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Errori

By 22 Dicembre 2016Dicembre 16th, 2019One Comment

A nessuno piace l’ora di inglese, specialmente se é tenuta dalla Baciocchi, una donnina acerba ed infuriata con la vita. E’ insopportabile per chiunque e per di pi’ ha un modo di spiegare inespressivo, che induce sonnolenza anche nei più volenterosi. Inoltre é molto pretenziosa: Si arrabbia parecchio se qualcuno si distrae o fa rumore, lanciando cancellini, scrivendo note sul registro e abbassando i voti. Parecchie persone sono state bocciate a causa delle sue sfuriate nei consigli di classe.

Malgrado questo nelle sue lezioni riusciamo a distrarci con un briciolo di accortezza. La Baciocchi ha infatti una parziale cecit’; nonostante i fondi di bottiglia che porta appoggiati sul naso, oltre al mezzo metro il suo sguardo non riesce a spingersi. Noi cinicamente sfruttiamo al meglio il suo problema. D’altra parte, una troia del genere non si merita né il nostro rispetto né la nostra considerazione. Ci basta studiare il minimo e scopiazzare per raggiungere la sufficienza nelle sue verifiche.

Ad ogni modo oggi c’é la Baciocchi e ciascuno si prodiga in silenziosi passatempi… Chi improvvisa una partita a carte, chi comunica con bigliettini, chi gioca col gameboy.
Quanto a me, affezionato all’angolo dell’ultima fila di banchi fin dal primo anno, contavo di farmi un sonnellino, approfittando del fatto che Cristina, mia compagna di banco non avrebbe potuto parlare per i prossimi 50 minuti.

Ecco, Cristina, ragazza etiope adottata durante l’infanzia, gran chiaccherona, allegra e tratti tipici africani: longilinea, occhi grandi e scuri, labbra carnose, massa di capelli ricci invidiabile. Abbiamo sempre avuto una simpatia reciproca, ma non é mai scattata la scintilla che ci ha fatto fare quel passo in pi’ oltre ad essere semplici amici.

Stavo con la testa appoggiata sul banco per riposarmi un po’ e sento una gomitata di Cristina. Apro gli occhi e la guardo. Lei sorride e con un’espressione furba mi fa segno di guardare nei banchi davanti al nostro. L’ ci stanno le due oche: Anna ed Elisabetta.
Sono di una superficialit’ esemplare e un po’ sciocche: stanno sempre a spettegolare, a parlare di ragazzi conosciuti o vestiti comprati recentemente.

Loro sono del club cellulare: quelli che appartengono a questa categoria durante le ore di inglese fissano lo schermo e si scrivono con chiss’ chi per 50 minuti.
Guardo Cristina con un’espressione interrogativa: Che c’é di interessante? Di tutta risposta lei solleva le sopracciglia, apre gli occhi, piega la testa, invitandomi a guardare meglio.
Allungo di poco il collo e in effetti capisco. Le due ragazze davanti a me tengono la testa un po’ vicina ma c’é uno spazio in cui si pu’ vedere quello che c’é sullo schermo:
Un ragazzo della nostra et’, atletico, muscoli ben definiti e un cazzo di buone dimensioni.
S’, perché in effetti il ragazzo é nudo.
Ci viene un po’ da ridere ma riusciamo a trattenerci.
Continuiamo a guardare, ormai siamo curiosi di vedere cosa stanno facendo quelle due.
Elisabetta, quella che sta tenendo in mano il cellulare sta scorrendo una chat di qualche applicazione che non riconosco. E’ troppo lontano per vedere cosa c’é scritto ma le foto si vedono benissimo, anche perché la proprietaria del cellulare ogni volta che ne incontra una la ingrandisce per mostrarla meglio all’amica, che sorride compiaciuta.

E ce ne sono parecchie!
Una davanti, una di spalle, una allo specchi, sul divano. Tutte col cazzo duro bene in mostra e i testicoli in evidenza. In una lo stringe, in un altra si accarezza pi’ in basso, in una afferra tutto con una mano.
C’é anche un video, a quanto pare , e Elisabetta dopo un attimo di esitazione, lo fa partire. Lui é in bagno semi nudo, si accarezza sopra i boxer neri e si scopre piano. Sedendosi a bordo vasca si spoglia comp la sua forma letamente iniziando a masturbarsi e facendo ingrossare il pene che da molle diventa durissimo in poco tempo.

Rivolgo uno sguardo a Cristina ma é concentrata sulla scena, con le labbra poco dischiuse. Ovviamente, é interessata: la conosco bene e so quanto la intrighino le situazioni inusuali. Riporto la mia attenzione al video.

Ora il ragazzo si sta masturbando velocemente; é chiaro che sta per venire. Tutta questa situazione non aveva lasciato la mia metà inferiore indifferente, un po’ per le due oche che si divertivano a guardare le seghe di questo ragazzo, un po’ per le labbra di Cristina. Iniziavo ad avere un’erezione vistosa e quel giorno, malauguratamente, indossavo dei pantaloni da tuta, cosa che la faceva risaltare ancor di pi’.

Per fortuna la mia amica é distratta da quello che succede davanti e ho il tempo di sistemarmi, spostando il mio amico sulla coscia sinistra: Sembra che abbia qualcosa in tasca e non mi preoccupo pi’ molto.
Intanto il ragazzo del video sta venendo abbondantemente e lo sperma si distribuisce pancia a gocce e gli imbratta la mano, colando pi’ gi’ sulle palle. Alla vista di questa scena, un po’ per riflesso, il mio cazzo ha qualche contrazione, come se stesse reclamando un po’ di attenzioni.

Anna sembra apprezzare il video e si lecca le labbra esageratamente, come se fosse uno scherzo, mentre Elisabetta la guarda trattenendo una risata. Anche Cristina vedo che si sta toccando le labbra e stringendo le gambe. Intanto, la presenza che ho nei pantaloni non fa che diventare più ingombrante.
Finito il video le due amiche proseguono nella chat, fino a quando Anna non vede delle foto mandate da Elisabetta. La proprietaria del cellulare fa per nasconderle ma l’amica é pi’ veloce. Le prende il telefono dalle mani e le apre, mentre con aria dispettosa le fa segno di stare zitta.

Questo é decisamente più interessante di un ragazzo che si sega. Si vedono immagini di un sedere generoso incorniciato da un perizoma azzurro e da un seno altrettanto generoso dentro a un reggiseno ovviamente troppo stretto. E’ proprio quello di Elisabetta, che nel frattempo sta arrossendo, ma non sembra farsi davvero grossi problemi a mostrare queste cose all’amica. Intanto Anna scorre la galleria senza piet’.

Compaiono foto in posizioni oscene e provocanti, davanti allo specchio, a pecorina, seduta su una sedia a gambe aperte mentre una mano si stringe un capezzolo e l’altra apre le labbra della vagina. Ce n’é anche una serie con una banana: Prima in bocca, umida di saliva tra il seno, a strusciare prima i capezzoli e poi la clitoride. Complimenti alla nostra Elisabetta.

Intanto Anna esce dalla chat e fruga tra le foto salvate, trovandone altre in cui si regge il seno. E qualche video. Ne apre uno a caso: E’ la scena di un pompino e la protagonista é proprio Elisabetta. Devono essere proprio in confidenza quelle due per condividere così le loro esperienze. Alla vista di quel video Cristina sobbalza, così come la mia erezione ha dei sussulti evidenti: é al massimo, la cappella vibra chiedendo un po’ di piacere.
A questo punto non posso che soddisfarla, e inizio ad accarezzarmi da sopra i pantaloni, stringendomi piano il cazzo, rendendo così evidente il suo profilo.
Cristina nota le mie mosse, abbassa lo sguardo tra le mie gambe e sorridendo maliziosa riporta lo sguardo avanti, dove Elisabetta é impegnata in un pompino da manuale. Lui tiene una mano dietro alla sua testa e la costringe a prenderne pi’ che pu’ fino in gola. Lei lo guarda con le lacrime agli occhi, con uno sguardo di sfida; la saliva le cola sul mento, mentre é ingiocchiata tra le gambe dell’uomo e lecca il cazzo avida.

La mia amica mi rivolge uno sguardo complice, sussurrando un’ “Ahpperò… Buon appetito…”

Intanto il video prosegue: Elisabetta sta segando l’uomo prepotentemente mentre la lingua batte colpi decisi sui coglioni. Succhia forte e l’uomo ha un fremito intenso.

La nostra compagna del video risale con la lingua ad avvolgere la punta dell’uomo e a stimolargli il frenulo. Ho la cappella gonfissima: Come vorrei essere al suo posto in questo momento.
Con la mano ridiscende a stringergli le palle e poi con la bocca a succhiargliele con forza mentre il pezzo di carne le sbatte contro la fronte. In quel momento l’uomo sussulta, ha delle contrazioni intense e inizia a sborrare: Uno schizzo le finisce contro i capelli e un altro in un occhio. Elisabetta lo riprende in bocca e la mano dell’uomo preme contro la nuca mentre gli schizzi continuano a uscire dentro la sua gola causandole un colpo di tosse e facendo sbrodolare saliva e sperma alla base del cazzo.
Ho decisamente una sensazione di bagnato dentro ai boxer. Il mio amico più in basso reclama attenzioni. Non sei simpaticissimo quando fai così, eh…

Nel frattempo Anna ed Elisabetta si sono messe fitte fitte a comunicare su un bigliettino e hanno lasciato perdere il cellulare. Per fortuna c’é l’intervallo tra non molto e posso andare in bagno a sistemarmi, sperando che nessuno noti nulla.

Infatti poco dopo suona la campanella e io schizzo fuori dall’aula, tra il vociferare che si é fatto più intenso della classe e la voce di Marco, il più coglione e leccaculo della classe, che urla rivolto a me: “Oh, ti stai cagando addosso, neh?”. Faccio in tempo a sentire il risolino di Anna, prima di imboccare il corridoio a grandi passi e raggiungere il primo bagno disponibile per sistemarmi: osservo l’interno dei boxer e i pantaloni; beh, dai pensavo peggio.
Mi sistemo come posso, esco dal bagno, faccio scendere un caff&egrave dalle macchinette e rientro in classe. Cristina é seduta al banco un po’ assorta, quando mi vede mi sorride, mentre riprendo posto vicino a lei.

“Ti é passata?”, dice sollevando un sopracciglio ed abbasando lo sguardo verso il mio pacco. Rido di gusto per la sua espressione: “Sì, decisamente meglio…”. Tra me e Cristina non c’ é mai stato nulla di serio, soltanto un po’ di petting durante serate di ubriachezza spinta. D’altra parte abbiamo un’amicizia sincera che ci lega.
Cristina é una ragazza spigliata e libertina, bisessuale convinta, non le piace avere relazioni fisse, né con uomini né con donne ed é eccezionale quando si tratta di manipolare persone di ambo i sessi. Certo, sarebbe temibile prendere una cotta seria per lei…
Mi appoggia una mano sulla spalla e mi sorride sorniona: “Mentre eri fuori ho fatto una cosa mooolto interessante”.

Tira fuori il cellulare e mi spiega: “Le due cretine sono uscite subito a fumare e hanno abbandonato il cellulare acceso sotto il tavolo” Guardo più avanti e vedo una luce che illumina il sottobanco. I sottobanchi sono delle scatole chiuse su tre lati nella nostra scuola, quindi la luce si vede soltanto dalla nostra posizione.
“Beh, quindi?” replico.
“Quindi cosa? Sei sempre stato un po’ tardo per le idee giuste al momento giusto tu” ride divertita “Ho preso il cellulare della nostra Eli e ho copiato i video”
La guardo stupefatto e, se non conoscessi davvero bene Cristina, l’idea che si affaccia alla mia mente sarebbe respinta immediatamente.
Lei prosegue sottovoce: “Stai capendo vero?” Sei malvagia Cristina, come sei malvagia quando vuoi. Malvagia con la M maiuscola.
“La ricatterò e magari riuscirò a divertirmi un po’ con lei… Già quando eravamo in prima avevo adocchiato quelle tette enormi nello spogliatoio… Dopo cinque anni ti garantisco che sono solo migliorate”

La adoro quando fa così. Inizio a guardarla interrogativo, lei nota la domanda che mi si affaccia sulle labbra e continua: “Beh potrai divertirti un po’ anche tu magari… Ti lascerò guardare.” E scoppia in una fragorosa risata. Sono coinvolto dal suo entusiasmo e mi unisco al suo divertimento: “Stocazzo, vedrai se guarderò soltanto”. La fine dell’intervallo arriva relativamente presto tra una chiacchera e l’altra e le lezioni riiniziano. Inutile dire che la mia mente é altrove.
La campanella suona l’ultima ora e una mandria di studenti esce svogliata dalle aule e si riversa nei corridoi. Nel rumore diffuso, Cristina mi sussurra in un orecchio: “vieni da me oggi che facciamo una ricerca sul materiale che abbiamo recuperato”.

… Non vedo l’ora!

Mi presento alle 15 alla porta di Cristina, dopo un pranzo veloce, una doverosa penichella ed essermi reso più che presentabile. Abita abbastanza vicino a me e il tragitto lo percorro in bici.

Lei mi apre e la squadro da capo a piedi. E’ proprio in versione casa: tuta, piedi nudi e maglietta larga. “Dai non stare lì impalato a guardarmi, entra”.
Mi accompagna fino alla sua camera, mentre dice “Siamo soli oggi”. Mi é sempre piaciuta la casa di Cristina, ma in particolare la sua camera. E’ molto “sua”: piena di oggetti etnici, libri e vecchi dischi di musica che piace ad entrambi.
“Guarda che devi darmi una mano con Mate prima… Hai già fatto gli esercizi?” mi chiede.
Non li ho ancora fatti, ma sono bravo in questa materia e mi metto all’opera di buona lena, mentre lei un po’ guarda quello che faccio, un po’ trabatta col cellulare. E io che speravo di fare la nostra ricerca… Finisco dopo poco e ci sdraiamo sul letto mentre le spiego gli ultimi argomenti. Lei si alza a ricopiare gli esercizi mentre la aspetto sdraiato supino. Finisce in fretta e furia e afferra il cellulare. Guardandomi, dice: “Iniziamo, dai”.

Si sdraia di fianco a me, apre la galleria del cellulare e mi fa vedere quello che ha trasferito stamane: Ci sono una decina di foto e due video. E’ stata brava a trasferirne così tante in così poco tempo.
Alcune foto sono quelle che abbiamo visto assieme stamattina, altre sono inedite. Sorride e la sua bocca si apre sui suoi denti bianchissimi: “Guarda questa!” e scoppia in una fragorosa risata. Elisabetta é ripresa di lato a pecorina con delle orecchie da volpe ed un plug con una coda pelosa infilato nel culo. Il mio basso ventre sussulta. Dall’altra parte della stanza c’é uno specchio che riflette chi sta scattando la foto: é nudo e ha qualche pelo sparso per il corpo e il fisico asciutto, anche se non proprio tonico. Il volto é coperto dalla mano e dal cellulare e non é riconoscibile. Sicuramente non é lo stesso che si é fatto una sega nel video, quello era bello depilato e muscoloso.
“L’hai notato anche tu, vero? La nostra Elisabetta non é proprio casa e chiesa come vuole lasciare intendere…” dice Cristina sbellicandosi.
Direi proprio che ha ragione; chi se lo sarebbe aspettato? E dire che é sempre sembrata la classica ragazzina un po’ scema. Credo che per un buon periodo abbia pure frequentato l’oratorio.
Inizio ad avere un’erezione prepotente e devo mettermi a sedere a gambe incrociate per restare comodo. La mia amica mi guarda e poi mi fissa il pacco: “Che c’é, ti sta venendo duro?”
“Certo che sì, non sono così insensibile a… Tanta poesia” Ridiamo assieme, il morale é alto e questa faccenda ci sta divertendo parecchio. Cristina continua a scorrere le foto.

Quella successiva é stata scattata nello stesso momento della precedente, solo che l’inquadratura é dall’alto: il ragazzo la sta fottendo e il suo membro é infilato per metà dentro la vagina, mentre la coda da volpe é spostata di fianco per permettere alla fotocamera di riprendere meglio. Inoltre ha un tatuaggio, proprio sopra il culo. Un tatuaggio? Guardo Cristina interrogativo. “Nemmeno io lo sapevo. Dev’esserselo fatto recentemente. In effetti non fa quasi mai educazione fisica ultimamente, sembra quasi che le vengano le sue cose due volte al mese e quelle poche volte che partecipa alle lezioni é sempre l’ultima a cambiarsi assieme ad Anna… Non l’avevo mai notato”.
Passiamo ai video. Uno sembra quello che avevamo già visto e lo riguardiamo meglio assieme, alzando il volume. E’ proprio quello di stamattina: lei succhia ingorda, lecca le palle, sbrodola e lo sperma esce a fiotti. La sua lingua fa un gran rumore e qualche volta ha dei colpi di tosse, lui geme forte e la incita con una voce profonda. Come possiamo non esserci mai accorti di questo lato nascosto della nostra compagna? D’altra parte lei si comporta sempre a modo, addirittura al limite del reazionario. Scoprire questo suo lato da puttana mi fa eccitare tremendamente: non resisto e mi massaggio il pacco con discrezione, accarezzando la cappella. Cristina commenta apertamente: “é inaspettatatamente vacca”.
Passiamo al video successivo. E’ quello in cui lei é vestita da volpina. Vestita per modo di dire… Lui la fotte piano e la chiama con epiteti tipo “troietta”, “cagna”, mentre lei lo guarda vogliosa da dietro la spalla. A questo punto, appoggio una mano, quasi senza pensarci troppo, dietro la nuca di Cristina e lei si gira, guardandomi furbescamente e sorridendo. Adoro i suoi capelli: una massa di ricci enorme. Spesso infilo la mano nella chioma e la accarezzo e, malgrado il momento, non l’avevo fatto con malizia. Evidentemente lei, guardandomi così, aveva inteso in modo diverso. Tanto meglio se succede qualcosa.

Il video prosegue e il ragazzo aumenta il ritmo. Immagino sia lo stesso del video precedente, essendo che la voce é molto simile. Adesso la scopa veramente forte e lei urla. Lui si ferma: c’é un momento di confusione in cui l’inquadratura si fa buia, silenzio e poi ecco che riappare Elisabetta, con una ball gag rossa in bocca legata dietro la testa con una striscia di cuoio e la saliva che inizia a inumidirle le labbra. Lui a questo punto estrae la coda dal culo: é un plug nero, bello grosso. La nostra ochetta urla e si gira a guardarlo con gli occhi bagnati dalle prime lacrime. Lui afferra il suo arnese e lo punta contro lo sfintere, iniziando a fotterla senza pietà: lei urla e affonda la faccia nel letto, non si capisce nemmeno se apprezza il trattamento o se non riesce a sopportare il dolore. Lui urla: “Troia inutile, sei solo uno sborratoio… Ti riem…pio il culo!”. L’inquadratura si avvicina al buco impalato e il cazzo, con intense e visibili contrazioni che mettono in risalto tutte le vene, scarica il liquido contenuto nelle palle dentro alla nostra compagna di classe, che mugugna rumorosamente dentro l’imbavagliatura. E’ un vero spettacolo e pensare che la protagonista del video é una persona con cui ho passato sei mattine a settimana negli ultimi cinque anni mi fa eccitare ancora di più.

A questo punto il video si ferma e Cristina mi fissa: “Certo che é proprio troia la nostra Eli” e si mette a ridere. “Ci divertiremo a ricattarla!”. Ah già, era questo il piano originale, me ne stavo dimenticando.

Nel frattempo la mia mano era finita un po’ più in basso ad accarezzarle la schiena. Noto adesso che non indossa il reggiseno. Lei si volta e mi sposta la mano bruscamente: si vede che avevo frainteso il suo sguardo di prima…
Infatti, si alza seduta, sorride portando il viso a mezza spanna dal mio e mi dà una strizzata improvvisa al pacco, afferrando cazzo e palle contemporaneamente, facendomi sussultare per il piacere.
Esclamo bruscamente, sorpreso: “Ehy! Che fai?”
Lei ride e recita la parte della ragazza vogliosetta, abbassando lo sguardo ed assumendo un’espressione lasciva degna dei peggiori porno: “Oh, oh… Cos’abbiamo qui… Complimenti…”
Si alza con una fragorosa risata e mi strizza l’occhio: “Andiamo a berci un caff&egrave, abbiamo un piano da preparare”.
A volte mi sembra che nasconda dentro di lei un piccolo rugbysta.

Seduti al tavolo della cucina discutiamo su come gestire la situazione con Elisabetta. Entro mezz’ora troviamo un accordo ed é praticamente tutto deciso. Chiacchieriamo del più e del meno, fino a quando non torna la madre. “Ciao Cristina… Ah ma c’é anche Norberto!”. Due convenevoli: come stai, come non stai, ti piace ancora matematica?, ascolti sempre tanta musica?.
Sono sempre stato simpatico a sua madre, forse anche per gli interessi inusuali che ho per uno della mia età e per uno della mia generazione.
Saluto e mi avvio verso casa, ripensando al nostro piano.

Ore 15.30
Sono al bar, aspetto Elisabetta.
E’ il classico bar per vecchi: tavoli e panchine di legno all’esterno, in vero stile Sagra della Salamella. E’ appena iniziata la primavera e all’interno non c’é nessuno, salvo la barista, una cinesina, che a stento parla italiano e al momento é occupatissima col suo cellulare. Tanto meglio: avremo più riservatezza.
I posti all’esterno invece sono tutti occupati da perdigiorno e da anziani col bianchino in mano, assidui giocatori di Briscola e Scopa; nessuna tra queste persone mi conosce.
A differenza dell’esterno l’interno ha il suo perché: tutto in legno, tavoli massicci e belle sedie imbottite a circondarli. Ci sono anche dei posti contro il muro, nascosti alla vista della cameriera. Scelgo uno di questi.
Cristina ha mandato un messaggio a Elisabetta l’altro ieri, provandole di avere il materiale che la riguarda e invitandola ad un incontro per oggi pomeriggio, Sabato. Peccato che Cristina non ci sarà e sarò presente soltanto io. La nostra compagna nemmeno é venuta a scuola negli ultimi due giorni: deve proprio avere un brutto mal di pancia. Ordino un’acqua tonica con ghiaccio e limone e ripasso mentalmente ciò che devo dirle.

L’ingresso é circondato da vetrate e posso tener d’occhio l’esterno. Eccola: Si aggira tra i tavoli fuori cercando con lo sguardo Cristina. Povera Sciocca.
Qualche avventore si volta e commenta il suo corpo esplosivo in dialetto stretto, lei si imbarazza e finge di non sentirli. Dopo tutto quello che combini hai anche il coraggio di imbarazzarti? In effetti, attira parecchia attenzione: indossa una camicia aperta sopra ad una canottiera grigia parecchio scollata, sottile e aderente, che lascia intravedere il profilo del reggiseno. Il mio basso ventre inizia a scaldarsi e sento il sangue fluire, già a pregustare quello che accadrà. Ecco, ora capisco meglio: é tutta una recita quella che allestisci sempre, dalla tua aria innocente al tuo finto moralismo che ogni tanto sfoggi. Ti piace essere guardata ed eccitare.
Non trovando Cristina all’esterno avanza verso l’ingresso e varca la soglia. Butta un occhio all’interno e non mi vede. Chiede alla cameriera se c’é qualcuno all’interno. Sento un accento orientale: “Là dietlo”. Si avvicina e vedendomi sussulta. Sorpresa, vero?
“Ciao Elisabetta! Che ci fai qui?” é evidentemente preoccupata di aver trovato qualcuno che la conosca e che di fatto impedirà il suo incontro con Cristina.
“Oh, ciao Norberto… Niente di che, passavo di qui e mi é venuta sete”
ToViene aperta wikipedia, sulla pagina di Hegel. Le dico di andare sulla lingua inglese, che solitamente fornisce risposte migliori. Già in italiano avrebbe fatto fatica a capire qualcosa, figurarsi in un’altra lingua. … agitatissima: aspetta risposta. Dopo poco abbandona il cellulare sul tavolo, innervosita, dicendo che non riusciva a capire quasi nulla e che stava finendo internet. Come previsto, estraggo il mio apparecchio e cerco il filosofo. Intanto la osservo silenziosamente da dietro lo schermo e noto le frequenti occhiate che manda al cellularnta! Potevi inventare una scusa migliore: “Davvero? Pensavo stessi cercando qualcuno. Ho sentito la domanda che hai fatto alla cameriera”. Sta prendendo una piega migliore di quella che mi aspettavo: silenziosamente gioisco.
“Beh sì, ecco, avevo un appuntamento con un’amica da queste parti che però non si trova da nessuna parte e ho deciso di fare un giro e poi mi é venuta sete e ho pensato che fosse entrata anche lei qui… é l’unico locale che c’é da queste parti! Tu? Stai studiando?” Dice, vedendo lo zaino che mi porto appresso. Sembri proprio agitata, cara Elisabetta, parli velocemente, quasi non si capisce quello che dici.
“Non proprio… Abito qui in zona ed ero a far due passi e sono entrato soltanto a bere un’acqua tonica. Già che ti vedo qui vorrei chiederti un paio di cose su Hegel che non mi sono chiarissime, puoi aiutarmi?” Palla colossale, sono un asso della filosofia.

Lei cerca di tergiversare, insiste che deve andar via per incontrarsi con la sua amica. Insisto più di lei e le dico di aspettarla qui con me. Alla fine cede e prende posto di fronte a me, ordinando una coca-cola. Un gin lemon ti rilasserebbe di più, cara mia. Non ci siamo mai andati a genio io e lei, mantenendo per tutti questi anni un silenzioso disprezzo reciproco.
Faccio finta di farle due domande su Hegel, domande a cui lei non sa rispondere. Arranca sugli argomenti e, a corto di idee, estrae il cellulare per cercare su wikipedia una spiegazione.
La osservo attentamente e noto che immediatamente apre whatsapp e toccando il contatto salvato come “CriNegra”. Beh, Cristina é la mia migliore amica e ho ben presente la sua foto profilo di whatsapp: questo, oltre al nome inequivocabile, mi permette di riconoscere immediatamente a chi sta scrivendo.
Evidentemente vuole rimandare l’incontro. Le butto lì una frase, apparentemente innocente: “Oh, ma stai scrivendo a Cristina? Non pensavo foste in buoni rapporti. E’ lei che devi incontrare?”
“Mannò… &egrave che dovevo chiederle cosa avevamo fatto di arte e visto che abita in zona passavo da lei due minuti…” Risponde agitandosi tutta. Cerca di nascondere lo schermo e non vedo cosa le scrive. Sicuramente Cristina ha già letto il messaggio della nostra vittima, ma avevamo già deciso che non risponderà per nessuna ragione. Già mi immagino la mia migliore amica farsi delle grosse risate, sdraiata sul lettto, agitando le gambe in aria, pregustando il momento in cui sottometteremo Elisabetta.

(Continua…)

Finalmente Elisabetta apre wikipedia, sulla pagina di Hegel. Le dico di andare sulla lingua inglese, che solitamente fornisce risposte migliori. Già in italiano avrebbe fatto fatica a capire qualcosa, figurarsi in un’altra lingua. E’ agitatissima: sta aspettando una risposta da Cristina che non arriverà mai. Dopo poco abbandona il cellulare sul tavolo, innervosita, dicendo che non riusciva a capire quasi nulla e che stava finendo internet. Allora, estraggo il mio apparecchio e cerco il filosofo. Intanto la osservo silenziosamente da dietro lo schermo e noto le frequenti occhiate che manda al cellulare. Benissimo, é il momento.
Vado nella mia galleria, abbasso il volume a zero, apro il video del pompino che mi ha mandato Cristina, lo guardo fino al momento in cui lui le sborra in faccia e blocco l’immagine.
Sono eccitatissimo, del mio cuore non si riuscirebbero a contare i battiti, tanto va veloce.

“Eli, credo di aver trovato la risposta alla nostra domanda”.

Volto lo schermo verso di lei. Vede l’immagine e sbianca, imbambolata.

“Bene, se non hai ancora capito te lo spiegherò: Io e Cristina ti sottometteremo. Diventerai nostra schiava. Sempre che tu voglia mantenere questo materiale segreto… Farai tutto quello che ti verrà ordinato” La osservo attentamente, in silenzio. Non ha nessuna reazione, é pietrificata, trattiene il respiro
“Stai capendo?”.

Lentamente porta le mani al volto e, faticosamente, riprende a respirare. Mi lecco le labbra: sto pregustando i prossimi avvenimenti.

“Tutti sapranno quello che fai: avrai la reputazione rovinata, i tuoi amichetti ti daranno della vacca, i tuoi genitori sapranno quanto sei troia. Magari con un po’ di fortuna potresti anche rimorchiare qualche cazzo in più, visto che tutti sapranno quanto sei vogliosa e porca…” Rido piano.
“Hai capito?” Annuisce.
“Obbedirai?” Silenzio.

Poi annuisce ancora, da dentro le mani.

“Benissimo, togliti una scarpa”

Si scopre il volto e mi guarda sorpresa. Che spettacolo. Ha proprio un faccino innocente, incorniciato da capelli castani lunghi, la carnagione leggermente abbronzata. Le labbra, rosse e un poco carnose, tremano appena dischiuse. Con un’aria interrogativa, la fronte corrucciata e gli occhi umidi, si piega molto lentamente verso il basso, si slega i lacci e se la toglie.

“Mettila sul tavolo”

Esegue. Una scarpa bianca, praticamente nuova, di tela. Solo i bordi della suola sono leggermente sporchi.

“Solleva il piede da sotto il tavolo e dammelo in mano” Afferro il tallone e le tolgo il fantasmino. La tiro per la gamba e lei si irrigidisce, sospetta. Appoggio la pianta del piede contro il mio pacco.
“Massaggia”

E’ immobilizzata ma, lentamente, sento le dita del piede muoversi, il mio cazzo, già duro, irrigidirsi ancora di più. Appena sente la mia erezione si blocca, cerca di sottrarsi.

“Rimani dove sei”

Riporta docilmente il piede in posizione e con la mano la guido a massaggiarmelo. Sento le sue dita percorrerlo in tutta la lunghezza: premendo contro ogni irregolarità, arrivano a sfiorarmi l’orlo della cappella, causandomi un brivido.

Osservo il suo visino: é contratto in una smorfia, le labbra incurvate all’ingiù. E’ sull’orlo del pianto, ma voglio insitere ancora.

“Non fermarti. E prendi la tua scarpa e lecca la suola”. Ha gli occhi sbarrati, non vuole credere alle sue orecchie. Prende in mano la sua scarpa, apre la bocca, stringe gli occhi e tremando appoggia la lingua contro la suola. Una lacrima scende e le riga la guancia destra. Che scena meravigliosa. Estraggo il telefono per immortalare il momento e lei mi guarda con rabbia.

Sussulta, si blocca. Il volto diventa una maschera di rabbia. La sua dignità si fa sentire. E poi fa l’inaspettato: mi lancia la scarpa addosso.
Ok, questo non l’avevamo calcolato. Per fortuna mi manca. E’ accecata dalla furia e mi urla addosso:
“Sfigati di merda, figli di puttana, non riuscirete mai a fare con me quello che volete”. Singhiozza: “Provateci! Provateci a mandare in giro quella roba! Mio padre mi proteggerà, vi denuncerò, le vostre vite saranno finite! CAPITO? FINITE!”
Si alza e correndo via si rinfila la scarpa. Dimentica il fantasmino.
Merda, abbiamo toppato alla grande.
Rimango fermo qualche minuti, senza riuscire a pensare a nulla.

Appena mi riprendo, afferro il calzino e lo infilo nello zaino. Non che sia un feticista dei piedi: sarà solo un ricordo di questa giornata. Mi alzo e vado a pagare.

La cinesina mi chiede: “Litigale innamolati, velo?”
“All’incirca, signora… all’incirca…”
“Non pleoccupale, se amole velo lei fale pace con te” mi guarda impietosita.
Se avesse capito qualcosa in più di Italiano, avrebbe capito meglio la situazione.
Esco dal locale e mi avvio verso casa di Cristina, ho bisogni di raccontarle faccia a faccia quello che é successo.

“Porca puttana, questo non me l’aspettavo…” Cristina mi parla appoggiata alla sua scrivania, mentre io sono sdraiato deluso sul letto.
Dove abbiamo sbagliato?
Volevamo sorprenderla e non lasciarle occasione di reagire, sfruttando proprio il fatto che mi sarei presentato io invece che la mia amica. Sarebbe dovuto andare tutto liscio, avevamo il coltello dalla parte del manico. Con tutto il materiale che avevamo a disposizione, avremmo potuto compromettere la sua vita.
Per quanto ne sapevamo, il suo giro di amicizie, al di fuori di Anna, era di persone sciocche e moraliste: amici dei tempi dell’oratorio, del grest. E comunque anche se fosse stato di persone più aperte mentalmente, sarebbe stato difficile accettare una persona che pubblicamente si mostra intransigente ai limiti del bigottismo. L’avremmo smascherata per l’ipocrita che in effetti é: non avrebbe più avuto la faccia tosta di criticare i comportamenti delle altre persone e chi la circonda si sarebbe allontanato progressivamente da lei.
Per non parlare poi delle voci che si sarebbero diffuse tra le persone; la nostra città non é molto grande: almeno di vista tutti conoscono un po’ tutti, agli abitanti piacciono i pettegolezzi e le voci si diffondono velocemente.
E i genitori? Gente borghese per bene, arricchitisi grazie alla loro piccola azienda, fieri della loro villa, delle loro belle macchine, superbi, altezzosi. Nonché orgogliosi della loro figlia. “é ben educata, volenterosa e perciò non vogliamo farle mancare mai nulla”. Con queste parole ho sentito il padre difenderla durante i colloqui scolastici.
I suoi genitori l’avrebbero considerata allo stesso modo, dopo aver saputo quanto la loro bambina diventasse zoccola appena metteva il piede fuori casa? A quelle persone l’unica cosa che importa é non vedersi infangata la loro cosiddetta buona reputazione.

Pensavamo che Elisabetta sarebbe stata più remissiva, più docile e che magari, in fondo, le sarebbe potuto anche piacere.
Come mai aveva reagito in questo modo?
Ragionavamo in questi termini io e Cristina e non riuscivamo a trovare una risposta soddisfacente.
Abbattuti dal risultato della nostra piccola avventura decidiamo di uscire per una birra in compagnia e ci diamo appuntamento per dopo cena. Esco da casa sua, inforco la bici e faccio il tragitto del ritorno prosciugato di ogni energia.
Appena entro nel mio appartamento, saluto i miei rapidamente e mi butto sul divano: meglio dormirci sopra e non pensarci più.

Mi sveglio un po’ più fresco, ceno e mi butto sotto la doccia.
Ripenso a tutto quello che é successo nei giorni scorsi, mentre l’acqua mi scorre sul capo e sulle spalle. Sono davvero deluso che nulla sia andato come ci aspettavamo.

Quello che mi brucia di più é la sconfitta.

Al di là del pensiero di quanto avremmo potuto divertirci con una bella schiavetta un po’ sciocca, era il mancato successo del piano in sé che mi turbava di più: una soddisfazione negata, qualcosa che non avevamo calcolato per tempo e a cui non riuscivamo a venire a capo.

Ecco. Sicuramente, qualcosa non quadra. Nulla spiegherebbe altrimenti il comportamento di Elisabetta. Perché rischiare di mettere a repentaglio la tua reputazione? Perché reagire ad una minaccia con la stessa moneta?
No, sicuramente manca un tassello. Qualcosa con cui si giustificherebbe il comportamento della nostra ochetta, qualcosa che non sappiamo e che non riusciamo a immaginare ancora. Sicuramente Cristina ci sta già pensando, me lo sento.
Con la testa piena di questi pensieri mi asciugo, mi rivesto e inforco la bici verso il nostro pub di fiducia. Per stasera é meglio non pensarci più. Cinque minuti d’anticipo, ovviamente Cristina non é ancora arrivata.
Entro nel locale, saluto il proprietario e ordino un’IPA ed una blanche medie.
Esco a sedermi di traverso a gambe incrociate su una panca esterna, appoggiato con la schiena al muro di pietre del pub per godermi un po’ dell’aria che questa sera di inizio primavera ha da offrire.
Uscendo noto una locandina appesa all’ingresso: stasera suonano blues. Tanto meglio, speriamo siano bravi.
Alzando lo sguardo passo in rassegna i dintorni; vedo alcuni volti noti e un paio meno noti: devono essere i musicisti. Vestiti discretamente eleganti e con gusto, conversano fumando una sigaretta; avranno una ventina d’anni ciascuno. Uno di questi non é granché ‘ un biondino un po’ pallido, occhialuto- , l’altro é abbastanza alto, magro, carnagione scura labbra carnose ed ha una testa sormontata da una criniera di capelli lisci e lunghi, tenuta assieme da una fascia per capelli colorata. Decisamente un bel ragazzo, quasi sicuramente di origine straniera. … proprio il tipo che potrebbe piacere a Cristina: appena lo vede gli salterà addosso, già me lo sento.

Parli del diavolo: la vedo attraversare di corsa la strada e venirmi incontro. Sposta rapidamente lo sguardo verso i due nuovi arrivati, alza il braccio in modo eclatante e mi saluta a squarciagola: “Ciao Norbertinoooo!”. Immediatamente gli altri avventori si voltano per capire di chi sia questa voce squillante. Praticamente tutti i maschi del locale hanno gli occhi puntati su di lei, compresi i nostri musicisti, i quali al suo passaggio si voltano ad ammirare la sua pelle d’ebano squadrandola da capo a piedi, soffermandosi sul sedere sodo… Che dire, ha già lanciato l’amo appena arrivata. Adesso le basta attendere che il pesce abbocchi.
Mi abbraccia per salutarmi. Ha un buon profumo, come al solito.
Annuncia: “Vado dentro a ordinare una birra”
“Cosa prendi?”
“Una …”
“Allora l’ho già ordinata”
“SEI UN TESORO” e mi schiocca un bacio sulla guancia.

Si siede e le birre arrivano. Brindiamo ai piani malriusciti: malgrado le delusioni la compagnia reciproca riesce sempre a risollevarci, almeno in parte.
Ci accendiamo una sigaretta, chiacchieriamo del più e del meno. Ogni volta, prima di bere, annuso l’aroma fruttato all’interno del mio boccale.
“Sai che la birra non si sniffa, vero?” dice ridendo, mentre getta rapide occhiate alle mie spalle verso il famigerato.
Sento dei passi dietro di me. Eccolo che arriva, penso.
“Avete una sigaretta, perfavore?”. Ha la erre moscia, adorabile!
Gli porgo la mia busta di tabacco e delle cartine: “Sì, se sai arrotolarla”
Mi dice che non c’é problema e mi guarda interrogativo: “I filtri sono dentro”. Annuisce, sorridendo. Denti dritti e bianchissimi. Hai appena guadagnato cento punti verso Cristina.
“Siete qui ad ascoltarci?”
“No, siamo qui per bere, non sapevo nemmeno che qualcuno suonasse stasera!” Dice Cristina.
Ci presentiamo, ci spiega che suonano un po’ di blues classico, un po’ di funk, un po’ di rock-blues: Muddy Waters, BB King, Bo Diddley, Otis Redding, Eric Clapton… Ha appena guadagnato mille punti, presso entrambi. Lui canta e suona la chitarra, il biondino la batteria. Strano, avrei pensato fosse un bassista.
“In realtà a me piace più il delta blues” ci spiega, con aria di chi la sa lunga.
“Oh, quindi sapresti suonare cose tipo… Big Bill Broonzy, Mississippi Fred McDowell?” Dice Cristina. Questa é la prova del nove. Lei ti sta analizzando da capo a piedi. Se rispondi che non li conosci sarai soltanto un povero coglione pieno di sé. Ciò non significa che non finirete a scopare, ma semplicemente che ti rispetterà un po’ meno, perché te la sei tirata, quando avresti fatto una figura migliore tacendo.
Infatti, non li conosce. I punti sono finiti sottozero. K.O. Tattico: 1-0 per Cristina.
… la solita tattica che usa lei per capire se metterti sotto, fotterti ed eventualmente comandarti a bacchetta fino a quando non si stufa, nel caso in cui tu sappia usare abbastanza bene l’organo che ti ritrovi tra le gambe, oppure rispettarti e, magari, costruire un rapporto umano degno di questo nome.
Ci saluta, dicendo che é arrivato il momento di iniziare a suonare e che spera rimarremo ad ascoltarli. Probabilmente rimarremo fuori: si può fumare e si sente abbastanza bene comunque.
Dopo poco dall’interno arrivano le prime note, non sembrano male. Il batterista ha un bel groove.
“Tu ci hai pensato a quella faccenda vero?” Chiedo a Cristina, approfittando della musica affinché nessuno senta la nostra conversazione “Sono sicuro che anche a te non quadra qualcosa”.
In effetti anche a lei sfugge qualcosa: quel mattoncino che riuscirebbe a spiegare il comportamento di Elisabetta, quella cosa che completerebbe il quadro della situazione, che ci farebbe capire cosa abbiamo sbagliato.
“Nasconde qualcosa… Sicuro come l’oro… Qualcosa che non vuole dire e non vuole assolutamente che si sappia in giro, qualcosa che probabilmente… Ecco, qualcosa che probabilmente ci permetterebbe di averla in pugno”.
“Non ti sembra che minacciarla di diffondere i suoi video non fosse qualcosa di sufficientemente pericoloso per lei? Cosa potrebbe esserci che l’ha spinta a reagire in questo modo?”
“Non teme abbastanza per se stessa ma teme per qualcos’altro…”
Insomma, brancoliamo nel buio totale. Il discorso dopo poco cade e la serata scorre tranquilla.
Il concerto finisce, i musicisti escono, ci complimentiamo con loro e conosciamo anche il bassista, tipo modesto e simpatico. Il batterista é ubriachissimo e barcolla. Poveretto. Per fortuna guida il bassista, che mi sembra quello più affidabile del gruppo. Mentre chiacchero con lui, sento una domanda di Cristina rivolta verso il mulatto: “Non avete nessuno che vi segue? Tipo, amici, qualche ragazza… Di solito i locali prendono soltanto musicisti che hanno un po’ di persone che sicuramente vanno a sentirli. Questo pub é un po’ una mosca bianca sotto questo aspetto… Però… ”
Il biondo irrompe nella conversazione con voce impastata: “Macché seguito… Hic. Manco abbiamo le ragazze io e questo qui…” Farfuglia indicando il chitarrista col pollice. Proprio quello che Cristina voleva sapere: campo totalmente libero. Prosegue il batterista, appoggiandosi all’amico mulatto: “Hemm… Sì questo qui ce l’aveva. Hic. Ma sai cosa? La tipa c’aveva quasi cinquant’anni, i suoi li hanno sgamati a letto assieme e poi gli hanno detto: O lasci o vai fuori… e così ha mollato”.
La mia amica si trattiene dal ridere. Poveretto…
Saluto batterista e bassista che vanno a caricare gli strumenti in macchina e ripartono verso casa.
Vado in bagno, tempo un paio di minuti e all’esterno Cristina e il cantante-chitarrista sono spariti… Ecco, é andata. Buon per lei.

Entro per pagare e chiedo se Cristina ha già estinto i suoi debiti. A quanto pare ci ha pensato il nostro mulatto. Quanto vorrei avere le tette, a volte…

Esco dal locale e mi metto in sella alla bici. Decido di fare una strada inusuale, più lunga, e di godermi l’aria della notte. Arrivo ad un semaforo e mi fermo ad accendere una sigaretta che avevo arrotolato in precedenza. Scatta il verde ma sono impegnato a far funzionare un accendino con poca vita rimasta e una macchina nera e lucidissima mi sorpassa rapidamente, per fermarsi un centinaio di metri dopo l’incrocio. Finalmente la mia sigaretta si accende, tiro qualche boccata soddisfatto della mia pazienza. Riparto, ma inchiodo subito dopo l’incrocio: dalla macchina scende una ragazza dalla scollatura abbondante e i capelli castani mossi. Mi sembra di conoscerla. Lei entra in casa e la macchina riparte. Scatto verso il cancellino dell’abitazione e controllo i nomi sul campanello: é proprio la casa di Elisabetta.

Riparto velocemente, più avanti c’é un’altro semaforo. La macchina é ferma al rosso: nera, lucidissima, di lusso, vetri posteriori oscurati. La supero e guardo dentro l’abitacolo: alla guida un signore sulla cinquantina, grigio, faccia pulita e curata, giacca e cravatta. Mai vista questa faccia, non dev’essere del paese, si sarebbe notato uno così.

Ebbene, la storia del musicista e della sua relazione con una donna più anziana é stata una specie di segno e in quel momento ho proprio sentito accenersi una lampadina. “Davvero?” Mi chiede Cristina dall’altro capo del telefono.
“Giurin, giurello. L’ho vista scendere da questo macchinone di un signore tutta in ghingheri… E, sai, quella storia del cantante di ieri mi ha fatto venire il sospetto che probabilmente l’uomo che l’ha accompagnata a casa ieri non sia proprio uno zio, o un parente qualsiasi…”
Appena arrivato a casa ieri sera ho mandato un messaggio a Cristina. Stamattina mi ha chiamato prestissimo ‘ incredibile da parte sua, visto che la domenica mattina la spende a sonnecchiare nel letto.
“Potrebbe davvero essere uno che sta frequentando” prosegue lei “Come biasimarla, visto il lusso che trasuda questo qui da tutti i pori?”
“E per di più é un bell’uomo, l’ho visto bene in faccia ieri… Non molto giovanile, ma dentro la sua giacca e al volante di quell’auto di certo posso capire che per qualcuno abbia il fascino dell’uomo arrivato. Fascino, per Dio… Non é esattamente il tipo di persona che riuscirei ad apprezzare probabilmente…”
“Ma magari alla nostra Eli piace davvero. Sei riuscito a cogliere qualche indizio?”
Non molti a dir la verità. L’ho pedinato in bici ‘ sono discretamente veloce ‘ fino a vederlo prendere l’autostrada, in direzione della città. Probabilmente abita lì, visto che per raggiungere i paesi vicini basta utilizzare la statale. E poi… Ho notato che mentre era al semaforo stava parlando: probabilmente stava chiamando qualcuno in vivavoce. Chissà chi? La famiglia, la compagna?

Dopo aver sentito il racconto del mio inseguimento, Cristina prosegue col suo ragionamento:
“Ecco perché ieri pomeriggio hai ricevuto quel trattamento… Probabilmente vuole proteggere questa relazione. La nostra ochetta probabilmente si sta immaginando già di finire il liceo quest’anno e fare la vita facile come compagna di un ricco cinquantenne: vivere in una villa con piscina, belle macchine, soldi e dopo un po’ di tempo tre mesi all’anno in spiagge bianchissime di capoverde a farsi massaggiare le chiappe da qualche altissimo negro. Ma magari é davvero innamorata, la nostra oca col complesso di Elettra.” Scoppiamo a ridere.

Bisogna annusare l’aria, scoprire qualcosa in più, indagare… Se riuscissimo a trovare la prova dei nostri sospetti potremmo ritrovarci col coltello dalla parte del manico in men che non si dica.

Non mi aspettavo che la giusta occasione si sarebbe presentata così presto…

Eccoci qui, é il sabato sera successivo al mio incontro con Elisabetta.

Musica assordante, ragazzotti che ballano, bevono e si divertono ‘ ma come faranno poi? – e io appartato in un angolo che osservo la situazione con in mano il mio gin tonic.

Gli ormoni dei teenager che affollano la sala saturano l’aria assieme a odori misti di deodorante e profumi composti da chissà quali schifezze chimiche. Ma dico, come vi viene in mente di spruzzarvi addosso roba simile?

Che schifezza le discoteche. Rumore, rumore e ancora rumore. Non ci sarei mai venuto, se non fosse stato che tutta la classe era presente per il compleanno di Marco (ricordate questo cretino? Ne parlo nel secondo capitolo) e che, soprattutto, io e Cristina avevamo un piano interessante per la serata.

Appunto, durante la settimana abbiamo cercato delle idee per circuire Anna e ottenere le informazioni che ci servono riguardo l’altra oca.
Anna: ragazza minutina, con niente di speciale fisicamente, attentissima al trucco e ai vestiti, ride sempre per nulla e un po’ scema, Anna, l’ochetta giuliva.
Sarà che stupido attrae stupido; ad Anna piace Marco. … Cotta completamente, da tempo immemore. Gli sorride sempre arrotolandosi i capelli mossi attorno alle dita, gli ronza attorno, ride ad ogni scemata che quello dice e soddisfa ogni favore che lui chiede. In parole povere é completamente sottomessa al desiderio che ha di lui.
Inutile dire che Marco non ha il minimo interesse per lei; la sfrutta soltanto per ciò di cui ha bisogno: appunti, libri, scopiazzate in verifica, passaggi in macchina.
D’altro canto a lui piace Cristina. Fa sempre di tutto per farsi notare, ma é l’imbecille per antonomasia e ogni volta che apre bocca guadagna un po’ più di disprezzo da parte della mia migliore amica.

Ed ecco che ad un certo punto si presenta la situazione perfetta. Mercoledì arriviamo in classe. Marco é appoggiato contro la finestra e sorride sornione, con attorno un piccolo crocchio di nostri compagni di classe. Una scritta a caratteri cubitali capeggia sulla lavagna: “Sabato sera tutti, MA PROPRIO TUTTI, al Ticorità per il mio compleanno. Firmato: Marco il Bello”.
Che razza di stile.
Cristina arriva tre secondi prima del suono della campanella, giusto in tempo per vedere l’invito, prima che il professore lo cancelli.

Ed é così che ci ritroviamo in questo locale, io a sopportare pazientemente che arrivi il momento per attuare la mia parte del piano, Cristina che balla con Marco, Anna che si sforze per ignorarli ma continua a guardare la mia amica di sottecchi con un certo odio.
Cristina davvero ci sa fare. Balla divinamente, é fisicità allo stato puro. Continua a trascinare Marco in mezzo alla discoteca, ad accarezzarlo. … fin troppo facile per lei fare suo un’idiota della sua risma. Ormai lui é perso, le offre continuamente dei drink ed ogni occasione é buona per strusciarsi; a questo punto mi aspetto di vedere il classico rivolo di acquolina che cola dal lato del suo labbro. Nel frattempo le occhiate di Anna si fanno più insistenti: sebbene stia parlando con una ragazza bionda che non conosco e dia le spalle alla coppia, ogni volta che quella che ha di fronte tira un occhiata più in là, lei si volta per controllare la situazione. E Cristina lo sa benissimo di essere guardata.
I contatti fisici si fanno più frequenti tra i due ballerini e, finalmente, lo sguardo della mia amica incontra quello della nostra preda inconsapevole.

Ecco, si stanno fissando.
Cristina afferra Marco per il collo, lo trascina a sé e gli sussurra qualcosa all’orecchio, sfidando Anna con gli occhi, e lui ride compiaciuto. Poveretto, non sa di essere solo una pedina.
Sicura di essere ormai sotto stretta osservazione, si allontana dall’orecchio del ragazzo, lo guarda per un attimo negli occhi e incolla la bocca alla sua. La apre piano e gli lecca le labbra.
Ah, come vorrei essere al posto suo.

Beh, Anna… Anna sbianca, letteralmente. Attraversa il locale a grandi falcate in direzione opposta rispetto al lato in cui era. Urta la coppia, versa tutto il cocktail che hai mano sulla schiena della ormai acerrima nemica e si dirige diritta verso il bagno.
Cristina guarda il partner interrogativa ‘ Certo che sa recitare bene… – e scrollando le spalle fa finta di non badarci troppo. Incrociamo gli sguardi: non avremmo potuto sperare in un risultato migliore.

Ora non mi resta che fare la mia parte.

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