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Racconti Erotici Lesbo

Come un temporale.

By 10 Ottobre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

E’ una giornata grigia, nuvolosa. Molto fredda. Avanzo a passo lento lungo il marciapiede che costeggia le villette a schiera. Le mani rifugiate nelle tasche del jeans a sigaretta sono del tutto congelate. Idem il viso, esposto alla fredda brezza che accompagna la passeggiata.

Il cervello pieno zeppo di pensieri, di vario tipo. Gli occhi che osservano ogni minima cosa, con quell’aria in realtà apatica. Una piccola goccia di pioggia atterra violento sulla mia guancia sinistra. L’impatto fa sobbalzare le mie palpebre, distogliendo lo sguardo apatico dalla fine del vialetto. Distendo quella piccola creatura sul resto della guancia arrossata dal freddo. “Sta venendo a piovere, cazzo.” penso mentre ripongo nuovamente la mano in tasca. Nemmeno due secondi e altre due gocce atterrano sui miei capelli e sul mio viso. Ma da li a poco mi ritrovo impelagata nel bel mezzo di un temporale. Violento e rumoroso. Non sono per nulla infastidita dalla cosa in fin dei conti. Sentire quella potenza cadermi addosso, fredda, che accarezza ogni singola parte del mio viso. La gente che corre verso le macchine, all’interno della propria casa, sotto qualche possibile riparo, per non infradiciarsi. Mentre io rimango li, immobile, a godermi quel momento unico. Tutto mio.

I miei occhi chiusi e sognanti si spalancano al suono di una voce femminile di fronte a me. Adele, un’amica conosciuta da pochi mesi. 6 circa. Non me l’aspettavo proprio, infatti la mia faccia ha assunto un espressione da idiota patentata.

“Alex! Ma che cavolo ci fai sotto a sto temporale!?” mi guarda con un mezzo sorriso stampato sulle sue labbra rosso scuro, carnose. Ci metto qualche istante a ricollegare il tutto, e senza nemmeno rendermene conto scoppio in una risata. Quasi come se mi fossi appena resa conto del fatto che probabilmente tutti nei dintorni mi avranno preso per una pazza. Ride a sua volta, scostando un ciuffo dei miei capelli bagnati dal mio viso. Ora i sorrisi sono svaniti, pian piano. Mi guarda fissa negli occhi.

“E tu invece, cosa ci fai sotto alla pioggia? Sei pazza anche tu?” dico rompendo quel finto silenzio. Come frase è ironica, ma sul mio viso non traspare nessun’ironia. La mia mente ora sta viaggiando altrove. Cerco solo di occupare tempo.

“Ti ho vista e ti ho raggiunta. Stavi andando alla macchina?” continua a fissarmi. Mi sento un po’ in soggezione e quest’accensione di ormoni improvvisa mi spiazza alquanto. Ingoio un cumulo fastidioso di saliva accumulatasi nella mia bocca serrata. “No, in realtà sono a piedi. La macchina l’ho abolita per oggi.” Continuo a fissare insistentemente i suoi occhi, a loro volta fissi nei miei. Lentamente, quasi in modo impercettibile, mi avvicino a lei. Quasi ad arrivarle a pochi centimetri di distanza. “Ti accompagno con la mia, altrimenti ti prendi un collasso qua sotto.” Mi sorride, mentre con il capo mi fa cenno di seguirla. Come un cagnolino mi dirigo verso la macchina, al suo fianco, senza dire una sola parola, e senza fare alcun gesto. Il mio maglione di lana nero pece, addossato ad altre non so quante magliette, è ormai pieno zeppo d’acqua piovana. I jeans seguono quest’ultimo. Forse, e dico forse, si sono salvati i calzettoni, racchiusi in due anfibi ad altezza caviglia, mezzi consumati, con quel nero carbone sbiadito come colore, tutti semi slacciati. Arrivate alla macchina, attendendo l’apertura della centralizzata, mi permetto di sfoggiare un timido segno di brivido. Subito dopo mi fiondo sul sedile, richiudendo la portiera. Inizio a strofinarmi le mani, cercando invano di scaldarle. Poi scatto sull’attenti. “Cazzo! Ma così te l’infradicio tutta sta macchina Ade!” la guardo sconcertata. Con disinvoltura, inserisce la chiave nel cruscotto mettendo in moto. “Scaldati cretina.” sorride e ingrana la prima.

scorre sul monitor dell’autoradio. Una canzone bella carica, a parer mio adatta alla situazione. O a quella che si verrà a creare. Volendo. “Non sapevo ascoltassi i D.R.U.G.S.” continuo a guardare la strada. Per quanto si riesca a vedere dal parabrezza inondato, con tanto di tergicristalli impazziti. “Ti stupisco sempre di più eh?” sorride. “Li ascolto dal loro primo album. Diciamo che le loro canzoni mi invogliano a del sesso. Violento per precisare.” rimango impietrita al sentire quella frase inaspettata. Diciamo che la mia domanda non alludeva in qualcosa a base sessuale (o almeno, credo.). Una risatina di compiacimento fuoriesce dalle mie labbra socchiuse. “A me soprattutto questa.” Mantenendo il discorso appena intrapreso. Inizio a bacchettare sul cruscotto con l’interno degl’indici, seguendo il ritmo della canzone. “Quelle dita potresti usarle meglio. Invece che tartassartele così.” Un sorriso malizioso riempie d’espressione il suo viso pallido. Infila le dita tra i capelli, scostandoli alle sue spalle, all’indietro. Colgo la sfida, se sfida possiamo chiamarla. “Come vuoi tu. Cerca solo di mantenere salde le mani al volante.” Appoggio la mia mano sinistra sul freno a mano, mentre con la destra intrappolo la parte sinistra del suo viso. La mia lingua scorre lenta e bollente sul suo collo ancora bagnato. Sento i suoi brividi sulle papille. Annuso con foga il suo odore, così dolce ed eccitante. Accompagnato nuovamente dal suo primo forte respiro. “Mi rendi le cose difficili.” Dice a fatica, ma  ancora abbastanza contenuta. “E’ molto più bello fare le cose complicate, che farle facili finendole in fretta.” I miei denti affondano gentili nella sua carne. Mentre le dita stringono quasi graffiando la sua guancia arrossata d’imbarazzo. Inizia a contorcersi lentamente, anche se sento che non vuole che io me ne accorga. Il suo respiro ormai non inganna. E’ tutto mio. E’ mio succube. La mia lingua, assistita dalle mie labbra altrettanto carnose e pallide, cominciano ad assillare impetuosamente il suo orecchio. Insisto nel farle sentire il mio respiro eccitato e determinato. “Mi piace il gusto che hai. Sa di eccitazione.” Le sussurro da brava stronza. “Vedo che te ne intendi, buongustaia. Pff, stronza.” Cerca di ridere ma i respiri prendono il soppravvento, subito dopo trasformandosi in ansimi. “Io devo fermarmi. Cazzo, devo fermarmi.” Ripete nervosa e impaziente. Sorrido, continuando a leccare ogni centimetro del suo collo. Inchioda all’improvviso, facendomi quasi sbattere la testa sul cruscotto. “Ma che caz. Ehi!” urlo, divertita. Guardo dal parabrezza, e noto un enorme campo intorno a noi. Ma non faccio in tempo a girarmi che mi ritrovo la sua lingua calda ed impetuosa all’interno della bocca. Vengo spinta con violenza contro lo sportello, mentre la sua mano afferra i miei capelli per stringerli. Un mugolio di approvazione echeggia dalla mia gola. Ora gli ansimi riempiono la macchina. Fortunatamente il tutto è accompagnato dai miei amati Prodigy, che suonano carichi ad alto volume. Afferro il suo viso con entrambe le mani, portandola a spingere la sua lingua fino in fondo alla mia bocca. Faccio scivolare il mio labbro superiore sul suo inferiore, per poi rinchiuderlo in una morsa mega eccitata. Amo mordere le labbra, e le sue sono perfette per questa mia fissa. Poi la guardo. Con uno sguardo a mò di felino in tempo di caccia. Ma la sua mano, quella tra i capelli, fa leva all’indietro, tirandomeli, e costringendomi a indietreggiare con il capo. Una piccola smorfia di dolore sul mio viso. La mia lingua esce dalle labbra socchiuse, iniziando ad accarezzare il labbro superiore, inumidendolo.

I suoi capelli nero corvino, lunghi fino a sotto le scapole, gocciolano sui miei vestiti, altrettanto ancora fradici. La sua mano, dai miei capelli, scivola fino all’orlo delle mille maglie che indosso, tirandole via. Il busto è ormai nudo. (Questa mattina non avevo sbatti di mettere il reggiseno.). I miei capezzoli sono del tutto turgidi ed eccitati, infreddoliti e attorniati da pelle d’oca. Afferra l’anello a fascetta attaccato alla catena che indosso come collana. Tirandola comincia a leccare il mio collo, poi il mio orecchio, subito dopo il mio viso. Intravedo i suoi occhi azzurri ghiaccio colmi di voglia. Voglia di quelle dita che poco prima bacchettavano sul cruscotto. Infilo le mani all’interno dei suoi jeans, accarezzando i suoi glutei perfetti e caldi. Mi presto a sbottonare la fibbia, per poi abbassarle il tutto. Si solleva, rimanendo con il capo piegato in obliquo, causa capotta della macchina troppo bassa, mentre le sue labbra socchiuse mi chiamano a sé. Il suo sguardo assiste ad ogni mio movimento, desideroso di scoprire la continuazione. Delicatamente varco il suo ventre con le mie labbra, scoprendole la pancia dalla felpa scura ed ingombrante, portando la mia mano ormai tiepida in mezzo alle sue cosce pallide, semi aperte. L’accarezzo. E questa volta le mie dita non sono bagnate di acqua piovana. Avvolge la mia nuca con le sue mani tremanti, cominciando a gemere, leggermente, innocentemente. Si muove lenta sulle mie dita, pulsante.  Sento bruciare nelle vene, e i muscoli non fanno altro che attendere la propria contrazione. La sua mano ora afferra il poggiatesta del sedile al suo fianco, cominciando a stringerlo con foga, graffiandolo. Poi decide di fare la stessa identica cosa ma sulle mie spalle nude, e sulla mia schiena. Le sue unghie graffiano senza ritegno la mia carne, e una cascata di brividi invade il mio corpo. L’eccitazione nell’aria è alle stelle, sto impazzendo e non reggo ancora per molto da non penetrarla come si deve. Ma desidero che duri un po’ di più. Spalanca velocemente la portiera dalla sua parte, e mi tira per la collana, obbligandomi a seguirla. Il temporale è ancora in corso, un pochino più tranquillo di prima, che batte violento sui nostri corpi semi nudi. Appoggia le sue natiche perfette al cofano anteriore dell’auto, tirandomi a sé. Per l’ennesima volta la sua lingua nella mia bocca. Le sfilo la felpa, la canotta e in seguito le slaccio il reggiseno a balconcino nero. Mi abbasso con il viso, intenta a leccarle il seno, poi i capezzoli, turgidi dal freddo e dall’eccitazione. Lei mi spinge la testa sempre di più contro di esse, mentre i gemiti prendono vita. Porto due delle mie dita tra le sue cosce, entrando dentro di lei. Non se l’aspettava di certo, visto che si irrigidisce all’improvviso, spingendo con il bacino contro il mio stomaco. Il movimento inizia veloce, dentro e fuori, mentre il pollice sbatte contro il suo clitoride. Mi abbassa i jeans, subito dopo i boxer. Appoggia le mani sul mio culo, e nuovamente mi tira su di lei. Mi geme e mi ansima all’orecchio per poi morderlo violentemente. Ora il gemito esce dalla mia di bocca, ma di dolore. Mi porta a velocizzare il movimento delle dita, ma questa volta con l’aggiunta di un terzo dito. Geme ancora più forte, strusciando la sua schiena sulla carrozzeria bagnata. Mi prende per il capelli, porta il mio viso in mezzo alle sue gambe. La mia lingua ora si occupa del clitoride eccitato, mentre le dita continuano a penetrarla. La cosa che mi eccita maggiormente sono i suoi gemiti e il suo bacino che si muove contro la mia bocca aperta. Il suo corpo inizia a tremare, inizia ad agitarsi, mentre mi stringe i capelli. “S..sto..venendo…” spalanca la bocca, perdendosi  nei meandri del suo orgasmo. La mia bocca si bagna lentamente sempre di più, con quel gusto dolce. Muovo la lingua ancora per pochi istanti, poi mi stacco, leccandomi le labbra. Le bacio il ventre, poi il seno, infine la sua bocca, ancora semiaperta. Mi stringe a lei, alzandosi dal cofano. Ride. “Preparati ad avere un bel febbrone domani.” Rido a mia volta, stringendole i fianchi. 

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