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Racconti di Dominazione

Una passeggiata nella villa

By 3 Luglio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Era una giornata caldissima, la prima dell’estate con temperature veramente alte, così Lucia aveva deciso di deviare per la villa.
Non era una scorciatoia, ma neanche una strada più lunga per tornare a casa, semplicemente in genere non sceglieva quel percorso perché non le piaceva sporcarsi le scarpe con il terriccio dei vialetti.
Però quel giorno faceva veramente caldo e l’idea di ripararsi dai raggi del sole sotto gli alberi, l’aveva fatta decidere per quella deviazione inusuale.
E poi c’era anche una bella fontanella fresca e le era venuta sete.
I tre ragazzi se ne stavano stravaccati su una panchina.
Uno sentiva la musica con le cuffiette e ritmava vagamente nell’aria una batteria, un altro sembrava intento a fare un gioco con il suo smartphone, mentre il terzo, con il capo rovesciato indietro, fumava una sigaretta.
Il passaggio, alle tre del pomeriggio, nella villa deserta, di quella signora elegante, ben truccata e con i capelli corti e scuri freschi di parrucchiere, attirò solo per un istante l’attenzione del terzetto.
Le scappò un piccolo sorriso: anche se comincio ad avere qualche annetto, mi difendo, pensò.
Era passata a pochi metri dai tre ragazzi, ora li aveva superati e quindi non poteva sapere cosa stessero facendo.
Il batterista continuava a muovere meccanicamente le braccia, ma gli occhi stavano seguendo il sedere rotondo della donna, fasciato da una gonna nera appena sopra al ginocchio.
Quello intento nel videogioco sembrava non essersi accorto di nulla, mente il fumatore aveva buttato la cicca in terra e anche lui seguiva la figura di spalle che si allontanava lentamente.
Accidenti, ho preso un sassetto.
Lucia si aggrappò con una mano ad un lampione, sollevò la gamba poggiando la caviglia sopra l’altro ginocchio e, con la mano libera, si mise a cercare il corpo estraneo, finito tra le dita del piede ed il sandalo.
Ora anche quello del videogioco si era accorto della donna e tutti e tre stavano osservandone le evoluzioni, su una gamba sola, accompagnate dai movimenti del suo posteriore, quando rischiava di perdere l’equilibrio.
Devo assolutamente andare al mare, pensò mentre finalmente il sassolino, incastrato nell’incavo del mignolo, cadeva a terra, ho delle gambe terribilmente pallide.
Prima di ripartire, si voltò un attimo indietro.
I tre ragazzi sembravano come imbambolati.
Riprese il cammino cercando di evitare che i sandali si trasformassero in palette acchiappa sassolini ed arrivò alla fontanella.
Lo scarico era mezzo ostruito e si era formata una piccola pozza d’acqua, così non poté avvicinarsi troppo e fu costretta a piegare molto in avanti il busto.
In questa maniera la gonna salì scoprendole in parte le cosce.
Stai facendo un piccolo spettacolo per quei ragazzi, pensò, mentre beveva con gusto l’acqua fresca.
Finito di bere diede un’altra occhiata indietro.
I ragazzi si erano alzati dalla panchina e la seguivano ad una ventina di metri di distanza.
Le passò per la mente un brutto pensiero: ho appena preso i soldi al bancomat, la villa è deserta ‘ se mi strappano la borsa?
Accelerò, incurante del rischio di incappare nuovamente in qualche sassolino, ed infatti, dopo pochi passi, ne prese una vera e propria manciata.
Guardò ancora dietro, erano molto più vicini e si erano allontanati tra di loro, con quello al centro un po’ più indietro, come se stessero allargando una rete per catturarla.
Cercò di tranquillizzarsi: sono le tre del pomeriggio, sono in mezzo alla città e loro sono tre normalissimi ragazzi, non mi succederà nulla.
Ora il vialetto passava vicino ad un vecchio edificio. Era una scuola, almeno lei ricordava così.
Adesso che era estate era chiusa. Ricordò che l’ingresso era esterno alla villa, su una strada laterale e quello che vedeva oltre la siepe che costeggiava il vialetto, era il giardino privato della scuola.
Teneva stretta in pugno la tracolla della borsa mentre i sassetti che le erano entrati nei sandali le davano sempre più fastidio, ma non era proprio il caso di fermarsi.
Una mano robusta la afferrò saldamente per un braccio, costringendola ad arrestarsi.
In quel punto la siepe era meno fitta e lei scoprì che il giardino della scuola era separato dalla villa da un’alta e fitta rete, che con il tempo era stata ricoperta dalle piante rampicanti.
Proprio lì c’era un gran buco, sufficiente a far passare una persona e Lucia si sentì posare una mano sopra il capo.
Fu costretta ad abbassarsi e si ritrovò dall’altra parte, seguita rapidamente dai tre ragazzi.
‘Ehi ‘ ma che fate ‘ siete impazziti?’
Neanche le risposero e la spinsero verso l’edificio che distava pochi metri.
L’avevano messa in mezzo e la tenevano saldamente per le braccia, uno per lato, mentre il terzo, che li aveva sopravanzati di qualche metro, era corso a spalancare quella che doveva essere l’uscita di sicurezza, rimasta accostata e con una grossa pietra messa in modo che non potesse chiudersi completamente.
Percorsero un corridoio dipinto di verde, solo poca luce filtrava dalle serrande semi abbassate e faceva fresco.
La fecero entrare in un’aula e richiusero la porta alle loro spalle, poi uno di loro prese un banco e lo trascinò mettendolo contro la porta.
‘Tranquilla, non ti succederà nulla di male’, disse quello che sembrava il capo, mentre un altro tirava su la serranda facendo entrare la luce nell’aula.
Beh, se non volevano la sua borsa e l’avevano portata in un luogo isolato, le loro intenzioni erano chiare.
Accidenti, ma sono matti? Poco più che tre ragazzini, il più piccolo, forse non ha neanche diciotto anni.
‘Allora dai, spogliati!’
‘Non so che vi siete messi in testa, facciamo finta che non sia successo nulla, ora mi lasciate andare e …’, disse con il tono di voce più convincente possibile, cercando di recuperare una situazione che si stava facendo spinosa.
‘Dobbiamo farlo noi? Sarà molto più piacevole.’
‘Ma che volete farmi?’
Aveva detto queste ultime parole con la voce che le tremava.
‘Tranquilla, vogliamo solo dare un’occhiata ad una bella topona stagionata.’
Che faccio? Forse è meglio assecondarli, penso Lucia.
Sopra portava una maglia turchese, accollata e senza maniche, rapidamente le sue dita aprirono i due bottoni dietro al collo.
Fece un respiro profondo e si sfilò la maglia di colpo, facendola passare sopra la testa.
I tre si stavano mangiando con gli occhi il suo reggiseno nero, discretamente accollato, come si conviene ad una donna di quell’età.
Sentì che dietro la sua schiena qualcuno stava armeggiando con i gancetti del reggiseno e le scappò un piccolo grido.
Il reggiseno si era aperto e quello che doveva essere il capo, rapido le abbassò le spalline.
Lei fu altrettanto rapida e si strinse i seni con le mani.
‘Dai, ma che ti vergogni? Facci vedere le tette.’
‘Per favore …’
Aveva le lacrime agli occhi.
‘Leva le mani.’
Lo aveva detto gridando, il tono di voce si era fatto stridulo e nello sguardo era comparso un lampo cattivo.
Lucia lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, permettendo ai tre ragazzi di osservare i suoi seni nudi.
Uno si avvicinò, le tolse il reggiseno, che posò su un banco e poi cominciò a palpeggiarle i seni.
‘Ha le tette piccole, la topona, ed anche un po’ mosce.’
Lei ora aveva abbassato il capo e singhiozzava sommessamente, mentre il ragazzo continuava a carezzarle i seni.
Si stava concentrando sui capezzoli larghi e lisci, che ora sembravano quasi aver preso vita e si erano fatti scuri e sporgenti.
Si abbassò e si strofinò il viso sui suoi seni, poi iniziò a passare la lingua sui capezzoli ormai sensibilizzati ed alla donna scappò un respiro profondo.
‘Basta, vi prego ‘ smettetela.’
‘E tu finisci di spogliarti’, disse quello che la stava toccando, ritraendosi.
Così Lucia aprì la lampo laterale della gonna e la fece scendere.
Avrebbe preferito farlo velocemente, perché pensava che una manovra lenta, avrebbe avuto il senso di uno streap tease e voleva evitare di eccitarli più del necessario, ma la gonna era molto aderente ed i movimenti sinuosi che dovette compiere per farla scivolare giù, furono fin troppo apprezzati dal terzetto.
Ora i loro sguardi spaziavano liberamente sul corpo di Lucia, dalle cosce piene e carnose al ventre appena sporgente tagliato dallo slip nero molto aderente, ma poi i loro occhi si fermavano sempre lì.
‘Anche le mutande.’
‘Per favore. Volevate vedere? Avete visto ‘ vi prego …’
‘Anche le mutande, dai, facci vedere la fica.’
‘Non posso ‘ ho il ciclo.’
Non era vero ma fu l’ultimo tentativo di resistenza da parte di Lucia.
‘Oh, quante storie. Basta! Ci penso io.’
Mentre gli altri due la tenevano ferma, il capo si avvicinò ed iniziò ad abbassarle lo slip.
Lucia si dibatteva e i due che la bloccavano ebbero il loro da fare, ma alla fine lo slip di Lucia toccò terra .
La costrinsero a spostarsi al centro della stanza abbandonando gonna e mutandine sul pavimento e si allontanarono.
Lucia rimase a capo chino con una mano che cercava di coprire i seni e l’altra la vagina.
‘Leva un po’ ‘ste mani che ti faccio qualche bella foto.’
Uno di loro si avvicinò e le scansò prima la mano che proteggeva i seni, poi anche l’altra.
Uno, due, tre, il ragazzo si muoveva intorno a lei e continuava a scattare con il telefonino.
Perché faceva quelle foto?
Voleva solo documentare la loro conquista, oppure l’avrebbero ricattata?
‘OK, ragazzi, avete fatto quello che avete voluto, ora fatemi rivestire, devo tornare a casa.’
Il ragazzo dopo aver riposto il cellulare nella tasca dei pantaloni, fece un cenno agli altri due.
Il loro piano doveva già essere stato definito nei minimi dettagli, magari lo avevano messo in atto molte altre volte.
Le passarono le braccia dietro la schiena e svelti, prima che Lucia potesse protestare, le legarono i polsi.
‘Ma davvero pensavi che ci saremmo accontentati di dare un’occhiata? Le belle topone stagionate sono la nostra passione.’
I due che le avevano legato i polsi la costrinsero ad inginocchiarsi mentre il terzo si apriva i pantaloni.
Di colpo Lucia comprese cosa le stava per accadere e cercò di rimettersi in piedi, ma la costrinsero a restare inginocchiata.
‘Non farò una cosa del genere, non ci penso neanche lontanamente …’
Si sentì toccare in mezzo alle gambe e trasalì.
‘Vediamo che c’è qui, oh, due belle coscione morbide morbide.’
La mano era risalita e, dopo averle fiorato le ginocchia, le stava carezzando l’interno delle cosce.
Lucia si mosse, tentando di sfuggire alla presa, ma la costrinsero a rimanere in ginocchio.
La mano salì, le sfiorò la vagina e lei si lasciò sfuggire un piccolo grido.
‘Nonna, ma che fica grande che hai’, le disse facendo la vocina fina fina.
Le strofinò il palmo della mano sulla vagina e lei gridò più forte.
‘E’ per godere meglio’, continuò facendo la voce del lupo.
‘Noo, basta!’
Le dita erano entrate in profondità e lei sentì le labbra che si aprivano ed iniziavano ad inumidirsi.
Si rendeva conto che non avrebbe resistito ancora per molto.
Le dita continuavano a massaggiarla inesorabilmente, tra un po’ avrebbe perso il controllo davanti ai tre ragazzi e non le piaceva per niente.
Quando con la punta delle dita le pizzicò il clitoride, Elena iniziò a respirare rumorosamente a bocca aperta e capì che non aveva scelta, doveva assolutamente ‘raffreddare’ il clima.
‘Va bene, va bene, lo faccio, però smettetela.’
Immediatamente, la mano si fermò ed i due che la tenevano lasciarono la presa.
Aveva perso: nuda e umiliata, ora sarebbe stata costretta a fare tutto quello che le avrebbero ordinato.
Il capo non perse tempo, temendo magari che lei ci ripensasse, glie lo piazzò subito davanti alla bocca e Lucia lo prese con le labbra.
Cercò di sbrigarsi, perché la posizione era scomoda, ma quello non aveva per niente fretta.
‘Piano, piano, non correre, hai fretta di tornare a casa?’
La scattarono pure qualche foto, poi lei capì che stava per venire ed accelerò.
Questa volta non la costrinse a rallentare, Lucia alla fine si trovò la bocca e la faccia piene di sperma.
Si rialzò in piedi sputando e piangendo e vide che un altro dei ragazzi si era aperto i pantaloni.
‘Rimettiti giù, fai la brava e vedrai che poi ti rimandiamo a casa.’
Il secondo venne praticamente subito, doveva essersi così eccitato ad assistere al pompino fatto all’amico, che dopo neanche un minuto Lucia si ritrovò da capo a sputare, o almeno a tentare di farlo, visto che aveva inghiottito quasi tutto.
A questo punto le sciolsero le braccia e Lucia si massaggiò a lungo i polsi indolenziti prima che la rimettessero al lavoro.
‘Fammi una sega’, le ordino il terzo ragazzo.
‘Cosa? Ma perché?’
‘Così dopo il pompino viene meglio.’
I ragazzo si mise a sedere sopra un banco e lei iniziò a masturbarlo, mentre gli altri incitavano il loro amico.
Alla fine i suoi sforzi furono premiati dagli zampilli di sperma che le ricaddero nella mano stretta a pugno intorno al suo pene.
‘Lecca, ‘ché non va sprecato nulla.’
E Lucia, stanca ed avvilita si leccò a lungo la mano sporca di sperma.
Il ragazzo aveva avuto ragione, perché la sega preventiva allungò parecchio i tempi del suo terzo pompino.
Era tornato duro quasi subito, ma appariva arrossato e secco e nonostante gli sforzi di Lucia, che non vedeva l’ora di tornare a casa, non si decideva a venire.
Allora pensò di eccitarsi toccandola: prima iniziò a carezzarle i capezzoli e Lucia riprese a gemere, mentre si sentiva sempre più bagnata in mezzo alle gambe, poi prese a toccarla proprio lì.
Lucia, cercava di tenere la bocca stretta intorno al pene del ragazzo, ma ogni tanto non resisteva e si staccava per emettere dei gemiti, allora lui, la toccava ancora più in profondità e lei riafferrava il pene con le labbra e ricominciava a succhiarlo.
Alla fine il ragazzo si vuotò nella sua bocca e la povera Lucia, esausta, rimase in ginocchio ansimante, con la bocca aperta da cui colava un filo di sperma.
Poi fece una cosa di cui non si sarebbe mai creduta capace: si rialzò a fatica e si mise a sedere su uno dei banchi.
Allargò le sue gambe nude e cominciò a toccarsi davanti a loro.
Era completamente fradicia, i suoi piedi, che ancora calzavano i sandali, unico capo di abbigliamento rimastole, si muovevano mentre procedeva nella masturbazione.
Alla fine, spettinata e rossa in viso, raggiunse il tanto sospirato orgasmo, sottolineato da un fragoroso applauso dei tre ragazzi.
Aveva finito.
Le diedero il permesso di rivestirsi e Lucia ne approfittò subito, prima che venisse loro in mente di ricominciare.
Si tennero, per ricordo, dissero, la sua biancheria intima, così quando alla fine Lucia, con il trucco completamente sfatto ed ancora il sapore del loro sperma in bocca, varcò nuovamente il buco della recinzione, aveva i seni che danzavano liberi sotto la maglietta, mentre sotto sentiva gli umori che le colavano liberamente in mezzo alle cosce.
Prima di uscire dalla villa ripassò per la fontanella e si diede una ripulita alla faccia, poi, visto che non passava nessuno, si asciugò con un fazzolettino in mezzo alle gambe.
Mentre rientrava a casa giurava che non sarebbe mai più passata per la villa, ma in cuor suo non ne era del tutto sicura.

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