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Racconti Erotici LesboTrio

ANNA E FRANCESCA

By 20 Giugno 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Un racconto scritto in collaborazione con ” Zorrogatto” , a cui vanno i miei più sentiti ringraziamenti, per il tempo dedicatomi alla correzione e,alla stesura della storia .

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Calde vacanze ….

Per Anna non era più una novità passare le vacanze al mare assieme alla nuora Francesca; oramai erano tre anni che frequentavano insieme quella località e le prime due settimane le passavano con i propri mariti; poi quando i due -per motivi di lavoro- rientravano a Torino, le donne restavano da sole per alcune settimane.
La cosa piaceva ad entrambe, che si intendevano a meraviglia; la nuora e la suocera erano ormai diventate delle vere buone amiche, nonostante Anna avesse cinquantadue e Francesca solo ventitré.
Si confidavano a vicenda di ogni cosa, senza eccessiva ritrosa ed erano arrivate, a volte, a confidarsi perfino dettagli intimi riguardo ai propri mariti; Anna era arrivata a confidarle che con il marito -da qualche tempo- non esisteva più tra loro quella certa attrazione a letto.
Francesca invece era un po’ più restia a confidarsi e diceva che tutto andava benissimo, col marito: non voleva far carico all’amica -che era anche e prima di tutto la madre di suo marito!- di una certa insoddisfazione che, in realtà, a volte la assaliva.
Le giornate, in quei tre anni di vacanze assieme, erano sempre filate lisce, a volte erano piene di entusiasmo ed a volte le passavano invece pigramente, forse perché -nonostante l’amicizia e la grande confidenza- avevano paura di far intuire all’altra i turbamenti che non raramente tormentavano entrambe
Passavano l’intera giornata al mare e la loro pelle -dopo i primi giorni- era brunita, come fossero state abbrustolite su un fornello.
Non erano andate mai negli stabilimenti balneari della cittadina, per evitare il solito baccano e la solita confusione: avevano preferito un posto lontano dal bailamme e la ‘loro’ spiaggetta era una piccola insenatura conosciuta da pochi -perfino tra gli abitanti del posto- ed era frequentata da pochissima gente; spesso erano deliziosamente sole, perché per raggiungerla ci si doveva avventurare per un ripido sentiero tra le rocce; una volta arrivati, però, si era lontani dal cosiddetto mondo civile e dai relativi fastidi.
Solitamente oltre a loro due, c’erano al massimo una o due coppiette od una famigliola e qualche giovanotto del paese, ma mai nessun altro.
Le due donne allora osavano sbilanciarsi più del solito, scambiandosi considerazioni maliziose, quando alla spiaggetta arrivavano dei giovanotti ed Anna -sempre lei!- faceva considerazioni audaci, facendo notare alla giovane amica che alcuni di quei ragazzi erano provvisti di un bel ‘coso’, a giudicare da ciò che si indovinava sotto il costume.
Francesca, da parte sua sorrideva e le dava ragione e allora assieme, ridendo, fantasticavano su quei freschi corpi statuari, immaginandosi scherzosamente tra le braccia di quei giovani.
In quelle occasioni però Anna, dopo un pochino, si rabbuiava e puntualmente faceva capire a Francesca di quanto suo marito Gaetano fosse piuttosto avaro di quel tipo di attenzioni.
Parlare però di sesso così, tra amiche, era qualche cosa che trovavano stuzzicante e divertente e perfezionava, anche su quel versante, la loro complicità.

Era un giorno come tutti gli altri, le due donne erano appena arrivate e non c’era ancora nessuno, anche perché erano solamente le 9 del mattino, ma il sole già scaldava piacevolmente e si prospettava una giornata gradevole.
Anna verificò che fossero realmente sole e poi si tolse il reggiseno, mostrando le sue tettone gonfie ed ancora sode, nonostante i suoi 53 anni.
Era una donna giunonica: non grassa, ma robusta, due seni piuttosto voluminosi e che, a causa degli anni, cominciavano ad arrendersi alla forza di gravità, due cosce che parevano due colonne tanto erano toniche e piene, ma anche il resto del corpo non era per niente male, nonostante i fianchi ed il sedere cominciassero ad appesantirsi un pochino.
Francesca la guardò divertita mentre andava a tuffarsi; le piaceva vedere quanto l’amica fosse a suo agio in acqua.
Anche lei si tolse il reggiseno e la raggiunse nuotando fino ad uno scoglio lontano qualche decina di metri dalla riva, loro abituale approdo; lì poi, si toglievano anche l’altra parte del costume, senza correre il rischio di essere sorprese in quella tenuta da chi arrivasse alla caletta, restando nude a rosolarsi al sole serenamente, occhieggiando ogni tanto verso riva per non essere sorprese da chi decidesse di nuotare fino allo scoglio solitario.
In più di una occasione Francesca, senza darlo a vedere, aveva osservato il corpo della suocera che era decisamente ancora molto appetibile; a differenza di lei che si depilava, Anna aveva una folto triangolo nero sul pube.
A volte, stando sdraiate al sole sulla roccia, da dietro le lenti dei suoi occhiali neri la giovane aveva notato che Anna si sfiorava casualmente la mano sulla fitta peluria e poi portava le sue dita verso l’angolo inferiore e si accarezzava a lungo, sfiorandosi le labbrine, sempre in bella vista, e spesso notava il lampo rosato delle sue più intime mucose, sopratutto quando lei si voltava per cambiare posizione.
Anche Francesca era stata più volte attentamente scrutata della suocera e questo lei lo sapeva bene, perché quando era pigramente allungata al sole, i suoi occhiali neri le permettevano di notare le occhiate di Anna che la osservavano ovunque.
Era vagamente intrigata da questo osservarsi a vicenda senza volerlo assolutamente darlo a vedere: in fondo, dal punto di vista sessuale Francesca non aveva si era mai fatta problemi; prima di conoscere suo marito, aveva avuto due rapporti con donne, uno quando aveva 18 anni, al mare, con una amica e poi, più recentemente, quando in vacanza 3 anni prima aveva conosciuto suo marito, lì aveva anche avuto un fugace ma piacevolissimo rapporto con una signora del posto.
Ma tutto questo lo conservava tra i suoi segreti meglio difesi: le sembravano argomenti non adatti ad essere condivisi con la suocera!
Anna, da parte sua, era sempre stata attratta dagli uomini; non che l’idea di andare con una donna la infastidisse, ma non le era mai capitata l’occasione, anche se ne era torbidamente affascinata e incuriosita.
Però da qualche giorno, aveva notato un qualcosa, nel modo di guardarla della nuora che forse… ma no, figuriamoci! Francesca, po!!!
Si udirono delle voci: Anna sollevò un pochino la testa e vide arrivare qualcuno: degli uomini, poi una donna e un bambino,; avvertì Francesca e si rimisero le mutandine da bagno.
Una breve nuotata e raggiunsero la riva, frettolosamente si infilarono il reggiseno e poi si sdraiarono tranquille al sole.
La donna col bambino e il marito erano a diversi metri sulla loro destra, mentre altri due uomini, uno magro e pelato, l’altro piuttosto grosso e peloso, tutti e due con una carnagione bianchissima, si erano sistemati su di uno scoglio alla loro sinistra, a pochi metri da loro due, intenti a parlottare pigramente.
Francesca notò distrattamente nel girarsi a pancia in giù, da sotto gli occhiali neri, che i due si erano tolti i pantaloni e camicie, restando non in costume, ma con semplici, buffe mutande a disegnini.
Le venne da sorridere e sibilò l’informazione alla compagna che a sua volta, senza dare nell’occhio, li guardò, si mise a ridere sommessamente e sussurrò a Francesca: ‘Finalmente si vedrà qualcosa di divertente qui, in questo posto!’
Il vociare del piccolino, intento a giocare con la ghiaia della spiaggetta, le aiutava a restare in quel delizioso senso di dormiveglia indotto dal sole ormai alto, ma a destarle dal torpore fu una voce maschile, vicina.
Anna fu la prima a riprendersi ed a sollevare la testa per vedere chi fosse, subito imitata dalla nuora: uno dei due uomini, il più robusto e peloso, in un italiano farfugliato e con buffi gesti, indicava le due sigarette che teneva in mano.
Con un ampio sorriso, inginocchiato a pochi centimetri dalle donne, chiaramente l’uomo chiedeva di accendere; Anna si sollevò a sedere per prendere la sua borsa e cercare poi l’accendino e, nel sollevarsi, le sue grandi tette abbronzate, coi capezzoli inturgiditi, quasi sbatterono sul naso dell’uomo che, nonostante si sforzasse di simulare imbarazzo, a quel punto non sembrava più tanto interessato all’accendino, ma piuttosto alle mammelle di lei che stava sorridendo divertita, vedendolo incantato a rimirare le sue tette.
Lui dopo qualche secondo, accese le due sigarette, le ringraziò con un ampio sorriso e le salutò.
Anna era divertita dalla goffaggine dimostrata dallo straniero e dal suo lubrico imbarazzo ed anche Francesca non riuscì a trattenere una risatina, mentre l’uomo con le mutande colorate si allontanava goffamente sugli scogli.
Dopo circa una mezz’ora, i due si tuffarono in acqua, nuotando in un modo che faceva chiaramente intuire quanto poco fossero abituati a farlo, raggiunsero a loro volta lo scoglio, rimasero un po’ lì, ma poi tornarono a riva, si risistemarono sul ‘loro’ masso e lo smilzo prese qualcosa dalla borsa; parlottarono tra di loro e, dopo un pochino, il peloso tarchiato tornò dalle donne a chiedere nuovamente l’accendino; con lo sconnesso italiano che conosceva e con ampi gesti, disse che era dell’est Europa: erano camionisti e si erano presi una giornata per rifiatare prima di rientrare al loro paese; poi diede alle donne una bottiglietta sigillata di un liquore del proprio paese, per sdebitarsi della gentilezza dell’accendino.
Le due donne inizialmente rifiutarono, ma poi la pacata insistenza dell’uomo fece sì che Francesca accettasse e, in cambio, Anna gli donò un accendino che aveva in più nelle profondità della propria borsa.
Lui tornò dall’amico, ringraziandole ancora e sorridendo, sempre nelle sue buffe mutande a sgargianti disegnini.
Anna e Francesca intuirono subito che era stato -palesemente- un tentativo di approccio e magari con la speranziella di arrivare a qualcos’altro; era perfettamente logico che due uomini lontani da casa per parecchi giorni e in un paese straniero, cercassero qualche avventura
Pigramente, ne ragionarono scherzosamente tra loro, e fu Anna a sbalordire la nuora con una frase: 鉄e anche succedesse, il mio Gaetano neanche se ne accorgerebbe, tanto è tontolone….’, facendo poi una sonora risata.
Francesca, preoccupata dalla piega che il discorso stava prendendo, disse che stava scherzando, che era sicuramente una cosa che si dice, ma che poi, all’atto pratico…
Anna la gelò con una frase sibillina: ‘Che poi sai, Fra… Non sono sicura di averlo detto solo per scherzo!’ e le fece l’occhiolino.
Dopo oltre un’ora, i due stranieri se ne andarono, salutandole con cenni e grandi sorrisi e loro due restarono lì ancora un’oretta, prima di riprendere la strada per poi tornare all’appartamento di parenti che utilizzavano.
Però, dopo quella battuta della suocera, Francesca si era trovata turbata, a riflettere su quelle parole, dette tra il serio ed il faceto, e sulle eventuali implicazioni conseguenti.
La giovane donna rifletté sulla propria storia: solo quattro anni prima era in vacanza in quella stessa località ed aveva conosciuto Alfio, il figlio di Anna e Gaetano.
L’attrazione tra loro fu travolgente e -non ricordava chi!- aveva buttato lì la frase: ‘Beh, potremmo anche sposarci, non credi?’, forse scherzando.
Ma poi quella frase divenne sempre meno scherzosa, sempre più vera, impellente, sopratutto per lei.
Suo padre era morto quando aveva undici anni ed in breve tempo sua madre si era risposata con un uomo, Matteo, che non mancava occasione per farle capire quanto la detestasse.
Matteo arrivò perfino a fare avances ed una volta -avrà avuto non più di dodici-tredici anni!- si era salvata a stento da un vero assalto, mordendogli istintivamente il labbro mentre lui cercava di baciarla, e prendendosi, per immediata rappresaglia, una bella dose di potenti schiaffoni.
Da quella occasione, lei e Matteo cercarono di evitarsi il più possibile ed anche i rapporti con la madre, alla quale non aveva mai detto nulla, si erano deteriorati.
Per Francesca quindi la possibilità di sposarsi, di potersene andare da quella casa che era diventata una galera, di poter avere una sua casa con un ragazzo che amava e -per giunta- anche il rapporto affettuoso che si era instaurato con la esuberante ed allegra signora Anna (‘Ma quale signora! Chiamami Anna e dammi del tu!’) per lei era stata una vera liberazione.
L’amore li aveva travolti e quindi, dopo pochi mesi che si erano conosciuti, si trovarono a pronunciare il fatidico ‘Sì!’, non stupendosi più di tanto che alla cerimonia fosse intervenuta solo sua madre, ma non il suo sgradevole compagno.
Adesso, dopo tre anni, il suo matrimonio si era… normalizzato: Matteo era una brava persona, un lavoratore, con le normali passioni -tipo il calcetto con gli amici- tipici della sua generazione, ma cominciava a rassomigliare al padre, riguardo alla mancanza di slanci… passionali ed anche come… ‘tontolone’, per usare la definizione di Anna.
Nessuno dei due uomini dimostrava gelosia; per giunta erano rassicurati dalla sincera amicizia tra le due donne di età così diverse, differenza che faceva supporre difficile la nascita di quella complicità che porta solitamente le amiche a coprirsi a vicenda le scappatelle…
Lei, invece, cominciava da un po’ a sentire una strana inquietudine e si rendeva conto che la frase -tutto sommato innocente!- di Anna le aveva provocato come un tumulto, un rimescolamento dentro.
E per il resto di quella strana giornata coi due buffi camionisti, quando non era impegnata a rispondere alle solite considerazioni senza importanza di Anna, si trovò a ricordare attentamente le forme, le movenze della suocera arrivando, quando ormai erano quasi arrivate al loro alloggio, a chiedersi cosa mai sarebbe successo, se lei avesse fatto un’avance…

La sera, dopo aver cenato, le due donne avevano preso l’abitudine di fare una passeggiata sul lungomare, poi si prendevano un caffè od un gelato e alcune volte andavano in una balera del paese all’aperto a sentire un po’ di musica, sempre rifiutando cortesemente di ballare con chi si faceva avanti; anche quella sera decisero di andarci.
La musica era coinvolgente e dopo essere state sedute per una mezz’ora, si alzarono e si misero a ballare tra loro due… o meglio saltellare a bordo pista, seguendo il ritmo dance.
Poi tornarono al loro tavolino e chiesero al cameriere, che stava passando lì accanto, due Cocacola.
Quando le portò, disse loro che erano già state pagati e indicò due uomini che le stavano salutando con la mano: erano i due camionisti della spiaggia.
Ricambiarono il saluto con un sorriso e videro che, poco dopo, il più grosso si avvicinava.
Le salutò nuovamente e con il suo buffo italiano chiese se volessero ballare; Francesca rifiutò, mentre Anna accettò, facendole maliziosamente l’occhiolino non vista da lui.
Mentre stavano raggiungendo il centro pista, Anna si scusò, saltellò indietro dalla nuora e le sussurrò all’orecchio che avrebbe fatto un paio di balli ‘…per sentire ancora com’é un uomo!’ ridacchiò, alludendo alle carenze di Gaetano e poi tornò sulla pista a ballare, sorridendole.
Francesca guardava con un sorriso la suocera che si stava evidentemente divertendo, si strusciava su quell’omone peloso come una biscia, con lui che le farfugliava qualcosa all’orecchio e Anna rideva; allora lui la guardò e le fece cenno di raggiungerli, per ballare in tre, ma lei fece segno di no, pur sorridendo.
Cercò con lo sguardo l’altro uomo, che però era scomparso.
Poi le luci si erano abbassate ed i ritmi disco avevano lasciato posto ai lenti e lei aveva ormai perso di vista la coppia; dopo un poco, d’un tratto si sentì afferrare la mano: era Anna che accalorata la invitava a ballare con loro e questa volta, dopo aver nuovamente tentato di rifiutarsi, seguì l’amica sulla pista e, facendosi spazio tra la gente, si avvicinarono al camionista, che con uno smagliante sorriso le abbracciò e cominciarono subito a ballare in tre.
L’omone ,che aveva detto di chiamarsi Priot, le teneva abbracciate all’altezza della vita e loro si erano strette a lui e si deliziavano a ballare in una canzone melodica.
Lui era un tipo alla mano, che cercava di rendersi simpatico, ma senza mai rischiare di essere volgare: voleva incutere sicurezza nelle donne appena conosciute e non era certo tipo da fare casini.
Ballarono alcuni pezzi e le due donne tenevano un braccio attorno al collo di Priot e l’altro sulle reni dell’amica. Francesca, approfittando del fatto che le reni di Anna erano occupate dal grosso braccio dell’uomo, a volte faceva scivolare la mano sul sedere dell’amica, ricavandone un qual certo turbamento e, dopo un po’, anche l’impressione che Anna non fosse infastidita dai suoi ‘casuali’ sfioramenti, tanto che dopo un po’, con grosso imbarazzo!, senti la mano della suocera sfiorare il suo, di sedere!
Fortuna che il camionista non dava alcun segno di essersi accorto dei traffici delle due donne: Francesca si sarebbe troppo imbarazzata!
Dopo alcuni pezzi, andarono a sedersi ad un tavolino, ascoltarono ancora musica tentando di iniziare una banale conversazione con l’uomo che, col pretesto del volume della musica e della sua limitata conoscenza dell’italiano, le interrompeva con ampi sorrisi e comicissimi ‘Nònso!’, come quel turco nel film di Salvadores; alla fine decisero di fare una passeggiata sul lungomare.
Arrivati quasi in fondo, al limitare del paese, accettarono un gelato offerto da Priot e poi decisero di scendere tra gli scogli per fermarsi in una piccola spiaggia -deserta, vista l’ora- accanto ad una fila di cabine e ombrelloni chiusi, a ridosso di un gruppo di scogli.
Solo gli ultimi lampioni stradali, lontani dietro di loro, mandavano un pochino di luce, mentre la luna faceva capolino di tanto in tanto tra le nubi e aggiungeva ancora un po’ di luce.
Si erano seduti a finire le coppette di gelato e rimasero seduti dopo, mentre lui parlava e cercava di raccontare -nel suo italiano sbilenco- della sua vita di autista in giro per l’Europa ed il Medio Oriente ed anche loro cominciarono a raccontare delle loro vite.
Era rilassante; piaceva a tutti e tre confidarsi così, con i piedi scalzi sulla sabbia fredda.
Anna si alzò in piedi, annunciando che doveva fare pipì, si allontanò fino ad un piccolo scoglio distante qualche metro e quando tornò annunciò che l’acqua non era fredda e che era piacevole metterci almeno i piedi.
Si spostarono di qualche decina di metri, arrivando in un posto abbastanza buio, tra gli scogli ed Anna si sollevò l’ampia gonna a fiori fin sopra le ginocchia ed entrò per prima tra la quieta risacca, suggerendogli di farlo anche loro.
Francesca indossava un miniabito di maglina piuttosto corto, ma lo sollevò fin quasi ai fianchi, regalando a Priot la visione delle sue belle e giovani cosce.
Anna invitò l’uomo a seguirle, lui protestò che che si sarebbe bagnato ed allora Anna gli fece segno di togliere i pantaloni; le due donne risero sommessamente, quando li tolse e restò in mutande, non quelle della spiaggia, ma sempre ridicolmente colorate.
Lui fece pochi passi nell’acqua tiepida, poi tornò verso riva, si tolse anche la polo e la gettò sulla spiaggia, ed infine raggiunse Francesca che rideva sinceramente divertita, soffocando il suo riso con una mano, per paura di essere sentite da qualcuno.
Priot la afferrò da dietro, la strinse e sollevandola, ridendo anche lui, disse che l’avrebbe buttava a mare… Lei continuando a ridere, lo implorò di non farlo.
Allora lui se la lasciò scivolare giù, contro di lui, fino a farle toccare la sabbia sotto i piedi, ma tenendola stretta e Francesca, per qualche secondo, sentì il voluminoso ‘pacco’ di Priot contro le sue chiappine praticamente nude, perché scendendo l’abitino le era risalito fin oltre i fianchi, mostrando senza pietà il minuscolo perizoma ecru che indossava ed a quel contatto, la dotazione del camionista acquisto rapidamente consistenza e forma.
Si sentirono chiamare da Anna, che nel frattempo si era tolta gonna e camicetta e si era seduta in acqua, invitandoli ad imitarla.
Francesca fece un movimento in avanti per allontanarsi, ma lui la trattenne leggermente per un braccio, sfregando per un istante il suo duro cazzo sul culo della giovane; lei ebbe solamente un sussulto, un attimo di esitazione, ma poi si appoggiò per intero a lui che allora le sussurrò di togliersi l’abitino: lei annuì appena e si scostò, guardò in direzione della suocera -che si era praticamente allungata interamente in acqua, lasciandosi carezzare dalle piccole onde- poi andò a riva, si sfilò il leggero vestitino e restò era praticamente nuda, a parte il minuscolo perizoma che risaltava chiaro sulla sua pelle brunita dal sole: era una sirena al chiaro di luna.
Priot la stava osservando, grazie anche alla luce della luna che la illuminava da pochi istanti ed aveva una potente erezione all’incantevole vista; cercava di stare un po’ discosto dalle due donne per paura essere criticato o deriso.
La giovane raggiunse Anna, se ne stava semisdraiata nella risacca, e cominciò a sussurrarle qualcosa con imbarazzo, senza riuscire a trovare la maniera giusta per affrontare il discorso che sentiva di volerle fare, ma il suo farfugliare venne troncato all’inizio dalla frase della suocera: ‘Io non ho visto nulla e non so nulla… e tu neanche! Cosa ne pensi???’
Francesca sentì un’onda di gratitudine per la suocera formarsi nel suo cuore; con quella frase, le aveva fatto capire che ormai erano arrivate al punto in cui potevano smettere -entrambe!- di porsi il problema di come sarebbero state giudicate dall’altra qualunque cosa facessero.
Anna guardò nella vaga luminescenza in direzione di Priot, poi guardò la giovane nuora e le sussurrò che lei non avrebbe parlato, che per lei era una situazione che mai avrebbe ripetuto, che era la prima volta che tradiva suo marito e, che non le importava niente di suo figlio o del marito; la cosa che più le premeva era la sua complicità, di cogliere questa occasione e che nessuno avrebbe mai saputo niente di niente, che questa cosa non è mai avvenuta.
Le due donne si guardarono, Francesca si alzò in piedi, guardò nuovamente lui e poi la suocera, le sorrise e, muovendosi a piccoli passi tra le onde del mare calmo, le disse di seguirla, che l’acqua era calda.
Non c’era bisogno di parlare oltre, bastarono poche parole e il definitivo addio a molte inutili inibizioni.
Anna raggiunse la giovane sposa, che indossava solo il minuscolo perizoma, mentre lei un paio di mutandine delicatamente ricamate ai bordi; Francesca allora, le prese una mano, si guardarono e sorrisero compiaciute e silenziosamente complici di ciò che forse, sarebbe accaduto.
Poi, suggellò con la donna più anziana il patto di complicità baciandola sulle labbra…
Uno strano impulso portò la punta della sua lingua a leccare brevemente le labbra di Anna, che si schiusero dopo un attimo di esitazione e quindi si trovò a spingerle la punta della lingua tra le labbra a cercare e duellare brevemente con la sua, come da tempo segretamente sentiva di desiderare!
Priot si era immerso fino al petto per nascondere la sua erezione, le osservava da una certa distanza e intuì nebulosamente che davanti ai suoi occhi era accaduto qualcosa, nel rapporto tra le due donne: le vedeva come se una nuova… morbidezza fosse giunta nel loro rapporto…
Attese che le due donne gli arrivassero a fianco per nuotare assieme, mentre la debole luce lunare era scomparsa per colpa di altre grosse nubi e solamente una vaga luminescenza permetteva ai tre di intuirsi, più che vedersi.
Dopo qualche minuto, Francesca decise di uscire e gli altri la seguirono.
Si fermò sulla linea della battigia -spettacolare, vista da dietro- e si voltò soltanto quando l’uomo disse qualche cosa nella sua lingua, allora tornò indietro e sottovoce gli chiese cosa avesse detto.
Priot sembrò imbarazzato dalla risposta che doveva dare, ma poi la disse ad Anna in un orecchio, che rise e poi ripeté alla nuora che le aveva detto che era una ‘donna figa’.
Si misero a ridere, ed anche l’uomo, capito che le donne erano divertite e non offese, si rilassò e rise di gusto; poi guardò Anna accanto a sé, le guardò le grosse tette e senza preavviso le posò una mano sul seno sinistro, lo accarezzò e le disse: ‘Anche tu grande figa”
Risero ancora, ormai complici, mentre gli sguardi delle due donne si incrociarono ed i loro occhi luccicarono.
Alla fine le due donne uscirono per prime correndo giocosamente e si andarono a stendere sulla sabbia grossa.
Stese una accanto all’altra, guardavano il camionista che lentamente si avvicinava a riva e per un moto istintivo allungarono la mano per cercare l’amica; entrambe le mani si erano posate tra il fianco ed il pancino dell’altra e si scambiarono uno sguardo, denso di mille cose inespresse.
Francesca, piegando un poco il ginocchio esterno, si girò quasi sul fianco e la mano di Anna le sembrò scivolare dall’osso del bacino fino a pericolosamente vicino al minuscolo triangolino di stoffa.
‘Mi dà fastidio, sentirlo umido sulla pelle…’ sussurrò alla suocera e con la mano libera, inarcandosi, lo fece scivolare e poi lo scalciò li accanto, rimanendo completamente nuda.
‘Sì, hai ragione, anche a me’, replicò Anna ed usando entrambe le mani, anche lei si sfilò gli slippini, lasciandoli davanti ai sui piedi.
Francesca venne assalita dal dubbio che la manovra fosse stata studiata per avere un valido motivo per toglierle la mano dal pube, ma subito la mano dell’amica tornò nello stesso punto ed allora lei si mise sul fianco, allungando il collo per baciarle l’orecchio.
Anna sembrò accettare passivamente il bacio, ma la sua mano scivolò -come dotata di una vita sua- tra le cosce della nuora ed un polpastrello cominciò lievemente ad esplorarle la passerina.
Francesca allora si incoraggiò e restituì la cortesia all’amica, trovandola caldissima e con le labbrine già socchiuse dall’eccitazione, mentre il seno pesante della donna più anziana saliva e scendeva al ritmo più accelerato della respirazione, tradendone l’eccitazione.
La mano di Anna si spinse ancora più giù nell’esplorazione della nuora ed arrivò a sfiorarle il buchino posteriore, trovandolo morbido e molto più rilassato di quanto non si aspettasse.
Non lo sapeva ancora, ma la nuora prediligeva il sesso anale; con il marito -suo figlio Alfio!- a volte gli concedeva di essere penetrata solo analmente; le era piaciuto sin dalla prima volta, quando anni prima lo aveva fatto con un uomo più grande di lei, che aveva insistito per farlo in quel modo per poter avere un rapporto più soddisfacente di un semplice pompino, ma senza deflorarla.
Così il dito di Anna continuò in quell’inaspettato gioco, sfiorando le increspature e poi affondando dentro tutta la falange quando sentiva che l’amica si rilassava e poi godendo la stretta dello sfintere che si contraeva intorno al suo dito.
Altre dita, invece, danzavano nel sesso scivoloso della giovane che, da parte sua, le restituiva la cortesia, infilandole dentro le quattro dita insieme, mentre il pollice le stimolava il bottoncino.
Priot, ancora in acqua fin quasi alle ginocchia, era basito dall’inaspettato spettacolo che, malgrado la pochissima luce, riusciva ad indovinare sulla spiaggia.
Era interdetto dalla situazione che si stava sviluppando davanti ai suoi occhi, ma intuiva che probabilmente era stato lui il… detonatore del cambio di rapporto tra ‘bel culo’ e ‘belle tette’, come le aveva definite col suo collega, al mare.
Quindi, piegò le ginocchia fino a farsi arrivare l’acqua alla vita, cercando di smorzare l’erezione che svettava insolente; quando ottenne il risultato, uscì dal mare e si avvicinò alle due donne, che smisero di giocare tra loro e lo accolsero con un sorriso, scostandosi in modo da lasciargli tra di loro lo spazio per stendersi.
Si sdraiò, quindi, ma Francesca disse: ‘Uhm…. devo fare pipì…’
Lui capì la parola che ripeté e lei confermò, annuendo con un sorriso; poi la giovane si alzò e fece per allontanarsi, ma Priot le fece segno di aspettare, facendo capire che avrebbe potuto farla lì con loro.
Francesca sorrise interdetta, gli chiese più di una volta se davvero voleva così e lui confermò con ampi cenni di assenso ed uno smagliante sorriso, guardando anche Anna in cerca di un’alleata ed invitandola a farlo anche lei.
Le due donne si guardarono, si scambiarono un sorriso complice, entrambe si sfilarono l’intimo e poi si accucciarono ai lati del camionista, che nel frattempo le imitò, levandosi anche lui le sue ridicole mutande colorate; Francesca fu la prima a produrre il suo zampillo odoroso e lui inaspettatamente allungò la mano fino a farsi bagnare le dita e poi leccandosele per assaggiarla e, contemporaneamente, intercettando nello stesso modo il getto di Anna, che aveva appena cominciato anche lei la minzione.
Con un sorriso imbarazzato, gli diedero simpaticamente del matto e allora lui si stese tra le gambe di Francesca, lappandole la fica ancora bagnata di urina calda e poi, sgusciando tra quelle di Anna, lappò anche lei, arrivando fino a leccarle anche il buchino posteriore.
Francesca, per superare il disagio provato davanti all’inaspettata richiesta dell’uomo, corse ridendo verso l’acqua, invitandoli a seguirla per ripulirsi; Anna si stava godendo le leccate dell’uomo, ma come questi si alzò per seguire la giovane, con un piccolo sospiro di rassegnazione li raggiunse in mare, nuotando e scherzando nell’acqua tiepida.
Stando vicini nell’acqua le mani cominciarono ad esplorare i corpi vicini accarezzando fianchi, palpando seni e natiche, percorrendo e penetrando topine o stringendo l’attributo -notevole!- dell’uomo.
Ormai era l’una passata e, a parte il rombo di qualche veicolo che sfrecciava sulla strada, non si sentiva altro che il fruscio della risacca sulla spiaggia.
Tornarono, ansimando leggermente per la nuotata, a stendersi sulla spiaggia ed Anna ormai sentiva incontenibile la voglia di maschio; scambiò un’occhiata complice con la nuora e poi allungò la mano, afferrando solidamente il cazzo sontuosamente eretto di Priot.
Gli si tuffò sopra con la faccia e iniziò a fargli furiosamente un pompino, spingendoselo con avidità fino in fondo alla gola: pareva quasi che volesse divorarlo.
Priot si allungò in direzione di Francesca che gli sfuggì sorridendo; la pregò con una buffa espressione da bambino imbronciato e deluso e lei si avvicinò, lui borbottò ‘fare vedere’, voleva vederla e Francesca non se lo fece ripetere: si sistemò meglio sulla sabbia e divaricò le cosce e spalancò; lui la implorò di avvicinarsi e lei scivolò verso di lui: quasi le faceva pena, a vederlo desiderarla così.
L’uomo le si tuffò -come fatto prima da Anna- tra le gambe e iniziò a lapparla la figa e, facendola inarcare leggermente, cominciò a giocherellare con la sua rosellina grinzosa, all’inizio, ma poi facendole scivolare dentro un dito e cominciando a stantuffarla, provocandole brividi di puro piacere.
Poi Francesca decise che era giunto il momento di avere di più, probabilmente la leccata così intensa di lui e prima i giochi di mano (e di dita indiscrete!) che aveva fatto con la suocera, l’avevano surriscaldata.
Attese solamente che sua suocera si calmasse e prendesse fiato: appena questa lo lasciò e lei vide il cazzo insalivato a dovere, gli salì sopra, sul suo ventre peloso e grosso, poi gli afferrò il cazzo e, senza tanti preamboli, se lo appoggiò alle ninfe e poi vi si lasciò sedere sopra, penetrandosi prima piano e poi, dopo aver assaporato per un momento la sensazione di sentirsi colmata dal membro dello straniero, con sempre maggiore velocità e frenesia.
Era lei che montava lui!
Lo faceva in modo violento: voleva sentire il cazzo penetrarla a fondo, sentirlo sfregare senza pietà le pareti vaginali con la sua grossezza, che la colmava completamente!
Tutto durò pochi minuti: Francesca cominciò a gemere, poi si inarcò all’indietro e mentre i muscoli della sua vagina si contraevano spasmodicamente attorno all’asta dell’uomo, ebbe un orgasmo potente e perse il controllo, tanto da graffiargli profondamente il petto.
Poi, sfinita, scivolò giù dal suo torace, accanto a lui.
Anna aveva assistito stupefatta all’assalto della nuora e mentre lei si penetrava quasi con furia sull’uomo, Priot l’aveva attirata a sé stringendole un seno e poi succhiandole e mordicchiandole il capezzolo, mentre con la mano esplorava le profondità della sua fica incandescente.
Quando finalmente fu di nuovo libero, il cazzo di lui era luccicante degli abbondanti umori della giovane nuora, ed Anna gli si gettò sopra e lo ingollò praticamente fino alla radice, per ripulirlo tutto delle secrezioni della giovane che -se ne rendeva conto solo in quel preciso istante!- era convinta erroneamente di conoscere a fondo.
La donna smise di succhiare quella verga svettante, incrociò lo sguardo appagato della nuora e, sorridendo, disse che era una puttana; lei le sorrise di rimando e le fece un cenno per incitarla, ma Anna sapeva bene cosa fare.
A sua volta gli salì sopra, si mosse con il cazzo ben piantato nella fica con un entusiasmo ed una frenesia da fare impallidire quelle di Francesca e dopo che venne assalita da un forte tremore, il segnale che stava godendo, anche per Priot era giunta l’ora di scaricarsi di tutta l’eccitazione che le due donne gli avevano provocato: per cui sentì l’onda del piacere che montava ed il getto del suo sperma che scorreva quasi dolorosamente nel suo cazzo ed alla fine eruttò tutta la sua sborra, abbondante, calda, vischiosa e si riversò nel ventre di Anna, che attendeva questo momento da molti mesi; l’essere montata da questo stallone e per giunta aver scoperto la possibilità di giocare con sua nuora, era una situazione che la eccitava ben al di là di quanto avesse mai potuto immaginare fosse possibile.
Anna si afflosciò, sfinita, sul petto di Priot e restarono entrambi così impalati l’una nell’altro per un paio di minuti; Francesca li guardava, seduta accanto a loro, beandosi della felicità della suocera che così si era liberata di mesi di sofferta astinenza ed anche di certi tabu che limitavano il suo modo di fare, la sua vita.
Le si avvicinò e la baciò sulla bocca .
Tutti e tre andarono a tuffarsi in mare per darsi una sciacquata e quando tornarono di nuovo a riva, si resero conto che era ora che si salutassero, ma non prima di essersi sistemati ed essere andati a bere un qualche cosa di fresco.
Si rivestirono; Anna e Francesca non indossarono le mutandine, ancora bagnate, e Priot, vedendole, le chiese per sé, come un ricordo; loro gliele lasciarono volentieri, sorridendo.
Dalla loro -magica!- spiaggetta, tornarono verso il centro.
Le due donne erano turbate dal sentire l’aria fresca della notte stuzzicare le loro passerine nude e, fino a quando non cominciarono ad incontrare altra gente, lasciarono che Priot gli tenesse le mani sui culi, palpandole affettuosamente.
Francesca ebbe un’ispirazione: si fermò, attirò il camionista verso di sé per un bacio e contemporaneamente fece avvicinare con la mano il capo di Anna, finchè non si trovarono con le labbra unite in uno stravagante bacio a tre e le loro lingue guizzarono da una bocca all’altra; lei palpò il sedere della suocera ed una mano le risalì le cosce, sul davanti; la sua beatitudine era tale che non indagò sul di chi fosse la mano che aveva cominciato ad accarezzarle le labbrine…
Dopo qualche centinaio di metri trovarono, alla fine, un chiosco di quelli aperti fino a tarda notte: c’era ancora parecchia gente e loro si sedettero ad un tavolino, lì sul marciapiedi: ordinarono da bere, brindarono al loro incontro ed alla fine si salutarono.
Priot era emozionato e un po’ anche loro due: era stata una esperienza forte e molto particolare, molto bella.
Lo baciarono a turno e poi si allontanarono, girandosi per salutarlo ancora con la mano.
Era notte inoltrata quando fecero ritorno alla loro stanza, ma questa volta tra le due donne era sparita ogni vergogna, ogni inibizione: si fecero la doccia assieme e poi dormirono nude nello stesso letto.
Si svegliarono il mattino dopo alle 11 ed il ritrovarsi nude gli fece capire che la serata precedente non era stata un sogno, che la sera prima si erano spogliate di molte inibizioni e falsi moralismi.
Avevano davanti a loro ancora alcuni giorni di vacanza, e chissà che non salti fuori da qualche angolo un altro Priot. Ma comunque, anche se non fosse saltato fuori, avevano entrambe trovato una compagna di giochi, per il resto della vita.

FINE

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