutti avrebbero voluto possederla, e non solo i bulli che mi davano noie, ma anche i miei amici. Avevo un gruppetto di amici, anche loro vittime dei bulletti del quartiere. E anche loro mi dicevano spesso, per farmi arrabbiare, che si scopavano mia sorella. Ma lo dicevano per scherzo, appunto perché sapevano che sentirmi dire quella cosa mi faceva arrabbiare. Ma davvero avrebbero voluto farsi mia sorella. Spesso mi raccontavano che si facevano le seghe pensando a lei in questa e in quest’altra posizione.
Il tempo passò e diventammo tutti maggiorenni, ma io e il mio gruppetto di amici continuammo a restare uniti come quando eravamo ragazzini. I bulletti non c’erano più. Cio&egrave, c’erano sempre, ma non erano più bulletti, erano semplicemente nostri coetanei che avevano preso strade diverse dalla nostra. Una cosa che non era cambiata era il desiderio da parte dei miei amici di portarsi a letto mia sorella. Uno di loro finalmente ci riuscì. E non era una balla. Aveva le prove per dimostrarlo. Aveva un sex-tape che aveva fatto di nascosto, all’insaputa di Moana. Lui si chiamava Armando, e quando me lo disse non volli crederci. E allora lui mi diede un cd con il sex-tape. Quando lo visionai allora capii che era tutto vero; Armando era riuscito a scoparsi mia sorella, e tra i nostri amici era diventato una specie di idolo. L’unico ad essere riuscito ad andare a letto con la ragazza più desiderata del quartiere.
Il sex-tape iniziò a girare nel mio gruppetto di amici. Vi lascio immaginare la miriade di seghe che si fecero guardando mia sorella che si faceva montare da Armando. Non so poi che fine abbia fatto quel filmino. So solo che i miei amici non lo diffusero su larga scala. In questo furono molto onesti. Lo conservarono gelosamente, ma mai osarono diffonderlo in maniera indiscriminata.
Intanto stavo per venire dentro Marta. Mi apprestavo a darle le ultime stantuffate. Ecco poi i primi schizzi, direttamente in figa. Con delicatezza glielo sfilai da dentro e mi accasciai su di lei.
‘Contento?’ mi chiese. ‘Adesso mi perdoni?’.
‘Ma Marta, io non devo perdonarti nulla. Quello che abbiamo fatto prima &egrave stato solo un gioco voluto da entrambi’.
‘Sì, lo so. Ma volevo comunque farmi perdonare. Sento di essere stata eccessivamente crudele con te’.
Dopo un po’ Marta si rivestì e prima di andarsene mi lasciò il suo numero di telefono. Mi disse che se avevo voglia di divertirmi come avevamo fatto quella sera potevo chiamarla. Non sapevo se lo avrei fatto. Comunque non sarebbe stato giusto nei confronti di Elena, la ragazza che presto avrei portato all’altare. Dovevo davvero mettere la testa a posto e cercare di diventare un fidanzato serio. Ma come potevo farlo, dal momento che era un vero e proprio malato di sesso? In quel periodo c’avevo solo quello in testa. Il sesso.

Fine.

Link al racconto:
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